Vita nello Spirito

Martedì, 13 Novembre 2007 23:38

Parabole estratte dal “Parabolario” di Galando di Reigny (a cura di Sr. Giovanna Grazioli)

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Qualche domanda

Parabole estratte dal “Parabolario”
di Galando di Reigny

a cura di Sr. Giovanna Grazioli

Alcuni fratelli si recano da un padre spirituale desiderando ciascuno ricevere da lui una risposta alle loro domande.

9 A. I denti rotti del diavolo

1. La prima domanda: «Perché il salmista dice: “Hai spezzato i denti ai peccatori”a? Come si può affermare ciò, quando i peccatori hanno tutti i loro denti, e sani, mentre molti religiosi anziani sono sdentati al punto di poter mangiare appena il loro pane b?».

L’altro rispose: «Un uomo aveva un cane dalle reazioni immediate, in altre parole mordeva gli ospiti o gli sconosciuti prima di abbaiare: il padrone gli spezzò i denti affinché, se in seguito avesse morso qualcuno, non avrebbe potuto fargli del male.

Allo stesso modo, perché il diavolo non potesse nuocerci troppo coi morsi delle sue suggestioni improvvise e nascoste, il Signore ci ha insegnato ad opporre ai morsi del desiderio carnale, l’astinenza, a quello dell’orgoglio, l’umiltà; infine ad ogni vizio la virtù corrispondente. Con questo mezzo i morsi diabolici sono stati grandemente neutralizzati.

Vedi un fratello in collera che vuol litigare? Rispondigli dolcemente, e così hai «rotto i denti» della collera.

Il tuo spirito ti porta alle stelle, ti eleva sopra degli altri? Pensa che devi morire, che sarai presto polvere, che sarai sottoposto al giudizio divino, che avrai dei debiti da scontare, che sarai giudicato con severità; cosi avrai spezzato i denti dell’orgoglio.

2. Diciamo ancora come i denti dei peccatori saranno spezzati. Capita spesso che un secolare che ha commesso colpe criminali che trapassano come tanti denti del diavolo e che è stato per lungo tempo trattenuto nelle fauci di questo cerbero furibondo, sia visitato dalla grazia di Dio che tende a strapparlo dai denti del diavolo. Ma il nemico funesto non vuole lasciarlo andare cosi facilmente: o meglio non soffre affatto di disserrare i denti che ha piantato nelle sfortunate membra, come è naturale da parte di chi ha messo in opera tanto zelo e pena per custodire la sua preda, quanto il fatto che la credeva già in suo potere e diceva in se stesso che nessuno più l’avrebbe reclamata o gliela avrebbe strappata.

Ora il Signore libera con forza e potenza il peccatore che grida verso di Lui, secondo le parole “ha fatto uscire i prigionieri con forza”c, e ancora “verrà uno più forte di lui che li vincerà” d, ecc. Così si dice del diavolo che i suoi denti sono spezzati, comparandolo ad un essere al quale non si potrebbe far mollare ciò che avesse afferrato fra i denti senza romperlo.

3. Quando ci liberiamo dai peccati più importanti e più gravi, “il Signore spezza i molari dei leoni”e; quando si tratta di colpe più lievi o di poca importanza, egli “frantuma i denti dei peccatori”. O meglio, poiché i molari sono più nascosti dei denti davanti, il Signore frantuma i molari in quanto mi purifica “dalle mie colpe nascoste” f; quando si tratta di colpe commesse apertamente, Egli rompe i denti1. Dato che i molari sono più grossi dei denti davanti è giusto dire che essi rappresentano i peccati nascosti, Il fratello che pecca si corregge spesso più velocemente da una colpa evidente che da una colpa nascosta. Anche tu, rompi i denti del peccatore quando rifiuti di ascoltare il falso fratello g che ti invita al male.

Tale suggestione è un latrato, un morso di cane, una ferita dell’anima. E come mai ogni volta che ti suggerisce questo genere di cose non ottiene nulla, non può farti alcun male, se non perché ha i denti spezzati?».

9 B. Fede, speranza e carità

1. La seconda domanda: «Perché l’Apostolo dice: “Esse sono tre, la fede, la speranza e la carità; ma più grande di tutte è la carità?”a Perché le enuncia in questo ordine e mette l’ultima al di sopra delle altre?».

Rispose il Padre spirituale: «Quando un agricoltore ha messo tutte le sue cure nel piantare una vigna e si è preoccupato a coltivarla, è certamente gioioso quando col tempo la vede fiorire nei giorni primaverili e infine è felicissimo quando in autunno la vede portare frutto.

Ora la vigna di Dio, piantata dalla fede, fiorisce con la speranza e dà i suoi frutti nella carità. Se dunque la fede è una cosa gioiosa, la speranza la supera e la carità ne è sovrana.

Piantare una vigna! Ecco che non sempre dura; la bellezza dei fiori è passeggera; ma vuoi sapere di che natura è il frutto della carità? Ascolta il Signore: «E che voi portiate frutto, dice, e che il vostro frutto rimanga” b Questa piantagione che è la fede appassisce, i fiori della speranza cadono, ma la carità non sparirà mai c.

E di fatti noi soffriamo molto nel piantare e anche durante la fioritura non riceviamo ancora niente, fino alla raccolta dei frutti dove possiamo riempire gioiosi le nostre dispense.

2 . La carità riempie il granaio del cielo, perché la fede e la speranza non salgono fin là.

La nostra carità germina qui in basso, si alza dal basso della terra del nostro cuore; ma la sua cima penetra i cieli e il suo frutto ci mette in compagnia degli angeli. Tu non puoi salire fino al cielo se non per mezzo dell’albero della carità. A meno di piantare qui la carità, non potrai cogliere i frutti lassù. Ma quando seminerai una semente di carità nel giardino del tuo cuore, guardati dall’invidia, la peggiore delle erbe cattive. È soprattutto l’invidia che distrugge il germe della carità, soffoca tutti i suoi germogli d e la sradica fino alla radice.

Nutri la carità, ordina in te la carità e in modo da amare per prima le persone della tua casa, i tuoi compagni, poi le altre persone a te più intime, in terzo luogo i tuoi vicini e le persone del vicinato, in quarto luogo ugualmente coloro che abitano più lontani ma non ti sono sconosciuti, in quinto luogo gli stranieri e le persone sconosciute, ed infine perfino i tuoi nemici.

3. D’altronde l’Apostolo ha enunciato le tre virtù in quest’ordine, sia perché se non credi non puoi sperare i beni celesti e se non speri di raggiungerli un giorno non potrai infiammarti d’amore per essi; sia perché il percorso evangelicof che dobbiamo costruire nel nostro cuore ha per fondamento la fede, si eleva ben in alto con la speranza e termina con la carità; sia perché la fede ci insegna la via da seguire, la speranza ci mostra da lontano il luogo verso il quale ci dirigiamo g la carità ci fa giungere; sia perché la fede ispira a chi è caduto di rialzarsi, la speranza lo conforta fintanto che si rialza, la carità nasconde i suoi peccati h. In breve, la fede ci fa nascere, la speranza ci fa crescere, la carità ci rende perfetti 1.

La fede ci purifica, la speranza ci rallegra, la carità ci santifica. La fede ci distingue dai miscredenti, la speranza ci eleva verso le altezze, la carità ci unisce a Dio stesso. La fede ci fa cristiani, la speranza tutto ci dona, la carità ci rende figli di Dio. La fede scaccia l’errore, la speranza bandisce la disperazione, la carità scaccia il timorei».

9 C. La correzione moderata

1. Il terzo disse: «Chi è più in errore: colui che riprende troppo duramente le persone che peccano, o colui che lo fa fiaccamente?».

L’altro rispose: «Una volta avevo due vicini; la carità li spingeva spesso ad invitarmi a pranzo, e sia l’uno che l’altro mi offrivano da bere del vino accuratamente aromatizzato con miele e a ssenzio. Tuttavia uno di loro metteva quasi sempre in questa bevanda più miele e meno a ssenzio; l’altro invece ci metteva sempre meno miele e più a ssenzio di quello che richiedeva. L’uno e l’altro mi causavano un disgusto.

Tuttavia come la bevanda troppo dolce mi era meno nauseante dell’altra troppo amara, così una correzione più dolce è preferibile ad una più dura. Certamente, è bene talvolta avere in sé il rigore del vino, ma è meglio abbondare delle dolcezze del latte, come è scritto: poiché le tue tenerezze sono meglio del vino a. Infatti se bisogna versare del vino e dell’olio b su una ferita, si mette sempre più olio che vino; se si mischiano queste due sostanze, l’olio galleggia sempre1.

E se capitasse al tuo cuoco di superare la misura nel condimento dei legumi, sopporteresti meglio più olio che troppo sale».

2. Ahl Quale abbondanza di olio metteva nei cibi che ci preparava quel buon cuoco venuto in questo mondo c non per essere servito ma per servire d !

Vedi, ti prego e osserva Colui che dispose tutte le cose con dolcezza», che corregge dolcemente gli Apostoli che si contendono il primo posto f.

Egli accoglie la peccatrice in lacrime ai suoi piedi, l’assolve, la rinvia in pace g la giustifica persino, sia davanti a Simone il lebbroso h, sia davanti a Giuda figlio di Simone, l’lscariota l, sia davanti a Marta, la sua stessa sorella jk. Libera la donna adultera che gli conducono e la mette al sicuro non condannandola

Guarda Pietro che lo rinnega l . Persino sulla croce promette il Paradiso al ladrone m, intercede presso il Padre per i giudei n, a sua madre che piange, cerca un altro figlio che prenda il suo posto o. Dopo la sua morte e la sua risurrezione, va a trovare i suoi discepoli che non lo credevano risuscitato, li saluta, li saluta ancora, mette a nudo il suo costato q, li forma di nuovo ad avere fede, invita Tommaso a toccarlo r, se ne va e ritorna più volte, esortandoli ed istruendoli spesso s. Infine li conduce fuori, li benedice, ascende al cielo t.

3. Ah! Il «buon padrone dell’albergo» che offre dei banchetti così dolci e gustosi! Vuoi gustarli anche tu? Cerca di fare esperienza di ciò che dico. Avvicinati, entra anche tu al refettorio dell’Evangelo. Vi troverai quattro tavoli guarniti di delizie così numerose e così abbondanti che non saprai cosa prendere: quello è buono, quell’altro è migliore!

Si, veramente, se in primo luogo andrai alla tavola di Matteo - per non dire di tutto il resto -,cosa vi potrai trova-re di bene, di dolce, di morale, di edificazione che non contenga il sermone del Signore sulla montagna u?.

Poi quando avrai scrutato a fondo e per ordine gli altri due tavoli e avrai visto le meraviglie che vi sono servite, penserai che niente di meglio può trovarsi sotto il cielo.

Per ultimo ti si presenterà la tavola di Giovanni. La vedrai carica di cibi divini di una nobiltà tale che tutto ciò che avevi visto in precedenza ti sembrerà poca cosa. Cosa proverai infine quando giungerai alla Cena del Signore e percorrerai con lo sguardo l’abbondanza grondante, lo scorrere abbondante delle Parole divine v? In verità potrai esclamare con Paolo: O profondità della ricchezza della saggezza e della scienza di Dio! w»

9 D. L’Ispirazione divina

1. La quarta domanda: «Perché il Signore dice nell’Evangelo che Lui e Suo Padre verranno da chi osserva i suoi comandamenti e faranno la loro dimora presso di lui a, quando comunque nessuno può osservarli a meno che Dio non venga prima a visitarlo con una ispirazione divina.

L’altro rispose: «Un ricco allevò nella sua casa, per amore di Dio, un ragazzino povero e di modeste condizioni. Quando quest’ultimo giunse all’età adulta, il ricco gli disse: “Ho deciso di darti una piccola somma di denaro affinché tu la faccia fruttare, aumentandola a tuo profitto, alle seguenti condizioni: se la farai fruttare con sagacità te ne darò un’altra più grande; altrimenti pensa che questa sarà l’ultima”.

Ora, quando il giovane ebbe gestito questo denaro con prudenza, il suo padrone di casa aggiunse un’altra somma più considerevole alla prima; e quando vide che anche questa era ugualmente ben amministrata, lo gratificò con abbondanti ricchezze.

2. Così il Signore prima ci accorda un soffio leggero della Sua grazia, e se questa prima grazia non è stata vana in noi b, ci arricchirà in seguito di una benedizione molto più abbondante: la Sua venuta e quella di Suo Padre. E se facciamo fruttare bene e diligentemente la larghezza dei suoi doni, ci accorderà ancora di più i doni della sua liberalità; tanto più noi risponderemo convenientemente e con sagacia ai suoi doni, tanto più Lui ci arricchirà di più grandi.

E se noi non cesseremo di meritare il Suo bene, Lui non cesserà mai di farci del bene, e non ci sarà mai fine al nostro progresso spirituale quotidiano né alle Sue costanti e sovrabbondanti ricompense».

9 E. La bellezza spirituale

1. La quinta domanda: «Perché una certa persona dice di lei: sono bruna, ma sono beIIa a? Se è nera, come può essere bella? e se è bella, come è nera?»

Ma l’altro rispose: «Un giorno un uomo andò a raccogliere more con un bambino. Ma le more non erano tutte mature e non avevano dunque tutte lo stesso colore; le une erano nere, le altre verdi o rosse, Il bambino, credendo e dicendo in cuor suo b che tutto ciò che è nero è spregevole e da rifiutare, non raccoglieva che le more rosse e verdi, mentre il suo compagno non raccoglieva che le nere.

2. Anche tu, non credere che tutto ciò che è nero sia mediocre e senza valore: al contrario, molte cose sono migliori tanto più sono nere! Pensa per esempio alle lettere incise in un libro: più sono nere, più sono nitide. Rossicce o giallastre sarebbero meno leggibili. L’uva in autunno, o le more in questione sopra, sono tanto più gustose da mangiare tanto più sono nere; se gli restano delle tracce di giallo o di verde, ci sembrano già meno buone.

Lo stesso vale nel campo spirituale; alcune virtù sono, in qualche modo, nere. Sembrano brutte e vergognose agli stolti, mentre i saggi le prediligono e le stimano. Tali sono la povertà volontaria, una pazienza tranquilla, l’umiltà religiosa.

Chiunque è capace di comprenderle e di riconoscerle, è adulto nell’intelletto, è perfetto nel discernimento. Ma chiunque è incapace di apprezzare tali realtà è un bambino nel giudizio c (1)e dallo spirito povero. Lascia da parte le more buone e mature per cogliere quelle verdi Ogni anima santa che per amore di Dio ha in sé quelle belle nerezze può dire con ragione: sono bruna, ma sono bella! d,»

9 F. L’uomo che grida con una voce non sua

La sesta domanda: «Perché il salmista dice: con la mia voce ho gridato al signore a? Infatti chi mai grida o parla con una voce non sua?».

L’altro rispose (A): «Vi era un vecchio al quale l’età aveva fatto perdere quasi completamente la vista. Aveva un figlio unico e molto caro, che faceva spesso delle corse di qua e di là per procurar loro il necessario. Un ragazzo che abitava nelle vicinanze spiava la sua a ssenza per andare a trovare il padre e, fingendo di essere suo figlio, gli domandava tutti i regali che voleva. Dato che possedeva una capacità d’imitazione e sapeva dare differenti timbri alla sua voce, prese la voce del figlio e ripeteva spesso il nome del padre con un tono affettuoso: così otteneva immediatamente ciò che domandava.

Lo stesso Dio cerca di ascoltare la voce di suo figlio e prova piacere nell’ascoltarlo. Una voce di figlio, dico, non di mercenario: la voce di colui che erediterà con Lui, non di colui che non dimorerà mai nella sua casa b. Ma non possiamo prenderci gioco di Dio c né ingannarlo come si è potuto abusare del vecchio. Se dunque vuoi avere una vera voce di figlio, bisogna che tu sia veramente figlio.

2. Una voce di vero figlio è una voce umile e semplice che esprime il dono di sé, voce in armonia con lo spirito (1), voce che confermi le opere. Una voce di vero figlio non cerca di vendicarsi dei suoi nemici, perchè suo padre fa piovere sui giusti e sugli ingiusti d; non domanda i beni terreni dati ai mercenari, ma attende quelli del cielo riservati ai figli. Una voce di vero figlio è una voce di operatore di pace», perché questi saranno chiamati figli di Dio f. Una voce di vero figlio parla spesso di opere di misericordia; perché il suo Padre Celeste è misericordioso g. È una voce lamentosa e gemente, come è scritto: la voce della tortora si è fatta sentire nella nostra campagna h. Allorché questa voce pronuncia il nome di Padre, l’amore del Padre occupa subito il cuore. Quando invoca il nome del Signore i, anche lo spirito porta in sé la reverenza dovuta al Signore.

Se per caso - non sia mai! - un giorno la mia malizia mi facesse essere figlio del diavolo e schiavo del peccato k qualora dicessi Padre nostro l o cantassi Signore, mio Signoro m, non griderei con la mia stessa voce; prenderei in prestito quella di un altro. Peccatore, usurperei ciò che spetta al giusto, e non impetrerei con la fiducia di essere esaudito, ma con la confusione per la mia cattiva coscienza.

3. Invece, Davide, che fu sempre buono e santo, dice giustamente: con la mia voce ho gridato al Signore, mi ha esaudito dal Suo monte Santo n. Come se dicesse: “Poiché grido al Signore con la mia solita voce, voce che Egli conosce bene, che sempre gradisce, ho fiducia di essere esaudito”.

E se dico della mia preghiera che essa grida, è perchè proferendola dal profondo della mia anima, la spando davanti a Dio in uno slancio spirituale.

Quanto al fatto che dico di essere stato esaudito (B) qualora gridassi, per così dire, dalla cima di una montagna (C), come se non dovessi essere ugualmente esaudito gridando da una valle, o come se Dio, che dimora in cielo, sente meglio coloro che gridano da una montagna piuttosto di coloro che gridano da una valle perché i primi sarebbero più vicini a Lui dei secondi, ma è vero che più tu sarai vicino a Lui, più velocemente sarai esaudito; e più sarai lontano da Lui, più ti sarà difficile ottenere ciò che domandi.

Così come la vicinanza o la lontananza si misurano in termini di luogo quando si tratta di noi, nel caso di Dio si valutano in termini di meriti perché è sicuramente per tali meriti che ci avviciniamo o o ci allontaniamo da Dio».

Note

GALANDO DE Reigny, Parabolaire, a cura di C. Friedlander, Sources Chrétiennes n.378, Les Editions du Cerf, Paris 1992.

aSal 3,8 // b Gen 3,19.

c Sal 67,7 // d Lc 11,26 // e Sal 57,7

f Sal 18,13

1 Vedi GREGORIO MAGNO: «Si designa per molari le insidie nascoste del diavolo, per denti, l’adempimento alla scoperta della colpa. Molari e denti di cui il salmista ha scritto “Ma Dio spezzerà i denti nella loro bocca, il Signore romperà i molari dei leoni”» (Mor. XIX, 26,47: PL 76,128 A).

g 2 Cor 11,26; Gal 2,4

a 1 Cor 13,13 // b Gv 15,16 // e 2 Cor 13,8.

d Gb 31,12 // e Ct 2,4// f Lc 14,28

g Eb 11,13; Gen 22.9 // h 1 Pt 4,8.

1 II tema della carità ordinata è stata legata agli autori spirituali del XII secolo dagli scritti di Origene sul Cantico: Hom. Cant. 2,8 (SC 37 bis, p. 128-130); in Cant. 3 (PG 13, 155D -160B). Le tre virtù teologali sono considerate come tre tappe dello sviluppo in noi di una stessa realtà che è la vita di Dio. Cf. GUILLAUME DE SAINT-THIERRY. La formazione dell’uomo religioso consiste nell’educazione morale; la sua via è l’amore divino. Vinto dalla fede, partorito nella speranza, questo amore riceve dalla carità, ossia dallo Spirito Santo, la sua forma e la sua vitalità» (Epist.169-170: SC 223, p. 278).

i 1 Gv 4,18.

a Ct. 1.1 // b Lc 10,34.

1 Comparare con S. Agostino: «L’olio versato nell’acqua sale al di sopra dell’acqua; l’acqua versata sull’olio scende al di sotto dell’olio: sono trattenuti dal loro peso e cercano il luogo che gli è proprio. Le cose che non sono al loro posto si agitano; ma quando trovano il loro posto restano ferme. Il mio peso, è il mio amore; in qualunque luogo io sia portato, è Lui che mi porta». (Conf. 13,9; trad. J. Trabucco, t. 2, Parigi 1937, P. 319).

c Gv 11,27; 9,39 // d Mt 20,28 II e Sap 8,1

f Cf. Lc 22,24-29 // g Lc 7,37 1 // h Cf. Mc14,3s.

i Cf. Gv 12,14s // j Cf. Lc 10,38 // k Cf. Gv 8,3s.

l Cf. Lc 22,61 // m Cf. Lc 23,43 Il n Cf. Le 23.34

o Cf. Gv 19,26 s. Il p Cf. Mc 16,14

q Cf. Gv 20,20-21 // rCf. Gv20,27; Lc 24-39

s Cf. At 1,3; Lc 24,27.44-49 // t Cf. Lc 24,50-51.

u Cf. Mt 5-7 // v Cf. Gv 13-17 // w Rm 11,33.

a Gv 14,23 // b 1 Cor 15,10.

a Ct 1,4 /I b Lc 11,38

c Cor 14,20 // dCt 1,4

(1)L’espressione «bambino nel giudizio» la si ritrova nel Lib. Prov. 85 e 98. Designa per Galand l’immaturità spirituale. Ct. C. Friedlander, “Galland de Reigny e la semplicita”, Coll. Cist. 41 , 1979, p41.

a Sal 3,5 // b Gv 8,35 // c Gal 6,7

(A) Ogni parte di un coltello non taglia, ma tutte sono utili o decorative. Così ogni elemento di una parabola non è necessariamente carica di sottigliezze allegoriche; ma tutto completa o perfeziona la composizione del testo affinché la trama del racconto possa tenersi. Quando si costruisce una casa, si fanno spesso dei lavori che mirano ad abbellire l’edificio piuttosto che a rispondere ad una necessità pratica. È’ nello stesso modo che dobbiamo comprendere i dettagli di questa parabola.

(1) Cfr. RB 19,7: «Quando cominciamo a salmodiare, facciamo in modo che il nostro spirito concordi con la nostra voce».

d Mt 5,45 // e Cfr. Gc 3,17 // Mt 5,9 // g Lc 6,36

h Ct 2,12 // i Gl 2,32

j Cfr. .At 2,21 // k Gv 8,34 // l Mt 6,9// m Sal 8,2

n Sal 3,5 // o Cfr. Sal 22,6 // p Cfr. Sal 72,27

(B) Si tratta di Davide

(C) «Mi ha risposto dal Suo monte santo» (Sal 3,5).

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Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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