Vita nello Spirito

Domenica, 05 Novembre 2006 21:20

Le molte icone di Dio (Marcelo Barros)

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Le molte icone di Dio
di Marcelo Barros

Il pluralismo religioso che caratterizza il nostro tempo e di cui il mondo ha acquisito chiara coscienza ha un significato positivo: la molteplicità delle fedi rientra nel piano divino per l’umanità e dovrebbe aprire la strada verso la pace.

Il mondo odierno è caratterizzato da un incremento smisurato della povertà e da una sorprendente situazione di pluralità di culture e religioni che le emigrazioni e i mezzi di comunicazioni costringono a convivere.

Per secoli, in America Latina la chiesa cattolica si è mantenuta “bianca ed europea”. Fino a un passato non molto lontano, vescovi e clero si sono opposti a che la gente seguisse una religione che non fosse il cattolicesimo. Le popolazioni, però, hanno sviluppato un cristianesimo fatto di devozioni e di tradizioni orali che si sono mescolate, sintetizzando credenze diverse. Questo “meticciato cattolico” ha significato per molti un’appartenenza religiosa doppia, quando non multipla.

Le autorità coloniali ed ecclesiastiche proibirono agli africani strappati alle loro terre e portati come schiavi in Brasile, in Colombia o nei Caraibi, di praticare i propri culti tradizionali e li obbligarono a diventare cattolici. Fu uno sforzo inutile: anche battezzati, gli schiavi neri mantennero le loro religioni antiche e diedero vita a una sintesi di credenze cristiane e di culti di matrice africana. Sorsero così il candomblé a Bahia, lo xango a Recife, la Casa de Mina a São Luis nel Maranhao, la Santeria in Cuba e i cultos negros in Colombia. Ovviamente, queste sintesi spirituali - profonde e sofferte - furono condannate dalla gerarchia ecclesiastica, forse incapace di cogliere il fatto che in esse si realizzava quello che Raimundo Panikkar ha definito “dialogo intra-religioso”, cioè un pluralismo di tradizioni religiose che il credente vive nel proprio cuore.

Oggi, la situazione che si era venuta a creare in America Latina con la tratta degli schiavi (caratterizzata, cioè, dalla presenza di credi religiosi in uno stesso territorio) è diventata mondiale. Nell’Europa occidentale vivono oggi oltre cinque milioni di musulmani e parecchie centinaia di migliaia di buddisti e di seguaci di altre religioni orientali. La stessa condizione è presente nell’America del nord. Le chiese devono prendere coscienza di questo fenomeno e considerarlo non come “problema” che crea difficoltà, bensì come “grazia di Dio”, un kairos, cioè “occasione propizia”, “tempo favorevole” in cui è richiesto uno sforzo maggiore per ascoltare la Parola di Dio e vivere la propria fede con gioia e gratitudine.

Una seria teologia cristiana del pluralismo religioso accerta la molteplicità delle religioni non come un fatto inevitabile da subire, ma come positività, una “benedizione dello Spirito” per le chiese e per tutte le religioni. Il cuore vero di una religione - qualunque essa sia - è la sua proposta di esperienza d’intimità con il mistero divino che dà il senso ultimo alla vita. La “grazia” di ogni religione è l’apertura al mistero, che però è “relativa”, in quanto vissuta ed espressa in maniera “condizionata” dalla cultura. Tutte le religioni sono “mediazioni”.

Il dialogo inter-religioso. che suppone l’accettazione del pluralismo, è molto di più che una semplice questione di rispetto o di tolleranza. È un’esigenza di quella sete di assoluto di cui ogni religione è un’espressione particolare. L’assoluto non può essere “compreso” totalmente da questa o quella religione.

Nel cristianesimo, l’esperienza di intimità con il divino si ha attraverso la sequela di Cristo, che ci ha rivelato che Dio è amore. Il Dio di Gesù Cristo non si è fatto conoscere principalmente perché noi gli prestassimo un culto, ma soprattutto perché, grazie alla caritas che lui è e che egli ci dona, anche noi possiamo amarci. Lo dice magistralmente l’incipt della recente enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est «“Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16). Queste parole esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana (...) e ci offrono una formula sintetica dell’esistenza cristiana: “Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto”. Abbiamo creduto all’amore di Dio - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».

Il vero interesse di Dio è che gli uomini e le donne abbiano la vita. L’aveva già detto Sant’Ireneo di Lione: «La gloria di Dio è l’uomo vivente». Mons. Oscar Romero parafrasava queste parole così: « La gloria di Dio è l’uomo oppresso liberato».

Cinque anni fa, la commissione latino-americana dell’Associazione ecumenica dei teologi del Terzo Mondo ha varato un progetto editoriale: cinque volumi in cui raccogliere i migliori studi sulle relazioni esistenti tra la teologia della liberazione e la teologia del pluralismo religioso. Ne sono già stati pubblicati tre, ricchi di spunti per una sintesi di queste due correnti teologiche.

Nel 1970, mons. Hélder Câmara, invitato a partecipare alla Conferenza mondiale delle religioni per la pace, Kyoto (Giappone), affermò: «Le religioni e i cammini spirituali devono dialogare e camminare insieme, se vogliono essere la coscienza etica dell’umanità e il grido pacifico dei poveri»

(da Nigrizia, Maggio, 2006)

Letto 1290 volte Ultima modifica il Mercoledì, 21 Febbraio 2007 00:34
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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