Famiglia Giovani Anziani

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Martedì, 01 Marzo 2005 13:42

SCENARI DI REALTÀ GIOVANILI

SCENARI DI REALTÀ GIOVANILI

· "Venite fuori, se ci siete!" · Una generazione invisibile? · Giovani
"contro", giovani "senza", o giovani "dentro"? Comunque, giovani
"ricchi", che cioè vivono spesso in uno scenario di ricchezza
· Un’alleanza educativa per progettare, insieme, il futuro…

L’intervento del commissario europeo Mario Monti ha animato l’estate del 1998. Ecco le sue parole: "Vedo
che si parla di sciopero generale, ma io dico che se c’è uno sciopero
che sarebbe giustificato, dovrebbe essere lo sciopero generazionale.
Senza cambiamenti radicali i giovani di questo Paese andranno incontro
a un futuro con garanzie e speranze lontane da quelle di loro coetanei
europei
". Strano, avrà forse pensato qualcuno, un esponente della generazione dei "vecchi" sollecita i giovani alla ribellione?

Una fotografia sfuocata

Fino a qualche tempo fa la tendenza era
quella di addomesticare le nuove leve: "dobbiamo farli stare buoni",
esortava un Preside di un Istituto superiore della mia città all’inizio
degli anni ’80, presentandomi le classi della sua scuola. Ora no. Li
provochiamo: "Venite fuori, se ci siete!". A noi piacerebbe avere una
fotografia nitida dei giovani, specie quando questi giovani sono i
nostri figli. Invece la fotografia è sfuocata. A volte non si riesce
neppure a scattare un fotogramma: scappano, si sottraggono ad ogni
indagine. Che rabbia!

* * *

Oggi, anche il genitore più sprovveduto non potrebbe
far proprie le parole che cent’anni fa Collodi metteva in bocca a
Geppetto per giustificare la sua voglia di un figlio: "ho pensato di
fabbricarmi da me un bel burattino di legno; un burattino meraviglioso,
che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali… Con
questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane
e un bicchiere di vino…". Già allora, quella semplicistica previsione
si trasformava in pinocchi, in una odissea tra generazioni che si
allontanano per poi ritrovarsi del tutto diverse dalle aspettativa
iniziali. Figuriamoci oggi. Basta pensare alle nostre attese davanti
alla culla in cui la sera adagiavamo i nostri figli: molto è cambiato
sia in noi che nella società intorno a noi.

Scioperare, perché mai?

Se scioperare significa "astenersi dal
lavoro" è chiaro come l’astensione proclamata dal professor Monti è
stata soprattutto uno stimolo alla riflessione sui temi del lavoro e
della previdenza. Da quell’intervento sono nati contributi che, da
diverse angolazioni, hanno analizzato questa "generazione invisibile"
(I. Diamanti). Abbiamo letto di "gioventù punita", di "eterni Peter
Pan", di "tribù di formiche", di "generazione senza"… Anche se per poco
tempo, i giovani sono stati all’attenzione dei mass media.

* * *

Scioperare significa anche esserci, agire contro
qualcuno o qualcosa, in una forte contrapposizione di interessi o di
valori. Ma i nostri figli –parliamo tra genitori ed educatori
occidentali- possono essere definiti "figli contro"? Non sono piuttosto
figli "nati per comprare", secondo un’espressione di Nadine Gordimer?
Da qualunque posizione ideologica li guardiamo, si può dire che i
giovani di fine millennio non sono nati per essere "contro". Sono
giovani che si ritrovano con molte possibilità fin dalla nascita:
studiano, si incontrano con coetanei di paesi lontani, hanno occasioni
molto più ampie rispetto a quelle di giovani di inizio secolo o anche
solo di cinquant’anni fa. Sono giovani "dentro". Spesso annoiati per le
troppe occasioni a disposizione e che godono, in prevalenza, di risorse
economiche rilevanti: giovani ricchi che partecipano al consumo di
ricchi genitori. Questi consumano 16 volte tanto rispetto ai genitori
dei paesi poveri…

Il "Rapporto sullo sviluppo dell’Umanità del1998"
del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite elenca i consumi dei
ricchi rispetto ai poveri del mondo.

Carne, 11 volte tanto.

Pesce, 7 volte tanto.

Carta, 77 volte tanto.

Linee telefoniche, 49 volte tanto.

Automobili. 145 volte tanto.

Energia, 17 volte tanto.

Consumo complessivo, 16 volte tanto, appunto.

* * *

I giovani italiani vivono in questo scenario di
ricchezza, anche se con en noti divari tra zone geografiche, specie tra
Nord e Sud. Sono poi cresciuti, in prevalenza, secondo la filosofia del
riscatto: "Mio figlio non deve patite quello che ho subìto io!". Gli
assetti economici e sociali del nostro paese sono profondamente
cambiati in 60 anni; basti ricordare il grande balzo in avanti compiuto
dall’economia italiana negli anni ’50 e ’60, con tassi di crescita del
reddito vicini al 6% pari a quelli della Germania e secondi solo al
Giappone: il cosiddetto "miracolo italiano", fatto di una felice
congiuntura internazionale, ma anche del tenace lavoro di tanti papà e
mamme che, impegnandosi anche il sabato e la domenica, sono riusciti a
conquistare un lavoro, la casa. Una posizione economica tranquilla. Il
tutto con una velocità mai registrata prima: ci dicono gli esperti che,
nel solo quindicennio 1948/1963, i consumi degli italiani sono
raddoppiati. E’ quello il periodo in cui le cucine all’americana
soppiantavano le madie, e il festival di Sanremo diventava l’argomento
principale nelle fabbriche e negli uffici.

* * *

Questo passaggio rapidissimo da una realtà agricole
ad un assetto post-industriale, giocato sul terziario avanzato che
spinge continuamente alla ricerca, al nuovo e alla mobilità, spiazza
soprattutto i grandi: "Ma come? Ho trovato un lavoro qui, vicino a
casa… Non è possibile che mio figlio debba trasferirsi per trovare uno
straccio di occupazione!". Se poniamo poi attenzione agli intrecci tre
stati, nazione ed etnie che si stanno verificando sentiamo quasi paura
ad "uscire di casa"… Di qui la prassi, non sempre necessitata, di
tenere a lungo i figli in casa, in attesa del posto "giusto". L’invito
del commissario Monti ha avuto il pregio di porre l’attenzione sul
ruolo che deve essere assicurato alla nuove generazioni in una società
che è profondamente cambiata; non possiamo fare dei nostri figli dei
"panchinari", né possiamo esserne i tutori a vita.

L’alleanza educativa

"… seguirono le pietruzze, che brillavano

come monete nuove di zecca e mostravano loro la via.

Camminarono tutta la notte

e allo spuntar del sole arrivarono alla casa paterna (…)

Quando sorse la luna, si alzarono,

ma non trovarono più neanche una briciola:

le avevano beccate i mille e mille uccellini

che volavano per campi e boschi (…)"

(Hansel e Gretel).

C’è , a volte, nei genitori, un conflitto: da un
lato la tentazione di abbandonare i propri ragazzi nel "bosco" della
vita e, dall’altro, il desiderio di esserne un eterno scudo. Càpita di
capire ben poco della confusione che si sente, e si vive, camminando
ogni giorno sulle strade. "Papà, vado al cinema con gli amici" - ci
avverte deciso nostro figlio adolescente. Le risposte possibili:

"Va bene";

"No, stai a casa";

"Che film è? Prima lo vediamo io e tua madre… leggeremo qualche recensione… Poi ne parleremo insieme e decideremo".

E’ quest’ultimo l’atteggiamento educante, dove
l’adulto svolge la sua funzione di aiuto e consente il passaggio ad un
gradino superiore del rapporto genitori/figli; da dispensatori di
servizi (l’abitazione, il cibo, gli svaghi…) ad alleati nell’elaborare
risposte alle domande della vita. Si comincia anche da qui a rimediare
al ritardi con cui i giovani sembrano affrontare gli snodi tipici della
vita rispetto al passato: l’uscita da casa, il lavoro, il matrimonio, i
figli (M. Livi Bacci).

Questa alleanza ha, ovviamente, anche un versante
politico per riportare ad un equilibrio fisiologico il rapporto tra le
generazioni: le politiche, giovanili, da più parti invocate, possono
aiutare in questa direzione, facilitando l’ingresso nel mondo del
lavoro e consentendo l’accesso al credito e alla casa.

* * *

Ciò che i nostri ragazzi reclamano, spesso con un
silenzio immusonito, è potersi confrontare con dei "grandi" credibili,
ovvero con adulti che non chiudono loro la bocca invocando un desueto
"principio d’autorità". Ma nemmeno si mettono a fare i "pari età". Se
ci interessano i giovani d’oggi non è solo per ottenerne un quadro
d’insieme per una "foto ricordo", ma per capirne le domande: le più
importanti sono quelle che chiedono motivazioni e storia agli
adulti. Vogliono infatti confrontarsi con gli stili, gli atteggiamenti
e i valori dei grandi. Reclamano di sapere dagli adulti la ragione
delle scelte, personali e sociali, che sono state compiute. Vogliono
essere aiutati a capire che cosa è accaduto prima di loro. Altrimenti
non avranno né sassolini né briciole da seguire. E senza un passato è
difficile progettare un futuro.

GIORGIO NOTARI

Avvocato - Direttore del Consultorio familiare e prematrimoniale

Diocesi di Reggio Emilia

(da "famiglia domani"2/99)
Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 13:41

Sperimentare ozio e noia - Parte 3/3

SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI

Chi lavora nella scuola 
vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le 
difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società 
che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola 
giornata.

(Terza parte)

Proprio per "parcheggiare" i figli, in realtà
 metropolitane come quella di Collegno (To), sempre più famiglie 
scelgono il tempo prolungato: "Vedo quotidianamente dei bambini 
stressatissimi, che stanno a scuola dall'alba al tramonto, mentre a 
casa si limitano a cenare. Sono così abituati ad essere "gestiti" dagli
 adulti in ogni singolo momento della giornata, che all'intervallo sono 
allo sbando, perché quasi non sanno muoversi da soli".

Quella descritta da Pent è una realtà particolare o caso emblematico? A Reggio Emilia, dove hanno gli asili d'infanzia
più belli del mondo, insegna Giuseppe Caliceti: "Temo che, se non è la
 norma, è comunque una situazione diffusa. I bambini non hanno occasione 
di compiere esperienze legate all'autonomia e quindi alla frustrazione 
nei rapporti. Non è giusto che ci sia sempre un regolatore, un giudice, 
un adulto che ogni volta appiani le difficoltà". Perché accade questo?
" se è presente un adulto, il bambino è portato a fare cose che fanno
 piacere all'adulto. C'è una preoccupazione eccessiva da parte dei 
genitori, soprattutto di quelli italiani. In una realtà multietnica 
come è sempre più quella della mia città, constato che le mamme arabe,
 africane o sudamericane tendono ad assegnare più responsabilità ai bambini, sono meno apprensive, per esempio li mandano a scuola da
 soli".

Anche Caliceti punta l'indice contro il tempo 
prolungato: "Otto ore al giorno tra le mura scolastiche sono quasi
 peggio del lavoro minorile agli albori della rivoluzione industriale, 
anche se ovviamente oggi non si tratta di sfruttamento ma di 
formazione".

Infine, Beppe Sabaste, docente all'Università di
 Parigi, ma anche in un istituto d'arte a Parma, sostiene che il 
problema del tempo libero dei ragazzi va affrontato nell'ambito di un 
discorso più ampio sull'intera società: "In questo non c'è separazione
 tra giovani e adulti. La nostra è una società che ha paura del tempo 
morto, "disoccupato". Si ha timore di un tempo in cui tutto è 
possibile, anche non fare niente. La società in cui viviamo tende a 
riempire ossessivamente il tempo con cose organizzate. Per gli adulti è 
senz'altro così". E per i ragazzi? "Sono più ottimista. Incomincio a
 notare persone che si sottraggono a questa tendenza. Gli adulti sono 
più timorosi, ma tra i giovani ce ne sono molti che rifiutano 
l'equazione "tempo uguale consumi".

Mi sembra di assistere agli inizi di una grande 
liberazione, a una riappropriazione del tempo dopo la sua saturazione".
Conosciamo bene Beppe Sebaste come un intellettuale sempre acuto e 
penetrante nelle sue analisi. Ci piace dunque concludere con una sua
 nota di speranza, che vede per protagonisti proprio i ragazzi.

Roberto Carnero

 

 

Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 13:03

Sperimentare ozio e noia - Parte 2/3

SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI

Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società 
che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola 
giornata.

(Seconda parte)

Alessandro Tamburini, che insegna in un istituto 
tecnico di Trento, parla di una sostanziale carenza di tempo libero:
"Nei colloqui con i genitori noto come questi ragazzi non abbiano tempo
 per se stessi, essendo le loro giornate fittamente occupate dallo
 studio, dallo sport, da corsi di vario genere". Non esiste dunque
 alcuno spazio di libertà? "Forse la musica è un'attività scelta 
autonomamente, una delle poche davvero libere. Dico sia ascoltarla che 
farla, con gli amici, con gruppi che nascono a partire da un'autentica
 passione". Tamburini evidenzia poi un aspetto positivo della provincia:
"I ragazzi che vengono dai paesi perdono molto tempo nel viaggio, ma 
guadagnano anche qualcosa, perché lì esiste un tempo libero legato al 
territorio, per esempio nel rapporto con la natura, che i loro compagni 
cittadini non conoscono".

Marco Lodoli, che insegna in un istituto superiore
 della Capitale, parla dell'incapacità dei ragazzi di stare soli: "Mi
sembra che non sappiano vivere quei momenti di solitudine formativa 
così importanti per crescere. Affrontano la solitudine con angoscia.
 Non vogliono stare soli, e, quando capita, lo vivono come una condanna, 
non come una fortuna". In passato era diverso? "Credo di sì. Ricordo 
che da ragazzo avevo il piacere di chiudere la porta della mia stanza
 per viaggiare in spazi poetici e malinconici. Oggi quest'attitudine è
 scomparsa e al massimo viene vissuta come una sorta di domicilio 
coatto".

Ma non sarà un po' colpa dei genitori? Per Paola 
Mastrocola, insegnante alle superiori a Torino, è proprio così: "Sono
gli adulti ad avere paura della noia dei propri figli. Di fronte alla 
frase di un figlio, "Mamma, non so cosa fare", noi adulti andiamo nel 
pallone. Se avessi la pazienza di aspettare mezz'ora, vedremmo che
 nostro figlio troverebbe qualcosa da fare. E sarebbe qualcosa di suo, 
di creato da lui". Per la Mastrocola questo atteggiamento distorto dei
genitori emerge con tutta evidenza in vacanza: "Abbiamo l'abitudine di
 portare in vacanza con nostro figlio un suo amico. È una sorta di
 prevenzione della noia. Facciamo venire l'amico con cui litigherà. Non 
le sembra che tutto ciò sia piuttosto bizzarro?"

Allora come dovrebbero comportarsi i genitori?
 Carmine Abate, che insegna alle medie nei pressi di Trento, suggerisce
la chiave della piacevolezza come criterio per orientare i pomeriggi 
dei ragazzi: "Non è sbagliato introdurre delle attività organizzate, 
l'importante è che siano i diretti interessati a sceglierle e che non
 siano invece un'imposizione da parte dei genitori".

Per Abate va poi riscoperta la dimensione dello 
stare insieme: "Nelle grosse città è sempre difficile, ma bisognerebbe
recuperare tutta una serie di cose semplici, come il chiacchierare, 
l'andare a passeggio con gli amici, il giocare in maniera spontanea, 
mentre oggi anche il gioco è sempre più pilotato dagli adulti".

Questi problemi, in realtà, iniziano già alle 
elementari, come confermano alcuni scrittori "maestri". Per Fulvio
 Panzeri, insegnante in Brianza, sono i genitori che, per necessità o
 comodità, delegano ad altri l'amministrazione del tempo libero dei
 propri: "Così spesso vedo bambini che svolgono attività non 
corrispondenti alle loro attitudini né ai loro desideri, quasi come se 
fossero stati messi in una sorta di parcheggio. Una salvezza da questi tour de force di tempo non più libero sono i nonni, con i quali si rafforza il legame 
affettivo dei piccoli. Anche se il rischio è che diminuisca il dialogo
 con i genitori".

Roberto Carnero

 

 

Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 12:52

Sperimentare ozio e noia - Parte 1/3

SCRITTORI IN CATTEDRA RACCONTANO I GIOVANI

Chi lavora nella scuola vive a stretto contatto con bambini e ragazzi e osserva, da vicino, le difficoltà che questi hanno nel gestire il tempo libero. È la società che teme il "non far niente" e spinge a organizzare ogni singola giornata.

Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 12:49

Sentimenti Violati

"Sono un’insegnante di scuola media e sto avendo l’impressione sempre più forte che si parli troppo poco degli abusi psicologici e della sottile violenza sui sentimenti nei confronti dei minori."

Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 12:48

I giovani chiedono coerenza

Formare le coscienze non è impresa di poco conto. Lo sanno molto 
bene gli educatori e i genitori che sono alle prese con adolescenti da 
orientare nella vita sociale e con giovani che sono alla ricerca di
 forti motivazioni esistenziali.

Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 12:43

2 - Giovani e rischio

Rischio, trasgressione, sfida, gioco pericoloso, sembrano essere diventate le 
parole chiave per descrivere alcuni comportamenti degli adolescenti. L’adolescenza è un momento in cui il 
ragazzo desidera "rischiare". Ogni volta che si supera un’esperienza
potenzialmente pericolosa, ci si sente potenti, accettati, infallibili.

Pubblicato in Problematiche Giovanili
Martedì, 01 Marzo 2005 12:36

Giovani e rischio

Uno dei problemi emergenti che sembra caratterizzare il mondo dei giovani è quello della diffusione di comportamenti ‘pericolosi’ per se e per gli altri che fanno pensare a una vera e propria "cultura del rischio" che si manifesta nell’uso o abuso di alcool, spinelli, ecc.

Pubblicato in Problematiche Giovanili

IL PIANO PASTORALE PER LA FAMIGLIA
DIOCESI DI FERMO

Negli ultimi anni la Diocesi di Fermo ha posto al centro della riflessione pasto­rale la famiglia.
Tale riflessione è stata sostenuta dalla convinzione che la famiglia, oltre ad es­sere oggetto di cure della comunità, è sog­getto di pastorale in quanto agente di evangelizzazione, formazione e servizio, al suo interno, nella comunità cristiana e nella società civile.
Lo stimolo è pervenuto non solo dalla forte istanza di evangelizzazione che il pa­pa sollecitava per il nuovo millennio, ma anche dall'invito del Sinodo Diocesano a riscoprire la dimensione teologica del ma­trimonio, a privilegiare l'aspetto formativo dei coniugi e degli animatori della pastora­le familiare e a considerare la parrocchia, per la sua caratteristica territoriale ed il suo coordinamento con l'ufficio di pastorale fa­miliare, il luogo privilegiato della crescita spirituale, morale e sociale delle famiglie.
In questo contesto di profonda rifles­sione si colloca il cammino che ha con­dotto la Diocesi alla realizzazione del Piano Pastorale per la famiglia. La Com­missione che ha accompagnato questo percorso era composta da due sacerdoti e da coniugi impegnati ecclesialmente e con differenti competenze nel versante culturale, sociale e pastorale. Il metodo di lavoro adottato ha cercato di coinvolgere tutta la comunità ecclesiale, nelle sue con­crete espressioni: diocesi, vicarie, parroc­chie.

In ascolto della Chiesa locale: indagine ed obiettivi

Il primo passo, dunque, è stato quello di mettersi in ascolto della Chiesa locale, organizzando incontri con i delegati di Vi­caria per la pastorale familiare e con la Consulta delle aggregazioni laicali, per una prima verifica della situazione delle famiglie nel nostro territorio e per indivi­duare eventuali piste da proporre.L'invio delle schede di verifica dell'e­sistente e di proposta ha contraddistinto il secondo momento. Esse hanno investito il problema a tutto campo a cominciare dall'educazione di adolescenti e giovani all'amore fino alla missione educati va della famiglia, alla sua testimonianza e al suo impegno nella Chiesa e nel mondo (la via dell' annuncio, la via della carità, la via della missione).
Gli obiettivi erano dichiarati nella se­conda parte di ogni scheda: anzitutto aiu­tare la parrocchia a valutare il proprio im­pegno nei vari settori della pastorale fa­miliare, per individuare carenze e realtà positive; in secondo luogo, si voleva dare alla parrocchia la possibilità di formulare richieste concrete alla Vicaria e alla Dio­cesi, per essere sostenuta ed aiutata nella sua missione nei confronti delle famiglie.

L'analisi delle risposte e la formulazione del Piano

Le osservazioni pervenute sono dive­nute oggetto di riflessione sia per la Com­missione che per il Consiglio Pastorale Diocesano. Quest'ultimo dopo un'attenta lettura ha riconsegnato il lavoro alla Com­missione che ha cercato di riunire in un unico documento i contributi, ristrutturan­doli, dove necessario, secondo lo schema: «Soggetti», «Contenuti» e «Metodo».
L'obiettivo del Piano Pastorale è sta­to quello di tracciare alcune linee-guida che, pur rispettando i diversi cammini e contesti, possano aiutare a sentirsi parte di una Diocesi.
Il Piano pastorale sulla famiglia, dun­que, non si è posto come un'iniziativa da aggiungere ad altre iniziative e neanche come una proposta confezionata e pronta all'uso, ma come obiettivo per aiutare la Diocesi ad attuare una conversione pasto­rale: dalla famiglia oggetto alla famiglia come soggetto, dalla parrocchia come in­sieme di persone alla parrocchia come fa­miglia di famiglie, dalla famiglia come settore alla famiglia che taglia trasversal­mente tutto l'impegno pastorale e dall'at­tenzione alle famiglie praticanti al coin­volgimento di quest'ultime nella missio­ne. Non vedere solo la famiglia come problema ma come risorsa e far di essa il centro unificatore della pastorale parroc­chiale.
Anche l'organizzazione metodologica delle stesse schede è coerente con tale im­postazione.

La prima via è quella dell'evange­lizzazione in cui la famiglia è oggetto di attenzione: educazione all'amore, incon­tri per fidanzati, incontri per genitori e fa­miglie e i gruppi famiglia.

La seconda via è quella della carità in cui la famiglia contemporaneamente è oggetto e soggetto di carità: servizi e so=­stegni alle famiglie e nuove forme di con­divisione.

La terza via è quella della missione in cui la famiglia diviene soggetto di pa­storale: l'educazione alla fede, la parteci­pazione alla vita della Chiesa, la parteci­pazione alla vita della società.

In questo contesto il Piano pastorale per la famiglia ha cercato di fare proposte nei vari ambiti.

Il primo dato emergente è che accanto alla preparazione immediata al matrimo­nio è necessario avviare una preparazio­ne remota che aiuti i giovani a riscoprire i valori insiti nella corporeità, sessualità e affettività. Questo tipo di preparazione deve essere trasversale ad ogni cammino formativo e deve ispirare ogni tentativo di primo annuncio della Chiesa. In questo cammino si ritiene necessaria la presenza di adulti e di giovani coppie e non solo di giovani come educatori.

Per quanto riguarda la preparazione immediata al matrimonio si auspica la presenza di coppie di sposi che insieme al parroco si assumano l'impegno di ac­compagnare i fidanzati nella scoperta del «Sacramento del matrimonio». A livello metodologico, si ritiene opportuno dare unitarietà ai contenuti, partendo dalla di­mensione antropologica per arrivare a quella di fede e passare da uno stile catte­dratico ad un confronto di coppia e nel gruppo. Si indica, infine, un minimo di dodici incontri indispensabili per un cammino serio d'iniziazione al matrimo­nio.

La promozione dei gruppi famiglia è motivata dall' importanza della famiglia sia come oggetto che soggetto primario della pastorale. Date le diverse metodolo­gie a cui i gruppi esistenti fanno riferi­mento, si ritiene necessario un vaglio cri­tico per indicare, nella legittimità delle di­verse impostazioni, alcuni punti fermi. È necessario, inoltre, far comprendere che i gruppi-famiglia sono un momento di apertura alla vita parrocchiale e comuni­taria, uno stimolo al servizio pastorale della Chiesa e all'impegno nella società civile, evitando in questo modo il perico­lo che essi rimangano un fattore isolato di un piccolo gruppo di coppie diventate amiche.

Circa il metodo diventa prioritario non perdere mai di vista che si tratta di un gruppo famiglie, non di semplici adulti, con l'eventuale presenza di figli. Secondo requisito per una metodologia adeguata è che ci sia spazio, in ogni incontro, oltre alla presentazione di una tematica illumi­nata dalla parola di Dio, per il lavoro di coppia.

Per quanto riguarda gli incontri per genitori i destinatari sono entrambi i ge­nitori. Essi divengono i primi e principali educatori dei figli nella fede, compito che scaturisce dal Sacramento del matrimo­nio e diviene vero e proprio ministero, un servizio educativo per aiutare i figli nella loro crescita umana e cristiana. A partire dai sacramenti dell'iniziazione cristiana dei figli (Battesimo, Eucaristia, Confer­mazione) si è ritenuto opportuno traccia­re un itinerario che si proponga tre obiet­tivi: partire dalla realtà che vive il matri­monio e la famiglia; annunciare l'amore di Dio che, attraverso la luce e la sapien­za del Vangelo, illumina e sostiene la realtà del matrimonio e della famiglia af­finché possa meglio realizzare la propria vocazione di comunità di grazia, amore e servizio alla vita; suggerire modi concre­ti di testimonianza cristiana che tengano presenti i risvolti etici personali e comu­nitari della fede e la missione educati va dei genitori cristiani.

L'indicazione di linee guida per servi­zi e sostegni alle famiglie e alle nuove forme di condivisione familiare ha vo­luto perseguire tre obiettivi: coinvolgi­mento delle singole famiglie per creare un rapporto di reciprocità; corresponsabilità nelle Comunità Parrocchiali; collabora­zione tra parrocchie vicine. In questa pro­spettiva la famiglia non è solo oggetto di intervento ma anche protagonista possi­bile del superamento del disagio che vive e delle difficoltà in cui si trovano le fami­glie in crisi: separati, divorziati, divorzia­ti risposati, famiglie extracomunitarie, fa­miglie con disabili gravi, ecc. Data l'im­portanza e la serietà dei problemi da af­frontare si invita la parrocchia ad educare adeguatamente i collaboratori pastorali per conoscere più in profondità ogni pro­blematica, in tutti i suoi risvolti: ecclesia­li, sociali, psicologici, umani, relaziona­li. I collaboratori, pur chiamati ad affer­mare con chiarezza e coraggio i principi della fede nella fedeltà della dottrina e della tradizione della Chiesa, debbono mettere in atto nuove forme di accoglien­za, ascolto, dialogo e apostolato.

Le linee-guida per l'educazione alla fede nella famiglia partono da due fatto­ri concomitanti: il compito di trasmissio­ne del Vangelo e di educazione alla fede nei confronti delle nuove generazioni che è prevalentemente affidato ai catechisti e al sacerdote (atteggiamento di delega); le forme abituali di trasmissione che sono improntate per lo più sul colloquio occa­sionale e sulla testimonianza personale (i momenti espliciti di formazione sono po­co ricercati, la preghiera in famiglia è molto rara).

Di conseguenza la comunità parroc­chiale dovrebbe svolgere una sensibiliz­zazione maggiore nei confronti dei geni­tori proponendo itinerari che aiutino que­st'ultimi a vivere il Vangelo in maniera li­bera e matura, a favorire un incontro per­sonale con Gesù Cristo, a stimolare la preghiera e la partecipazione alla vita del­la Chiesa, ad approfondire l'annuncio del­la Rivelazione, ecc.

A tal proposito diviene indispensabile che si formi in ogni parrocchia un' équipe familiare, composta da coppie disponibi­li e competenti, che abbia come compito quello di sensibilizzare le altre famiglie, di promuovere e coordinare iniziative for­mative specifiche.

Per quanto riguarda la famiglia sog­getto missionario nella Chiesa attual­mente il servizio svolto, sembra essere prevalentemente di tipo operativo, cate­chetico, liturgico o caritativo. È necessa­rio, quindi, recuperare la ministerialità della famiglia formando una équipe di fa­miglie animatrici che dovrebbero caratte­rizzarsi oltre che per i contenuti, soprat­tutto per il metodo di lavoro. La parroc­chia dovrebbe diventare il luogo in cui si creano occasioni d'incontro e dialogo ve­ro. I movimenti, le associazioni, i cammi­ni di fede possono essere una risorsa edu­cativa per le famiglie. C'è bisogno di una maggiore collaborazione tra famiglie, sfruttando momenti importanti come: centri di ascolto, iniziative periodiche di incontro e preghiera, mese di maggio, ecc...

Infine, perché questo impegno missio­nario sia assunto in modo sempre più au­tentico e proficuo, si avverte la necessità di promuovere iniziative specifiche per coppie, prestando particolare attenzione ai temi della vocazione e spiritualità co­niugale.

Le linee guida per la famiglia missio­naria nel mondo, partono dall'urgenza di un coinvolgimento maggiore della fami­glia nell'impegno sociale e politico. Trop­po spesso si hanno individui singoli che agiscono a livello personale.      

È importante che la pastorale della famiglia in ambito socio-economico-po­litico sia inserita nel contesto più genera­le della pastorale sociale e collegata con le attività della Caritas parrocchiale e dio­cesana e di associazioni e movimenti che hanno particolari attenzioni alle dinami­che sociali. Il criterio orientativo è quello di fare le cose insieme.

Luca e PatriziaTosoni

 

Sabato, 26 Febbraio 2005 13:05

Quando il nome non basta

Il tema è: tagliare il cordone ombelicale, acquisire quella necessaria autonomia per camminare da soli · Riguarda principalmente il rapporto tra genitori e figli, ma non solo: anche il rapporto tra coppie “mature” e coppie giovani, tre maestro e allievo e – perché no?- tra Gerarchia e “fedeli”. · Il cammino psicologico, personale e familiare, per giungere a questa consapevolezza ·Per dare libero spazio alla vocazione di ciascuno.