Esperienze Formative

Domenica, 14 Settembre 2025 08:28

Esaltazione della Santa Croce - Festa In evidenza

Vota questo articolo
(0 Voti)
Esaltazione della Santa Croce - Festa

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Nm 21, 4-9

Dal libro dei Numeri

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d'Israeliti morì.
Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.
Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.


Salmo Responsoriale Sal 77 (78)

Non dimenticate le opere del Signore!

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l'orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l'Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

 
Seconda Lettura  Fil 2, 6-11
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
 
Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l'essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
 
 
Canto al Vangelo


Alleluia, Alleluia

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo,
perché con la tua croce hai redento il mondo.

Alleluia, Alleluia

 

Vangelo Gv 3, 13-17
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
 

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

 

OMELIA
 

La croce è il segno radicale dell’umana avventura: accoglienza della finitezza senza vie di fuga, stare fino in fondo e dentro il limite senza avversione.
Punto d’incrocio dove si sfiorano gli opposti: terra e cielo, materia e spirito, tempo e infinito, solitudine e abbraccio. In questo centro pulsa tutta la condizione umana: sospesa tra il peso del finito e la vertigine dell’oltre.
Gesù sulla croce non è l’ultima vittima offerta a un dio crudele, ma l’uomo nella sua verità più nuda. Egli non evade dalla violenza, non risponde con l’odio, non si sottrae al dolore. Resta. Sta. Esposto, inerme, eppure sovrano.
In lui la sventura estrema diventa grandezza estrema, la ferita si apre come varco d’infinito. La croce si fa allora icona di dignità: non chi cede al male, ma chi lo attraversa s’apre a spazi inimmaginabili.

La croce è dunque sosta dentro il negativo. Non per amore del dolore, ma perché soltanto nel varcarlo può nascere l’oltre. Nel nulla più buio può trasparire il Tutto. Rivelando così quel Mistero che non è un dio tra gli dèi, ma la profondità stessa dell’essere, che si rivela quando crollano tutte le immagini e gli appigli.

La resurrezione, va da sé, non è magia proveniente dall’esterno, ma vita che risorge dal cuore stesso della perdita, forza che non si lascia seppellire, fiducia che nessuna morte potrà mai avere l’ultima parola.
In un tempo che fugge il dolore come scandalo, la croce resta segno ostinato. Ci dice che non c’è vita senza ferita, né amore senza esposizione, né relazione senza vulnerabilità. Ma dice anche che nessuna ferita è chiusura: ogni piaga nasconde un varco di luce.
Così la croce parla ancora oggi, oltre le religioni e oltre il teismo: come simbolo universale dell’umano, della capacità di trasfigurare il dolore in amore, la sconfitta in apertura, il limite in possibilità.


 
Paolo Scquizzato
 
Letto 3 volte Ultima modifica il Domenica, 14 Settembre 2025 08:35
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search