Si può dire, tuttavia, che la storia del cristianesimo in Mongolia conobbe una nuova fase da quando Gengis Khan, ampliando il suo impero, incorporò vaste zone dell'Impero Persiano in cui erano presenti consistenti comunità nestoriane.
Per capire qualcosa di questa comunità bisogna risalire a Nestorio, patriarca di Costantinopoli che non riconobbe i decreti del Concilio di Efeso del 431 in quanto riteneva validi solo i decreti di Nicea e Costantinopoli. In sostanza, Nestorio e i suoi seguaci sostenevano che in Cristo non c'era l'unione di due nature, ma piuttosto di due persone (Dio e l'uomo) unite dal punto di vista morale più che sostanziale; in concreto, quindi, l'umanità di Gesù sarebbe stata una sorta di «tempio» in cui era accolta la divinità. Veniva dunque negato a Maria l'appellativo di «Madre di Dio», sostenendo che essa fosse la madre solo dell'uomo Gesù.
Nel 451, al Concilio di Calcedonia, si condannarono tanto il Monofisismo quanto il Nestorianesimo; i nestoriani del resto si erano già propagati in vaste zone dell'Asia sotto l'Impero persiano che, in un certo qual modo, li proteggeva essendo essi cristiani, ma in rotta con l'Impero Bizantino. Essi furono i veri missionari dell'Asia, fondarono comunità nelle zone più remote e, quel che più conta, crearono delle scuole di teologia di un certo rilievo. Quando i nestoriani furono espulsi dall'Impero Bizantino trovarono ospitalità nell'Impero Persiano e la propagazione del loro credo raggiunse la Cina e la Mongolia. La loro intensa attività missionaria è all'origine del personaggio medioevale del Prete Gianni, figura mitica di re cristiano asiatico del cui regno, mai localizzato con certezza, scrissero viaggiatori e letterati. Il loro declino iniziò con l'arrivo dell'lslam e con la relativa conversione di tutto l'Impero. Quando le armate di Tamerlano con la loro travolgente avanzata islamica assoggettarono tutti i popoli, anche per i nestoriani si chiuse definitivamente il loro ciclo. Oggi essi sono una piccola minoranza nella costellazione delle confessioni cristiane del Medio e dell'Estremo Oriente.
Un secondo momento in cui il cristianesimo conobbe una certa crescita, fu negli anni a cavallo tra XIII e XIV secolo quando, con l'arrivo dei Francescani, si voleva iniziare un progetto più articolato di evangelizzazione che, ad ogni buon conto, non superò mai il livello della semplice diplomazia. In ogni caso la presenza delle comunità cristiane fu sempre limitata a entità abbastanza ridotte. Tra le loro file emersero comunque figure di prima grandezza come Guglielmo di Rubruk, Giovanni da Montecorvino e Giovanni da Pian del Carpine.
Verso la fine del 1800, su mandato di Propaganda Fide (l'odierno dicastero vaticano per l'evangelizzazione dei popoli), arrivarono in Cina e nell'attuale Mongolia interna i padri belgi della congregazione dell'Immacolato Cuore di Maria meglio conosciuta come i missionari di Scheut (dal nome della cittadina belga da cui provenivano), i quali avviarono un interessante lavoro di promozione sociale che venne bruscamente interrotto con l'avvento del comunismo. Oggi, grazie al nuovo clima politico e alla democrazia vigente nel paese, si può dire che in Mongolia c'è libertà religiosa, anche se con alcune restrizioni; una situazione di questo genere spalanca le porte non solo al ritorno delle grandi tradizioni religiose, ma purtroppo anche alle invadenti sette evangeliche, poco propense a misurarsi sul piano ecumenico. In epoca contemporanea, grazie al ritorno della democrazia, si sono riaperti i monasteri e i templi e si assiste in tutto il paese ad un interessante risveglio religioso. Attualmente la comunità cristiana in Mongolia ha un forte legame con la Corea del Sud, con i paesi dell'Europa e altri paesi asiatici da cui provengono i missionari. Dall'aprile del '92 sono riprese le relazioni diplomatiche con la Santa Sede e ufficialmente fece ritorno in Mongolia la congregazione dei missionari di Scheut; il personale apostolico che approdò in quegli anni in Mongolia non era più di nazionalità belga, bensì di provenienza internazionale. L'attuale vescovo di Ulaanbaatar, mons. Wenceslao Padilla è di nazionalità filippina ed ha assunto, su mandato della Santa Sede, la responsabilità pastorale dell'intera Mongolia.
M.B.
MC Febbraio 2010