XXII Domenica del tempo ordinario - Anno C
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Sir 3,19-21.30-31 (NV) [gr. 3,17-20.28-29]
Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c'è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
Salmo Responsoriale Sal 67 (68)
Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio
e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.
Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.
Pioggia abbondante hai riversato, o Dio,
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio.
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.
Alleluia, Alleluia
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia, Alleluia
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Il Vangelo ci consegna una legge nascosta, che attraversa la vita e la natura: ciò che si innalza troppo, cade; ciò che si abbassa, trova slancio e sostegno.
La sapienza orientale, nel Tao Te Ching ce lo ricorda con un’immagine limpida: «Il santo pone il suo corpo nell’ultima fila, eppure viene messo davanti. Egli pone il suo corpo ai margini, eppure è protetto» (VII). E ancora: «Il mare è il re di cento fiumi perché sta più in basso di essi. Perciò può regnare su di loro» (LXVI). L’acqua insegna: non compete, non resiste, ma nel suo fluire porta e sostiene.
Accade qualcosa quando smettiamo di agitarci, di lottare per il primo posto. Gesù stesso ci invita: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime» (Mt 11,29). È come imparare a nuotare: finché ci dimeniamo affondiamo; solo nella resa, nella fiducia alla corrente, scopriamo di essere portati.
«Chi si innalza sarà abbassato, e chi si abbassa sarà innalzato»: non perché vi sia un Dio che punisce o premia, ma perché il reale stesso funziona così. È una sorta di legge di natura, inscritta nel cuore delle cose. Simone Weil scriveva: «L’umiltà è l’occhio limpido che non si fissa su di sé» (La pesanteur et la grâce). Quando non siamo più centrati sul nostro io, la vita stessa ci sostiene.
Il bambino, che non rivendica posti d’onore, è l’immagine scelta da Gesù: «Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Quando cesseremo di giocare la nostra vita sul potere, il successo, l’avere, scopriremo una leggerezza nuova. È una morte paradossale, che in realtà è vita. Dostoevskij lo chiamava «la forza tremenda dell’umiltà, che nulla può vincere» (da I fratelli Karamazov).
Essere umili non significa altro che ricordarsi d’essere fatti di terra, humus: silenziosa, accogliente, feconda.
La terra non compete, eppure tutto fiorisce da lei.