Formazione Religiosa

Giovedì, 08 Febbraio 2007 01:19

Lezione Ottava. La monarchia e il regno

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Lezione Ottava

LA MONARCHIA E IL REGNO

 

 

1. Il tema del Regno

a) Novità istituzionale

La monarchia non è un’istituzione dei primordi del popolo di Israele. Non faceva parte delle istituzioni del popolo di Dio nei primi due secoli dopo l’insediamento nella terra promessa.

 

Le 12 tribù d’Israele erano organizzate in forma federativa e politicamente amorfa. Jahwé continuava ad agire con Israele anche dopo la presa di possesso di Canaan, accordando la sua protezione in caso di guerra e servendosi del suo “ruah” (spirito) per trasformare qualche israelita in guida carismatica, in tempi di necessità o pericolo.

Il documento più significativo di questa esperienza è il cantico di Deborah (Giud. 5). Accanto ad esso vi è un gruppo di racconti di eroi tribali, raccolti in un contesto letterario e teologico della fonte D. L’organizzazione politica d’Israele era fortemente decentrata. L’unità fra le tribù, a livello religioso, era intensamente espressa nel culto dello stesso Dio, nella coscienza della comune elezione e del­l’im­pegno dell’alleanza.

L’Istituzione monarchica era proprio dei popoli sedentari. Il modello era offerto dai regni della Transgiordania (Edom, Moab, Ammon) e delle popolazioni cananee della Palestina, organizzate in città-stato, dove il re non solo aveva un ruolo importante, ma concentrava su di sé la vita civile, economica e anche religiosa.

Dal punto di vista storico-salvifico, che ci interessa direttamente, possiamo notare come questa tappa è particolarmente significativa per il ruolo con cui elementi nuovi, anche estranei alla tradizione religiosa anteriore, possono essere assunti da Dio per orientare il suo popolo verso vie insospettate.

L’istituzione della monarchia, nonostante le ambiguità che essa comporta, nelle mani di Dio diviene strumento di nuovi gesti soteriologici: essa è emblematica del modo con cui il credente deve accostarsi alle realtà terrene per sfruttare i loro dati positivi ed evitare i pericoli che questa realtà porta insiti in sé.

L’esperienza monarchica sarà così determinante da divenire un caposaldo delle istituzioni di Israele, un punto di verifica continua dell’elezione e dell’alleanza divina, un appuntamento per l’incontro di Dio fedele nelle promesse messianiche.

I libri storici e profetici, valutando teologicamente le traversie storiche della monarchia, faranno l’attesa di una teocrazia che sarà instaurata dal “germoglio di Davide”, nei tempi del Messia.

b) “Il regno di Dio” nei nuovi tempi

Il Nuovo Testamento avrà come centro il tema religioso del “Regno di Dio”. La stessa persona di Gesù deve fare i conti con l’entusiasmo messianico delle folle, troppo intriso di speranze temporali, che vuole farne il “re di Israele” (Gv. 1,49).

Dall’Incarnazione alla parusìa, la prospettiva escatologica del regno di Cristo, è fortemente affermata dal N.T.:

Lc. 1,32-33: «Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe
e il suo regno non avrà mai fine».

Gv. 18,36: «Il suo regno non è di questo mondo».

Col. 1,13: Gli uomini ne diventano sudditi quando Dio li strappa
«dal potere delle tenebre e li trasferisce nel regno del suo Figlio diletto».

L’escatologia è il regno preparato e promesso da Gesù per i suoi: «Io preparo per voi un regno, come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele» (Lc. 22,29-30).

L’Apocalisse attribuisce alla regalità di Gesù un significato cosmologico, quando afferma che il re messianico avrà il potere su tutto il mondo.

Il mistero della Chiesa è intimamente legate al Regno. «Essa ha ricevuto da Cristo la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio» (LG 5).

2. L’esperienza monarchica in Israele

Alla fine del sec. XI a.C., i Filistei misero in pericolo l’esistenza del popolo di Dio; ne distrussero perfino il santuario centrale di Silo. Il popolo sentì il bisogno di opporre una resistenza compatta, e videro nell’istituzione della monarchia la salvaguardia della minaccia continua di soccombere ai popoli circostanti.

Su tale istituzione i libri di Sam. Hanno conservato due narrazioni parallele, di cui una è ad essa favorevole (1 Sam. 9,1-10.16; 11,1-11.13-15) e l’altra contraria (1 Sam. 8,1-22; 10,18-25).

a) Tradizione favorevole

Secondo la prima tradizione l’iniziativa viene da Dio, che sceglie Saul come liberatore del suo popolo. Costui appare come il continuatore dell’opera dei Giudici: come essi egli è un salvatore designato da Dio (1 Sam. 9,16; 10,1); riceve lo Spirito di Jahwé (1 Sam. 10,6.10; 11,6); come essi libera effettivamente il suo popolo (1 Sam. 11,1-11; 13-14).

Alla scelta di Dio corrisponde, per la prima volta, un riconoscimento da parte di tutto il popolo: dopo la vittoria contro gli Ammoniti, Saul viene acclamato re (1 Sam. 11,15). Il “capo carismatico” (naghid) diventa “re” (melek).

b) Tradizione contraria

La seconda tradizione considera la monarchia una velleità del popolo, sfiduciato, infedele al suo Dio che l’ha salvato tante volte desideroso di imitare i popoli vicini.

Samuele reagisce difendendo l’autorità di Dio e accusando il popolo. Israele deve avere Dio come unico re, confidare in Lui nella sua vita politica e militare.

Il “diritto del re” è presentato da Samuele con tinte fortemente negative. Questa tradizione, redatta forse più tardi, quando si era fatta l’esperienza negativa dell’istituzione monarchica, riflette meglio le concezioni del regno del nord e della classe dei profeti.

1 Sam. 8,1-22:

vv. 1-3 = Samuele tenta di introdurre la successione dinastica nell’ufficio di giudice. Il tentativo fallisce per l’indegnità dei figli, non “chiamati” da Dio.

vv. 4-5 = L’iniziativa parte dal popolo. Si chiede che sia Samuele a stabilire un re. Suona grave ed equivoca la richiesta di imitare gli altri popoli.

vv. 6-8 = Il dispiacere di Samuele è causato dal rifiuto dell’istituzione dei giudici, più in linea con la tradizione religiosa d’Israele (cfr. 1 Sam. 12). Il Signore corregge la visione personale di Samuele: l’affronto non riguarda tanto lui, quanto Dio.

v. 9 = Dio accoglie la petizione del popolo.

vv. 11-18 = Prima della decisione, il popolo deve conoscere le condizioni. La decisione del “diritto del re” corrisponde a ciò che si praticava nelle monarchie vicine. Si noti l’aggettivo possessivo “suo”: ritorna 14 volte sottolineando che tutto è per il re.

vv. 19-22 = Il popolo sembra contraddire il discorso di Samuele, opponendo una barriera di 7 pronomi personali al plurale: non per lui, ma per noi.

In questo brano e in 1 Sam. 10,12 l’inaugurazione della monarchia è in relazione con le tradizioni dell’alleanza. (Per i vari elementi cfr. J.S. Croatto, Storia della Salvezza, pp. 99-100).

La benevolenza di Dio si manifesta nella scelta di Saul (1Sam. 9) nel dono del suo spirito (10,6ss) e nella vittoria sugli Ammoniti (11). Particolare importanza riveste il rito dell’unzione, già in uso nei regni di Canaan, ma introdotto in Israele per la prima volta con Saul (1Sam 10,1ss). Esso era un rito sacramentale che simboleggiava la penetrazione della forza divina e della grazia. (Per David e gli altri re, vedi R. De Vaux, Le istituzioni dell’Antico Testamento, Torino, pp. 111-113).

Sotto Saul la monarchia esercita il potere centrale molto blando. L’equi­paggiamento militare e le strutture amministrative sono embrionali. Solo con Davide e Salomone la sovranità si affermerà progressivamente su tutto Israele. Questo regime di unione personale durerà solo due generazioni. Ma anche sotto di loro notevoli autonomie saranno riconosciute alle tribù del Nord, tanto che si può parlare di “monarchia dualista” (R. De Vaux, Le istituzioni dell’A.T., cit., pp. 102-103).

c. La figura di Davide

La figura di Davide, nelle varie tradizioni letterarie-storiche di Israele, ha un rilievo tale da essere considerata accanto a Mosé ed Elia. A partire da lui l’alleanza con il popolo passa ormai attraverso il re (Sir. 47, 2-13).

Nelle diverse correnti della riflesione teologica di Israele, durata per secoli, è possibile riconoscere un nucleo costante che gli studiosi chiamano “tradizione davidica” (cfr. S. Amsler, David roi et messie. La tradition davidique dans l’Ancien Testament, Neuchâtel). Riprendendo le conclusioni di Amsler, pp. 73-77, i principali tratti teologici della figura di Davide sono i seguenti:

a) Elezione

È il beneficiario di una nuova elezione. La sua elezione si aggiunge a quella del popolo e a quella di altri capi, costruendo un nuovo articolo della fede israelita. Alla sua elezione si unisce quella di Gerusalemme, come dimora del Signore.

Il verbo specifico bahar (scegliere) appare 18 volte per Davide (1 Sam. 16,8 ss.; 2 Sam. 6,21, ecc.). Altri termini che esprimono la scelta divina sono: naghid (capo), “mio servo”, “mio figlio” e maschiah (unto) (2 Sam. 23,11).

b) Per il popolo

L’elezione di Davide è un’opera di Jahwé a favore del suo popolo, come è chiaramente enunciato dall’epilogo della storia della ascesa al trono: «jahwé lo confermava re d’Israele e innalzava il suo regno per amore di Israele suo popolo» (2 Sam. 5,12).

Questa dimensione universale su tutto Israele caratterizza la stoia dell’arca (2 Sam. 6) e l’oracolo di Natan (2 Sam. 7).

Come beneficiario della promessa di una discendenza legata al trono reale, Davide è esaltato come un patriarca. I salmi reali, gli oracoli davidici di Isaia (Is. 7 e 9) e il Cronista, sottolineano con insistenza che il regno di Davide era un dono di Jahwé per tutto il popolo.

Alcuni testi profetici andranno perfino oltre, quando indicano il ruolo di Davide per tutte le nazioni (Sal. 2,18; Is. 55,4).

c) A servizio di Jahwé

L’elezione e l’unzione di Davide designa una funzione particolare a servizio di Jahwé ( 1 Sam. 16,3: «e tu mi [manca nella traduzione cei] ungerai colui che io ti dirò»; 1 Cr. 29,22: «proclamarono re…Salomone, figlio di Davide, lo unsero, consacrandolo al Signore come capo»). Questo tratto geocentrico significa che il re non è sovrano assoluto: se regna lo fa sul popolo di Jahwé e nel nome di Dio (Is. 11,3).

La tradizione successiva accentuerà questo aspetto del regno davidico. Ciò che conferisce all’”Unto” una portata unica, è il fatto che egli esercita il diritto e la giustizia nel timore di Jahwé (Is. 11,3), rivestito della sua forza (Mi 5,3), animato dal suo “spirito” di sapienza e di potenza (Is. 11,2). In lui si manifesta la giustizia salutare di Dio stesso (Ger. 23b).

d) Alleanza eterna

Per sviluppare le dimensioni messianiche del ritratto di Davide, la tradizione sfrutta un tratto accennato di passaggio nelle testimonianze più antiche: l’alleanza eterna conclusa con Davide. Non vi si caratterizza tanto il particolare rapporto tra Jahwé e Davide, quanto Davide, quanto piuttosto il carattere irrevocabile della promessa che scaturisce dall’alleanza.

Il termine specifico “berit” (alleanza) compare in 2 Sam. 23,5 ma viene poi ripreso nel senso derivato di giuramento e di promessa: Sal. 89,4-5.29.35.40; Sal. 132,12; Ez. 37,36; Is. 55,3; Ger. 33,20; 2 Cron. 21,7.

Il Signore impegna la sua parola: 2 Sam. 5,2; 7,21.25 ss; 23,3; 1 Re 2,4; 5,5; 8,19; Sal. 89,35; Ger. 33,14; Ez. 17,34; 1 Cron. 17,23 s; 2 Cron. 6,17.

La figura di Davide contrasta con quella di Saul, eletto e rigettato, di cui mai condividerà la sorte ( 2 Sam. 7,15: «Non ritirerò da lui il mio favore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso dal trono dinanzi a te»).

Nelle storia del popolo eletto, Davide è il pegno certo che Dio stabilirà il suo regno di giustizia e di pace.

Il regno di Davide inaugura una nuova era della storia salvifica. La formula le olam (per sempre) sulla bocca di Dio, ha tutta la solennità di un impegno irrevocabile. Per questa promessa Davide si carica di futuro. Quando ricordano il loro re favorito gli Israeliti non si contenteranno di guardare al passato.

Su questo asse cresce e si sviluppa la speranza messianica.

3. Dio re (Jahwé Melek)

a) Figliolanza adottiva

In Israele non si è mai affermato il carattere divino del re, come si riteneva presso i popoli del vicino Oriente.

La religione di Israele, con la sua fede in Jahwé, Dio personale e trascendente, rendeva impossibile ogni divinizzazione del re.

Troviamo invece affermata l’idea che il re entra in un rapporto speciale con Jahwé, viene adottato come figlio.

In Sal. 2,7 Jahwé dichiara che nel giorno della consacrazione (oggi) riconosce il re come suo figlio. Anche nella profezia di Natan tutta la dinastia davidica viene adottata: «Io sarò per lui un padre ed egli sarà per me un figlio» (2 Sam. 7,14).

Tuttavia il re rimane un uomo come gli altri. Anzi, il suo particolare rapporto con Dio e il popolo mette in evidenza che la regalità e ogni potere gli sono conferiti da Dio. Jahwé è la fonte del regno.

2. Dio – Melek

L’attribuzione del titolo di Melek (re) a Dio, pur essendo largamente affermato in epoca protosemitica, in tutto l’antico Oriente (Von Rad, Basileus, in GLNT, II, 145), in Israele è attestata soltanto dopo il sorgere della monarchia politica.

Le prime testimonianze sono: Nm. 23,21; Dt. 33,5; 1 Re 22,19; Is. 6,5.

Nei testi anteriori alla monarchia storica il “regno” di Dio non è un ambito di dominio politico, né un concetto teopolitico, ma l’esperienza che Israele fa della sovranità di Jahwé nel suo agire storico (R. Schnackenbourg, Signoria e regno di Dio, Bologna, p. 11).

I condottieri di Israele erano così compenetrati dalla supremazia assoluta di Dio da dichiarare come Gedeone: «Io non regnerò su di voi; il Signore è colui che regnerà su di voi» (Gdc. 8,23). L’idea della signoria reale di Dio si è affermata con la confluenza di vari elementi:

a/ Secondo 1 Cron. 28,5; 29,23; 2 Cron. 9,8 il trono di Israele diviene il trono regale del Signore d’Israele.

b/ L’arca dell’Alleanza è il trono di Dio, nel tempio di Gerusalemme, il “Santo dei Santi”, viene considerato il trono del Signore degli eserciti ( cfr. Is. 6,3-5).

c/ Nel culto viene celebrata la regalità divina (cfr. Salmi di intronizzazione: 47,93; 96-99). Il grido di lode: «Jahwé è re» (Sal. 93,1; 96,10; 97,1; 99,1), può essere considerato come il riconoscimento della regalità divina durante l’attua­liz­za­zione cultica.

d/ Ai titoli di grandezza ricavati dalla storia salvifica di Israele, i Salmi aggiungono la celebrazione della sovranità di Dio sul cielo, sulla terra e su tutti i popoli, in quanto creatore e dominatore universale ( R. Schnackenbourg, Signoria e regno di Dio, cit., 22-24).

e/ Il regno di Jahwé ha carattere atemporale: abbraccia il passato e il futuro (Es. 15,18; 1 Sam. 12,12; Sal. 145,11ss; 146,10). La prospettiva escatologica del regno di Jahwé ne mette in rilievo il carattere dinamico e soteriologico. Pur essendo sempre concepito come una realtà immanente e già in atto, nel futuro il regno divino svilupperà più pienamente una potenzialità implicita nella sua natura.

Conclusione

1. La storia della monarchia d’Israele segna il passaggio ad una concezione nuova degli interventi salvifici di Jahwé. Il punto di partenza non è più un evento prodigioso o un miracolo, ma la storia profana che ha per protagonista l’uomo. La nascita della monarchia, le vicende personali dei primi re, sono di una profanità completa. La novità teologica è costituita dal fatto che il governo divino della storia, non compare a intermittenza con grandi portenti, ma è immanente in tutti i campi della vita, pubblici e privati, religiosi e profani.

«Il campo particolare di attività di questo operare storico è però il cuore umano, i cui impulsi e le cui decisioni, Jahwé assoggetta da sovrano al suo piano storico» (G. von Rad, Teologia dell’A.T., cit., p. 360).

La salvezza viene operata da Dio nel tessuto degli eventi umani e mediante le realtà terrene.

2. Dio non è legato ad un unico modulo di istituzioni civili e religiose. Tocca all’uomo inventare quelle istituzioni che promuovono i valori fondamentali della vita individuale e sociale. Se esse riescono a rendere l’uomo più libero, diventano anche le mani del Signore, strumento di salvezza.


Bibliografia

S. Amsler, David, roi et messie. La tradition davidique dans l’A.T., Neuchâtel.

J. Bonsirven, Le Règne de Dieu, Paris.

J. Kreici, Re e profeti per il nuovo popolo di Dio, in Aa.Vv., Invito alla Bibbia, cit., pp. 133-148.

F. Festorazzi, L’alleanza davidica e il re messia, in Introduzione alla storia della salvezza, cit. pp. 83-98.

G. von Rad, “Melekemalkutnell’A.T. alla voceBasileus”, in Grande Lessico del Nuovo Testamento, II, Brescia, pp. 137-152.

Id., Teologia dell’A.T., I, cit. pp. 349-400.

R. De Vaux, Le istituzioni dell’Antico Testamento, Torino, pp. 101ss.

J. Croatto, Storia della salvezza, cit., pp. 98-118.

G. Boggio, La nascita della monarchia, in «Studi biblici» (At. 9), Roma.

Id., La storia dei re, in «Studi biblici» (At. 10), Roma.

Letto 3394 volte Ultima modifica il Venerdì, 18 Novembre 2011 16:10
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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