Il settimo gradino
Il settimo grado dell'umiltà consiste non solo nel qualificarsi come il più miserabile di tutti, ma nell'esserne convinto dal profondo del cuore.
Il precedente gradino, il sesto, sembrava il colmo dell'abbassamento, ed ecco che san Benedetto va ancora oltre e ci propone un ulteriore passo avanti in questa via davvero scomoda e impegnativa. Non solo riconoscersi a parole come povero, inetto e peccatore, non solo accontentarsi, o addirittura essere contenti di occupare un posto infimo e di possedere pochi e poveri beni, ma addirittura esserne convinti dal profondo del cuore. Come arrivare a questa convinzione così poco connaturale alla nostra innata sete di avere, di contare, di essere amati e apprezzati?
Gli autori spirituali dicono concordemente che a questo “gradino” non si arriva con le nostre sole forze, ma che occorre un dono particolare di grazia che converte il cuore e lo rende capace di imitare il Signore Gesù nel suo annientamento, al punto di poter dire, e pensare, con il Salmo 22: “Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo”.
Grande è la tentazione di pensare, e di dire, che in questo modo ci troviamo di fronte a forme patologiche di complessi di inferiorità, di sensi di colpa, di psicosi depressive o autodistruttive. Eppure l'esperienza dei mistici (e ogni cristiano è chiamato per vocazione a essere un mistico) ci dice che proprio la contemplazione autentica del volto di Dio, della sua grandezza, della sua bellezza, della sua santità ci fa persuasi della nostra povertà e nullità. E una simile convinzione non suscita in noi sentimenti di rabbia, di rivalsa o di scoraggiamento, ma ci mette come un piccolo “nulla” nelle mani del Dio misericordioso, per il quale nessuna creatura è troppo piccola o insignificante, ma sempre è degna del suo amore attento e preveniente.
Allora può nascere dal cuore il grido di trionfo del salmista nel salmo 73: “davanti a te stavo come una bestia. Ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra”. Sapersi nelle mani di Dio diventa sicurezza e forza invincibile: di fronte alla grandezza di Dio ogni nostra presunta grandezza è solo ridicola presunzione e possiamo tranquillamente ammettere la verità della nostra condizione di creature fragili e limitate. Ma amate e salvate. L'atteggiamento giusto allora sarà quello descritto con una tenerissima immagine nel salmo 131: “Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia”.
sr. Francesca osb