Vita nello Spirito

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Domenica, 23 Marzo 2025 09:10

Terza domenica del Tempo di Quaresima - Annno C

Terza domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Es 3,1-8a.13-15

Dal libro dell'Esodo
 

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».


Salmo Responsoriale Sal 102 (103)

Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
 
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
 
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.
 
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Seconda Lettura 1Cor 10,1-6.10-12


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
 
Canto al Vangelo (Mt 4,17)


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 13,1-9
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

OMELIA

Il vangelo di oggi può essere riassunto con questa domanda: “Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. L’idea di un Dio che premia i buoni e castiga i cattivi, se la portavano dentro i discepoli di Gesù e molto cristianesimo oggi.
Gesù pare mandare in frantumi l’idea di un Dio onnipotente e quindi ‘troppo umano’. Se le cose ti vanno male (o bene), il dio che hai in testa non c’entra assolutamente nulla con tutto ciò. La vita procede per la sua strada, il cosmo si muove per le sue leggi intrinseche. Insomma, la realtà, la vita non obbedisce a un dio capriccioso che comanda le cose dal proprio centro di controllo …
“Dio non fa le cose, ma fa in modo che le cose si facciano”, è probabilmente la postura mentale che dovremmo assumere da ‘credenti’ nel XXI secolo. Non un dio interventista, ma la forza che – intrinseca alla realtà – la muove perché questa, in nome solo delle proprie leggi autonome, giunga a compimento.

Non solo. Qui Gesù distrugge l’equazione peccato = castigo, e quindi la tentazione di credere che l’umanità sia divisa in buoni e cattivi, santi e peccatori, giusti e sbagliati. Il mondo è costituito solo da ‘ladroni sulla croce’ e non da uomini e donne premiati o puniti per le proprie azioni morali.
Esistesse un Dio che amasse in base alla morale delle sue creature, cesserebbe di fatto essere l’Amore, che si dà non per i meriti acquisiti (si chiamerebbe premio), ma perché non può non farlo. Come la luce non può non illuminare.
Paolo ha provato a balbettare qualcosa sull’essenza di Dio: è magnanimo, buono; non invidioso. Non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). Questo è il dio di Gesù. Anche se dobbiamo pensare il Mistero impronunciabile infinitamente oltre tutto questo.
Se la quaresima ha un senso, è quello di disintossicarci da una falsa immagine di Dio. Occorre convertirci, trasformare la nostra mentalità, smetterla di sbagliarci su Dio, perché, come diceva Turoldo: «Sbagliarsi su Dio è un dramma, è la cosa peggiore che possa capitarci, perché poi ci sbagliamo sul mondo, sulla storia, sull’uomo, su noi stessi. Sbagliamo la vita».


 
Paolo Scquizzato
 
Seconda domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Gn 15,5-12.17-18

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

 

Salmo Responsoriale Sal 26 (27)

Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
 
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.
 
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
 
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Seconda Lettura Fil 3,17-4,1


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
 
Canto al Vangelo (Mc 9,7)


Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l'amato: ascoltatelo!».

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Lc 9,28b-36
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

OMELIA

Tutto è trasformazione. Questa è la legge della vita: il seme diventa pianta, il bruco farfalla, l‘energia materia. Tutto è ‘impermanenza’, tutto muta, diviene, si trasfigura. E per questo tutto è vita.
Morte è la stasi, la consuetudine, la conservazione, l’immobilità, il vivere di sogni riguardo al passato o al futuro.
“Muori e diventa” ci ricorda Goethe. Muori al tuo piccolo io e sperimenterai il Mistero indicibile che matura in te. E dagli credito, lascialo agire, lascia che si apra in te e ti porti a compimento.
Il Vangelo di oggi ci riconcilia con i nostri fallimenti e i nostri naufragi esistenziali.
Vivere fino in fondo il dolore e il fallimento, le nostre morti quotidiane può essere premessa perché si riveli qualcosa di nuovo. Spesso è il medesimo veleno maligno che ci ha feriti a morte a rivelarsi l’antidoto migliore per la guarigione.
La cura del dolore sta nel dolore.
Gesù molte volte invita a riconoscere nel naufragio della propria vita non tanto la fine e la sconfitta, ma un’opportunità di vita nuova. Gesù è l’uomo fallito che accogliendo sino in fondo la realtà in un abbandono totale, ha sperimentato il cominciamento di una vita nuova e per sempre.
Nessuno ama naufragare, si sa, ma spesso proprio ciò si rivela come possibilità di approdare in terre sconosciute e lì ricominciare una vita nuova. Sperimentare che la propria vita va in frantumi può rivelarsi una grazia, quando a sfasciarsi sono i sogni su cui abbiamo costruito la vita, oppure i desideri e le attese che gli altri hanno riversato su di noi.
Dopo essere andati a pezzi, non si tratta di ricomporre i cocci per tornare a come s’era prima; piuttosto ad approfittare della situazione in modo che rimettendo insieme i pezzi possa nascere qualcosa d’inedito, di altro, d’inaudito, e magari di bellissimo. E che non avremmo mai potuto immaginare.
La crisi, ciascuna crisi sarà sempre dunque un atto ‘grazioso’, trasfigurazione dell’esistente e manifestazione di una bellezza collaterale inimmaginabile. Basta un atto di fiducia.
La croce ha rappresentato la frantumazione nei discepoli dell’immagine che si erano creati su Gesù, su Cristo e su Dio. Tutto difronte a quel legno è crollato. Gesù stesso ha ‘mollato la presa’: i chiodi conficcati nei polsi gli hanno permesso di aprire la mano in un abbandono totale, per poi sentirsela afferrare finalmente da un amore fedele ed essere così riportato a casa e questa volta per sempre.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 09 Marzo 2025 09:49

Prima domenica del Tempo di Quaresima - Annno C

Prima domenica del Tempo di Quaresima - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Dt 26, 4-10

Dal libro del Deuteronomio
 
Mosè parlò al popolo e disse:
«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all'altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: "Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato". Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».
 

Salmo Responsoriale Sal 90

Resta con noi, Signore, nell'ora della prova.

Chi abita al riparo dell'Altissimo
passerà la notte all'ombra dell'Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell'angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».

Seconda Lettura Rm 10, 8-13


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
 
Canto al Vangelo (Mt 4,4)


Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Vangelo Lc 4,1-13
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo"».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano"; e anche: "Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «È stato detto: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

OMELIA

Nell’episodio denominato delle ‘tentazioni’, a Gesù viene chiesto: ‘vuoi essere felice?’ e al contempo gli viene indicata la via per esserlo: ‘fa’ questo e lo sarai’.
Il ‘diavolo’ dovrebbe imparare che ‘la felicità è una direzione, non un luogo’ (Sydney Harris).
La felicità (Gesù preferiva parlare di beatitudine) è sempre l’effetto collaterale di un cammino sul sentiero del bene. Si può essere felici solo come conseguenza, retrogusto di un ‘modus vivendi’ buono.
Ecco perché Gesù rifiuta la ‘via direttissima’ sulla parete nord della felicità, prospettatagli dal diavolo. Troppo rischiosa. La vita è complessa, e la sua bellezza risiede proprio in questa complessità. Non si danno scorciatoie per il compimento del cuore. La strada va percorsa tutta, con le sue fatiche, le cadute, i fallimenti, i limiti accogliendo, passo dopo passo, ciò che lei, la vita, e solo lei, ha deciso per noi. Non si danno vie di fuga per la felicità, altrimenti rischieremmo di pensare che questa consista nella semplice assenza di problemi e d’ostacoli.
La felicità, o meglio la beatitudine – insomma – ci verrà incontro quando smetteremo di cercarla. Magari impegnandoci a favorire quella degli altri. Sempre nella consapevolezza che il bene dell’altro, il vivere relazioni sane, e la pace son qualcosa di affermabile solo a caro prezzo, e con tempi molto lunghi; quelli dell’amore.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 02 Marzo 2025 08:38

Ottava domenica del tempo ordinario. Anno C

Ottava domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Sir 27,4-7

Dal libro del Siracide
 
Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.
 

Salmo Responsoriale Sal 91

È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.

Seconda Lettura 1 Cor 15, 54-58


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?»
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
 
Canto al Vangelo (Fil 2,15d-16a)


Alleluia, alleluia.

Risplendete come astri nel mondo,
tenendo salda la parola di vita.

Alleluia.

Vangelo Lc 6,39-45
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

OMELIA

«Ogni albero si riconosce dal suo frutto» (v. 44).
Occorre vivere come le radici degli alberi, avendo l’ardire di riposare nella solitudine, nel silenzio e nel buio della propria terra interiore. E lì stare. Radicati.
Troppo spesso viviamo da sradicati. Ci manca il contatto silenzioso con noi stessi, con la nostra interiorità e profondità, trovandoci alla fine soli e infecondi. “Dov’è la vita che abbiamo perduta vivendo?” si domanda T.S. Eliot.
“Non vi è albero cattivo che produca un frutto buono” ci ricorda il vangelo di oggi.
Non è esclusiva dell’essere religioso, credente, magari cristiano di dare ‘frutti buoni’. Ciò che conta è il frutto, è il bene seminato, l’amore donato, la vita condivisa, la cura prestata. E ciò è sufficiente per mostrare che l’albero da cui proviene è esso stesso buono.
Una coppia irregolare, chi vive un amore ‘diverso’, un senza dio, il seguace di una tradizione spirituale che non sia quella cristiana cesseranno d’essere agli occhi di alcuni pseudo-religiosi, ‘alberi cattivi’ alla prova dei fatti, proprio per quell’amore che sanno donare e donarsi; e se questo amore sarà capace di trasformare, fecondare una vita, significherà che l’albero da cui quel bene è scaturito, è di per sé buono, senza se e senza ma, con radici talmente profonde d’attingere direttamente al cuore stesso del Mistero insondabile.
Ma occorre stare attenti, perché può accadere il contrario, ossia ritenersi alberi buoni solo perché appartenenti al sottobosco della consuetudine religiosa, cresciuti all’ombra delle pie pratiche di pietà, e dell’osservanza di sterili precetti, per poi scoprirsi dispensatori di frutti acerbi, cattivi e velenosi. E magari, alla fine della vita, ritrovarsi fatti solo di spine e rovi (cfr. v.44). Ma questo potrebbe comunque rivelarsi una benedizione: se prendessimo veramente coscienza d’essere fatti di spine, potremmo ancora essere posti come corona in testa al Cristo crocifisso (cfr. Mt 15, 17), realizzando così il detto di Isaia: «Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio» (Is 62, 3). Ed essere finalmente guariti dalla nostra presunzione, ritrovandoci nell’abbraccio di un Amore che tutto copre (1Cor 13, 7) e lasciandosi accarezzare da una misericordia che rigenera e manda avanti la vita.

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 22 Febbraio 2025 21:29

Settima domenica del tempo ordinario. Anno C

Settima domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23

Dal primo libro di Samuele
 
In quei giorni, Saul si mosse e scese nel deserto di Zif, conducendo con sé tremila uomini scelti d'Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif.
Davide e Abisài scesero tra quella gente di notte ed ecco, Saul dormiva profondamente tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisài disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisài: «ANon ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?».
Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore.
Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era una grande distanza tra loro.
Davide gridò: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore».
 

Salmo Responsoriale Sal 103

Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome. 
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe, 
guarisce tutte le tue infermità, 
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore, 
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

Seconda Lettura 1 Cor 15, 45-49


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti.
E come eravamo simili all'uomo terreno, così saremo simili all'uomo celeste.
 
Canto al Vangelo (Gv 13,34)


Alleluia, alleluia.

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Alleluia.

Vangelo Lc 6, 27-38
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

OMELIA

Sii luce nella tenebra e compassione nell’odio; rialza chi è caduto, credi sempre che la sconfitta e la violenza non sono l’ultima parola; da’ e non pretendere in cambio; ama gli altri come ‘vuoti a perdere’. Non giudicare, e fai dono del più grande dono: il perdono. Se ti scoprirai ad agire così, ossia ‘da Dio’, sappi che sei della sua medesima sostanza: ‘sarate figli dell’Altissimo’ (cfr. v. 35).
‘Porta avanti la vita’, spezza le catene di chi si sente sbagliato, inadatto, sempre fuori luogo, irregolare. E se “la Chiesa scomunica, il cristiano continua ad andare a braccetto con chi è scomunicato. La Chiesa può condannare, dichiarare peccatore uno, metterlo sul rogo, ma il vero cristiano brucia sul rogo con colui che è condannato. Perché il cristiano deve unicamente e solamente portare la vita” (Giovanni Vannucci).
Questa è dunque è la vocazione dell’umano: essere trasparenza al divino che ci abita, dandogli forma nel quotidiano, elargendo Vita, diffondendo luce, iniettando nel mondo antidoti alla morte.

«La divinità si incontra laddove l’umanità diventa integra e profonda, quando si vede una persona senza difese e senza potere che è capace di darsi totalmente. Questo è il momento in cui il Gesù umano ci apre gli occhi a tutto ciò che significa Dio e ci permette di vedere tutto ciò che Dio è» (John Spong).

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 22 Febbraio 2025 21:23

Sesta domenica del tempo ordinario. Anno C

Sesta domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Ger 17, 5-8

Dal libro del profeta Geremia
 
Così dice il Signore:
"Maledetto l'uomo che confida nell'uomo,
e pone nella carne il suo sostegno,
allontanando il suo cuore dal Signore.
Sarà come un tamarisco nella steppa;
non vedrà venire il bene,
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l'uomo che confida nel Signore
e il Signore è la sua fiducia.
È come un albero piantato lungo un corso d'acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi,
nell'anno della siccità non si dà pena,
non smette di produrre frutti".
 

Salmo Responsoriale Sal 1

Beato l'uomo che confida nel Signore.

Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

Seconda Lettura 1 Cor 5, 12. 16-20


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti?
Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.
Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.
 
Canto al Vangelo (Lc 6,23)


Alleluia, alleluia.

Rallegratevi ed esultate, dice il Signore,
perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.

Alleluia.

Vangelo Lc 6, 17. 20-26


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
"Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti".

OMELIA

Ogni grande tradizione spirituale si rifà ad una sorta di ‘manifesto programmatico’ in grado di racchiudere in poche parole l’essenza del proprio messaggio.
L’ebraismo col Decalogo dice ai suoi ‘Osserva e sarai salvo’. Nel discorso di Benares il Buddha ai suoi dice: ‘Fuggi dal mondo dell’impermanenza e sarai salvo’. Sul monte delle Beatitudini Gesù consegna una parola che può essere così riassunta: ‘trasformati e sarai salvo’. Ossia, lavora sull’essere, trasforma il tuo modo di pensare – significato autentico di ‘conversione’-, non allinearti alla mentalità del mondo: non credere che l’avere, il potere e il successo ti possano rendere umano. Fai della tua vita una questione di ‘qualità’ e non di ‘quantità’.
Piangi con chi piange, perché solo gli occhi che hanno pianto potranno vedere altro oltre le apparenze, finanche ciò che tu chiami Dio.
Condividi il pane con gli affamati della storia, e saprai che solo facendoti pane per la fame altrui si estinguere la tua.
E sii povero, ovvero spogliati del tuo falso sé; distaccati dall’io e dal mio, dai tuoi pregiudizi, pre-comprensioni, attese e desideri egoici. Liberati dal giudizio degli altri, dal bisogno di avere sempre ragione, dal volere rimanere a galla a tutti i costi magari affondando gli altri solo per vincere, non fosse altro perché ‘i vincitori non sanno ciò che si perdono’ (Gesualdo Bufalino).
Guarda il tuo mondo interiore, e da’ un nome alle tue ombre, ai tuoi mostri interni e sappi che tutto ciò ha origine dalla medesima fonte che ti abita. E ricordati che guardare significa essere d’accordo con ciò che vedi, e che la verità non ha nulla a che fare con i fatti, ma solo con la luce.
Vincerai così la paura, perché ‘quando non si ha più nulla, non si ha più paura’ (Patriarca Atenagora).

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 08 Febbraio 2025 17:51

Quinta domenica del tempo ordinario. Anno C

Quinta domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Is 6, 1-2. 3-8

Dal libro del profeta Isaia
 
Nell'anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l'uno all'altro, dicendo:
"Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!
Tutta la terra è piena della sua gloria".
Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:
"Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti".
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e disse:
"Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua colpa
e il tuo peccato è espiato".
Poi io udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi: "Eccomi, manda me!".
 

Salmo Responsoriale Sal 127

Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore!

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l'opera delle tue mani.

Seconda Lettura 1 Cor 15, 1-11


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l'ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!
A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè
che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.
Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
 
Canto al Vangelo (Lc 4,18)


Alleluia, alleluia.

Venite dietro a me, dice il Signore,
vi farò pescatori di uomini.

Alleluia.

Vangelo Lc 5,1-11


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini".
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

OMELIA

«Quest’è l’ora in cui nulla / può accadere. / Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno
in cui nulla accadrà. Non c’è cosa più amara / che l’inutilità» (Cesare Pavese).
Un giorno all’alba ti svegli e t’accorgi d’aver sbagliato tutto; un senso di fallimento ti pervade, pare d’esserti ingannato su te stesso, sull’amore, le scelte fatte, su Dio… E tutto diventa non-senso, inutile.
Tutto questo lo ritroviamo nel vangelo di oggi: dopo una notte di fatica, all’alba non rimane che contemplare reti e mani vuote. Ma poi il giungere dell’inaspettato: una voce ordina ‘duc in altum’, prendi il largo, ossia: “più in alto che puoi, verso il fondo”. Rischia il folle volo. Rischia ancora.
C’è un Amore che sposa le conseguenze del mio male, perché il fallimento non deve inficiare il futuro; per questo mi invita a non rimanere sul bagnasciuga della storia a contemplare la vastità del mare struggendomi in sensi di colpa e recriminando sulle cose fallite. ‘Prendi il largo!’. Tu sei fatto per altezze vertiginose, vai! La vita sta dinanzi, non alle spalle.
Dio è verbo declinato al futuro.
Ma Pietro a tutto ciò non crede: «Signore allontanati da me, perché sono un peccatore». Questo è l’unico ‘peccato’ che possiamo commettere: credere che il proprio fallimento sia impedimento all’Amore. Come Pietro coltiviamo il pensiero che la ‘perfezione’, il farsi trovare adeguati e puliti sia condizione per stringersi all’Amato. E invece no. Il Vangelo afferma proprio il contrario: «Non temere» (v. 10), la tua barca – la tua vita – va bene così com’è, per questo posso salirci sopra (cfr. v. 3). La tua miseria è luogo della mia misericordia, le tue mani vuote prerogativa perché io le riempia, il tuo peccato la tua parte di vangelo. Il tuo nulla condizione perché qualcosa possa accadere.
«D’ora in poi…» conclude Gesù (v. 10). L’amore fa sempre ripartire da dove ci si era fermati.

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 08 Febbraio 2025 17:43

Festa della Presentazione del Signore nel tempio

Festa della Presentazione del Signore nel tempio

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Ml 3, 1-4

Dal libro del profeta Malachìa
 
Così dice il Signore Dio:
"Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti.
Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.
Siederà per fondere e purificare l'argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia.
Allora l'offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani".
 

Salmo Responsoriale Sal 23

Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia.

Alzate, o porte, la vostra fronte,
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

Seconda Lettura Eb 2, 14-18


Dalla lettera agli Ebrei

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
 
Canto al Vangelo (Lc 2,30.32)


Alleluia, alleluia.

I miei occhi hanno visto la tua salvezza:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele.

Alleluia.

Vangelo Lc 2, 22-40


Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore" - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
"Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele".
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: "Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori".
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

OMELIA

«Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore» (Lc 2, 22s.).
Ad accogliere Gesù il vecchio Simeone – rappresentante dell’antico Israele – con le parole: «Egli è qui per la caduta, la resurrezione, … segno di contraddizione» (v. 34).
Il termine ‘caduta’ ha significato di crollo, distruzione, rovina. Questo bambino è qui, e ovunque, ora e sempre perché l’essere umano sperimenti finalmente il crollo e la rovina, la distruzione e la rinascita.
In India, Shiva (शिव) è conosciuto come il dio della distruzione ma sempre in vista di una ricreazione. Simbolo del ciclo continuo di morte e rinascita nel quale tutto l’esistente è immerso.
Nascita e morte, distruzione e ricreazione, morte e risurrezione altro non sono che momenti di quella danza che chiamiamo vita.
Nella Bibbia numerosi sono i passi in cui Dio si presenta come forza distruttrice, ad esempio:
“Io formo la luce e creo le tenebre,
faccio il bene e provoco la sciagura;
io, il Signore, compio tutto questo” (Is 45, 7).
Abbiamo bisogno di entrare in contatto col quel ‘dio della distruzione’, che ci abita, principio in grado di frantumare ciò che è bene che muoia per far spazio a quel qualcosa di nuovo e fecondo che è già lì pronto a sbocciare.
In Occidente C.G. Jung ha identificato tutto questo con l’archetipo del Distruttore. Quell’energia al centro di noi stessi che se contattata ci permette di distruggere ciò che in noi non tiene più, e non ha più motivo di esistere; le situazioni, le relazioni che si trascinano avanti magari da anni ma ormai morte e che non abbiamo il coraggio di ammetterlo; quelle abitudini mentali che non ci fanno crescere provocandoci solo profonda tristezza…
Sì, che il dio della distruzione trovi libero spazio in noi perché qualcosa di nuovo e fecondo possa cominciare a fiorire.
«Sfasciami il cuore, o Dio in tre persone;
perché tu finora solo bussi, aliti, risplendi e cerchi di guarire;
perché mi alzi e stia in piedi, buttami giù
e piega la tua forza per spezzarmi,
dissolvermi, bruciarmi e farmi nuovo.
Io, come città usurpata, schiava di un altro,
mi sforzo per farti entrare, ma, ahimè, senza riuscirci.
La ragione, in me tuo viceré, difendermi dovrebbe,
ma è prigioniera, e si rivela debole o infida.
E tuttavia teneramente t’amo,
e amato vorrei essere, ma fidanzato sono al tuo nemico:
divorziami, sciogli, o spezza quel nodo ancora,
legami a te, imprigionami,
perché io se non mi rendi schiavo, mai libero sarò,
e casto mai, se tu non mi violenti». (John Donne 1572-1631)

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 08 Febbraio 2025 17:35

Terza domenica del tempo ordinario. Anno C

Terza domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Ne 8, 2-4. 5-6. 8-10

Dal libro di Neemia
 
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d'intendere; tutto il popolo tendeva l'orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l'occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: "Amen, amen", alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: "Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!". Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: "Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza".
 

Salmo Responsoriale Sal 18

Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.

Seconda Lettura 1 Cor 12, 12-31


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: "Poiché non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: "Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; oppure la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi". Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
 
Canto al Vangelo (Lc 4,18)


Alleluia, alleluia.

Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.

Alleluia.

Vangelo Lc 1, 1-4; 4, 14-21


Dal Vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
"Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l'anno di grazia del Signore".
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato".

OMELIA

Sempre sul punto di venire al mondo, (ciò che chiamiamo) Dio ha bisogno d’essere dato alla luce.
Pura potenzialità, ‘Ciò’ emerge laddove s’incarna il principio dell’amore. Gravidi di Dio, lo si darà alla luce nella misura in cui ci prenderemo cura del nostro mondo interiore, dell’altro e del creato.
Dio non è amore, ma piuttosto è l’Amore ad essere Dio.
«La divinità s’incontra quando l’umanità diventa così integra e profonda, quando si vede una persona senza difese e senza potere che è capace di darsi totalmente. Questo è il momento in cui il Gesù umano ci apre gli occhi a tutto ciò che significa Dio e ci permette di vedere tutto ciò che Dio è. Non è attraverso il divino che noi sperimentiamo l’umano; piuttosto il contrario, è dall’interno dell’umanità che sperimentiamo il divino» (John Spong).
Non c’è bisogno di credere in un dio. La credenza non fa che moltiplicare le nostre limitate e insulse immagini, proiezioni, pensieri su ciò che reputiamo essere lui, requisendolo nell’angusto spazio del tempo e dello spazio, e riducendolo ad oggetto tra oggetti. A cosa fruibile. La questione è vivere di fede. Perché la fede non è ‘rappresentazione’ di un qualcosa come altro da sé, ma un sapere che è ‘sapere d’essere Ciò’. A quel punto, come afferma Margherita Porete non vi è neanche più bisogno di Dio, giacché non si ha bisogno di ciò che si possiede: “L’anima non cerca più Dio, non ne ha motivo, non sa che farsi di lui. Non ne ha bisogno; perché dunque dovrebbe cercarlo?” (Lo specchio delle anime semplici).
Va da sé che ‘il Dio’ nei riguardi di questo mondo, non potrà fare nulla dall’esterno. Semplicemente ha posto sé stesso nella creazione stessa – e dunque in noi -, come principio del Bene e della Vita che avanza, quel principio evolutivo che tutto avvolge e conduce alla luce, e riguardo al quale siamo chiamati ad essere responsabili con la nostra azione nel mondo.
La questione sarà dunque prenderci a cuore lo spazio e il tempo affidatici, collaborando come possiamo, seminando semi di bene e di luce, come antidoto all’oscurità, e che per quanto piccoli, saranno comunque in grado di sprigionare energia infinita, creatrice e vivificante.
E tutta la pasta sarà lievitata.
«A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi» (Etty Hillesum).

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 19 Gennaio 2025 10:11

Seconda domenica del tempo ordinario. Anno C

Seconda domenica del tempo ordinario. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Is Is 62, 1-5

Dal libro del profeta Isaia
 
Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
 

Salmo Responsoriale Sal 95

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: "Il Signore regna!".
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Seconda Lettura 1 Cor 12, 4-11


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell'unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l'interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l'unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
 
Canto al Vangelo (2Ts 2,14)


Alleluia, alleluia.

Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria
del Signore nostro Gesù Cristo.

Alleluia.

Vangelo Gv 2,1-12


Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".
Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

OMELIA

La festa della vita langue. Manca il ‘superfluo necessario’, ciò che nel nostro brano – alle nozze di Cana – viene identificato col vino, metafora di ciò che rende la vita, Vita.
Ci accontentiamo di vite vuote, esistenze trascinate nella distrazione e nella coazione a ripetere, anestetizzate col narcotico del fare.
Abbiamo tutti bisogno di una voce che ci raggiunga e dica: attingete! O se vogliamo: ‘Vieni fuori’ come Gesù disse all’amico Lazzaro. Che è come dire svegliati, diventa consapevole di ciò che ti abita. Sappi chi sei, di quale sostanza sei fatto, della tua natura autentica. Tu-Sei. Semplicemente sei Essere, e non ciò che fai e hai fatto, ciò hai costruito, edificato, posseduto, professato e creduto. Attingi a questa verità, abbi fede in questa tua sorgente interiore. D’altronde cos’altro significa ‘credere in Dio’ se non questo?
Tu-Sei-Ciò che rimane quando tutto il resto decade.
‘Non andare fuori di te. Rientra in te stesso. È nell’interiorità dell’essere umano che abita la verità’ (Agostino).
Una vita consumata ‘fuori di sé’ è mera esistenza.
Dunque svegliati e attingi alla Vita che ti abita pare dirci il Maestro, indipendentemente dall’anfora che sei o credi d’essere. E quindi diventa creativo, generativo, metti in circolo l’amore facendo germogliare ciò che tocchi e chi incontri.
Perché questa nostra avventura terrena possa trasformarsi in una festa-senza-fine ha in fondo bisogno di molto poco: uscire dall’illusione e cominciare a sbocciare investendo sulla parte migliore di sé.

 
Paolo Scquizzato
 
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