I Dossier

Martedì, 04 Novembre 2008 23:26

Guerrafondai, purché casti (Frei Betto)

Vota questo articolo
(1 Vota)

Guerrafondai, purché casti
di Frei Betto



Cinica morale statunitense. Contrassegnata dall’ideologia analitica, tende a vedere l’albero e ignorare la foresta. Puoi bombardare intere nazioni, se è nell’interesse nazionale, ma non azzardarti a commettere un atto impuro.

Il governatore dello stato di New York, Eliot Spitzer, coinvolto in uno scandalo a luci rosse, ha prontamente dato le dimissioni. Come se non bastasse la delusione dei suoi elettori, ha sottoposto la moglie all’umiliazione di posare al suo fianco davanti alle tv, in silenzio, mentre lui esprimeva il suo «profondo rimorso».

Gli è succeduto il vice-governatore, David Paterson. Il quale s’è affrettato a confessare «di non essere un santo». Parlando alla tv, Paterson e la moglie Michelle hanno ammesso di avere avuto ambedue una relazione sentimentale mentre erano già sposati, ma di essersi poi riconciliati e perdonati. A parità di colpa, il perdono reciproco sembra più facile.

La morale statunitense è profondamente contrassegnata dall’ideologia analitica: vede l’albero, ma non discerne la foresta. Il presidente Richard Nixon cadde in seguito allo “Scandalo Watergate”, una serie di attività illegali della sua amministrazione contro il Partito democratico. Bill Clinton si scusò davanti alle televisioni nazionali per l’adulterio commesso con una stagista alla Casa Bianca. Spitzer ha abbandonato la sua carica per aver speso una fortuna con prostitute (si parla di 80mila dollari).

E la foresta? Cosa dice la morale made in Usa sugli abusi dei diritti umani praticati su ampia scala da Nixon e Clinton? Perché è considerato etico invadere l’Iraq, provocando un genocidio (89mila civili iracheni e 4mila militari statunitensi morti dal 2003), o praticare la tortura nella prigione di Abu Ghraid, a Baghdad, o sequestrare supposti terroristi in Europa e confinarli nell’inferno carcerario della base navale di Guantánamo, un luogo del tutto alieno ai principi del diritto? È forse morale tenere per 110 anni una nazione come Porto Rico priva delle proprie sovranità e indipendenza? È morale punire Cuba con un embargo che dura ormai da 48 anni?

Forse le radici di questa morale fondamentalista — che colpevolizza una debolezza sessuale e accondiscende a un genocidio — affondano in una lettura sbagliata della Bibbia. La storia del re Davide, uno dei personaggi biblici di cui si hanno più informazioni, è emblematica: fu punito per aver commesso adulterio con Betsabea e per aver fatto uccidere il di lei marito, così da aver libera la strada al letto della donna desiderata (2 Sam 11).

Si sa, tuttavia, che re Davide, noto per aver composto il Miserere, fu un guerriero prima e dopo essere salito al trono: “uccise numerosi re nemici”, “mise in fuga eserciti avversari”, “massacrò 18mila idumei”, “sterminò 40mila aramei”... e via uccidendo, sempre “in nome di Dio”. Non consta che si sia pentito di tutte queste morti, né che fu punito per il sangue versato. Si pentì — e fu punito — solo per il caso di Betsabea. Ed ecco l’eredità che un certo tipo di esegesi biblica ci ha lasciato: se uccidi una persona, sei un assassino; se ne uccidi migliaia, sei un eroe. Il presidente Bush ne sembra convinto: butta ogni giorno bombe su popolazioni civili, ma ogni sera riposa il suo capo sulla spalla di Dio. Viene in mente il titolo di un film di Akira Kurosawa, nel 1960: Warui yatsu hodo yoku nemuru (I malvagi dormono in pace).

Finché la nostra idea di Dio ci consentirà di evocarlo come complice dei nostri interessi egoistici e meschini — come il controllo delle risorse petrolifere in Medio Oriente —, continueremo a soffrire della “sindrome abramitica del sacrificio”, seconda la quale Dio avrebbe richiesto ad Abramo di sacrificare il suo unico figlio, Isacco; più tardi, non ancora del tutto soddisfatto, avrebbe sacrificato sulla croce il proprio unigenito, Gesù. Quindi, in vista di un presupposto bene maggiore — la democrazia insegnata e regolata dai signori del denaro — un’intera nazione può essere sacrificata!

Una lettura più contestualizzata della Bibbia (il testo deve sempre fare i conti con il contesto spaziale e temporale) ci consente di capire che Jahvé non accettò che, in nome di una nuova fede (quella monoteistica), Abramo uccidesse Isacco, come prescrivevano i culti politeistici e i loro riti arcaici dell’oblazione delle primizie. Al contrario, Jahvé rivelò al grande patriarca di essere un Dio della vita, non della morte. Per questo salvò Isacco dalla miopia religiosa di Abramo (Gen. 22).

Nello stesso modo, è blasfemo pensare che Gesù sia morto per placare la sete di “sangue espiatorio” di un Dio che, offeso e risentito, si trasforma in un omicida più crudele del re Erode. La verità è che Gesù fu ucciso da poteri politici. La “volontà” di Dio fu che il Figlio continuasse ad amare anche in quella situazione di peccato.

Al contrario della morale made in USA, Gesù perdonò la donna adultera e ogni possibile “figlio prodigo”, come pure il rinnegamento di Pietro, mentre fu rigorosamente esigente con coloro che avevano fatto del tempio di Dio (oggi diremmo l’Universo, il pianeta terra, la vita umana) «una spelonca di ladri» (Mc 11,17). Se volessimo inquadrare la scena della cacciata dei mercanti dal tempio nel contesto odierno, potremmo dire che Dio è implacabile quando la sacralità della vita viene sacrificata sull’altare degli interessi pecuniari del mercato.


(da Nigrizia, 01/05/2008)

Letto 2762 volte Ultima modifica il Venerdì, 15 Gennaio 2010 23:27
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search