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Sabato, 26 Giugno 2004 15:24

3.1. Come comprendere teologicamente i sacramenti

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Giustificazione, Grazia e Sacramenti
don Marino Qualizza



 


 


3.1. Come comprendere teologicamente i sacramenti



Nell’intervento precedente si diceva che la fonte dei sacramenti è Dio che realizza il progetto di salvezza del mondo mediante Cristo nello Spirito. Questo è tanto risaputo da non destare nessuna commozione, appunto perché le cose ovvie non colpiscono la fantasia. Ed anche la riflessione teologica ha bisogno di fantasia, se non vuole deperire per inedia. Fino a poco tempo fa, quando si parlava dei sacramenti si dava di essi una definizione generale che poi risultava generica: essi sono segni efficaci della grazia. Nessuno ovviamente contesta questa definizione, ma proprio perché si adatta a tutti i sacramenti, non ne specifica per nulla la diversità e originalità. Da ciò la necessità di pensarli in una prospettiva più ampia e comprensiva.


Quattro modi di intendere i sacramenti



Questa molteplicità nella presentazione dei sacramenti ha pure uno scopo pedagogico preventivo, nel senso che non è semplice entrare nel mondo dei sacramenti, soprattutto per la nostra mentalità attuale. Essi erano più facilmente accessibili nei secoli scorsi, soprattutto nel primo millennio cristiano, quando due fattori convergenti ne aiutavano la comprensione ed anche la celebrazione. Si trattava della mentalità simbolica ereditata dal patrimonio platonico e cristianamente adattata e poi della immediatezza che la struttura sacramentaria aveva con la quotidianità in cui si viveva. I simboli erano realtà che illuminavano ciò che si stava vivendo, facevano parte della vita concreta, per cui la loro comprensione era offerta a tutte le intelligenze, anche quelle meno versate nei ragionamenti teologici.



Superare due pregiudizi



Oggi ci troviamo ad affrontare grosse difficoltà nel modo di intendere i sacramenti; da una parte c’è la deriva dell’individualismo e del soggettivismo, che privilegiano i rapporti immediati con Dio ed escludono quindi le mediazioni ecclesiali. E’ evidente che in questo caso è messa in discussione la realtà stessa della Chiesa e la sua utilità. Se il rapporto con Dio lo si può vivere senza intermediari, tanto meno serviranno strumenti materiali per renderlo attuale. Si vive così una fede ‘spiritualizzata’ sul fondamento anche di una trasparenza eloquente: non è possibile avere un rapporto con Dio attraverso strumenti materiali. Questo ‘spiritualismo’ che in sé ha nobili motivazioni, tende a considerare la realtà umana in termini idealistici, senza riferimento alla materialità.


Gli si accosta una atteggiamento esatto e contrario: quello di un greve materialismo e di un pragmatismo simmetrico, che punta tutto sulla efficienza dell’agire umano, senza doverlo sottoporre ad interventi ‘gratuiti’ che vengono dall’alto e che mettono in discussione l’iniziativa umana. È il modo tipico di giudicare le cose proveniente dal nostro mondo, che basa quasi tutto sulla programmazione, sulla produzione, sulla iniziativa e sui risultati, frutti di fatica e di impegno e non già risultato di qualche affidamento a divinità che mortificano l’autonomia umana.



Mediante una adeguata visione della realtà umana



Prese in sé le due difficoltà appena ricordate, sono evidentemente due esagerazioni, che contengono, ognuna per sé un filone di verità. Questa potrà risultare molto più armonica, se si terrà conto della visione cristiana della nostra umanità. Se è vero che per secoli abbiamo privilegiato la parte spirituale dell’uomo, è pure vero che abbiamo sempre detto che l’uomo è un essere ragionevole, composto di anima e di corpo. Si tratta ora di considerare in modo equilibrato questo binomio, per non stravolgerne il senso. Oggi non è tanto difficile vedere come anima e corpo sono due dimensioni dell’essere umano, che vanno considerate in modo unitario, con la semplice osservazione, almeno per la nostra vita storica, che non c’è anima senza corpo e corpo senz’anima. Per la vita oltre questo tempo, ci sono dei problemi circa il rapporto corpo e anima, ma verranno affrontati in altro contesto. Poste così le cose, la riflessione sui sacramenti risulta facilitata, proprio perché i sacramenti rispondono a questa realtà composita della persona umana, in quanto spirito incarnato e corpo animato. Infatti pure i sacramenti riflettono questa duplicità: sono realtà materiali mediante le quali agisce lo Spirito di Dio.



Dimensione antropologica



I sacramenti sono azioni di Dio in Cristo nello Spirito, offerte alla Chiesa, mediante le quali noi entriamo in comunione con Dio e partecipiamo dei frutti della salvezza annunciata dal Vangelo. Essi si adattano perfettamente alla duplice dimensione, materiale e spirituale della persona umana. E quindi sono in perfetta sintonia con le reali esigenze della nostra umanità. Per l’aspetto materiale possiamo dire che essi ci mettono in comunicazione con la concretezza della storia di salvezza. Essa infatti è articolata con gli eventi che la Bibbia ci ricorda e che poi collega con la storia dell’umanità in quanto tale. Non ci sono due storie parallele, ma un’unica storia nella quale si sviluppa anche quella speciale della salvezza, che diventa come l’anima, la forza ed il senso della storia stessa.


La nostra salvezza è proprio impastata con la nostra umanità, con gli eventi della storia di cui facciamo parte, con le sue speranze, le sue delusioni, i suoi successi ed i suoi fallimenti. Non è una storia di idee, ma di eventi, illuminati certo dalla parola profetica che viene dallo Spirito del Signore. E’ questo il secondo aspetto di questo binomio; proprio lo Spirito del Signore, senza il quale la storia sarebbe solo una serie più o meno caotica e casuale di avvenimenti. Materia e Spirito, eventi e parola profetica, ecco l’ingrediente a nostra portata per vivere i sacramenti come verità della nostra vita, della nostra storia e della nostra realizzazione. Non un progresso o uno sviluppo idealistico, ma incarnato nella storia in cui si manifesta lo Spirito del Signore.


Dimensione cristologica e salvifica



Ci siamo domandati all’inizio della nostra riflessione sui sacramenti, quale fosse la loro origine. È chiaro che è Cristo, visto però e creduto come punto di arrivo di una lunghissima storia di preparazione. Egli non capita a caso, ma è inserito in una lunga storia come bene illustrano gli evangelisti Matteo e Luca; il primo fa cominciare la storia di Gesù da Abramo, il secondo addirittura da Adamo e quindi da Dio, ad indicare dunque, che la missione di Gesù abbraccia la storia del mondo intero, così come è pensata da Dio.


Collegare doverosamente i sacramenti a Cristo non è solo un atto di correttezza teologica, ma una verità che si attua in ogni celebrazione sacramentale. In essa ci viene data ben più di una generica grazia sacramentale, cosa da non sottovalutare ovviamente, ma con essa entriamo nella storia della salvezza di cui Cristo è protagonista. È Cristo il celebrante principale, anche se non esclusivo, dei sacramenti. Ebbene, in essi e con essi, egli rende attuale e concreta e in certo senso, immediata per noi la partecipazione alla salvezza, offerta al mondo intero. In questo modo, possiamo veramente considerare i sacramenti come non solo l’attualizzazione di quanto Cristo ha fatto, ma anche la sua attualità. Infatti egli è presente realmente quando si celebrano i sacramenti, come ha autorevolmente affermato il concilio nella costituzione sulla liturgia al numero 7.


La straordinarietà dei sacramenti cristiani, che rendono unica la nostra religione fra le religioni, consiste proprio nel fatto che il Cristo per noi non è un ricordo, ma una presenza, nella quale l’opera della nostra salvezza si attua e continua. Non bisogna dimenticare infatti che la salvezza che ci viene offerta oggi è quella operata da Cristo e resa presente da Lui per il mondo d’oggi. Ne risulta la grande verità: il Cristo, nella Chiesa e nei suoi sacramenti, continua l’opera di salvezza compiuta nella sua esistenza storica. I sacramenti ne sono la verità.


Letto 2407 volte Ultima modifica il Martedì, 03 Agosto 2004 22:01

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