Formazione Religiosa

Mercoledì, 13 Luglio 2011 17:19

Il Vangelo di Galilea: il Regno di Dio è arrivato! (Édouard Cothenet)

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«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio» (Mc 1,14). Queste sono le parole, tanto semplici in apparenza, con cui Marco apre la prima parte del suo racconto dedicato al ministero di Gesù in Galilea. Ciò che Gesù proclamerà nell'umile Galilea è che il Regno di Dio viene, è già qui: «Il Regno di Dio vi ha raggiunto».

Nel Vangelo di Marco, la fase di preparazione del ministero di Gesù si svolge sulle rive del Giordano, con tre scene fortemente legate tra loro: la predicazione di Giovanni Battista, il battesimo di Gesù e il digiuno nel deserto. Segue un periodo morto sul quale soltanto il Vangelo di Giovanni porta qualche spiraglio. L'arresto di Giovanni Battista da parte di Erode è il segnale per una nuova tappa nella storia della salvezza: il tempo della proclamazione del Vangelo. Sempre nel Vangelo di Marco, è in Galilea che Gesù incontra i suoi primi discepoli e conquista l'attenzione della folla. Ma è merito di Marco l'aver messo in risalto il significato tipologico della Galilea con una lunga citazione di adempimento: «Il paese di Zabulon, il paese di Neftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti» (Is 8,23, citato in Mt 4,15). A questa menzione della Galilea delle genti corrisponde, nel finale, l'invio dei discepoli a tutte le nazioni (Mt 28, 18-20). Ciò che Gesù stesso ha proclamato con i suoi insegnamenti e i suoi atti di misericordia, i suoi discepoli devono a loro volta compierlo fino atta «consumazione dell'eone, sicuri della Sua presenza tra loro, invisibile ma reale.

Gesù proclama che il tempo è compiuto

Nella sua brevità, questa formula inaugurale si riferisce alla concezione apocalittica del tempo, ben attestata nel libro dì  Daniele. Dio è il signore Sovrano della  storia; gli imperi si succedono secondo il  piano fissato da lui. I segni premonitori dell’Avvento del Regno sono febbrilmente soppesati. È  tipica la meditazione di Davide sui 70 anni preannunciati da Geremia, «nei quali si dovevano  compiere le desolazioni» (Dn 9).
Il gruppo degli Esseni di Qumrân non  era meno ansioso di leggere i segni dei tempi. Così, nel Pešer al libro di Abacuc (= P. Hab) si constata che, nonostante più di una disillusione circa il termine designato, ci si aggrappava alla speranza: «È ancora una visione per una data (a venire), essa aspirerà al suo termine e non trarrà in inganno (Ab 2,3a). Questo si interpreta [sulla base del fatto che] il periodo successivo si prolungherà e sorpasserà tutto ciò che hanno detto i profeti, perché i segreti di Dio sono meravigliosi». (P. Hab, VII, 5-8).

Riferendo la visita di Gesù alla sinagoga di Nazaret, Luca ci dà un esempio eccellente del modo in cui Gesù proclamerà questo adempimento. Legge il passo di Isaia 61 relativo al grande giubileo della salvezza escatologica: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione». È un testo che era stato letto molte altre volte, ma che in quel giorno assume una rilevanza inattesa: «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4, 18-21). È l'oggi della salvezza, un oggi che risuona sovente ad Vangelo di Luca.

Il regno di Dio si è avvicinato

Questa proclamazione del Regno costituisce il cuore della predicazione di Gesù: è «il Vangelo di Dio», il «Vangelo del Regno» secondo la formula amata da Matteo. Un Vangelo al quale è necessario credere per essere salvati.
Benché il tema del Regno di Dio non sia centrale nell'Antico Testamento, tuttavia il messaggio di Gesù poggia sull'attesa di Israele. Un gruppo di salmi celebrava già il Regno di Dio destinato ad estendersi alle nazioni e all'intera natura (Sa1 93; 96-99). La proclamazione del Regno di Dio è legata in modo speciale al gioioso messaggio (euaggélion in greco) del Libro della consolazione del Deutero Isaia: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annuonzia la pace, messaggero di bene, che annunzia la salvezza, che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”» (Is 52, 7)
Al significato collettivo ed escatologico illustrato dalle visioni di Daniele, si aggiunge il significato individuale attestato negli scritti rabbinici: recitare lo Še ma’ Jisra’el (Dt 5) significa prendere su di se il giogo del Regno dei cieli.

Il tempo delle nozze: quando bisogna rallegrarsi

Per esprimere l'affermarsi dei Regno di Dio Gesù utilizza una serie di espressioni temporali che hanno messo a dura prova l’acume degli esegeti. In Marco 1, 15 il verbo greco éggiken significa che il Regno è ora molto vicino, è alle soglie. Altrove Gesù annuncia che il Regno verrà con potenza in un futuro prossimo (Mc 9,1). Il grande sconvolgimento è reso con espressioni immaginifiche: ora è il tempo delle nozze nel quale bisogna rallegrarsi, ora il tempo in cui il seminatore getta il seme a piene mani nella speranza di una messe abbondante. Altre espressioni presentano il Regno come già presente. Così, rispondendo a coloro che lo accusano di fare esorcismi per conto di Satana Gesù replica: «Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il Regno di Dio» (Lc 11,20).

Questa presenza molto reale, ma discreta, del Regno di Dio nella predicazione e negli interventi di Gesù è l'originalità paradossale della predicazione in Galilea.

L'appello di un padre misericordioso alla conversione

L'appello alla conversione caratterizza i profeti di Israele. Si tratta di rinunciare all’ingiustizia in tutte le sue forme per trovare le richieste dell'alleanza, e di staccarsi dal culto degli idoli per rivolgersi al Dio vero. Geremia in particolare ha orchestrato il tema in sintonia con l'annuncio della «nuova alleanza». A Qumrân, il Maestro di Giustizia ha rilanciato l’appello, insistendo fortemente sulle molteplici prescrizioni della Legge di Mosè. Convertirsi è infatti impegnarsi a seguire con tutto il cuore e tutta l'anima la Legge di Mosè, secondo gli insegnamenti dati dal Maestro alla comunità entrata nella nuova alleanza nel paese di Damasco (Documento di Damasco XX, 12; XVI, 1).
Diversamente da Giovanni Battista, che univa all'appello per la conversione la minaccia del giudizio imminente (Mt 3,7-12), Gesù motiva essenzialmente il suo messaggio con la rivelazione del Padre che chiama, accoglie e perdona. Le parabole della misericordia sono al centro del Vangelo (Lc 15). Con la sua stessa condotta, Gesù, è «la parabola di Dio» che rivela come Dio vada alla ricerca dei peccatori e degli esclusi. Questo è il senso dei pasti consumati insieme ai peccatori, così scandalosi per i benpensanti: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati, non sono venuto per chiamare i giusti ma i peccatori» (Mc 2, 17): «a convertirsi» aggiunge Luca (5,32)

Vino nuovo, otri nuovi!

In relazione a questo insegnamento autorevole che tronca così nettamente con quello degli scribi, l’atteggiamento proposto è quello dell'accoglimento nella fede e nella fiducia. Molte scene di miracoli o di perdono illustrano questo potere singolare della fede. Così Gesù dirà al centurione venuto ad implorare la guarigione del suo servo: «Va', e sia fatto secondo la tua fede» (Mt 8,13). La peccatrice perdonata udrà lo stesso linguaggio: «La tua fede ti ha salvato; va' in pace» (Lc 7,50).
Lungi dall’essere un passo facile, la fede richiesta da Gesù è esigente domanda disponibilità di cuore (nella valenza biblica di organo di riflessione e di decisione), rinuncia alle idee preconcette, inizio del cammino su una strada nuova. È tipica a questo proposito la dichiarazione che chiude la controversia sul digiuno «e nessuno versa vino nuovo in otri vecchi altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi» (Mc 2,22).
È nota qui la conclusione tratta da Marcione da questo testo, intorno al 140: bisognerebbe lasciar perdere tutto l’Antico Testamento, in quanto superato. Interpretazione tendenziosa, come abbiamo dimostrato negli esempi offerti: la predicazione di Gesù affonda le sue radici nel messaggio dei profeti. La critica del Maestro è rivolta contro «la tradizione degli uomini» che deformano la Parola di Dio (Mc 7,9-13). È questa Parola, nel suo primo scaturire, che Gesù viene a ristabilire e ad attualizzare. Per questo insegnamento nuovo, che colma di gioia coloro che lo accolgono, non è possibile trovare altra giustificazione che l’intimità di Gesù con il Dio dell’Alleanza invocato con Abbà, il suo proprio Padre.

I discepoli stenteranno a percepire questo segreto del messaggio, intrinsecamente legato alla persona di Gesù. In più occasioni Marco ci lascia cogliere la loro perplessità: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?» (Mc 4,41) e la loro incomprensione (Mc 7,18;8,17).
Tuttavia, proprio a loro è dato dal padre di conoscere il mistero del Regno di Dio, un mistero che non si svelerà che alla luce della Pasqua, dopo che il Figlio dell’uomo avrà dato la sua vita in riscatto per la moltitudine (Mc 10,45).

Édouard Cothenet

Professore presso l’Institut Catholique di Parigi

(Da Il mondo della Bibbia, n. 21)

Letto 6667 volte Ultima modifica il Venerdì, 29 Marzo 2013 11:17
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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