Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Come disciplinare la vita
(esperienza spirituale monastica)

di P. Adriano Dall'Asta OSB


Premessa

Non è facile affrontare in modo esauriente tutta la ricchezza di stimoli provenienti dal tema proposto: "Come disciplinare la vita". Occorrerà quindi necessariamente operare delle scelte tralasciando inevitabilmente qualcosa.

Un altro aspetto da tener presente all'inizio di questa riflessione è la "terminologia": "disciplina", "disciplinare" sono vocaboli che noi moderni usiamo dandone un'accezione generalmente giuridica, normativa, anzi molto spesso ricordano qualcosa di duro e di penoso necessario, d'altra parte, per crescere. Nella vita religiosa (o "vita consacrata") all'interno del Cristianesimo ed in modo particolare nel Cattolicesimo, questa parola è addirittura passata ad indicare una precisa pratica ascetica penitenziale (la flagellazione), e questo praticamente fino al Concilio Vaticano II.

In origine, nel senso latino classico e presso i primi scrittori cristiani (Tertulliano, Cipriano, Agostino...) il termine indicava insegnamento, educazione, modo di vivere, dottrina, usanze, regola di vita, ordine e, di conseguenza anche l'insieme di correzioni e di pene atte a garantire l'attuazione di tutto questo (cfr. latino "Disco" = imparo, da cui "discipulus" = discepolo).

In ambito monastico questo linguaggio si affermò facilmente data la struttura stessa della vita in comune, ma col tempo si accentua l'accezione di "castigo", soprattutto col finire dell'epoca patristica, pur trovandosi autori che usano il termine in senso spirituale o intellettuale (Guglielmo di St. Thierry).

Verso la fine del sec. XIII il termine cessa di arricchirsi e designa solamente la buona condotta.

Per la riflessione sul modo in cui il Monachesimo cristiano può costituire una "disciplina di vita", mi rifarò pertanto allo sfondo biblico e tradizionale dei primi secoli della Chiesa per metterne in luce la dimensione spirituale e morale positiva.

Le parti di questa relazione:

1. Il "Vangelo": norma suprema di vita cristiana e annuncio di libertà.

2. Il Monachesimo cristiano: realizzazione concreta del vangelo..

3. La Regola di S. Benedetto (RB): un modo per "disciplinare la vita".

1. Il "Vangelo", norma suprema di vita cristiana e annuncio di libertà

Il Cristianesimo è racchiuso sostanzialmente in una frase scritta nel Vangelo di S. Marco (1,15): "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo". VANGELO significa "buona notizia" per l'uomo da parte di Dio. Se è un lieto annuncio significa che Esso contiene una risposta (una Parola) per una situazione in cui c'è l'attesa di una salvezza.

Tutta la narrazione della vita di Gesù Cristo, nei 4 Vangeli (Matteo, Marco, Luca e Giovanni) e in tutti gli scritti del Nuovo Testamento vuole dimostrare che Gesù stesso è questa "buona notizia" per l'uomo: in Lui Dio, Creatore e Padre dell'umanità, si è definitivamente rivelato, si è fatto conoscere nel suo Amore eterno.

C'è un'altra pagina del Vangelo, di Luca, questa volta (4,16-21), in cui è spiegato in cosa consiste questo lieto annuncio. Gesù si presenta, in mezzo ai suoi compatrioti, come l'inviato del Padre, il Messia (l'Unto = il consacrato), venuto per liberare l'umanità da ogni forma di schiavitù annunciando la Grazia del Signore, cioè la sua Misericordia. Accogliere Gesù Cristo, credere in Lui, nella sua Parola e cambiare per mezzo suo, significa FEDE. La fede fa diventare di conseguenza FIGLI di DIO (Giovanni, 1,12-13), cioè partecipi della stessa Vita di Dio. Ma vivere in questa fede, cioè essere “Cristiani”.. da atto iniziale personale (ascolto, illuminazione) deve continuare attraverso il seguire il Signore Gesù ogni giorno nella vita (Luca 9,23...) sorretti dalla forza della Sua Parola che provoca di conseguenza alla CONVERSIONE, cioè alla disponibilità quotidiana a lasciare il male, l'egoismo che sempre ci accompagna. Da qui il senso della "rinuncia" essa non è solo frutto della volontà di seguire Gesù, ma è soprattutto esigenza di fedeltà all'Amore di Dio (Matteo 6,24). In questo senso bisogna leggere il "DISCORSO DELLA MONTAGNA" (Matteo cc. 5-7). Qui sta la radice dell'esigenza di "disciplinare" la vita in chi segue Gesù. cioè si mette alla sua scuola come discepolo (cfr. Matteo 9,28-30). In realtà, Gesù in tutta la sua esistenza e soprattutto con la sua morte, realizza pienamente l'Alleanza di amore che Dio già nell'Antico Testamento aveva stipulato con il popolo d'Israele, ma le cui esigenze di fedeltà erano state più volte dimenticate (Libro dell'Esodo e soprattutto Deuteronomio 4,6-4,12 e 7,7-12). La vita del Cristiano allora non cresce a causa degli sforzi della volontà umana, non è primariamente un impegno etico, quanto piuttosto rapporto di amore con il Padre mediante l'ascolto della Parola del Figlio Gesù, custodia di questo Patto di Alleanza, risposta ad una chiamata ad entrare in comunione con la Trinità mediante lo Spirito Santo (cfr. Lettera ai Romani c. 8). In questo modo ogni ascesi o disciplina nella vita cristiana è finalizzata alla libertà, prerogativa dei "figli di Dio" (Giovanni 1,12-13 e 8,31-32).

2. Il Monachesimo cristiano: realizzazione concreta del Vangelo

Ogni Monachesimo, all'interno delle diverse religioni, nasce come genere di vita fissato in funzione di uno scopo spirituale, diversamente definito, trascendente l'orizzonte terreno e che viene considerato come necessario per dare unità (o senso) alla propria esistenza. (cfr. Dict. Spir. t. X, "Monachisme").

Nel Cristianesimo la vita monastica nasce accompagnata più o meno dalle medesime caratteristiche antropologiche e spirituali delle altre culture ( cfr. i terapeuti, gli esseni, gli encratiti, manichei ...), così come vi troviamo analoghe esigenze ascetiche (continenza, digiuni, essenzialità di vita, cenobitismo o eremitismo). Tuttavia diciamo subito che se ne distacca quanto alle motivazioni di fondo. A questo riguardo presento solamente qualche fonte monastica (una goccia nell'oceano di questa letteratura) per dimostrare la specificità del Monachesimo cristiano.

- "Quanto a noi, è per amore del Signore e del bene che osserviamo la continenza, santificando in noi il tempio dello Spirito Santo". (Clemente di Alessandria, II secolo).

- "...Non erano ancora passati sei mesi dalla morte dei genitori e, come al solito, andava in chiesa; mentre camminava e meditava fra sé e se, pensava a come gli Apostoli avessero lasciato tutto per seguire il Salvatore come quelli di cui parla negli Atti, venduti i propri beni, portassero il ricavato e lo deponessero ai piedi degli Apostoli perché fosse distribuito a chi ne aveva bisogno... entrò in chiesa e proprio in quel momento veniva letto l'Evangelo e senti il Signore che diceva al ricco: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto quello che possiedi e dallo ai poveri; poi, vieni, seguimi e avrai un tesoro nei cieli" (Mt 19,21)... Antonio subito uscì dalla Chiesa, donò alla gente del villaggio i beni che aveva ereditato dai genitori... Entrato di nuovo in chiesa, come senti il Signore che diceva nel Vangelo: "Non preoccupatevi del domani" (Mt 6,34) non potè restare più oltre, ma uscì... si dedicò alla vita ascetica davanti alla sua casa, vigilando su se stesso e sottoponendosi ad una dura disciplina..." (S. Atanasio, Vita di Antonio, IV secolo).

- "Ai suoi discepoli insegnava anzitutto a rinunciare ai propri beni e a se stessi, e a seguire il Salvatore che dà questo insegnamento, perché è così che si porta la croce" (Vita Prima di S. Pacomio, IV secolo).

"I monaci sono persone che non prendono quasi affatto parte alle cose della terra. Ogni loro preoccupazione è di cantare giorno e notte le lodi di Dio. Non possiedono nulla dì quei beni fragili, di cui il principe del mondo si serve per prendersi gioco degli uomini... Dio solo è il termine cui tendono tutti i loro desideri e vi si tengono inseparabilmente uniti a pietra ferma e solida. Conducono una vita nascosta in Gesù Cristo..." (S. Gregorio Naz. Poemata, IV secolo).-"Viviamo (i monaci) disinteressatamente l'amore fraterno; temano Dio nell'amore, amino il loro abate con affetto sincero umile, assolutamente nulla antepongano a Cristo, il quale ci conduca tutti alla vita eterna" (RB LXXII, 8-12; VI secolo). Da queste testimonianze tratte dal Monachesimo cristiano dei primi secoli appare evidente la motivazione che spinge uomini e donne ad abbracciare questa forma di vita: è la risposta ad una chiamata che nasce dall'ascolto del Vangelo di Gesù Cristo. Come nell'esperienza di Antonio, "padre dei monaci" l'aver ascoltato con fede il Vangelo nella sua Comunità Cristiana ha provocato in lui la decisione a lasciare tutto per amore del Cristo, così è stato per ogni monaco. Anche se con differenti tradizioni legate alla cultura locale (monachesimo orientale Basiliano e monachesimo occidentale in gran parte benedettino), l'unico Vangelo è stato ed è tutt'ora alla base della decisione di chi entra in un Monastero cristiano. In secondo luogo è necessario ricordare che la forma concreta di questo seguire Gesù Cristo si è servita dello strumento della "Regola". All'inizio del monachesimo ogni carità aveva una sua Regola dettata da un capo "carismatico" e che spesso nasceva dai quesiti che i discepoli ponevano al loro Padre spirituale (cfr. le due Regole di S. Basilio). Spesso queste regole più antiche non intendevano risolvere tutti i problemi pratici della comunità, erano semplicemente un "ri"dire il Vangelo stesso, o tutta la Scrittura, perché si era consapevoli che quella era la vera norma. In questo contesto infine vanno inserite tutte le prescrizioni, le "osservanze" da praticare per formare l'uomo di Dio.

Un'ultima considerazione

Monachesimo cristiano, cosi inteso nei suoi tratti molto generali, non è solo una "disciplina di vita" per chi risponde alla chiamata del Signore per questa via, ma nella Chiesa e tra gli uomini, anche non credenti, possiede una forza simbolica: esso, cioè, è un appello vivente per l'uomo ad unificare la sua esistenza a partire dal proprio cuore, rientrando in se stesso per scoprirvi proprio li la luce di Dio e, di conseguenza, vivere pienamente l'esistenza quotidiana.

3. La Regola di S. Benedetto: un modo per disciplinare la vita

Dopo questo sguardo così veloce sul Monachesimo cristiano, soffermerò ora l'attenzione su una delle sue forme storiche più famose ed affermate in Occidente: la tradizione benedettina.

Conosciamo l'autore di questa Regola dalla sua vita narrata dal Papa S. Gregorio Magno in una delle sue, opere: il Libro dei "Dialoghi" (anni 593-594).

Benedetto nasce a Norcia in Umbria da una famiglia I di origine romana. Mandato a Roma per gli studi, ben presto l'abbandona disgustato e cerca sulle montagne di Subiaco, nella solitudine, per tre anni, un'altra vita.

Qui dà inizio alla sua esperienza monastica raccogliendo attorno a sé i primi discepoli, fondando i primi monasteri. In seguito si trasferisce a Montecassino dove porta a compimento il suo cammino e stende definitivamente la Regola in cui certamente raccoglie il frutto maturo del suo cammino personale e delle esperienze positive e negative accumulate in precedenza. Le date tradizionali della sua nascita e della sua morte sono il 480 e il 547 circa. La Regola inizia la sua decisiva diffusione in Europa dal IX secolo in poi, non solo per gli interventi imperiali, ma soprattutto per il suo equilibrio e discrezione rispetto a tutte le Regole monastiche precedenti e seguenti (cfr. ad esempio la Regola di S. Colombano fondatore di Bobbio). Benedetto raccoglie nella sua Regola il meglio della tradizione monastica precedente: la spiritualità dei Padri del deserto, Cassiano, S.Basilio Magno, S.Leone Magno, la Regola del Maestro… In realtà non inventa nulla di nuovo anche sul piano ascetico e disciplinare, ma organizza la sua comunità in modo completamente personale mettendo in evidenza la sua conoscenza profonda della S. Scrittura, lasciando trasparire spesso la sua personale esperienza spirituale. Non è semplice suddividere la RB secondo uno schema preciso, ma possiamo per comodità suddividerla almeno in tre sezioni.

1. Sezione “dottrinale/spirituale”, Prologo e cc. da 1 a 7;

2. Sezione organizzativa della vita comunitaria. cc. 8-66; 

3. Conclusione: cc. 67-73.

Prologo e cc. 1-7

Il Prologo è la chiave di lettura di tutta la Regola poiché i temi qui presentati sono ripresi in vari modi nei primi 7 capitoli e costituiscono lo sfondo spirituale del resto degli argomenti. "Ascolta o Figlio gli insegnamenti del Maestro...": sono le prime parole che indicano subito la prospettiva con cui disporsi nell'intraprendere la vita monastica secondo S. Benedetto (cfr. la fonte sono i libri "sapienzali" della S. Scrittura e S. Basilio). La conversione è la prima conseguenza di questo atteggiamento; la guida nel cammino è Cristo che chiama in mezzo alla folla il suo operaio, paragonato anche ad un "soldato" che combatte per il suo re, ma è anche un discepolo che entra nella "Scuola del servizio del Signore" il cui insegnamento è il Vangelo e il cui obiettivo è l'Amore, cioè entrare in comunione con il Padre. La prima cosa da chiedere a Dio in questo cammino è che Lui stesso porti a compimento questa "opera" nel sito discepolo.

CC da 1 a 7 seguono i capitoli che presentano i fondamenti spirituali che fanno da struttura in questo "edificio" o "scuola". Cap. I: anzitutto il tipo di monaco, il "cenobita"; Cap. II: poi stabilisce la funzione della guida, "abate" (rappresentante di Cristo); Cap. III: la funzione del dialogo in comunità; Cap. IV: gli strumenti dell'arte spirituale; Capp. V-VI-VII: obbedienza, silenzio e umiltà, le principali "virtù" che Benedetto chiede ai suoi discepoli.

Organizzazione della vita comunitaria (cc. 8-66)

Preghiera e "Lectio Divina' ; i responsabili dei vari servizi e gli aiutanti dell'Abate; "codice penitenziale"; il lavoro, l'uso degli oggetti, la "proprietà privata"; i servizi domestici; alimentazione e abbigliamento; i viaggi; l'ospitalità; accoglienza e formazione degli aspiranti alla vita monastica; la Quaresima; l'ordine nella Comunità.

Conclusione: cc. 67-73

Sono molto probabilmente capitoli aggiunti da Benedetto alla fine della sua vita ispirandosi soprattutto a S. Agostino. Qui è esposto l'ideale benedettino della vita cenobitica allo stadio definitivo. Riguardano un'aggiunta sui fratelli che tornano dai viaggi, l'obbedienza impossibile, i rapporti reciproci tra i monaci, il senso vero della Regola. Questa conclusione, in particolare il cap. 73° collegato con il titolo della Regola, riportato da alcuni codici. "Si chiama Regola per il fatto che dirige il comportamento di coloro obbediscono", ci può dare l'idea della. relativizzazione del concetto di "legge" per Benedetto. Egli non la esclude, ma la colloca giustamente all'interno dell'itinerario verso la libertà che consiste nella carità perfetta (vedi la conclusione del cap. VII sull'umiltà: "Saliti, dunque, tutti questi gradini dell'umiltà, il monaco arriverà subito a quell'amore di Dio che, perfetto, scaccia ogni ti-more, e attraverso dì esso comincerà a custodire senza sforzo alcuno, quasi naturalmente e per abitudine, tutto ciò che prima osservava non senza paura, non più per timore dell'inferno, ma per amore di Cristo..."

Alcuni esempi di osservanze tratte dalla Regola

Prima sezione:

"Il quinto gradino dell'umiltà consiste nel manifestare all'abate, attraverso un'umile confessione, tutti i pensieri malvagi che sopraggiungono e quanto di male si è commesso nascostamente..." (VII, 44...).

Seconda sezione:

"...appena cominciato il Gloria, tutti si alzino in piedi in segno di onore e di adorazione alla Trinità Santa..." (IX, 7).

Cap. XLIII, il ritardo all'Ufficio divino e alla mensa...

Cap. XXIII, senso della scomunica.

Cap. XXVII, l'Abate, anche per i casi più gravi, abbia cura degli scomunicati, anzi per essi applichi il rimedio più efficace: la preghiera.

Cap. XXXI, il cellerario e il senso delle cose.

Cap. I.VIII, la Professione monastica simbolo di tutta l'esistenza del monaco e del Cristiano.

Conclusione

Leggiamo nel libro III dei "Dialoghi" di S. Gregorio Magno che un eremita viveva vicino al Monastero di Benedetto. Un giorno decise di incatenarsi nella sua grotta, per non poterla lasciare mai più. Lungi dall'ammirare questo gesto, "l'uomo di Dio" inviò uno dei suoi discepoli a portare al solitario questo messaggio: "Se tu sei vero servitore di Dio non ti le-gare con una catena di ferro. Legati con la catena che è Cristo!". Mi sembra che, a questo punto, possiamo riassumere così il modo in cui Benedetto offre la sua "disciplina di vita" non solo ai monaci, ma ad ogni Cristiano e ad ogni uomo.

- Ascolto attento di Dio attraverso la sua Parola mediata dalla Comunità e dall'Abate per vivere costantemente da discepolo (conversione);

- Percorrere la strada della storia personale e comunitaria, nella accoglienza della quotidianità della vita (rapporti umani, lavoro, cose, sofferenze...).

Spiritualità benedettina e cistercense

Veri e falsi religiosi
Testo estratto dal "parabolario"
di Galando di Reigny (1)
a cura di Sr. Giovanna Grazioli o. cist.



Galando di Reigny non è uno scrittore illustre, piuttosto potrebbe essere nominato come una persona di secondo piano nel campo della spiritualità del XII secolo. Secondo le sue due opere, Parabolario e Il piccolo libro dei proverbi, possiamo situare la sua attività scritturale in due diversi monasteri. Inizialmente, era membro d’un gruppo d’eremiti, fondato nel104, nella diocesi Autun (Francia), i cui fondatori erano preti ed uno si chiamava Gerardo. Si sono stabiliti in un luogo chiamato, Fontesme o Fontemoy, che vuoi dire: Fons humidus, fonte umida. Alcuni monaci e anche Gerardo sono morti a causa della loro permanenza in questo luogo malsano. Il successore di Gerardo, Giuliano insieme agli altri monaci chiese di entrare nell’Ordine Cistercensi affiliandosi a Clairvaux. San Bernardo accettò l’incorporazione scegliendo come abate il monaco Étienne de Torcy che trasferì il monastero sulla terra di Reigny, diocesi di Auxerre, nel 1134.

Galando scrive nel prefazio del libro Parabolario, di avere incominciato a scrivere secondo l’ordine dell’abate Giuliano, ma ora vuole continuare il suo scritto come monaco di Clairvaux. La seconda opera di Guglielmo, Il piccolo libro dei proverbi è dedicato a San Bernardo.

I veri e i falsi religiosi (2)

1. Si ascolta talvolta più volentieri ciò che si dice per mezzo di paragoni: per dono di Dio, abbiamo dunque composto la seguente parabola che ha per soggetto i veri e i falsi religiosi

Essendo studente (A) e percorrendo (B) numerose province con lo scopo di istruirmi, arrivai con lo spirito in una città (C) abbellita da edifici numerosi e importanti (D). Dato che la percorrevo con occhio d’ammirazione, vidi due uomini (E) dall’aspetto rispettabile e con una grande personalità. lo mi avvicinai, mi sedetti al loro fianco e ascoltandoli parlare per lungo tempo, appresi dalle loro stesse parole che uno di loro era passato da una grande povertà (F) alla più grande ricchezza; l’altro invece era diventato molto povero da ricco che era (S). Stupefatto, domandai di essere informato circa la salita del primo e la caduta del secondo.

Quello che era giunto alla ricchezza rispose per primo:

«lo ero, disse, un ragazzo (I) povero (H); ora capitò che un uomo di questo paese, nobile e molto ricco (K) esortava la sua giovane figlia (L) a sposarsi, Ella gli rispose in questi termini: “Dato che devo obbedire ai tuoi ordini, padre caro, voglio che tu mi unisca a quel ragazzo povero - è di me che parlava - perchè è di animo dolce e umile (M). Se si tratta di ricchezze, grazie a te lo ricolmerò di beni sovrabbondanti: perché dovrei sopportare, per bramosia di ricchezza, un qualsiasi riccone orgoglioso e vizioso (N) col carattere che non si accorda col mio e che offuscherebbe alla lunga la nostra unione con litigi di coppia?”. Che dire di più? Con l’approvazione di suo padre, questa fanciulla molto illustre mi è stata data in sposa con una grande dote».

2. Prendendo la parola disse l’altro:

«lo, al contrario, sono nato da una nobile stirpe (O); un tempo ero molto ricco (P). Ascolta come sono caduto in povertà. Una giovane donna, una serva, si mise a frequentare la mia casa col pretesto di rendermi dei servizi. Questo servizio che all’inizio ho accettato come necessario, con retta intenzione, si è cambiato poco alla volta nel vizio della carne (Q). Perché dilungarmi? Vinto da un amore degradato, la presi in moglie (R). Subito, il suo padrone (5) mi rivendicò per servo e si mise a saccheggiare, a devastare, a dissipare i miei beni (T) di giorno in giorno. In breve, sono stato ridotto a una indigenza così grande che tutto il mobilio della mia casa, e gli stessi abiti che indosso, ad eccezione del mantello che, era magnifico, ora vale appena un soldo. Così non oso ricevere nessun ospite nella mia casa (V) per paura che veda la mia orrenda indigenza. Se talvolta mi capita dì dover accogliere uno, chiedo in prestito dei piatti, della biancheria e quanto è necessario (X), e davanti all’ospite dico che è tutto mio.

Dopo aver valutato un po’ la situazione dissi;

«Tu non sarai mai libero finché vivrà la tua sposa. Ricordati giorno e notte di domandare a Dio la sua morte. Quando la avrai ottenuta, rendi al suo padrone tutto ciò che hai acquistato con lei, e rinuncia così a lui. Se, anche dopo questa rinuncia, egli osasse rivendicarti o reclamarti, porta la tua causa davanti al giudice (Z), e grazie al suo appoggio potrai dimorare al sicuro».

3. Diciamo ora brevemente dove vogliamo arrivare.

Cominciamo dal principio: è discepolo spirituale chiunque si sforza di conoscere i precetti divini.

Inoltre quando si raffigura nel suo cuore la vita degli uomini religiosi che dimorano in diversi luoghi al fine di imitarli, li ricerca con lo scopo di istruirsi.

Ora, se guardiamo con lo spirito la situazione della Santa Chiesa, entriamo in una specie di città; in essa vediamo degli edifici numerosi e importanti quando riflettiamo sulle differenti categorie di fedeli. Quanto a questi due uomini che si distinguono dal loro aspetto, che brillano similmente ma vivono molto differentemente fra loro, sono due generi di religiosi: i veri e i falsi.

Esteriormente non sembrano differire quasi in nulla, ma interiormente sono così lontani l’uno dall’altro quanto la verità lo è dalla menzogna.

Quell’uomo molto nobile è Dio. Sua figlia, è la saggezza, perché ogni saggezza è dono di Dio. Desiderando sposarsi - cioè generare a Dio dei figli spirituali - essa cerca di unirsi non agli orgogliosi ma alle persone dolci, secondo le parole: «La saggezza proclama sulle piazze: se qualcuno è piccolo, venga a me» (cf. Pr 9,3-4).

A chi è privo di senno essa dice:

Suo marito, prima povero e poi ricco, indica coloro che, rinunciando alla vita del secolo dove erano privati dei veri beni e elevati dal loro matrimonio con la religione pura e la saggezza spirituale, abbondano di ricchezze interiori.

L’altro, al contrario, divenuto miserabile da glorioso che era, che non aveva che un mantello prezioso per coprire la vergogna della sua mendicità, rappresenta coloro che, essendo cresciuti nella miseria di una cattiva volontà dopo aver abbracciato la proposta della vita religiosa, cadono dalla cima della santità, come da una grande ricchezza, in una povertà interiore.

Agli occhi degli uomini, sembrano ancora stare in piedi tanto coprono la malizia del loro aspetto religioso di un tempo, conservato come un abito prezioso; ma agli occhi di Dio sono già caduti, dal momento che hanno abbassato il loro spirito ai desideri della terra, come è scritto: «Cadono ai suoi occhi tutti coloro che scendono nella terra» (Sal 21,30).

4. Essi hanno ammesso all’inizio i piaceri della cupidigia, in quanto necessari, come di una serva; poi si sono disonorati sposandola: consegnandosi così al potere del diavolo, sono spogliati da lui di tutti i loro beni spirituali.

Essi non osano introdurre nessun ospite nella loro casa, poiché evitano con la più grande cura di scoprire la malizia che si nasconde sotto il tetto del loro spirito.

Se capita di farne entrare uno, cercano gli ornamenti degli altri e dicono che appartengono loro: se qualcuno, infatti, indaga sui segreti della loro coscienza. Si vantano subito di possedere delle virtù che non hanno; così dicono proprio ciò che appartiene agli altri.

Non mettono il loro mantello che in presenza di un ospite o per uscire; profondamente viziosi interiormente, «cercano di sembrare giusti davanti agli uomini» (Lc 16,15).

lo ho dato questo consiglio: cercare di ottenere da Dio la morte della sposa cattiva, perché nessuno di loro potrà respingere il giogo del diavolo a meno che l’azione divina non spenga in loro la cupidigia di questo mondo.

Una volta avvenuta la sua morte per un dono di Dio, noi rendiamo in qualche modo al diavolo tutto ciò che abbiamo acquistato nello stesso tempo dalla cupidigia, ossia tutto ciò che il diavolo dà ai suoi servitori.

E così noi rinunciamo a lui. Infatti se la cupidigia di questo mondo è perfettamente morta nel nostro cuore, ben presto abbandoniamo tutti i nostri attaccamenti terreni; ma coloro che sono dominati dal «principe di questo mondo» (Gv 12,31), si impadroniscono immediatamente di ciò che noi rigettiamo. Quanto a noi, rinunciando al diavolo, sfuggiamo al suo dominio.

Se in seguito egli avesse la presunzione di reclamarci di nuovo, portiamo la nostra causa davanti al giudice supremo con la preghiera, «spandiamo la nostra preghiera sotto il suo sguardo ed esponiamogli le nostre tribolazioni» (cf. Sal 142,3) , ed Egli «ci libererà dai nostri nemici» (cf. Sal 135,24), Lui che vive e regna.....

NOTE

A. Alla scuola di Colui che dice: « Voi non avete che un solo Maestro» (Mt 23,8).

B. «Giro attorno al tuo altare e... », ecc. (Sal 26,6).

C. Ossia nella Santa Chiesa.

D. Ossia i diversi ordini della società.

E. Due generi di religiosi.

F. Ossia lo stato secolare.

G. Ossia lo stato religioso.

H. Ossia un secolare.

I. Ossia semplice di cuore e di una natura docile.

K. Ossia Dio.

L. Ossia la Sapienza.

M. Essa ricerca gli umili (cf. Sal 112,6).

N. «La sapienza non entra in un animo mal disposto» ecc. (Sap 14).

O. «Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio...» (1Gv 3,2)

P. Le virtù di Dio.

Q. Talvolta la cupidigia mondana si insinua poco alla volta nel cuore; e mentre la si ammette come necessaria, cambia la necessità in volontà.

R. Sposa dei buoni: la carità. Sposa dei cattivi: la cupidigia.

S. Ossia, «Il principe di questo mondo» (Gv 12,31).

T. I beni spirituali.

V. Egli chiama casa la sua coscienza, a lui ripugna che la vedano.

X. Ossia le virtù.

Y. Egli «cercava di sembrare giusto davanti agli uomini» (cf. Lc 16,15)

Z. Ossia Dio.



1) GALAND DE REIGNY, Porabolaire, a cura di C. Friedlander, Sources Chrétiennes, 378, Paris 1992, Parabola n. 6, pp. 114-125. In Vita Nostra, n. 3 2002, sono state pubblicate le Parabole 3, 7 e 21.

2) La Parabola è inseparabile da questi termini.

In una società che tenta disperatamente di esorcizzare il terrore della morte si fa strada una superficiale riscoperta delle filosofie orientali che ignora come la reincarnazione sia in realtà una “disgrazia”. Molti reincarzionisti finiscono per arruolarsi nelle truppe degli gnostici che negano ogni valore alla fede.

Ormai la stampa le attribuisce il titolo di «yoghi dell'Occidente»; vorrebbe spiegarci come si è interessato allo yoga?

In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. (Mc 4, 35-41)

Giovedì, 08 Febbraio 2007 01:19

Lezione Ottava. La monarchia e il regno

Lezione Ottava

LA MONARCHIA E IL REGNO

 

 

1. Il tema del Regno

a) Novità istituzionale

La monarchia non è un’istituzione dei primordi del popolo di Israele. Non faceva parte delle istituzioni del popolo di Dio nei primi due secoli dopo l’insediamento nella terra promessa.

Mercoledì, 07 Febbraio 2007 02:09

Águas de Oxalà (Marcelo Barros)

Águas de Oxalà
di Marcelo Barros



E’ il nome di una festa, celebrata dai fedeli del Candomblé brasiliano, che si rifà a un antico mito di origine africana, secondo cui la giustizia divina libera la bontà provvidenziale del Creatore, per farla cadere sul mondo come acqua benefica. Una lezione che tutti dovremmo apprendere, per non continuare ad avvelenare questo prezioso elemento, il cui uso è un diritto umano universale.

In Brasile, il mese di settembre termina e quello di ottobre inizia con un ciclo di feste legate alla religione del Candomblé di Bahia. Quest’anno, il caso ha voluto che, proprio a metà di questa serie di celebrazioni, la domenica 1° ottobre, i brasiliani si rechino alle urne per eleggere il presidente della repubblica, i governatori degli stati, i deputati e i senatori, nella triste consapevolezza che questo tradizionale modello politico è ormai logoro e non ha più la forza di promuovere alcun cambiamento sostanziale per una maggior giustizia nella società e per la salvaguardia del creato.

Fin dal giovedì prima, le comunità afro-brasiliane di tradizione yoruba si sveglieranno di buon mattino per dare inizio alla festa delle Àguas de Oxalà (“le acque di Oxala”). Se si volesse cercare -. per quanto indebitamente e inadeguatamente - un corrispondente nella tradizione cristiana, si potrebbe associare questa festa con la Veglia di Pasqua, considerandola una sorta d’inizio di primavera, anche se siamo in una parte del mondo che a stento conosce due stagioni in un anno.

La festa delle Águas de Oxalà ricorda e celebra un antico mito di origine africana, secondo cui la giustizia divina (rappresentata dal potente orixd Xangò) libera la bontà provvidenziale del Creatore (Oxalà, il padre di tutti gli orixà) , per farla cadere sul mondo come acqua benefica.

Oggi più che mai, l’intera umanità ha bisogno di una grande “festa delle acque”. Ogni anno, esperti provenienti da 140 nazioni si riuniscono in Svezia per la Settimana mondiale dell’acqua. Da tempo questi esperti vanno dicendo che la carenza d’acqua sul pianeta Terra sta sempre più aggravandosi. Il vertice di quest’anno, tenutosi dal 20 al 26 agosto scorso, ha sottolineato il fatto che un terzo della popolazione mondiale già sta soffrendo per la mancanza di acqua potabile. Si tratta di una constatazione a dir poco drammatica perché un simile quadro era previsto soltanto per l’anno 2025! Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno circa 2,2 milioni di persone, per lo più bambini, muoiono per mancanza d’acqua o per ragioni legate ad essa.

Questa crisi, in parte già imputabile alla ineguale distribuzione di fiumi e di laghi sulla superficie terrestre, è resa più grave dal surriscaldamento del globo, dalla devastazione delle foreste e, soprattutto, dall’eccessivo spreco di acqua e dalla cattiva gestione delle risorse idriche. Applicato all’acqua, il termine “risorsa” è del tutto improprio, perché questo elemento non può essere declassato a “mercanzia”. L’acqua, invece, è l’ambiente in cui è apparsa la vita e la componente principale di ogni essere vivente. Con “risorsa idrica” s’intende quella parte di acqua che viene usata per certe attività umane, in particolare per attività economiche. Pertanto, “acqua” è un concetto molto più ampio di quello di “risorsa idrica”, anche se i due sono indissociabili.

Il problema sta nel fatto che, negli ultimi tempi, l’impiego d’acqua come “risorsa” si è tremendamente intensificato rispetto a qualche decennio fa. Oggi, in termini percentuali, l’uso dell’acqua dolce è così ripartito: 70% per l’agricoltura, 20% per l’industria e 10% per il consumo umano. Questo uso intensivo dell’acqua, specie nei settori agricoli e industriali, avviene a un ritmo tanto elevato da superare quello del ciclo naturale della sua rigenerazione. In questo modo, molte sorgenti d’acqua stanno scomparendo, proprio per l’uso sconsiderato che se ne fa. Non solo: si è giunti a interferire mortalmente con lo stesso “ciclo dell’acqua” (conosciuto tecnicamente come ciclo idrologico, cioè la circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera, con i cambiamenti del suo stato fisico: fase liquida, solida e gassosa), avvelenandola con pesticidi e altri prodotti chimici usati nell’industria. La grave assenza di corrette politiche ecologiche, soprattutto nei paesi poveri, sta portando alla contaminazione di molti sorgenti d’acqua.

La festa delle Águas de Oxalà è celebrata nei quartieri poveri delle periferie urbane, dove l’accesso all’acqua è sempre problematico. In questo senso, la festa rappresenta una “profezia spirituale”, che dice al mondo che la soluzione della crisi idrica non può consistere nella commercializzazione dell’acqua, tanto meno nella sua privatizzazione. Il mio auguro è che in Brasile - come pure nel resto del mondo - tutti gli uomini e le donne si colgano e si comportino come filhas e filhos de santo di Bahia in occasione della processione di Oxalà. AI pari di questi fedeli del candomblé, portiamo ciascuno il nostro recipiente d’acqua, per “metterla in comune” con gli altri. Convinti che questo elemento naturale è un diritto umano universale e che, solo quando è “messo in comune”, esso può essere fonte di vita e di benedizione per tutti gli esseri viventi.

(da Nigrizia, ottobre 2006)
Mercoledì, 07 Febbraio 2007 01:54

Gli emarginati (Giovanni Vannucci)

Gli emarginati

di Giovanni Vannucci


Per essere cristiani è necessario liberarsi dal complesso di colpa che da millenni grava sulla coscienza umana.

Non la paura ma la Carità, non il rimorso ma l’Amore devono guidarci nella nostra vita. Chi vive non pensando a se stesso, non ha tempo per pensare ai propri peccati. E ancor meno si occuperà delle altrui colpe. Il penoso aspetto del bigottismo cattolico scomparirà il giorno in cui la parola di Gesù; «Non giudicate» verrà presa in tutto il suo valore e rigorosamente applicata. La morale comunitaria, per l’astensione di ogni giudizio sull’altrui condotta, acquisterà una nuova spontaneità e innocenza. La Chiesa, liberata da ogni apparato giudiziario, tornerà a essere il supporto della vita collettiva che non si appoggerà più sul: «cosa dirà la gente?». E i cristiani saranno più fratelli tra di loro di quanto non lo siano oggi.

Le letture della sesta domenica del tempo ordinario propongono due temi: uno della necessità del fare, del risolvere le situazioni di carenza vitale senza perder tempo a giudicarle e a isolarle; l’altro del dovere cristiano di comprendere tutti per non creare, con l’incomprensione, ostacoli di separazione fra gli uomini.

Il Levitico (13, 1-2.45-46) descrive il procedimento processuale nei confronti di chi aveva contratto la lebbra. Doveva essere condotto davanti al sacerdote che, riconosciutolo malato, gli ingiungeva di portare delle vesti stracciate, il capo scoperto, la barba lunga, di dimorare fuori degli abitati e di gridare la parola: «Immondo!» ogni qualvolta venisse avvicinato da qualcuno. La società si difendeva dal contagio mediante una imposizione giudiziaria che dichiarava emarginato il lebbroso.

Cristo al lebbroso dice: «Voglio che tu sia libero dalla lebbra» (Mc 1, 41), e lo guarisce, senza giudicarlo e reinserendolo sano nella convivenza umana.

Sono due episodi esemplari, sui quali sarebbe necessario, per noi cristiani, riflettere a lungo per cancellare decisamente dal nostro vocabolario le parole «giudizio» e «giudicare», e dalla organizzazione ecclesiale ogni struttura giudiziaria. Dietro i giudizi pronunciati sugli altri e gli apparati necessari per formularli c’è lo spirito del potere e del dominio che appartiene a Satana e non a Cristo.

San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi (10, 31 – 11, 1), ci ricorda che il cristiano è chiamato a non opporsi a nessuno come pietra d’inciampo, ma a lavorare perché il sentiero che dovrà portare alla salvezza sia percorribile per tutti. Cristo è più grande di tutti noi, lo Spirito soffia ove vuole e spesso soffia oltre i limiti costruiti da noi cristiani. Da qui la necessità di una vigilanza aperta, senza interferenze personali, ai segni dei tempi, ai passi in avanti che lo Spirito compie. Queste qualità bisogna che siano sempre operose nei membri della Chiesa, gerarchia e popolo, per evitare quelle tante emarginazioni compiute, ieri e oggi, e che non di rado sono state un soffocamento dello Spirito. Quante volte abbiamo dichiarati «immondi» e invitato a riconoscersi «immondi» uomini che portavano le nuove manifestazioni dello Spirito, perché l’uomo fosse più vero e la terra più vivibile e la Chiesa più comprensibile! E tutto questo non sarebbe avvenuto se avessimo preferito l’umile e rispettosa attenzione al rigido giudizio.

Come il lebbroso, nell’episodio riportato in Mc 1, 40-45, poteva o esser respinto con la dichiarazione di «immondo», o guarito per esser nuovamente accolto nella società, Cristo, il Rivelatore del tramonto della vecchia Legge e dell’alba della nuova Legge, dice: «Voglio che tu sia guarito, non un emarginato». Le sue parole costituiscono per noi cristiani una severa e inalienabile consegna, che si estende e alle infermità fisiche e morali, e a quelle manifestazioni nuove e differenti di coscienza che spesso sono le antesignane di maturazioni umane in atto.

Il rimanere tranquilli nelle Gerusalemme terrene a consultare le Scritture e gli oracoli profetici può farci correre il rischio di non riconoscere la Verità che è apparsa, o sta apparendo in mezzo a noi; come pure l’andare incontro al Fanciullo nato, mossi da calcoli e da ambizioni di potere, provoca delle inutili stragi e la Verità emigra altrove. Quante verità cristiane sono espatriate dalla cristianità sotto la ferula di intransigenti dogmatismi e moralismi; e poi vi sono state reintrodotte con abilissime, ma non oneste, manovre di recupero!

Una lettura attenta della storia delle novità creatrici e rivelatrici ci fornisce un’indicazione sorprendente: esse sono state annunciate dai gruppi dei reietti, degli emarginati di ogni tempo di crisi e di esaurimento delle mitiche al loro tramonto. I Patriarchi, Mosè, i Profeti della vecchia alleanza trovarono credito presso le tribù nomadi che circolavano attorno alle grandi strutture sociali e civili del loro tempo. Cristo ci appare attorniato dai reietti, dai paria, dagli scomunicati della società religiosa e civile dei suoi giorni. Il Cristianesimo è stato accolto e vissuto dai più oppressi e sfruttati uomini della civiltà romana, gli schiavi.

Quali sono i «peccatori» del nostro tempo, le cui inquietudini, agitazioni, non conformismi manifestano il sorgere di una novità che informerà gli uomini di domani? Non potrebbero essere le giovani generazioni che sperimentano nella loro carne il tramonto dell’ormai consunto tessuto degli ordinamenti vigenti, e l’alba di un nuovo ordine commensurato alla nuova realtà vivente? Non potrebbe il Giovane incarnare la vita come in altri tempi l’hanno incarnata i Nomadi e gli Schiavi, di fronte ai cittadini e agli adulti soddisfatti delle loro creazioni religiose e sociali?

I responsabili della Chiesa dovranno spogliarsi della mentalità che li porta a confondere la loro autorità carismatica con i mezzi di governo, rendendola strumento di oppressione spirituale. Spogliazione che permetterà loro di ripetere la parola vivificante di Cristo: «Voglio che tu sia perfettamente sano» e non quella del vecchio codice: «Tu sei un immondo!».

I responsabili della Chiesa allora faranno nel volto dei venienti la luce, trasmettendo loro, ai nuovissimi, la fiaccola accesa dall’Amore di Cristo, e un mondo veramente nuovo concluderà questo millennio, con la luce, la speranza di operare per un meglio non più nemico del bene.

(da Giovanni Vannucci, 6a domenica del tempo ordinario - Anno B in Verso la luce, ed. Centro studi ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) ed. CENS, Milano 1984, pp. 115-118).
Nello spirito di Assisi

di Giovanni Guzzi


Il legame fra pace e religioni è uno dei temi di maggiore attualità: troppo spesso strumentalizzato e fatto oggetto di polemiche feroci e pretestuose. Fra le diverse iniziative attivate su di esso, di cui siamo venuti a conoscenza, abbiamo trovato particolarmente interessante, per taglio e pacatezza di ragionamenti, quella organizzata dal Comune di Cusano Milanino, una cittadina alle porte di Milano. La presentiamo in questo dossier.

Per diverse ragioni il 2006 è stato un anno significativo per le religioni e la pace. In primo luogo perché lo scorso 27 ottobre ricorreva il ventesimo anniversario del primo storico incontro interreligioso per la pace convocato ad Assisi da Giovanni Paolo II nel 1986.

È stato anche il primo anno nel quale, dopo il suo lungo pontificato, non è stato Giovanni Paolo II a tenere il consueto messaggio del primo gennaio per la Giornata Mondiale della Pace (tradizione della chiesa cattolica cominciata dal papa Paolo vi nel 1968).

Nel raccogliere il testimone dal suo predecessore, papa Benedetto XVI, nel proprio messaggio del 1° gennaio 2006, ne citava un’affermazione di grande attualità: «Pretendere di imporre ad altri con la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa violare la dignità dell’essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli è immagine».Sensibile a queste problematiche, il comune di Cusano Milanino ha voluto celebrare la ricorrenza citata in apertura. Così, facendo propria la frase di papa Wojtyla, ha proposto alla cittadinanza una serie di incontri dedicati al tema della pace e alle sue implicazioni con le religioni attualmente più seguite nel mondo.

Se tutti concordiamo sul fatto che l’umanità soffre per guerra, terrorismo, sfruttamento, ingiustizia, schiavitù, degrado sociale e ambientale... non c’è invece convergenza di opinioni sulle cause di tutto ciò.

Per il nostro tempo, ma anche per i secoli passati, c’è chi individua nella religione la causa di questi problemi. Altri ritengono sia vero il contrario: è proprio l’assenza, o l’insufficiente comprensione della religione, a impedire che la pace si instauri definitivamente nel mondo.

Per confrontarsi con queste tesi e con il pubblico, una serie di esperti e testimoni della propria religione sono stati invitati ad animare sei affollate serate tenutesi nella sala del consiglio comunale.

Organizzata senza la pretesa di voler proporre considerazioni di valore assoluto, né di voler presentare la posizione ufficiale delle religioni protagoniste di ogni serata, l’iniziativa voleva semplicemente essere un primo approccio con l’argomento. Un tentativo di capire se, sulle vie della pace che l’umanità vorrebbe percorrere, le religioni possono essere un aiuto o se invece sono proprio loro la causa prima dei conflitti.

Gli esperti hanno introdotto ciascuna religione (in particolare le meno conosciute perché più lontane dalla nostra cultura occidentale) dai punti di vista teologico, storico, socio-politico ed anche geografico, esaminati in relazione al tema conduttore del ciclo.

Da parte loro i testimoni, personalità anche di rilievo nell’ambito delle rispettive comunità religiose, si sono proposti in veste di semplici credenti, disposti a condividere con il pubblico l’esperienza individuale di persone che si sforzano quotidianamente di vivere la pace secondo i principi dettati dalle proprie religioni; anche mettendosi in discussione sulle questioni più problematiche.

Un aspetto importante, questo del chiedere agli ospiti di far emergere la propria spiritualità, anche attraverso la lettura di brevi brani tratti dai testi sacri di ognuno. In occasioni analoghe viene spesso messo un po’ in secondo piano; col rischio di ridurre le religioni a semplici espressioni della cultura e della filosofia di alcuni gruppi umani. Cosa che effettivamente sono, ma che non le descrive compiutamente: gli aspetti spirituali e trascendenti di una religione ne sono infatti l’elemento più importante senza del quale perderebbero il loro specifico significato.

L’iniziativa, impostata col preciso intento di favorire un serrato dialogo fra relatori e pubblico, sembra di poter dire che sia riuscita nello scopo. I presenti, credenti e non credenti, accorsi sempre in buon numero, hanno approfittato con interesse dell’ampio spazio loro dedicato, riservando ai relatori una fitta serie di domande che, anche quando non strettamente inerenti con il tema della serata, erano sintomatiche del diffuso bisogno di spiritualità esistente nella nostra società.

Più in generale dimostravano il desiderio di capirsi, di trovare punti di incontro... di dialogare. Il fatto che tutto ciò sia avvenuto in un clima estremamente sereno e rispettoso del pensiero di ciascuno è il risultato dell’iniziativa di cui andare tutti più soddisfatti, pubblico e organizzatori.

Spesso incontri di questo genere, soprattutto sotto la spinta della drammatica attualità e dell’inopportuna politicizzazione, degenerano presto in poco fruttuose polemiche. Nel nostro piccolo, abbiamo dimostrato che la pace non è fatta solo dalle cancellerie, dalla politica, dalle autorità religiose..., ma può e deve cominciare anche dagli atteggiamenti più semplici e quotidiani di ciascuno; con un impegno forse maggiore per chi è credente: la pace si costruisce più sforzandosi di vivere con coerenza la propria fede (cosa per niente facile) che rivendicando la supremazia della propria religione.
Convinzioni queste espresse da tutti i relatori e principale filo conduttore del ciclo di incontri.

Con estrema soddisfazione abbiamo accolto l’invito di Missioni Consolata a raccogliere in un dossier un’ampia sintesi, non rivista dai relatori, di quanto emerso nel corso dell’iniziativa. Considerando la diffusione nazionale della rivista, fa piacere se quanto di buono siamo riusciti a fare a Cusano Milanino potrà contribuire alla crescita di una cultura di pace anche in altre parti d’Italia.

(da Missioni Consolata, gennaio 2007)

Cronaca delle Chiese

Ottobre-Dicembre 2004

(a cura di P. Franco Gioannetti)


Chiesa Cattolica

Dal 17 al 19 ottobre 2004 si è svolto a Grottaferrata (Roma) una riunione delle delegazioni del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione Pontificia per le Relazioni Religiose con il Giudaismo.

Essa era presieduta dal Rabbino Shar Yishuv Cohen e dal Cardinale Jorge Mejìa.

Il tema: “Una visione comune della giustizia sociale e del comportamento etico”.

Il comunicato ha detto: “Noi non siamo dei nemici ma degli alleati, ben determinati, nella proposta dei valori morali essenziali per la sopravvivenza ed il benessere dell’umanità” ed inoltre: “Gerusalemme riveste un carattere sacro per tutti i figli di Abramo”, perciò hanno richiesto a tutte le autorità di rispettare la Città Santa, “impedendo ogni azione che offenda la sensibilità delle comunità religiose che vivono a Gerusalemme”:

Relazioni Interortodosse

L’ottava sessione del dialogo tra la Chiesa Ortodossa ed il gruppo del Partito Popolare Europeo, come pure con quello dei Democratici Europei ha avuto luogo il 21 ottobre 2004 a Tessalonica (Grecia).

Il programma dell’incontro prevedeva le conferenze dei primi ministri della Grecia, Serbia e Montenegro, Croazia, del metropolita di Francia Emmanuel, rappresentante del Patriarcato Ecumenico presso l’U.E., di M. V. Martens presidente del Partito Popolare Europeo e del suo vice Van Velzen.

Nel dicembre 2004 le Service Orthodoxe de Presse ha presentato e commentato un’intervista accordata dal Metropolita Cyrille di Smolenks a Victor Loupan dell’associazione. “Ortodossia locale di tradizione russa nell’Europa Occidentale”.

Si è parlato del progetto del Patriarcato Russo di costituire una metropolia autonoma russa per l’Europa Occidentale.

Un progetto che in verità ha suscitato e suscita non poche controversie e conflitti all’interno della Chiesa Russa in Europa occidentale.

Il Consiglio dell’arcivescovado delle parrocchie ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale (Patriarcato Ecumenico) ha diffuso, il 9 dicembre 2004, a Parigi, con la benedizione dell’Arcivescovo Gabriel, una dichiarazione in cui si dice, sei mesi dopo l’inizio del suo funzionamento nella sua composizione attuale, di condividere gli orientamenti che sono emersi al termine di questo periodo e di determinare i compiti che, di conseguenza sono più urgenti.

Vive perplessità sono state espresse riguardo alla proposta, di ritorno al Patriarcato moscovita delle Diocesi e delle Parrocchie, di tradizione russa, esistenti in Europa occidentale.

Il Consiglio ha detto di riconoscere l’importanza dell’organizzazione canonica dell’Ortodossia nei paesi dell’Europa occidentale.

Tale problema, è stato detto, va esaminato in un processo pre-conciliare panortodossa.

Chiese precalcedoniane

La settima riunione annuale dei primati delle Chiese orientali ortodosse del Medio-Oriente ha avuto luogo a Nasz City in Egitto nei giorni 20 e 21 ottobre 2004.

Il Papa Shenouda III della Chiesa Copta Ortodossa, il patriarca Ignace Zakka I della Chiesa Siro-Ortodossa, il Patriarca Catholicos Aram I della Grande Casa di Cilicia della Chiesa Armena Apostolica hanno partecipato all’incontro.

I primati hanno fatto oggetto di un accurato esame i dialoghi ecumenici. Hanno preso nota del fatto che il dialogo con la Commissione anglicana è stato sospeso in attesa della soluzione della crisi provocata dall’elezione e consacrazione del vescovo omosessuale V. Gene Robinson del New Hampshire (USA).

Hanno parlato della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali e dell’inizio dei suoi lavori; ciò, hanno detto, pone ormai fine alle conversazioni informali.

Hanno auspicato un nuovo ciclo di dialogo con l’Alleanza Riformata Mondiale.

E’ stata riaffermata la loro partecipazione attiva ai lavori del Consiglio Ecumenico delle Chiese (COE) ed al Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (CEMO):

Un nuovo rapporto è iniziato con l’ABU o Alleanza Biblica Universale.

In un clima di fraternità è stato poi preso atto dell’elezione del nuovo Patriarca della Chiesa Ortodossa di Eritrea l’Abuna Antonios I

Comunione Anglicana

La Commissione Lambeth ha pubblicato il 18 ottobre 2004 le sue conclusioni, conosciute sotto il nome di Rapporto Windsor, dopo l’inchiesta, durata un anno, sulla controversa elezione del pastore, omosessuale dichiarato, Gene Robinson a Vescovo del New Hampshire (USA) e sulla benedizione all’unione tra persone dello stesso sesso nella diocesi di New Westminster, in Canada.

Sia nell’una come nell’altra situazione la Commissione ha dichiarato che tutte le parti in causa hanno agito in modo incompatibile con il principio d’interdipendenza della Comunione Anglicana ed hanno creato una grande sofferenza ad essa.

La Commissione ha chiesto a tutti i partecipanti alla consacrazione di G. Robinson di non partecipare alle riunioni della Comunione Anglicana fino a che la Chiesa Anglicana degli USA non avrà espresso il suo dispiacere per la situazione creata. Quindi la Chiesa episcopale dovrà adottare una moratoria sulla consacrazione a vescovi di candidati omosessuali fino a che non nascerà un consenso, sul problema, all’interno della Comunione.

Alessandria

Il metropolita Theodoros dello Zimbabwe è stato eletto, il 9 ottobre 2004, di Alessandria ed è divenuto il primate della Chiesa Ortodossa d’Africa. L’intronizzazione del Patriarca ha avuto luogo il 24 ottobre alla presenza del papa copto Shenouda III, degli Arcivescovi Christodoulos di Atene ed Anastasios dell’Albania, del metropolita Josip rappresentante della Chiesa Ortodossa Rumena.

Il Patriarcato Ortodosso di Alessandria, secondo nell’ordine canonico dopo Costantinopoli conta circa 350.000 fedeli: greci, egiziani, libanesi, siriani, palestinesi, giordani ed in maggioranza africani ed inoltre 21 diocesi: Alessandria, Il Cairo, Port Said, Tauta, Memphis, Ismailia (Egitto), Triboli (Libia), Khartoum (Sudan), Addis Abeba (Etiopia), YAOUNDE’ (Camerun), Kinshasa (R.D. Congo), Nairobi (Kenia), KIampala (Uganda), Harare (Zimbabwe), Johannesburg e Il Capo (Africa del Sud), Dar-es-Salaam e Bukoba (Tanzania), Lusaka (Zambia), Accra (Ghana), Antananarivo (Madagascar), Lagos (Nigeria).

L’ortodossia ha conosciuto, negli ultimi quarant’anni un largo sviluppo in Kenia, Uganda, Tanzania, Ghana, Madagascar.

Dal 1982 esiste a Nairobi un Seminario Ortodosso di Teologia per la formazione dei sacerdoti e dei catechisti. Vi sono poi due seminari diocesani. Uno a Yaounde (Camerun) ed uno ad Alasora (Madagascar).

Germania

I presidenti delle Commissioni di negoziazione delle chiese:

  • Evangelica Luterana di Germania (VELKD)
  • Evangelica in Germania (EKD)
  • Unione delle Chiese Evangeliche in seno all’EKD (UEK)

Hanno firmato un accordo destinato a definire i futuri ruoli della VELKD e dell’UEK in seno alla EKD.

L’EKD raggruppa 23 chiese regionali, di confessione luterana, riformata ed unita e conta circa 23 milioni di membri.

La VELKD riunisce otto chiese regionali di confessione luterana-

La UEK conta tra i suoi membri le 13 chiese membri della Conferenza di Arnoldshain.

L’accordo mira ad una sempre più intensa collaborazione tra le chiese membri dell’EKD pur nel rispetto della propria individualità.

Inghilterra

Un gruppo di lavoro, su mandato della Camera dei Vescovi della Chiesa d’Inghilterra, ha pubblicato, il 2 novembre 2004, un Rapporto favorevole all’ordinazione di donna all’episcopato. Il Rapporto sarà discusso nel Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra nel febbraio 2005.

Belgio

Il metropolita Panteleimon, Vescovo della diocesi del Patriarcato ecumenico in Benelux, ha festeggiato, il 28.11.2004 il cinquantesimo anniversario del suo servizio nella chiesa.

Sono intervenuti metropoliti ed arcivescovi ortodossi di Svizzera, Francia, Grecia, Belgio, del Patriarcato russo, ancora Francia ma del Patriarcato ecumenico, Serbia.

Bielorussia

Dal 10 al 12 dicembre 2004 un colloquio internazionale si è svolto a Minsk sul tema: “Il cristianesimo ed il buon vicinato dei valori spirituali nella comunità europea”.

Il colloquio è stato organizzato da:

Associazione internazionale “Centro di educazione Santi Cirillo e Metodio”. – Istituto di Dialogo religioso e Comunicazioni interconfessionali della chiesa ortodossa bielorussa

e con l’appoggio di:

  • Esarcato bielorusso della Chiesa Ortodossa russa
  • Nunziatura apostolica in Bielorussia
  • Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani
  • Pontificio Consiglio per la cultura
  • Fondazione CNEWA di New York
  • Fondazione Konrad Adenauer di Berlino
  • Renovabis di Frisinga
  • Parrocchia della Madre di Dio, Consolazione di tutti gli afflitti, di Minsk.

Il colloquio ha riunito circa cinquanta partecipanti tra i quali il Cardinale Poupard (Pont. Cons. Cultura), il Cardinale Swiatek (Arcivescovo Catt. Di Minsk), Mons. A. Dzimianka (Segretario della Conferenza dei Vescovi Cattolici bielorussi), i rappresentanti delle Chiese luterana e battista della Bielorussia, i presidenti delle comunità ebrea e musulmana del paese. Più di venti partecipati venivano dall’estero e rappresentavano istituti universitari ed iniziative di mutuo aiuto.

Bosnia – Erzegovina

Un incontro di lavoro tra i vescovi cattolici ed ortodossi della Bosnia ha avuto luogo il 4.11.2004 a Trebinje. Nel corso dell’incontro è stato deciso di diffondere un messaggio comune sul Natale.

Bulgaria

Il VI Congresso Internazionale delle Scuole di Teologia Ortodossa si è svolto a Sofia dal 6 all’11 ottobre 2004.

E’ stato organizzato dalla Facoltà di Teologia Ortodossa dell’Università San Clementei di Ohrid di Sofia con il titolo: “La teologia ortodossa ed il mondo contemporaneo”.

I quaranta partecipanti venivano da: Albania, Germania, Austria, Bielorussia, Bulgaria, USA, Finlandia, Francia, Georgia, Inghilterra, Grecia, Israele, Libano, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Svizzera, Turchia, Ucraina. Un incontro fatto di relazioni, scambi, ricerche molto fruttuose.

Quarantuno dissidenti dalla Chiesa Ortodossa bulgara hanno chiesto asilo politico alle ambasciate degli Stati Ue a Sofia.

Il 29 ottobre il Patriarca Massimo di Bulgaria, ha celebrato i suoi ottant’anni in un’atmosfera di amicizia con gli altri rappresentanti religiosi, ma anche con molti dubbi sui trascorsi politici.

Costantinopoli

La sede del Patriarcato ecumenico al Phanar è stata fatto oggetto di un attentato il 6 ottobre 2004. Non è chiara l’origine dell’attentato ma sembra sia in relazione con il possibile ingresso della Turchia nella U.E.

Proteste ufficiali sono state fatte dal governo greco, dal COE e dal KEK (organismi ecumenici).

Non è questo il primo attentato contro il Patriarcato in questi ultimi anni. Questo ci interroga sulla realtà dei diritti umani e sulla libertà di religione in Turchia.

Estonia

Organizzato da Syndesmos, federazione mondiale della gioventù ortodossa, su invito del metropolita Stephanos di Tallinn, della chiesa autonomia di Estonia (Patriarcato Ecumenico), si è tenuto un seminario sul tema: “Cristiani e cittadinanza europea”: Il seminario si è svolto nei giorni 28 ottobre- 2 novembre 2004 a Tahkarunn – Parnu. Vi hanno partecipato 30 giovani ortodossi provenienti da: Albania, Armenia, Bielorussia, Belgio, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Romania. Russia, Ucraina.

USA

I vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno deciso il 17 novembre di aderire al progetto “Christian Churches Together in the USA”.

Francia

Trecento delegati della Federazione Protestante di Francia si sono riuniti nei giorni 9-10 ottobre 2004, per impegnarsi su “Vincere la violenza”:

L’incontro annuale dell’Associazione “Ortodossi-Protestanti di Francia” si è tenuto il 17 novembre 2004 a Chatenau-Malabry.

Le due principali chiese protestanti dell’Est della Francia riunite in assemblea nei giorni 20 – 21 novembre 2004 hanno approvato la loro unione.

Georgia

In una lettera datata 20 settembre 2004 tre vescovi georgiani hanno scritto a Ilia II patriarca georgiano chiedendo una riforma della chiesa per tornare ai principi base della conciliarità ecclesiale.

Hanno anche lamentato le interferenze in Georgia del Patriarcato Russo.

In seguito il 14 dicembre 2004 l’assemblea plenaria dell’episcopato georgiano ha esaminato le relazioni tra la Chiesa e lo Stato ed il problema creato dai conflitti armati.

Grecia

L’Assemblea annuale dell’Assemblea episcopale greca si è tenuta dal 7 al 9 ottobre 2004 ad Atena nel corso della quale si è discusso in particolare, rinviandolo, su un invito di Roma all’Arcivescovo di Atene di ricevere una laurea Honoris causa.

Altro tema preso in esame è stato quello del ripristino del diaconato femminile. La proposta ha avuto esito positivo con molti limiti.

Altri temi affrontati: il dialogo teologico e la vocazione al sacerdozio.

Polonia

La Chiesa Ortodossa di Polonia ha commemorato solennemente dal 24 al 26 novembre 2004 l’ottantesimo anniversario della sua autocefalia.

Oggi essa conta 570.000 fedeli, 6 diocesi, 320 parrocchie, sette monasteri, 8 vescovi, duecentotrenta preti, un seminario teologico.

Portogallo

Dal 28 dicembre 2004 al 1° gennaio 2005 si è svolto a Lisbona il 27° incontro europeo, organizzato dalla Comunità di Taizé. L’evento ha riunito più di 40.000 persone.

Russia

La seconda riunione del Gruppo di lavoro misto cattolico-ortodosso di Russia si è svolto a Mosca nei giorni 22 – 23 settembre 2004.

Un’assemblea plenaria dei vescovi ortodossi si è svolto dal 3 al 6 ottobre 2004 presso la basilica del Salvatore a Mosca. Vi hanno partecipato 144 vescovi su 147. rappresentavano le diocesi di Russia. Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaidjan, Repubbliche baltiche, Europa occidentale, USA, Giappone.

Tra le altre cose si è parlato dei buoni rapporti: Stato-Chiesa.

E’ stata poi fatta l’esposizione della realtà strutturale della Chiesa moderna.

Serbia Montenegro

Sotto la presidenza del Patriarca Pavle I si è riunito il Sinodo di questo chiesa.

Terra Santa

Una situazione rovente per lo spregio che i tradizionalisti ebrei mostrano verso i cristiani … vescovi, sacerdoti, laici. Una realtà a rischio.

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