WAL-MART ALL’ASSALTO DEL MONDO
di Serge Halimi – Le Monde Diplomatique - gennaio 2006
(abstract)
Nel 1992 il presidente degli Stati Uniti pronunciò questa frase: “Il successo di Wal-Mart è il successo dell’America”. Ormai la multinazionale della distribuzione è diventata la più grande impresa del mondo. E la pratica del dumping sociale, che le è valsa una multa di 172 milioni di dollari per aver rifiutato la pausa pranzo ai propri dipendenti, contamina l’economia occidentale. Nel nome della lotta alla Toyota la General Motors ha annunciato 30.000 licenziamenti e vuole imporre ai restanti operai la riduzione dei salari e ai fornitori un abbassamento dei prezzi. Delphi, la più grande industria di componenti elettronici degli USA, vorrebbe pagare i salariati 9,50 dollari l’ora contro gli attuali 28. Dopo John D. Rockefeller, il modesto ragioniere di Cleveland divenuto a 31 anni il più ricco petroliere del mondo, e Steve Jobs, che lasciò l’università per fondare nel garage di casa la Apple, il sogno americano si ripete. Ma più in grande. Adesso è la volta di Wal-Mart. All’inizio era un negozietto sperduto in uno degli stati più poveri del paese, l’Arkansas. Oggi Wal-Mart vanta un fatturato di circa 310 miliardi di dollari (stime 2005) ed è diventata la più grande impresa del mondo, superando nel 2003 persino la Exxon Mobil. Quattro dei componenti la famiglia proprietaria figurano tra i dieci uomini più ricchi del mondo. Si calcola che un CD su cinque, un dentifricio su quattro e un pannolino sui tre comprati negli USA provengano dagli scaffali Wal-Mart. Il fatturato dell’azienda costituisce il 2,5% del prodotto interno lordo statunitense. Non deve pertanto stupire se la maggior parte delle trasformazioni politiche, economiche e sociali oggi purtroppo diffuse nel mondo abbia trovato piena approvazione – e talvolta origine – a Bentonville in Arkansas, sede della società. Lotta contro i sindacati, delocalizzazione e ricorso a manodopera sempre più sfruttata: è il modello Wal-Mart. Pressioni sui fornitori per costringerli ad abbassare i prezzi, concatenazione sfrenata delle attività per abbattere i tempi morti ed eliminare le pause di riposo: è il modello Wal-Mart. Costruzione di orribili punti vendita (le cosiddette “scatole da scarpe”) costantemente riforniti dai 7100 camion giganti dell’impresa che viaggiano e inquinano 24 ore su 24: è il modello Wal-Mart. Quando poi i sindacati contrattaccano, gli ecologisti si risvegliano, i clienti si rendono conto di cosa in realtà li derubano “i prezzi quotidiani più bassi” e i cittadini fanno muro contro la costruzione dell’ennesima scatola da scarpe, Wal-Mart recluta ex responsabili della comunicazione della Casa Bianca per migliorare l’immagine dell’impresa. Essi diranno che ormai l’azienda è diventata etica, che dà lavoro a un sacco di gente, che i clienti amano tanto i prezzi bassi, eccetera eccetera. Aggiungeranno poi che la ricerca del rendimento ha permesso di migliorare la produttività nazionale e che d’ora in avanti l’impresa difenderà l’ambiente così come ha soccorso le vittime dell’uragano Katrina. Sfruttamento, comunicazione: è ancora il modello Wal-Mart.