La Chiesa che amo è la chiesa dei poveri
una chiesa degli orfani
delle vedove
degli stranieri
non la chiesa che si china sul povero
o che vuole compiere del bene per i poveri
ma la Chiesa dei poveri
La Chiesa che amo è debole
si nutre di pazienza
non spezza ciò che è già incrinato
non spegne la speranza nei cuori
La Chiesa che amo sceglie
il cammino più lungo
non siede a mensa con i potenti
di questo mondo
ma spezza un pane condiviso
e benedice il vino nell’abbondanza fraterna
La Chiesa che amo conosce
le lacrime tra gli sconfitti della vita
e della storia
i dolori e le angosce del mondo
sono il suo dolore
e la sua angoscia
La Chiesa che amo non s’affida
alla violenza delle sentenze
non ha parole pronte
ammaestramenti
o precetti da imporre
ma condivide un tratto di strada
ha un mantello da donare
non volge le spalle
a quanti chiedono
ed ama e prega
anche per il nemico
per chi percuote sul viso
La Chiesa che amo conosce
un uso sapiente
del silenzio e della parola
La Chiesa che amo è la casta meretrice
santa per grazia
di Colui che l’ama
mentre si riconosce prostituta
per le proprie infedeltà
a Colui che l’ama
per il prestigio che ripone
nel potere e nei potenti
di questo mondo
La Chiesa che amo vive
nella pluralità della Pentecoste
nel dono perenne dello Spirito
non si serra dietro a porte sbarrate
né innalza barricate
sempre pronta a cogliere
i semi del Verbo
sparsi per il mondo
La Chiesa che amo è luogo di perdono
conosce le fatiche
che la vita riserva ai deboli
ed agli inermi
a quanti hanno perso la speranza
La Chiesa che amo ha uno spazio
per ciascuno
accolto nella sua condizione
chiamato per nome
La Chiesa che amo non ha paura
a trovare un posto tra le sue mura
per le donne
e per i lontani
La Chiesa che amo non teme
l’arroganza dei dominanti
il disprezzo del mondo
le carceri o le catacombe
il sangue ed il martirio
La Chiesa che amo rende
il suo culto nell’esultanza
preoccupata non di rubriche
e paramenti
ma degli esseri umani
cui comunica la propria gioia:
il Cristo Signore.
Francesco Spera