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Venerdì, 01 Settembre 2006 01:47

Memoria, azione nel presente (Geneviève Makaping)

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Memoria, azione nel presente

di Geneviève Makaping


«L’antisemitismo non è un'opinione. È una perversione. Una perversione che uccide. Non dobbiamo dimenticare quello che non si è potuto fermare». Parole del presidente francese Jacques Chirac.

Nel giorno della memoria, mi suscita angoscia profonda vedere documentari storicamente ben costruiti, libri che ci ricordano quello che fu e che non si poté fermare. Ma perché non si poté fermare? Cercare risposte sarebbe infruttuoso e porrebbe alimentare ritorsione, odio. Più utile chiederci che cosa possiamo fare ora.

Il ricordo, per ambire a dignità, dev'essere attivo, dinamico e vivo Perché tutto non si riduca a ovvie commemorazioni, dovremmo essere capaci di progettare l'azione del ricordo. È così che la Memoria diventa azione nel presente.

Nessuna cultura o comunità è mai minoranza in sé. Ciò implicherebbe che da qualche parte vi sia una maggioranza culturale. Ciascun gruppo è maggioranza rispetto a sé stesso. E poi, l'essere maggioranza o minoranza non ci fornisce nessuna informazione rispetto alla bontà o meno degli intenti. Appartenenza superiore o inferiore: questa visione del mondo in termini gerarchici ha generato razzismo e morte.

Guerre dimenticate, guerre mediatizzate, guerre dell'acqua, della fame e delle malattie. 60 anni fa, il genocidio. Bisogna andare oltre il pianto. Il ricordo da solo non basta. Siamo stati capaci di litigare persino sulle tragedie che abbiamo generato: è più drammatica la Shoah o sono più sconvolgenti le foibe? Vergogna. Vergogna due volte. Abbiamo reso bipartisan i nostri crimini contro l'umanità. Sì, mi vergogno anch'io.

Ah, le foibe!. Lo confesso: non sapevo cosa fossero. Solo a 47 anni, ho appreso l'esistenza del termine infoibare. Ho subito pensato a nok guè, parola bamiléké (la mia etnia; sono camerunese) per significare il grande serpente capace di ingoiare grandi prede. Da buona migrante, ho aperto l'enciclopedia. Foiba (dal lat.. fovèa, fossa). Caverne a grande sviluppo verticale presenti nella Venezia Giulia, con struttura a pozzo, al fonda del quale si accumulano materiali rocciosi o scorrono ruscelli sotterranei. Le F. sono uno dei più appariscenti fenomeni carsici dell’Istria. Tra il 1943 e il 1945 nelle F istriane trovarono la morte migliaia di italiani, massacrati dalle truppe partigiane del maresciallo Tito. Come dire che il buon Dio ha intarsiato e cesellato quel territorio e noi ci abbiamo messo il significato.

Memoria dinamica. Come? Dotandoci di strumenti che ci aiutino a non costruire barriere. Ve ne sono ancora molte.

Tra i gruppi perseguitati dai nazisti vi erano i nomadi, i testimoni di Geova, i tedeschi oppositori del nazismo, i membri dell'intellighenzia polacca, gli omosessuali, i delinquenti abituali, le persone cosiddette antisociali (erano considerati tali i mendicanti, i vagabondi e i venditori ambulanti).

Oggi, questi stessi uomini e donne vivono nella nostra società. Con quali occhi li guardiamo? Con quali stereotipi li rappresentiamo e li teniamo a distanza.? Ancora si perpetrano genocidi. Abbiamo perso la capacità di ricordare, di indignarci e ribellarci di fronte ai soprusi?

Racconta un a internato, che aveva il compito di accudire un carnefice: «Io lo guardavo senza quegli stivali, senza quel cappello e senza quel cappotto, lui era niente - capite? - un niente. Poi gli infilavo gli stivali e il cappotto e il cappello e ritornava a essere l'espressione della morte».

Memoria dinamica. Va costruita senza il sentimento di vendetta. Vendetta contro chi? Contro la nostra storia? La storia appartiene a tutti. Fino ai diciotto anni, vivevo in Africa. Non avevo sentito mai parlare di genocidio; o meglio, non ne avevo sentito parlare in modo da sentirmi parte di quella brutta pagina della storia. Mi ricordo, però, che noi studenti e studentesse ripetevamo in modo ossessivo: «Deutschland Uber Alles». Noi, piccoli neri, lo dicevamo persino con un piglio di fierezza, essendo stati colonizzati dai tedeschi, i più forti d'Europa. I più forti tra i bianchi. Noi eravamo sedati e, inconsapevolmente, servi dei più forti.

Non ricordo di aver mai sentito il numero sei milioni o dieci milioni. Ne avessero parlato o scritto, fossi stata anche in cima a una palma da cocco, me ne sarei ricordata. Neanche i miei genitori potevano ricordarsene: erano analfabeti, come ce ne sono ancora canti nei mondi terzi.

Allora, contro chi dovremmo vendicarci di quanto accadde? Contro noi stessi o contro le nuove generazioni? La verità storica deve far nascere in noi la volontà di ricostruire quello che abbiamo disfatto, senza rancore. Un accessibile linguaggio di pace, che dica cosa sono fame, guerra, odio, stenti, senza necessariamente doverli sperimentare.

Proviamo a contare fino a 10 milioni 860mila. Dicono le statistiche che gli ebrei uccisi nei campi furono 5.860.000 e 5 milioni i civili non ebrei trucidati. E il numero degli infoibati? C'è chi dice da 250 a 300mila, e chi dai 4mila a 5mila. Non sappiamo il numero esatto? Basta la conta.

Proviamo a scavare. Dove? Nella nostra coscienza. Vi saluto, addolorati.

(Tratto da Nigrizia, marzo 2005, pag. 77)

Letto 2056 volte Ultima modifica il Martedì, 16 Gennaio 2007 12:07
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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