Formazione Religiosa

Mercoledì, 18 Ottobre 2006 02:12

Atti 1,14: una comunità orante in attesa dello Spirito (terza parte) (Alberto Valentini)

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Atti 1,14: una comunità orante
in attesa dello Spirito (terza parte)
di Alberto Valentini


Unanimi e perseveranti in preghiera con Maria, la Madre di Gesù (cf. At 1,14)




1. Nota introduttiva

1.1. Ambientazione del testo;
1.2. Confronto con i sommari 2,42-47; 4,32-35; 5,12-16;
1.3. La preghiera in Luca.

2. La preghiera in At 1,14

2.1. Preghiera unanime;
2.2. Preghiera perseverante.

3. La prima comunità

3.1. Gli Apostoli;
3.2. Le donne;
3.3. Maria, la madre di Gesù;

4. Conclusione breve


3. La prima comunita’

Finora si è parlato della comunità, della sua spirituale coesione e costanza nella preghiera. Indubbiamente At 1,14 sottolinea l'unità dei primi credenti, ma evidenzia - più che altri sommari - l’articolazione della medesima. Il nostro testo, così breve, è il sommario più esplicito circa la composizione della comunità postpasquale. E' un punto di riferimento prezioso per la Chiesa di ogni tempo, che vi può ritrovare le coordinate fondamentali della sua unità e della sua molteplice configurazione. In questo autorevole e programmatico testo, incentrato sugli apostoli, ma aperto ad altre presenze e ai diversi doni dello Spirito, le comunità cristiane potranno sempre ricercare l'armonia e l'equilibrio tra la missione apostolica e i diversi ministeri e carismi di cui lo Spirito dota incessantemente i credenti. Vi potranno riscoprire, con sensibilità e in forme nuove, il compito della donna al servizio del vangelo e, in particolare, quello di Maria, la madre di Gesù.

Va ricordato che siamo di fronte a un testo redazionale, nel quale le intenzioni dell’autore si esprimono in maniera più diretta ed esplicita. Ogni elemento, per conseguenza, dev’essere valutato con grande attenzione. (71) A questo punto ci sembra importante considerare i diversi personaggi che compongono la comunità apostolica, la "cellula germinale" della Chiesa neotestamentaria.

3.1. Gli apostoli

Nell'opera lucana, com'è noto, il gruppo dei Dodici viene identificato con gli apostoli, (72) i quali sono ritenuti a titolo speciale, in certo senso esclusivo, testimoni di Cristo. (73) Negli Atti, essi sono i personaggi principali, garanti della continuità tra il tempo di Gesù e quello della Chiesa. (74)

"Essi 'non sono i primi d' una serie'; essi formano 'un gruppo a parte', svolgente una funzione fondatrice e normativa, insostituibile e non reiterabile. Sulla loro testimonianza la Chiesa è stata fondata una volta per tutte e in questa testimonianza essa trova la norma definitiva della sua fede e della sua unità". (75)

L'identità dei Dodici è caratterizzata da quattro note fondamentali: (76)

- Anzitutto essi sono i testimoni della risurrezione di Gesù (At 1,22): (77) questo è l'oggetto specifico del ministero degli apostoli, dato che a loro - e non a tutto il popolo - Gesù si è manifestato dopo la sua risurrezione (cf 10,40-41; 13,30-31); ad essi "si mostrò vivo, dopo la sua passione, con molte prove convincenti, apparendo (optanómenos) loro durante quaranta giorni" (At 1,3). (78)

- Per essere testimoni si richiede di aver fatto parte del gruppo apostolico per tutto il tempo del ministero di Gesù, cominciando dal suo battesimo fino al giorno in cui fu assunto in cielo (At 1,21-22). L'apostolo deve garantire la continuità tra il Gesù storico e il Signore della gloria, tra Gesù e la "chiesa" radunata nel suo nome.

- Gli apostoli sono coloro che il Signore si è scelto per mezzo dello Spirito santo (At 1,2). Si diventa tali non per una decisione personale, ma per una scelta del Signore. Ciò appare con evidenza nella chiamata dei Dodici secondo la tradizione sinottica (Mc 3,13-19; Mt 10,1-4; Lc 6,12-16), e in occasione dell'elezione di Mattia (At 1,24): in quella circostanza, la comunità prega e getta la sorte per conoscere chi sia colui che il Signore ha scelto.

- Si è costituiti apostoli per la forza dello Spirito. Questa nota non risulta dal racconto dell'elezione di Mattia, ma appare dal contesto in cui il racconto è collocato: tra la promessa dello Spirito fatta agli apostoli (At 1,4-5.8) e la sua effusione nel giorno di Pentecoste (At 2,1-4). E' lo Spirito che abilita a compiere la missione di testimonianza al Risorto.

L'oggetto specifico della testimonianza apostolica è dunque la risurrezione (At 1,22) di Gesù, e più ampiamente l'intero evento pasquale, secondo le Scritture, come viene dichiarato in conclusione al vangelo lucano e riaffermato all'inizio e nel corso degli Atti. In Lc 24,46-47 Gesù precisa i contenuti e l'ambito della missione degli apostoli: "Così sta scritto: il Cristo doveva patire e risorgere dai morti il terzo giorno, e nel suo nome doveva essere predicata a tutte le genti la conversione per il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme". (79) Nel v. 48, Gesù affida loro l'incarico ufficiale: "Voi sarete testimoni di queste cose". La missione, però inizierà soltanto dopo, quando si compirà la promessa del Padre e saranno rivestiti di potenza dall'alto (cf v. 49).

Secondo il testo evangelico, le parole di Gesù, pur avendo di mira gli apostoli, sono pronunciate davanti agli Undici e a "quelli che erano con loro" (Lc 24,33; cf 24,9). La narrazione degli Atti è più precisa: il Risorto si rivolge agli "apostoli che egli per mezzo dello Spirito santo si era scelti" (At 1,2); sono essi, in maniera esplicita e diretta, i destinatari delle istruzioni e delle apparizioni del Signore Gesù: essi devono rendergli testimonianza, e per questo riceveranno lo Spirito (cf 1,8). Nell'attesa, sono riuniti in preghiera nella stanza superiore della casa.

Ma per il momento essi sono soltanto Undici; il loro numero è incompleto e dev’essere reintegrato: è necessario che uno prenda il posto lasciato vuoto da Giuda. Collocando l'episodio dell'elezione di Mattia tra l'ascensione e la Pentecoste, Luca fa intendere di attribuire un' importanza particolare (deì oùn...) alla ricostituzione del gruppo dei Dodici, anche se in seguito il nome di Mattia non ricorre più nel libro degli Atti e i Dodici sono menzionati solo in At 6,2. Possiamo chiederci perché Luca insista sul mumero dodici, riferito agli apostoli-testimoni, e perché gli prema che il numero sia ricomposto prima della Pentecoste. Alla prima domanda si può certo rispondere che i Dodici sono in rapporto con le dodici tribù d'Israele, ma tale ovvia spiegazione esige chiarificazioni ed approfondimenti. La relazione con le dodici tribù infatti può essere intesa in diversi modi: con riferimento al popolo ebraico in prospettiva escatologica, secondo Mt 19,28 (Lc 22,30), (80) oppure soteriologica, nel senso che la salvezza è destinata inizialmente a Israele; con riferimento alla Chiesa, vedendo nei Dodici i rappresentanti del nuovo Israele. (81)

Qualunque senso si voglia dare alla ricostituzione dei Dodici, essa deve avvenire prima di Pentecoste. Ma qual è il motivo di tale necessità? La risposta può essere la seguente: quando lo Spirito sarà effuso su ogni carne, il popolo di Dio - rappresentato dai Dodici - dovrà essere al completo davanti al Signore, come un tempo, ai piedi del monte, nel giorno dell'alleanza (cf Es 24,3-4; Dt 5,22). (82) Esso riceve in tal modo lo Spirito e viene costituito testimone di Cristo davanti a tutti i popoli, rappresentati potenzialmente dai Giudei della diaspora, convenuti a Gerusalemme da ogni nazione che è sotto il cielo (At 2,5). "Per questo inizio dell'attività di testimoni - che deve aver luogo necessariamente a Gerusalemme - bisogna che il numero dodici sia completo; dopo la morte di Giacomo (At 12,2) non ci sarà più bisogno di completare il numero". (83)

Secondo la visione lucana, dunque, gli apostoli occupano una posizione unica nella Chiesa del Nuovo Testamento, in particolare nella comunità di Gerusalemme. Tale centralità emerge con evidenza in At 1,14, considerato in se stesso e alla luce del contesto. Il soggetto esplicito del nostro breve sommario sono gli Undici ("tutti costoro"), collocati all’inizio della frase, in posizione privilegiata e dominante. Gli altri personaggi si aggiungono ad essi, condividendone la situazione e l'esperienza spirituale. Nel verso precedente gli Undici sono stati elencati ad uno ad uno, per nome; (84) con loro Gesù si era intrattenuto per quaranta giorni dopo la sua risurrezione; ad essi aveva promesso la potenza dello Spirito per la missione di testimonianza; di fronte a loro era stato assunto in cielo, avvolto nella nube della gloria divina.

Nel primo sommario di At 1,14, gli apostoli - il cui compito è la testimonianza - sono presentati come uomini dalla preghiera assidua e concorde, per garantire la quale, in seguito (cf At 6,2-4), affideranno ai diaconi il servizio delle mense. Una scena, per certi versi parallela, è quella di 4,24-31, nella quale gli apostoli sono nuovamente in preghiera unanime, implorando di poter annunciare con tutta franchezza la parola di Dio. Ed anche in quel caso si ha un'effusione dello Spirito che li restituisce al loro ministero di testimonianza.

La comunità apostolica manifesta fin dall'inizio una grande unità, ma al tempo stesso una significativa molteplicità e varietà di presenze: gli apostoli sono persone di comunione che associano altri alla loro vita e al loro ministero. Della comunità primitiva fanno parte, senza distinzioni di sorta - da sempre riscontrabili nella vita e nella pietà giudaica - delle donne.

3.2. Alcune donne

La presenza di donne, introdotte senza articolo definito e pertanto in maniera piuttosto generica in At 1,14, pone dei problemi. Chi sono in realtà tali persone, qual è il loro compito, quale il significato della loro presenza nella comunità delle origini? Qualcuno, influenzato dalla loro posizione nella frase, subito dopo gli Undici, e dalla variante del codice D - che aggiunge "e i figli" - ha pensato possa trattarsi delle mogli degli Apostoli. Ma spiegazioni di questo genere appaiono fragili. (85) Il numero indeterminato di donne richiama piuttosto le discepole di Galilea - menzionate dal solo Luca in 8,2s -, le donne ricordate nella storia della passione e le prime testimoni della risurrezione (23,49.55s; 24,10.22-24). La presenza tra gli apostoli di queste persone, che avevano seguito Gesù fino alla sua Pasqua, sono un segno ulteriore di quella continuità che Luca si preoccupa di stabilire tra il tempo di Gesù e quello della Chiesa. La comunità primitiva segue anche in questo l'esempio del Maestro, il quale aveva riservato un posto e compiti particolari alle donne nel servizio al vangelo. Esse, insieme con gli apostoli, sono chiamate a rendere testimonianza al Signore Gesù. Lo Spirito, che fra non molto discenderà su tutti i membri della piccola comunità, radunata nella stanza al piano superiore, non farà alcuna distinzione tra uomini e donne, a differenza di quanto avveniva in rapporto alla Torah. (86) Come spiegherà Pietro, si verifica ormai ciò che era stato annunciato dal profeta Gioele: "Negli ultimi giorni, dice il Signore, / effonderò il mio Spirito su ogni carne / e profeteranno i vostri figli e le vostre figlie..." (At 2,17). L'appartenenza a Cristo, suggellata dal dono dello Spirito, fa cadere ogni discriminazione e realizza il progetto di umanità nuova formulato da Paolo: "non c'è più giudeo né greco, schiavo o libero, uomo o donna: tutti voi infatti siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28). In At 1,14 l'unità si realizza nella preghiera e nella vita di comunione in attesa dello Spirito. C'è già la premessa per una condivisione più ampia, in particolare per la partecipazione delle donne, a vari titoli, al servizio del vangelo, come ripetutamente verrà segnalato nel libro degli Atti. (87)

3.3. Maria, la madre di Gesù (88)

Nel vangelo di Luca, Maria occupa un posto di rilievo, ma la sua posizione è singolare, quasi stralciata dalle altre figure femminili. Perché, ci si domanda, non viene annoverata tra di loro, eventualmente in prima fila, lei che in Luca è benedetta più di tutte le donne? Come mai, inoltre, nei racconti dell'infanzia di Luca ella è in primo piano accanto a Gesù e poi nel vangelo quasi scompare: non viene nominata con le altre donne al seguito di Gesù, non è ricordata nella passione, né tra le testimoni del Risorto? E, analogamente, perché viene presentata in questo primo importante sommario degli Atti - e in maniera singolare, come non avviene per le altre anonime donne - mentre in seguito non sarà più ricordata? Sono interrogativi che lasciano perplessi e inducono non di rado a posizioni contrastanti: ad un'esaltazione perfino eccessiva della madre di Gesù oppure, al contrario, a trascurarla adducendo come motivo la pretesa laconicità della Scrittura.

Certo, non è un caso che Luca parli di Maria nei racconti dell'infanzia e all'inizio degli Atti. I primi capitoli delle due opere di Luca, possono essere considerati rispettivamente come vangelo dell'infanzia di Cristo e della Chiesa. (89) Essi appaiono diversi dalle parti che seguono: sono testi marcatamente teologici, che anticipano agli inizi della vita di Gesù e della Chiesa - con linguaggio di fede esplicita - quanto solo al termine del vangelo e degli Atti si può dire effettivamente realizzato. Si tratta dunque di una riflessione dopo gli eventi, alla luce di Pasqua e sotto l'influsso dello Spirito. Il fatto che la figura di Maria sia in particolare evidenza in questi testi e sottaciuta altrove, significa che la riflessione su di lei è avvenuta lentamente, in maniera progressiva e non uniforme nelle diverse comunità neotestamentarie. In primo luogo, la fede apostolica e l'annuncio kerigmatico si sono concentrati sul mistero pasquale di morte e risurrezione (cf 1Cor 15,3-4); in tale fase, ovviamente, non si parla di Maria, almeno in maniera esplicita. In un secondo tempo, la riflessione si estende al periodo della vita pubblica che va, secondo la testimonianza di At 2,21-22, dal battesimo di Giovanni fino all'Ascensione; in questo periodo, Maria compare o viene nominata, ma occasionalmente (cf Mc 3,31-34; 6,3). Solo in seguito, a proposito della nascita e dell'infanzia di Gesù, la figura e il ruolo della madre sono messi in chiara luce. Questa è un'epoca più tardiva, nella quale la riflessione cristologica si è fatta più ampia e articolata, ed ha convogliato tradizioni ed esperienze ecclesiali diverse; anche la figura di Maria acquista allora densità teologica: ella è la madre del Messia, discendente davidico e Figlio dell’Altissimo (Lc 1,32); concepisce per opera dello Spirito santo (1,35), viene salutata quale madre del Signore (1,43), è benedetta per il frutto del suo grembo e proclamata beata per la sua fede (1,42.45). E' la serva esaltata dall'Onnipotente, colei che tutte le generazioni faranno oggetto di un macarismo senza fine (1,48-49).

Maria rivela una personalità non solo individuale, ma anche “corporativa”, (90) che ingloba in sé, in modo misterioso ma efficace, il popolo dell’alleanza - come già Abramo - a motivo della sua fede ed obbedienza. E’ la figlia di Sion, (91) salutata all’annunciazione con le voci dei profeti (cf Sof 3,14-15; Zc 2,14; 9,9) e che a sua volta canta la splendida salvezza di Dio (cf Lc 1,46-55). Possiamo dire che la sua immagine, senza nulla perdere della sua concretezza e individualità, è plasmata da Luca - e ancor più dalla tradizione giovannea - con categorie teologiche e simboliche.

Ella comunque si stacca dagli altri personaggi e si colloca in un ambito a sé. Questo potrebbe spiegare il fatto che Luca, in un testo conciso ed essenziale come il nostro - che introduce le donne in maniera generica e solo in conclusione ricorda i fratelli di Gesù - trovi il modo di citare Maria col proprio nome e col titolo peculiare di “madre di Gesù”. Si tratta di una presentazione così esplicita che non può essere fortuita, tanto più che si trova in un sommario, in cui ogni particolare ha il suo peso. (92) Non siamo di fronte a una semplice informazione storiografica, che sarebbe fuori luogo in quel contesto, ma ad un'annotazione che rivela indubbia valenza teologica e spirituale. L'autore intende mettere in luce la continuità tra il Gesù storico, nato per opera dello Spirito con la collaborazione di Maria e la nascita della Chiesa per opera del medesimo Spirito, con la presenza di Maria qualificata come madre di Gesù, (93) "primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Ella è madre di Colui che la comunità ha accolto nella fede come il Signore della gloria, di quel Gesù che elevato al cielo invia lo Spirito, e al quale bisogna rendere testimonianza fino agli estremi confini della terra.

In seguito, Maria non sarà più nominata, ma il capitolo primo degli Atti è programmatico per tutto il libro e per la vita della Chiesa. Alla luce di questo primo sommario, siamo invitati a contemplare Maria nella comunità dei credenti di ogni tempo. Ella è presente come madre di Gesù dovunque ci siano testimoni del Risorto, in qualunque luogo donne e uomini si radunino, insieme con gli apostoli, in attesa dello Spirito del Signore.

3.4. I fratelli di lui (94)

In contrasto col giudizio negativo, ma ingiustificato, espresso da Charlier nei confronti dei “fratelli” di Gesù, (95) sembra invece "che in seno a questo gruppo, proveniente dalla Galilea, si sviluppasse una forma di cristianesimo molto legato alle tradizioni giudaiche". (96) Per questo motivo Luca sarebbe interessato a mostrarne la presenza a Gerusalemme, insieme con altri discepoli, attorno agli apostoli.

Alla luce, dunque, della situazione della Chiesa di Gerusalemme e in fedeltà al suo assunto di presentare in chiave positiva ed esemplare la comunità delle origini, Luca ha inserito in At 1,14 questo tratto significativo circa i parenti di Gesù.

4. Conclusione breve

At 1,14, pur nella sua laconicità, è un testo di notevole importanza. Certamente viene arricchito e precisato dai sommari successivi, ma contiene già in sé elementi che lo qualificano e caratterizzano nettamente. Esso si segnala per la sua posizione e per i contenuti.

Grazie alla sua collocazione, At 1,14 ha il pregio di essere il primo dei sommari, inserito nella pagina introduttiva degli Atti. Se ogni sommario astrae in qualche misura dagli episodi contingenti e - interrompendo per un istante la narrazione - si sofferma su caratteristiche ed atteggiamenti qualificanti la comunità, ciò è vero in particolare per questo primo brano, che intende presentarci l'immagine della Chiesa ai suoi albori, nella sua identità originaria.

La prima pagina degli Atti, lo ribadiamo, anticipa in qualche misura il messaggio e lo svolgimento del libro; d'altra parte, riprende l'ultimo capitolo del vangelo lucano, vale a dire la sua conclusione.

E' emblematico il fatto che l'ultimo versetto del vangelo (Lc 24,53) - il quale costituisce praticamente un sommario - e il primo quadro di gruppo degli Atti (1,14) ritraggano gli apostoli in preghiera: nel primo caso, nel tempio, (100) nel secondo, radunati nella stanza superiore della casa.

A Luca preme sottolineare la preghiera, più ancora mostrare la comunità in preghiera. Questo motivo è ripreso con insistenza negli Atti, a partire dal sommario successivo (2,42.46s); è riscontrabile nell'esperienza dei vari personaggi, e viene affermato - per quanto concerne gli apostoli - in maniera solenne e inequivocabile: "Noi ci dedicheremo con assiduità alla preghiera (te proseuchè... proskarterésomen)" (At 6,4). (101)

Luca è stato colpito dalla preghiera di Gesù, dal suo dialogo costante con il Padre. Gli apostoli presentano il medesimo atteggiamento: prima di ogni altra cosa, essi sono una comunità in preghiera. Nella Pentecoste, in cui ricevono il battesimo per mezzo dello Spirito (cf At 1,5) e l'investitura ufficiale per la missione di testimonianza (cf At 1,8), essi rivivono l'esperienza del Maestro: come Gesù (baptisthéntos kaì proseuchoménou) (Lc 3,21), essi vengono battezzati, mentre sono in orazione (cf At 1,14).

Gli Undici formano dunque una comunità in preghiera, ma non sono soli, come non erano soli a Gerusalemme, dopo la risurrezione di Gesù (cf Lc 24,33). Evidentemente essi occupano una posizione di privilegio nella comunità delle origini, ma con loro ci sono altre persone che ne condividono in misura e forme diverse i doni e il ministero. Questi personaggi non sono stati nominati antecedentemente, in quel che concerneva il compito apostolico di testimoni ufficiali del Risorto, ma vengono presentati qui - con la loro particolare fisionomia - nella "chiesa" in preghiera, della quale fanno parte insieme con gli apostoli.

I sommari seguenti e lo sviluppo del libro degli Atti riveleranno altri importanti aspetti della vita dei credenti, ma in questo primo brano, concernente la comunità apostolica - cellula germinale della Chiesa del Nuovo Testamento - a Luca premeva sottolineare la preghiera, meglio, mostrare la comunità in unanime, perseverante preghiera. Si tratta, ovviamente, di una testimonianza fondamentale con la quale, in ogni tempo, la Chiesa è chiamata a confrontarsi.

(fine)


Note

(71) Gli autori rilevano giustamente la grande differenza tra l’accuratezza del testo di At 1,13-14, nel presentare gli apostoli, le donne, Maria la madre di Gesù e i fratelli di lui, e la genericità del v. 15b, che si limita ad affermare, come per inciso: “la moltitudine di coloro che erano riuniti era di circa 120 persone".

(72) Il concetto di apostolo, riservato ad essi, appare già in Lc 6,13, al momento dell'elezione: "...ne scelse dodici, che chiamò anche apostoli", precisazione assente in Mc 3,14. Questa identificazione è affermata con coerenza da Luca: cf Lc 9,1.10; 17,5; 22,14 (diverso da Mc 14,17); 24,10; At 1,2.26; 2,37.42.43; 4,33.35.36.37; 5,12.18.29.40; 6,6; 8,1.14.18; 9,27; 11,1. Quando nel gruppo non vengono inclusi, rispettivamente, Giuda o Pietro (Lc 24,9.33; At 1,26; 2,14), si parla degli "Undici".

E' vero che in At 14,4.14 vengono chiamati apostoli anche Paolo e Barnaba; in questi casi - senza parlare di distrazioni dell'autore - bisogna dire che Luca utilizza il termine "apostolo" in un'accezione più ampia. Si noti tuttavia che, secondo testo occidentale, nel v. 14, è assente la qualifica "gli apostoli", che pertanto potrebbe non essere originale.

Si deve però osservare che, in base ai sinottici, non si può sostenere che Gesù, prima di Pasqua, abbia conferito ai Dodici - in forma esclusiva - il titolo di apostoli; ciò, quindi, vale anche per Luca (cf J. Dupont, Le nom d'Apôtres a-t-il été donné aux Douze par Jésus?, Bruges-Louvain 1956, 46s).

La stessa equazione: Dodici=apostoli non è propria di Luca: si trova anche in Ap 21,14. "Essa riflette senza dubbio le idee dell'epoca successiva alla scomparsa dei Dodici e corrisponde naturalmente a una certa tendenza a idealizzarli, tendenza di cui la redazione del terzo vangelo offre più d'un esempio significativo" (J. Dupont, I ministeri della Chiesa nascente, in Id., Nuovi studi, 131-132).

(73) Solo eccezionalmente altri, diversi dai Dodici, vengono qualificati come testimoni: in At 22,15 e 26,16 è detto "testimone" Paolo e in At 22,20 Stefano. Per quanto riguarda Paolo, in particolare, bisogna dire che egli merita questo titolo, dal momento che i Dodici "hanno attuato solo l'inizio del programma che era stato assegnato alla loro attività di testimoni, mentre il resto è stato svolto da Paolo...:egli è testimone come loro, anche se non esattamente allo stesso titolo" (J. Dupont, L'apostolo come intermediario della salvezza, in Id., Nuovi studi, 116). Per Luca "il vangelo non è più anzitutto un escatologico agire di Dio in virtù della risurrezione di Gesù, ma una trasmissione che deve risalire al Gesù terreno, dalla cui completezza e validità dipende tutto. Per lui, dunque, gli apostoli possono essere testimoni della risurrezione soltanto quando sono in grado di garantire anche la trasmissione su tutto l'operato terreno di Gesù (1,21)" (J. Roloff, Apostolat/Verkündigung/Kirche. Ursprung, Inhalt und Funktion des kirchlichen Apostelamtes nach Paulus, Lukas und den Pastoralbriefen, Gütersloh 1965, 36). Il concetto di apostolo, nella visione di Luca, è caratterizzato "dal legame con la vita di Gesù, e dunque dalla sua unicità storica" (H. Conzelmann, Die Mitte der Zeit, Tübingen 51964, 201s, nota 2).

(74) "Questi testimoni sono gli intermediari obbligati tra il Cristo vivo e gli uomini destinati ad aver parte alla salvezza realizzata dalla vita, morte e risurrezione di Gesù" (Ph.-H. Menoud, Jésus et ses témoins. Remarques sur l'unité de l'oeuvre de Luc, in Id., Jésus-Crist et la Foi. Recherches néotestamentaires, Neuchâtel-Paris 1977, 106).

(75) J. Dupont, a.c., 121.

(76) Ivi, 129s.

(77) A puntuale conferma giungono le parole di Pietro - insieme con gli Undici! (2,24) - nel giorno di Pentecoste: "Dio ha risuscitato questo Gesù, e di ciò noi tutti siamo testimoni" (2,32).

(78) Essi hanno mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti (At 10,41; cf Lc 24,30s); lo hanno visto e toccato, constatando che il Risorto ha "carne ed ossa" e non è un fantasma (cf Lc 24,39).

(79) In 24,47 l'ordine della testimonianza è invertito: "...a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme"; in At 1,8 viene ristabilita la successione logica e reale, distinguendo anche le tappe della testimonianza apostolica, e cambiando la formula "tutte le genti" con "fino all'estremità della terra", espressione profetica (Is 49,6) ripetuta in At 13,47.

(80) "Quando il Figlio dell'uomo siederà sul suo trono di gloria, siederete anche voi su dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele" (Mt 19,28).

(81) Cf J. Dupont, Il dodicesimo apostolo (Atti 1,15-26). A proposito d'una spiegazione recente, in Id., Nuovi saggi, 171.

(82) In Es 24,3-4 si parla di "tutto il popolo" e delle "dodici stele per le dodici tribù d'Israele".

(83) G. Schneider, o.c., 316.

(84) All'inizio degli Atti, Luca ripete l'elenco degli apostoli - già presentato nel vangelo (Lc 6,14-16), anche se con differenze nell'ordine dei nomi - non tanto perché, come afferma Haenchen (o.c., 159), il suo secondo libro sarebbe apparso separatamente, ma piuttosto per introdurre ufficialmente i garanti della tradizione su Gesù e i testimoni autorevoli della sua risurrezione.

Circa l'ordine seguito e le trasposizioni nell'elenco degli apostoli, si veda in particolare J.-P. Charlier, L'Evangile de l'enfance de l'Eglise. Commentaire de Actes 1-2, Bruxelles-Paris 1966, 77-81.

(85) Cf J. Dupont, Il dodicesimo apostolo, a.c., 171. L'aggiunta "e i figli" del codice D potrebbe riprendere un motivo presente nella tradizione biblica e giudaica antica. Secondo Dt 29,9-11 tutto il popolo sta davanti al Signore per rinnovare l'alleanza: "tutti gli israeliti, i vostri bambini, le vostre mogli..." (cf anche Dt 31,11-12); Giuseppe Flavio racconta che “gli israeliti insieme con le mogli e i figli”attendevano con gioia la Torah(Ant. Giud., III, 5.1-2). Mosè, sceso dal monte, radunò tutta l'assemblea: "il popolo con le mogli e i figli, per ascoltare il Signore che avrebbe parlato loro" (ivi, III, 5.4).

A proposito del passaggio del mare, inoltre, il targum e il midrash - rileggendo il salmo 68,25-28 applicato all'evento della liberazione - affermano che gli israeliti proruppero nel canto insieme con le donne e i bambini, anche quelli ancora in seno alle madri.

Questo sfondo potrebbe essere significativo per spiegare l’aggiunta “i figli” - dopo le donne - nel nostro testo. Nella Pentecoste, al momento di ricevere lo Spirito, come un tempo ai piedi del Sinai, tutti senza distinzione, comprese le donne con i loro figli, sarebbero chiamati a ricevere la Legge e a far parte dell'alleanza (cf A. Serra, Dimensioni mariane del mistero pasquale, Milano 1995, 88-91; cf Id., E c'era la madre di Gesù..., 444-447.

(86) Nell' Alleanza nuova, tutti conosceranno il Signore, dal più piccolo al più grande (cf Ger 31,34).

(87) Cf At 12,12; 16,1 (cf 1Tm 1,5; 3,14-17); 16,14-15; 21,9).

(88) Alla figura di Maria riserviamo un’attenzione particolare: sembra che ciò risponda alle intenzioni di Luca. Egli che aveva posto in notevole rilievo la madre di Gesù nei racconti dell'infanzia e poi l'aveva lasciata quasi in ombra nel resto del vangelo, la presenta nuovamente qui in posizione privilegiata, accanto agli apostoli, e in seguito non la nomina più. Ciò può apparire sconcertante. A noi invece sembra che la figura di Maria esca in qualche modo dal contingente per assumere una dimensione teologica e simbolica, che la colloca nel cuore del mistero della salvezza e della comunità ecclesiale, accanto agli apostoli primi testimoni della risurrezione di Gesù.

(89) Cf J.-P. Charlier, o.c., 138-14. Charlier stabilisce un parallelismo piuttosto elaborato, ma in fondo convincente tra At 1,1-2,13 e Lc 1-2. La funzione di questi "racconti dell'infanzia" nei confronti del resto del vangelo e rispettivamente degli Atti, è molto simile. Lc 1-2 rappresenta una specie di microevangelo, una miniatura dove si trovano in abbozzo le grandi linee e i temi maggiori del vangelo, ma in maniera velata e sottile. La stessa cosa si può dire per il "vangelo dell'infanzia della Chiesa". Luca vi ha enunciato, in una cinquantina di frasi, con grande varietà, le coordinate della sua ecclesiologia e le articolazioni principali della sua seconda opera (cf ivi, 139-140).

(90) Cf R. Kugelman, The Hebrew Concept of Corporate Personality and Mary, the Type of the Church, in Pont.Acad.MAr.Intern., Maria in Sacra Scriptura, Romae 1967, 179-184.

(91) Cf Lumen Gentium, 55. S. Lyonnet, ChaireKecharitoméne, (Lc 1,28), Bib 20 (1939)131-141; H. Sahlin, Jungfru Maria, Dottern Sion, in Ny Kyrklig Tidskrift 8 (1949) 102-124; N. Lemmo, Maria "figlia di Sion", a partire da Lc 1,26-29. Bilancio esegetico dal 1939 al 1982, in Marianum 45 (1983) 175-258.

(92) “Ella è reclamata, si direbbe, dal ruolo di primo piano svolto nel vangelo dell’infanzia. Nell’ora in cui nasce la Chiesa...era necessario che Maria fosse citata con il titolo per il quale dev’essere ricordata” (J.-P. Charlier, o.c., 76).

(93) Si osservino i significativi contatti tra Lc 1,35: "Lo Spirito santo verrà su di te / e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra” e

At 1,8: “riceverete potenza dallo Spirito che verrà su di voi”. Tra i due testi così disposti è possibile scorgere anche un’ideale figura chiastica, che rafforza ulteriormente il parallelismo. Non è pertanto da escludere una “intenzionale rispondenza tra le due espressioni” (cf G. Schneider, o.c., 279, nota 37).

Nella presenza di "Maria, la madre di Gesù" a Pentecoste, nel momento in cui - secondo Luca - viene effuso lo Spirito e nasce la Chiesa, si potrebbe scorgere un certo parallelismo con la scena del Calvario di Gv 19,25-27.30 ove "la madre" di Gesù - nell' ora in cui egli "spirò" (v. 30) - fu proclamata madre del discepolo amato. Resta comunque vero che lo spirito "trasmesso" (parédoken) da Gesù, quando "tutto è compiuto" (v. 30) è solo preludio all'effusione dello Spirito da parte del Risorto (Gv 20,22; cf 7,39; 14,26; 16,17.8).

(94) Secondo Mc 6,3 (cf Mt 13,55), i “fratelli” di Gesù sarebbero: Giacomo, Josè, Giuda e Simone. Mc 3,31 e par. citano, insieme con la madre di Gesù, anche “i suoi fratelli”, con l’articolo, ma senza nominarli, appunto come in At 1,14.

(95) Il fatto che essi siano menzionati dopo le donne, insinuerebbe il dubbio - secondo Charlier - che Luca o la Chiesa abbia voluto emarginare, in qualche misura, i parenti del Signore (cf J.-P. Charlier, o.c., 76-77). Ma il testo non sembra autorizzare tali sospetti.

(96) C.M. Martini, Atti degli Apostoli, Roma 51979, 62, nota 14.

(97) Si pensi, in particolare, alla figura di Giacomo, "fratello del Signore" che presiede la stessa comunità (cf At 12,17; 21,18). Si tenga presente inoltre che - fatto non meno significativo - a Giacomo succede Simeone, "cugino del Signore" (cf Eusebio, Stor. Eccl.,IV, 22, 4): "La Chiesa di Gerusalemme annette dunque un'importanza decisiva ai legami del sangue; in assenza del "Signore" è al suo parente più stretto che spetta l'autorità...Ma il punto di vista di Luca è diverso. Egli mira a collegare Giacomo a Pietro. La menzione ch'egli fa del personaggio in 12,17 ha solo lo scopo di preparare il ruolo ch'egli svolgerà nel "concilio" di Gerusalemme" (cf J. Dupont, I ministeri della Chiesa nascente, a.c., 148).

(98) Per l'aspetto edificante del libro degli Atti, cf E. Haenchen, o.c., 114-120.

(99) Cf ivi, 161.

(100) "...ed erano continuamente nel tempio, lodando Dio".

(101) Alla preghiera, il testo aggiunge la diaconia della parola, ribadendo l'elemento tipico del ministero apostolico: rendere testimonianza alla risurrezione del Signore (cf At 1,22).

Letto 2237 volte Ultima modifica il Venerdì, 26 Gennaio 2007 18:25
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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