La Chiesa cattolica in Cina, e mi riferisco in particolare alle comunità aperte, ufficiali, sta vivendo una fase cruciale della sua storia: il cambio di leadership. I vescovi anziani scompaiono uno dopo l'altro. Il ruolo-guida della Chiesa viene assunto da vescovi giovanissimi, in qualche caso neanche quarantennio. Gli uomini incaricati dal regime di controllare la Chiesa si rendono ben conto che questo è un momento critico e non risparmiano mezzi e minacce per eleggere all' episcopato persone accondiscendenti alla politica religiosa del regime comunista. I giovani preti, soprattutto coloro che hanno le qualità per assumere un ruolo di guida, sono sottoposti a pressioni tremende per piegarsi e adeguarsi alla politica religiosa. Attraverso il «governo democratico della Chiesa», che niente è se non un eufemismo del controllo del regime, i funzionari del partito (Fronte unito) e del governo (Ufficio affari religiosi) creano, ovunque possono, un’artificiosa divisione nelle comunità cattoliche. Da una parte il candidato ecclesiale, il sacerdote spontaneamente riconosciuto come il più degno e preparato, sostenuto (quando c'è) dal vescovo anziano, che garantisce fedeltà alla tradizione cattolica e unità con la Santa Sede; dall’altra il candidato del governo, generalmente un sacerdote che - fatta salva la sua dignità personale e sacramentale, che rispetto - per un motivo o per l'altro, può essere facilmente manipolato dagli uomini del regime.
La manipolazione del governo consiste in una specie di isolamento del «suo» candidato dal resto della diocesi, attraverso promesse e premi di vario. tipo, incluso quelli economici e politici. Di conseguenza un giovane prete dalla personalità debole o ambiziosa, difficilmente resiste alle pressioni e alle lusinghe. La crisi, vocazionale e morale, di un numero crescente di giovani preti trova in questa perversa politica governativa una delle sue ragioni.
Negli ultimi 12 mesi abbiamo assistito a varie ordinazioni di giovani vescovi: Giuseppe Tong Changping (Weinan, Shaanxi), Giuseppe Han Zhihai (Lanzhou, Gansu), John Tan Yanchuan (Nanning, Guangxi), Giuseppe Liao Hongqing (Meizhou, Guangdong); Pietro Feng Xinmao (Hengshui, Hebei). Le diverse circostanze e modalità di queste ordinazioni, che non possono essere riportate qui in dettaglio, hanno qualcosa in comune: la permanente situazione di conflitto tra i funzionari della politica religiosa e le comunità cattoliche.
La conferma viene anche dal tentativo, non riuscito, di procedere secondo il metodo «democratico» all’elezione di un numero ancora maggiore di vescovi, tra cui quello di Zhouzhi (Shaanxi). In entrambi i casi, di ordinazioni avvenute o di elezioni mancate, risulta chiara la volontà delle comunità cattoliche.
Che è quella di essere veramente tali, ovvero di procedere all'elezione e consacrazione del vescovo secondo la tradizione cattolica, che include, come elemento essenziale, il mandato o l'approvazione dell’eletto da parte del Papa.
Come l'esperienza di questi anni ha mostrato chiaramente, i cattolici di Cina non sono più disposti a tollerare di essere governati da un vescovo illegittimo (indipendentemente dalla dignità personale della persona coinvolta). Un vescovo che venisse ordinato illegittimamente sarebbe di fatto un vescovo disertato, senza popolo, un «pastore» senza gregge. È triste osservare quanto tarde siano le autorità del regime e dell' Associazione patriottica ad ammettere il fallimento della loro politica religiosa: non esiste in Cina una Chiesa patriottica, una Chiesa indipendente. I fedeli, i sacerdoti, le religiose e i vescovi non vogliono una Chiesa nazionale. Eppure la politica del governo è portata avanti con determinazione e senza risparmio di mezzi. Si deve registrare, per esempio, la presenza intimidatoria di centinaia di membri della pubblica sicurezza alle ordinazioni episcopali; l'imposizione della lettura, durante la Messa di consacrazione, della lettera di nomina da parte della Conferenza episcopale cattolica cinese, un organo abusivo istituito dal governo, che non esiste secondo il diritto della Chiesa. Il regime, purtroppo, non sta scherzando, e sarebbe bene che più osservatori e commentatori prendessero nota di questo.
D'altra parte non si può non rilevare che, ove il clero, le religiose e i fedeli di una determinata diocesi siano stati capaci di essere uniti, determinati e coraggiosi, sono riusciti a strappare qualche forma di compromesso, tra cui la comunicazione pubblica dell’esplicita comunione dell’eletto con la Chiesa universale e il Santo Padre. Abbiamo constatato che, tanto più il candidato era disposto a rinunciare all’episcopato piuttosto che transigere sulla comunione con la Chiesa universale, tanto maggiore era la sua forza nel far valere i suoi diritti di cattolico e di resistere alla pressione dei funzionari della politica religiosa.
Ai giovani preti di Cina, essendo anch' io prete come loro, va la mia simpatia e solidarietà. Se queste parole raggiungessero i candidati all'episcopato, vorrei dire loro: «Siate liberi, siate forti, resistete; rinunciate all’episcopato piuttosto che compromettere la vostra coscienza. La verità vi farà liberi...».
Gianni Criveller