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Venerdì, 16 Giugno 2017 09:57

Il diritto al simbolo (Antonio Nanni)

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Per riconoscere la cittadinanza simbolica e rendere possibile la com-presenza dei simboli è indispensabile un cambiamento relativo alla laicità.

Nella nostra società multiculturale aumentano i conflitti legati al simbolo. Si può partire dalla pubblicazione del libro “La guerra de simboli" che l'antropologa Anna Maria Rivera dedica ai problema del "velo".

Sta di fatto che l'esposizione di un crocifisso, l'allestimento di un Presepe, i canti di Natale, la costruzione di una moschea, il nuovo simbolo della Croce Rossa, la singolare invenzione della Mecca-Cola degli islamici che vivono in Francia, ecc., sono tanti esempi che confermano il nostro assunto. E cioè che viviamo già da tempo in una società "iconoclasta", dove si lotta contro i segni, le immagini, le icone, i simboli culturali e religiosi.

Che fare, allora, per ridurre tale conflittualità e prepararci a con-vivere con i simboli degli altri? La mia proposta è di riconoscere la cittadinanza "simbolica" (e non solo giuridica) a tutti gli immigrati e contemporaneamente di pervenire ad un nuovo statuto di laicità.

Come afferma A. Margalit nel libro "La Società decente" (Guerini e Associati, 1998), oggi la tripartizione classica della cittadinanza (legale, politica e sociale) non basta più. Occorre una quarta dimensione, appunto la cittadinanza "simbolica", ossia quella che riconosce il diritto al simbolo, che poi vuol dire all'alimentazione, all'abbigliamento, alla ritualità, al calendario, ecc. Infatti una società è "decente" quando mette ai centro la "dignità" di ogni persona e "non umilia" i cittadini per i loro comportamenti legati a questo o a quel simbolo. Nel loro insieme i simboli sono il vestito antropologico che non fa sentire "nudo" il cittadino (soprattutto immigrato) ovunque ha scelto di andare ad abitare. In una società plurale, multietnica, multiculturale e multireligiosa, è forse questo il diritto più importante, sul piano affettivo, prima ancora del diritto al lavoro, alla casa, all'istruzione, alla sanità, al voto (che comunque rimangono tutti diritti sacrosanti e imprescindibili).

Ma per riconoscere la cittadinanza simbolica e rendere possibile la com-presenza dei simboli è inoltre indispensabile un ulteriore cambiamento relativo alla laicità. Per stabilire le regole di un'etica pubblica condivisa, tutti i cittadini devono dare il proprio contributo a partire dalla loro identità culturale e religiosa. Nessuno ha il monopolio dell'etica.

La laicità non è "contro" ma "per". È una condizione di libertà, non un ostacolo pregiudiziale. In una società post-secolare come quella attuale, è opportuno che la laicità si liberi dal suo vecchio retaggio illuminista e un po' dogmatico. Ecco allora che tutti i simboli religiosi tornano ad acquistare un legittimo diritto di cittadinanza, purché, ovviamente, non rechino offesa né alla dignità della persona, né alla Dichiarazione universale dei diritti umani, né alla Carta costituzionale de nostro Paese (se stiamo parlando dell'Italia).

Antonio Nanni

(in Solidarietà internazionale, n. 1, 2006, p. 6)

 

Letto 2606 volte Ultima modifica il Venerdì, 16 Giugno 2017 10:10
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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