Vita nello Spirito

Venerdì, 07 Dicembre 2007 00:20

Il silenzio di Dio, il mistero dell'uomo (Francesco Comina)

Vota questo articolo
(2 Voti)

La pace non solo diventa un grido di speranza per toglierci di torno il silenzio disgustato di Dio, ma assume un realismo sconvolgente, una sorta di messaggio a salvare la terra alle radici...

Mai come in questo avvio del Terzo Millennio il silenzio di Dio si e' fatto così grave, così muto, così rassegnato. Con sofferto dolore il Papa l'ha registrato nel corso dell'udienza generale in Vaticano: "Dio non si rivela più, sembra nascondersi, in silenzio, quasi disgustato dalle azioni dell'umanità' (...). Ormai ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se stesso, si trova come sperduto e invaso dal terrore". Dalle nuvole pesanti di questo tempo taciturno, cala il lamento di Geremia sul popolo naufrago verso la Terra Promessa: "I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità e' stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame" (Geremia 14, 17-18). Era dai fumi del genocidio di Auschwitz che il silenzio di Dio non si manifestava in modo così netto, così perentorio, così drammaticamente sconvolgente. Ma lì, almeno, quel silenzio lasciava intravedere, dietro di sé, il pertugio della consolazione nell'atto salvifico della presenza-assenza di un Dio bruciato, insieme alla sua creatura, nel forno crematorio o appeso, come il bimbo di Wiesel, sulla forca in mezzo al campo: "Ma dov'e' Dio? Dov'e' il buon Dio?... è lì appeso a quella forca". C'era, insomma, nella melma della spietatezza nazista, la convinzione che la mancanza di segni divini fosse in realtà supportata dalla presenza di un Dio nonviolento, pronto a chinarsi verso il prigioniero ucciso, massacrato, maciullato.

E Simone Weil ce lo ricordava, in chiave cristiana, in un verso stupendo di una sua litania: "L'abbandono supremo nel momento della crocifissione, quale abisso d'amore fra le due parti". L'uomo appeso alla croce muore abbandonandosi a Dio nel momento stesso in cui Dio si piega abbandonandosi all'uomo. "E nel cielo ci fu silenzio".

Ma il silenzio di oggi, sottolinea il pontefice, è un silenzio "disgustato", è il silenzio di un Dio che guarda il mondo con il volto corrucciato e preoccupato dalla negligenza di un uomo incapace di fare pace, capacissimo, invece, di fare guerre, proteso come un uccello rapace nell'intento di sottrarre alle viscere della terra le sue risorse energetiche e protervamente abituato a ragionare in termini di competizione fra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Il disgusto di Dio si fa silente presa di coscienza che a quasi sessant'anni dall'apocalisse di Hiroshima e Nagasaki tornano ancora attuali e politicamente praticabili proclami infausti come quello fatto dall'amministrazione del presidente Bush nelle stesse ore in cui Wojtyla gettava il suo amaro sguardo sul mondo: "Siamo pronti ad usare la bomba atomica per fermare l'Irak". E così si arriva al paradosso che per bloccare la minaccia di un ricorso di Saddam alle armi di distruzione di massa, l'occidente risponda con l'arma più micidiale che si conosca: la bomba nucleare.

E allora la pace non solo diventa un grido di speranza per toglierci di torno il silenzio disgustato di Dio, ma assume un realismo sconvolgente, una sorta di messaggio a salvare la terra alle radici, l'umanità', che ne costituisce il tessuto connettivo, perché i politici non vedono dai loro palazzi di vetro quello che il popolo sperimenta sulle pendici della storia. Ma la guerra e' solo un aspetto della civiltà del male che provoca il ritiro di Dio dal mondo. Il passo del profeta Geremia commentato da Giovanni Paolo II lega in un intreccio mortale la guerra e l'ingiustizia, "la spada e la fame", perché questo binomio e' il risultato, non della crudeltà di un Dio maligno, ma della perversione di un ordine del mondo partorito dall'azione umana, troppo umana. "La povertà, che sia determinata da eventi naturali o dalla guerra - ha affermato don Ciotti commentando il grido del Papa - non e' mai un fatto biologico. Si e' poveri perché si e' impoveriti". E si e' poveri - potremmo aggiungere - perché i programmi politici ed economici delle istituzioni deputate allo sviluppo dei popoli, sono stati appositamente strutturati per avvantaggiare una porzione di umanità e per penalizzare la parte più consistente, una parte dove vivono e muoiono nell'assoluto silenzio milioni e milioni di esseri innocenti.

Come riferivano ieri, negli articoli di taglio basso dei giornali, le statistiche Unicef sul genocidio dei piccoli nell'era della manipolazione dei geni e della clonazione degli embrioni umani: 11 milioni di bimbi morti nel sud del mondo per via di malattie curabilissime; 14 milioni di orfani dell'Aids in massima parte bimbi abbandonati al loro destino in quel grande continente alla deriva che si chiama Africa; 300.000 bimbi soldato educati a uccidere e ad essere uccisi; 120 milioni di fanciulli che non possono andare a scuola (il 50% concentrati nell'Africa subsahariana).

Per non parlare delle vittime che cadono ogni giorno per le infinite tragedie della fame e della violenza nell'assoluto silenzio dei mass media e nel totale menefreghismo della nostra società e della nostra politica. Ma e' in questo vangelo segreto che continua ad essere scritto, che si nasconde il mistero di Dio in quanto amore loquace e - nel contempo – si cela il mistero dell'uomo che vive, lotta e spera nel silenzio di un respiro vitale.

Francesco Comina

Francesco Comina, Il silenzio di Dio, il mistero dell'uomo, in: La nonviolenza è in cammino, Foglio di approfondimento del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, N° 446, 15 dicembre 2002.

 

Letto 3464 volte Ultima modifica il Giovedì, 05 Luglio 2012 12:38
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search