I Dossier

Martedì, 12 Luglio 2011 21:14

La nonviolenza, ieri e oggi (Piersandro Vanzan)

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Una Giornata mondiale voluta dall’Onu. Non è casuale la scelta del 2 ottobre, giorno di nascita del Mahatma Gandhi, universalmente riconosciuto come padre della nonviolenza. L'orgoglio dell'Italia, patria di Lanza Del Vasto, ritenuto un suo illustre seguace.

Il 2 ottobre non è un giorno qualunque nel calendario mondiale. Infatti, a partire dal 2007, per espressa delibera dell'Onu su accorata e insistita richiesta di nomi illustri come Desmond Tutu e Sonia Gandhi, questa data è dedicata alla nonviolenza.
Una scelta non casuale, ricorrendo il2 ottobre la nascita di quello che è universalmente riconosciuto come il padre della nonviolenza: il Mahatma Gandhi. Stupisce perciò che quest' anno, a ben 141 anni da una nascita così decisiva per la storia dell'umanità, tale giornata - al di là delle tante iniziative a livello locale - abbia registrato una generale indifferenza da parte dei massmedia italiani e delle stesse istituzioni. Tale stupore peraltro s'accresce considerando l'attenzione - ottima e lodevole - rivolta a storie emblematiche come quella di Sakineh Mohammadi Ashtiani - la donna pakistana contro la cui condanna alla lapidazione l'intero mondo, compreso quello italiano, si è mobilitato - o la attesissima liberazione di Aung San Suu Kyi, la leader birmana oggi immagine simbolo del movimento pacifista nonviolento.
Tale disparità di attenzione, così come di visibilità mediatica, ci fa interrogare sul significato odierno di una filosofia e di una modalità di lotta quale la nonviolenza, sull'efficacia di questa forma di protesta, che tanti risultati ha conseguito e continua a conseguire nel mondo, ma che rischia - di fronte a dimenticanze quale quella registrata in occasione della Giornata mondiale della nonviolenza 2010 - di apparire come una forma di protesta nostalgica o comunque legata a un mondo e a una realtà storico-sociale ormai superati.
Non va peraltro dimenticato che l'Italia è la patria di un illustre personaggio come Lanza Del Vasto, riconosciuto seguace di Gandhi e, quindi, un collegamento diretto con l'esperienza e la forza della nonviolenza, che dovrebbe non solo inorgoglire l'Italia, ma anche mantenere alta l'attenzione e il coinvolgimento dell'intero Paese - comunità civile e istituzioni - su un tema così significativo quale la ricerca della pace. Fortunatamente l'attenzione su questi temi viene mantenuta alta grazie all'impegno di quanti, instancabilmente, continuano ad approfondire, testimoniare e rivivere l'esperienza di Lanza Del Vasto.
La recente pubblicazione di due nuovi testi - Drago A. (a cura di), Il pensiero di Lanza Del Vasto, Il pozzo di Giacobbe 2010, Trapani; Id., Le rivoluzioni nonviolente dell'ultimo secolo, Nuova Cultura 2010, Roma - consentono perciò di soffermarsi e riflettere sulla direzione che il movimento della Nonviolenza ha preso in questo terzo millennio e sul peso che tale forma di protesta ha nella società di oggi e nei rapporti con istituzioni e massmedia.
Il nostro obiettivo, per quanto solo abbozzato, sarà dunque quello di rispondere - soprattutto attraverso le considerazioni di Antonino Drago, ma ancor di più attraverso l'esperienza di Lanza Del Vasto - a una domanda sempre attuale: la nonviolenza è ancora oggi quella forma di protesta che tanti e importanti risultati ha conseguito nella storia dell'uomo?

Un esempio ancora attuale?

Ogni rivoluzione, persino quella nonviolenta, ha dei padri spirituali e non v'è dubbio che - a partire da Gandhi e passando per Martin Luther King - Lanza Del Vasto rappresenti per l'Italia e non solo un punto di riferimento fondamentale nella storia della nonviolenza. Oltre ad aver conosciuto ed essere stato seguace del Mahatma Gandhi, Lanza Del Vasto ha contribuito in maniera decisiva non solo a far conoscere in Italia le straordinarie intuizioni del suo maestro, ma anche a sviluppare la sensibilità per le tematiche della nonviolenza in un Paese fino ad allora lontano - anche per ragioni culturali - dalle posizioni espresse da Gandhi e da quanti lo seguirono.
Eppure, come ricorda A. Drago, nel cito suo Il pensiero di Lanza Del Vasto, «si è incominciato a conoscere meglio il suo pensiero dal 2001, anno del centenario della sua nascita» (p. 7). Un destino curioso per una personalità come Lanza Del Vasto che, oltre a essersi laureato in filosofia, fu poeta, drammaturgo, teologo, maestro spirituale, e il cui spessore è comprovato dalle relazioni di stima e affetto con personaggi del calibro di Simone Weil, l'Abbé Pierre - fondatore della Compagnia di Emmaus -, François Mauriac e tanti altri. Viene dunque da chiedersi se questa sorta di oblio, nel quale è rimasto rinchiuso Lanza Del Vasto fino a pochi anni fa, sia effetto di una dimenticanza intellettuale o piuttosto una sorta di distanza presa nei confronti dell'intero pensiero pacifista nonviolento, giudicato ormai poco proponibile.
A giudicare dai fatti occorsi nel secolo appena trascorso, viene stupirsi e non poco. Infatti, come osserva A. Drago nel citato Le rivoluzioni nonviolente dell'ultimo secolo, il sec. XX ha conosciuto non solo pagine terribili di odio e dolore (secondo conflitto mondiale, Shoah ecc.), ma anche una nuova modalità di concretizzare l'azione nonviolenta, rappresentata appunto dalle rivoluzioni nonviolente. Come ben osserva l'autore in questa seconda opera, nel recente passato si è andata affermando questa nuova forma di azione, sbocciata proprio in quelle situazioni nelle quali l'azione politica tradizionale - interna e internazionale - denunciavano impotenza e inefficacia. Esempi a tutti noti, come la deposizione del presidente delle Filippine Marcos nel 1980 o l'azione determinante di Solidarnosc in Polonia per il crollo del regime marxista, hanno rappresentato risposte alternative a forme più violente di rivoluzione, caratteristiche della storia precedente.
Non stupisce perciò che, alla luce anche di nuovi e recentissimi accadimenti, A. Drago abbia voluto fermare l'attenzione su tutti quegli studi statistici e storici (primo fra tutti l'autorevole How Freedom is now di P. Ackerman e A. Karatnycky) che hanno evidenziato come il cosiddetto people power sia un'arma più potente delle ribellioni armate.
I dati presentati da A. Drago raccontano di un mondo che, a diverse latitudini, opta per una forma di rivoluzione che è la diretta discendente dell'azione gandhiana, confermando perciò quanto la filosofia sita nella nonviolenza sia di grande attualità. Ossia, quella conversione - che Lanza Del Vasto auspicava sotto il profilo personale, ma anche  nel più vasto ambito della società e delle istituzioni - fornisce il sostrato a una lotta - quella per la libertà e la pace - che continua a ricevere dalla satyagraha linfa vitale. Indubbiamente, come ricorda A. Drago, la politica tradizionale più volte si è dimostrata spiazzata di fronte a un'azione nata per così dire dal basso, che ha saputo coinvolgere un così ampio numero di persone e soprattutto ha raggiunto risultati considerati da molti insperati. Non è un caso, d'altronde, che spesso i massmedia - e alcuni governi dietro di loro - filtrino le notizie riguardanti i fatti storici che vedono "come protagonista l'azione nonviolenta.
Per tentare una teorizzazione di quello che è soprattutto un accadimento storico, che si ripete in diverse occasioni e in diverse parti del mondo, A. Drago utilizza proprio la seconda parte della sua opera, costruendo un percorso teoretico che tiene conto dei principali contributi offerti dalla recente scienza e dottrina politica. Un segno dell'assoluta attualità di una tematica quale la nonviolenza. E sono proprio i risultati dell'analisi di A. Drago a suscitare ulteriori e nuovi quesiti, legati sia al panorama internazionale, sia alla più comune quotidianità, dove sembra prevalere un'infausta e generalizzata "violenza spicciola".

La nonviolenza e il quotidiano

Può un approccio storico quale la nonviolenza dispiegare i suoi effetti anche nel più ristretto vivere quotidiano delle odierne città? Una domanda provocatoria, ma non fuori luogo, soprattutto di fronte al dilagare di episodi d'intolleranza e violenza a cui siamo costretti ad assistere direttamente o indirettamente ogni giorno, e amplificati dai massmedia. Una posizione come quella di Gandhi o di Lanza Del Vasto potrebbe apparire utopistica o ingenua, ma vale invece la pena soffermarsi sulle prospettive che le conquiste pacifiste, conseguite dalla nonviolenza storica potrebbero avere sulle ordinarie e ripetute vicende di microviolenza che si ripetono nelle società contemporanee. Anche in questo caso Lanza Del Vasto ci fornisce un importante esempio. La sua attenta e cordiale attenzione alle beatitudini evangeliche mostra non solo la volontà di fondere insieme il pensiero gandhiano e l'annuncio cristiano, ma anche lo sforzo di ritrovare nell'annuncio di Gesù quei semi fecondi e decisivi allo sviluppo della nonviolenza come risposta alle tensioni sociali e umane sempre presenti nella vita di ogni giorno.
L'evangelico "Beati i miti" è in fondo una straordinaria e radicale affermazione di nonviolenza, che a ben guardare riguarda non solo i grandi conflitti internazionali o le grandi lotte per riconquistare la pace nella libertà, ma anche ogni forma di lotta che, investita dalla luce e dall'orizzonte di Dio, mostra tutta la sua forza proprio nel contrastare qualsiasi forma di violenza, anche spicciola. Si potrebbe osare una sorta di uguaglianza tra la mitezza - principio cardine della dimensione essenziale del cristiano - e la satyagraha indiana: entrambe potenti armi di una lotta che deve contraddistinguere non solo le tensioni e le dinamiche tra Stati, ma anche il dialogo sociale all'interno di una comunità, il terreno di confronto tra uomini diversi, così come tra istituzioni e comunità civile.
Resta comunque la forte sensazione che - di fronte all'inefficacia (oltre che alla disumanità) delle forme più bellicose di confronto, che ancor oggi purtroppo si registrano nel mondo, la nonviolenza - con le sue ricchezze spirituali e le sue profondità filosofiche e teologiche - rappresenti una prospettiva certamente ardua e dispendiosa, ma anche con buona probabilità decisiva nella costruzione e nella gestione di tutti i rapporti: dal più complesso come quello tra governi o istituzioni internazionali, a quello più consueto tra persone differenti.
Concludendo. «Qual è l'avvenire della (micro e macro) nonviolenza in Occidente? O, più brutalmente: l'Occidente ha un avvenire? La buona novella, la sola eternamente nuova è che è stato aperto un nuovo cammino. Non bisogna disprezzarlo come troppo semplice: non è affatto di tutto riposo. Il cammino della pace non è affatto facile (chi non lo sa?). Ma porterà "i miti a possedere la terra!'» (p. 6). Queste considerazioni di Lanza Del Vasto, riportate in sede di introduzione da A. Drago nel volume a lui dedicato, confermano quanto ardua e lunga sia la strada ancora da percorrere. Ma fatti storici di un passato recente, la realtà contemporanea e l'eredità che padri come Gandhi o come Lanza Del Vasto trasmettono alle generazioni di oggi, inducono a pensare alla nonviolenza come a un organismo vivo, multiforme e multietnico, capace di delineare un nuovo ruolo anche per i popoli del mondo, sempre più attori pacifici del proprio destino: un destino fatto di pace, libertà e convivenza. Niente nostalgie dunque, bensì uno sguardo rivolto al futuro; questo il senso di una giornata come il 2 ottobre: celebrare una nascita che è di ieri ma che è certamente anche di domani.

Piersandro Vanzan

(da Vita Pastorale n. 1 gennaio 2011)

Letto 4313 volte Ultima modifica il Venerdì, 29 Luglio 2011 14:42
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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