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Venerdì, 20 Agosto 2004 21:32

"Maestro, ho paura del tempo" (Gibran Kahlil Gibran)

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Con uno stile visionario, pieno di metafore ed immagini, Gibran, attraverso il "profeta" invita a non lasciarsi soccombere dalla paura del tempo, ma a saper guardare tutta la realtà con uno sguardo diverso.

E un giorno che sedevano sotto le lunghe ombre dei bianchi pioppi, parlò uno e disse: "Maestro, ho paura del tempo. Passa sopra di noi e ci deruba della nostra giovinezza, e che cosa ci dà in cambio?".

Ed egli rispose e disse: "Prendi una manciata di buona terra. Trovi in essa un seme, e forse un bruco? Se la tua mano fosse larga e durevole abbastanza, il seme potrebbe diventare una foresta, e il bruco uno stuolo di angeli. E ricorda che gli anni che trasformano i semi in foreste e i bruchi in angeli appartengono all'oggi, tutto l'insieme degli anni, solo a questo oggi.

E che cosa sono le stagioni degli anni se non i vostri pensieri che cambiano? La primavera è un risveglio nei vostri petti, e l'estate nient'altro che il riconoscimento della vostra fecondità. E non è l'autunno l'antico che canta in voi una nenia al fanciullo che ancora è nel vostro essere? E che cosa, vi chiedo, è l'inverno se non un sonno gonfio dei sogni di tutte le altre stagioni?".

E allora Mannus, il discepolo inquisitore, guardò intorno e vide arbusti in fiore abbarbicati al sicomoro. E disse: "Osserva quei parassiti, Maestro. Che dici di essi? Sono ladri dalle grevi ciglia che rubano la luce ai forti figli del sole, e si fanno belli con la linfa che scorre nei loro rami e nelle loro foglie".

Ed egli rispose e disse: "Amico mio, siamo tutti parassiti. Noi che ci diamo da fare per trasformare la zolla in palpitante vita non siamo superiori a quelli che ricevono direttamente la vita dalla zolla senza conoscerla.

Dirà una madre al suo bambino: "Ti restituisco alla foresta, che è la tua più grande madre, giacché tu mi stanchi il cuore e la mano"?

O il cantore rimprovererà il suo proprio canto, dicendo: "Ritorna ora alla caverna degli echi da dove provenisti, giacché la tua voce divora il mio respiro"?

E dirà il pastore al suo agnellino: "Non ho pascoli ai quali condurti; perciò separati da me e diventa per questo una vittima sacrificale"?

No, amico mio, a tutte queste cose è stata data risposta prima ancora che le domande si ponessero, e, così come i vostri segni, esse sono soddisfatte prima che voi prendiate sonno.

Noi viviamo l'uno dell'altro secondo la legge, che è antica e senza tempo. Dobbiamo perciò vivere in amabilità e benevolenza. Ci cerchiamo a vicenda nella nostra solitudine, e vaghiamo di strada in strada quando non abbiamo un focolare accanto a cui sedere.

Amici miei e fratelli miei, la vostra strada più larga è il vostro compagno-uomo.

Questi arbusti che vivono sull'albero succhiano il latte della terra nella dolce quiete notturna, e la terra nel suo pacato sognare succhia al seno del sole.

E il sole, così come voi e io e tutto ciò che esiste, siede con uguale onore al banchetto del Principe la cui porta è sempre aperta e la cui tavola è sempre imbandita.

Mannus, amico mio, tutto ciò che esiste vive sempre di tutto ciò che esiste; e tutto ciò che esiste vive nella fede, illimitata, della generosità dell'Altissimo".

Gibran Kahlil Gibran 

 



Profilo biografico: Kahlil Gibran nacque nel 1883 a Bisharri, nel Libano e morì nel 1931 a New York. Fu poeta, pittore e filosofo. Ancora in vita, la sua fama si diffuse ben al di là del vicino Oriente. La sua poesia fu ben presto tradotta in numerose lingue e le sue opere artistiche furono esposte nelle più importanti gallerie di tutto il mondo. Trascorse gli ultimi vent'anni della sua vita negli Usa, dove venne considerato un maestro da quanti leggevano le sue opere. Scrittore che amava atteggiamenti sconcertanti, con solennità da guru e da ierofante, la sua popolarità si intreccia con quella di "maestri" e di esperienze più o meno misticheggianti.

Opere di Gibran Kahlil Gibran: il suo capolavoro è l'opera poetica Il Profeta, pubblicata nel 1923. Nelle intenzioni di Gibran doveva essere la prima parte di una trilogia dedicata ai rapporti dell'uomo con se steso, con la natura e con Dio. La seconda parte, Il Giardino del Profeta, rimase incompiuta e pubblicata postuma. La terza non fu mai scritta. Altre opere che segnaliamo: Sabbia e Onda (Milano 1979), I segreti del cuore (Milano 1982), Gesù figlio dell'uomo (Milano 1987), Il Vagabondo (Milano 1988), La Voce del Maestro (Milano 1989), Le ali spezzate (Roma 1993), Le tempeste (Milano 1991), Il Precursore e il Folle (Milano 1988), Il Pianto e il Sorriso (Milano 1989), Gli Dei della Terra (Milano 1989).

Su Gibran Kahlil Gibran: J. Hatem, Kahlil Gibran, Parigi, 1986; Jean and Kahlil Gibran, Kahlil Gibran, His Life and World, Boston 1974. In Wikipedia: Khalil Gibran.

Il testo che presentiamo: Il Giardino del Profeta (da cui è tratto) ci racconta del ritorno di Almustafa, il "profeta", che porta a nuove moltitudini il suo annunzio. Con il suo stile visionario, pieno di metafore ed immagini, Gibran, attraverso il "profeta" invita a non lasciarsi soccombere dalla paura del tempo, ma a saper guardare tutta la realtà con uno sguardo diverso.

 

Letto 9740 volte Ultima modifica il Mercoledì, 22 Febbraio 2012 12:54
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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