Formazione Religiosa

Mercoledì, 29 Agosto 2007 02:52

In cammino con Dio. Il valore permanente dell'Esodo (Carlo Bazzi)

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In cammino con Dio

Il valore permanente dell'Esodo

di Carlo Bazzi


Per le conseguenze che ha prodotto, per la profondità dei valori che ha messo in gioco, per la ricchezza della sua rivelazione su Dio e sull'uomo l'esodo oltrepassa l'Esodo, il suo senso supera l'evento che lo ha originato, per divenire fondamento della storia di Israele come popolo, modello di azione e di interpretazione, simbolo della salvezza. Rappresenta la continuità del piano di Dio nella discontinuità dei tempi e nell' oscillazione delle risposte umane. Il dossier che si può raccogliere sull'esodo - al,di fuori dell'Esodo - è così altrettanto voluminoso e almeno altrettanto significativo. È utile prima vedere i motivi e i modi della permanenza dell'Esodo nella storia ebraica e poi introdursi negli eventi drammatici dell'esilio babilonese e del ritorno a Gerusalemme con le visioni innovative che produce nei grandi profeti contemporanei. Infine il discorso cadrà sul valore dell'esodo per noi cristiani.

a) Permanenza dell'Esodo

Motivi di permanenza

Molti sono i motivi di questa permanenza e fecondità. Sappiamo bene che l'epopea dell'Esodo è stata redatta a molta distanza dagli eventi ed essa stessa contiene già in se riflessioni posteriori e risonanze attraverso molti altri fatti che hanno influito sul linguaggio e la forma stessa del primo Esodo. Basta pensare all'apostasia del vitello d'oro riflesso della politica religiosa di Geroboamo o all'opera di fusione di due tradizioni autonome come quella della fuga dall'Egitto e quella dell'alleanza sul Sinai.

E la presenza di formule e di un nucleo sostanziale tante volte ripetuto e schematizzato hanno trasformato l'Esodo in un paradigma produttivo. Un primo schema molto diffuso è quello binario dell'uscire e dell'entrare o quello ternario che aggiunge l'attraversare. Una variazione molto frequente è quella che pone Dio come protagonista che fa uscire e fa entrare e il popolo diviene oggetto della sua iniziativa. Questi tre verbi di base attraggono e ordinano tanti temi: all'uscire si collega l'Egitto e la schiavitù; all'entrare il tema della terra, del lavoro e del riposo; all'attraversare quelli del deserto, del cammino e dell'attesa. Verbi e temi formano uno schema facilmente esportabile e applicabile a molte situazioni.

Nella Bibbia è conosciuto un altro schema basato sull'esperienza dell'Esodo: situazione di grave oppressione - invocazione a Dio - intervento divino - lode per la liberazione ottenuta. Dio viene invocato come ultima risorsa per l' estremità del bisogno ma anche perché Egli è considerato il parente più prossimo - il «redentore» - obbligato a intervenire per il legame familiare stabilito con i padri e le promesse fatte loro. È classico l'uso che di questo secondo schema fa il deuteronomista nel valutare la storia d'Israele, ad es., nel libro dei Giudici, programmaticamente espresso e reso riproduttivo in Gdc 2,11-19. Nella sfera collettiva ma anche in quella personale lo ritroviamo descritto in tanti Salmi.

La memoria dell'Esodo sopravvive anche in tanti settori e tante istituzioni della vita di Israele. La Pasqua è, per eccellenza, il memoriale perenne dell'Esodo, che lo rende vivo per ogni generazione e rende ogni generazione contemporanea e protagonista dell'uscita dalla schiavitù dell'Egitto, spingendola a uscire da ogni altra schiavitù. Con questo rito l’'Esodo viene rivissuto nelle dimensioni della famiglia e del vicinato, ricordando e attualizzando, mangiando e bevendo, cantando e significando. Così l'esodo diviene vita. Con il primo mese dell' anno la storia riparte sempre dal suo inizio e i figli di Abramo vengono sempre ricostituiti come popolo.

L' Esodo e l'alleanza

Un altro legame perenne è costituito dalla categoria dell'alleanza, sancita sul Sinai. Essa è inserita nel cuore della esperienza dell'Esodo e realizzata tramite la mediazione di Mosè, lo stesso protagonista storico della liberazione. L'alleanza richiama l'Esodo e, come interpretazione globale di tutta la vita del popolo e dell'individuo, gli conferisce attualità perenne. Sappiamo poco del rito della rinnovazione periodica dell'alleanza. Dt 31,10 lo fissa ogni 7 anni, per la Festa delle Capanne e non sappiamo se ciò fosse la prassi effettiva. Certo ci sono testimonianze di solenni rinnovazioni che hanno valore epocale, come è il caso dell'assemblea di Sichem, appena entrati nella Terra, secondo Giosuè 24 e per Giosia in 2 Re 23 e così via. L'esodo rivive nell'alleanza e l'alleanza trae la sua origine e il suo senso da quella epopea di liberazione. In questo quadro assume il suo vero significato anche la Legge: essa è stipulazione di alleanza, effetto e garanzia della libertà ottenuta, motivo di rapporto e di fedeltà concreta al Dio alleato. Senza la Torah l'Esodo rimane avulso dalla vita o rinchiuso nel passato o nel rito: senza l'Esodo la Legge scade a imposizione o a principio organizzativo o principio etico. La Legge deve esser effetto di un' esperienza di libertà per divenire causa di una condotta nella giustizia e, nella fraternità.

All'Esodo e soprattutto all'alleanza è legata la Terra. È il punto di arrivo del movimento esodale ma è anche un compito e una conquista, che misura le capacità e la fedeltà dell'uomo. Nella stipulazione dell'alleanza, la terra è soggetta a leggi di distribuzione, di riscatto, di produzione, di relazioni. Diviene spesso causa di arroganza e violenza, di scontri e ingiustizie, di tentazioni e di idolatria, di vanto e di ribellione. La bella catechesi di Dt 8 invita a stare sulla terra come nel deserto, dipendenti da Dio e riconoscenti del suo dono. Alla fine, il possesso della terra per se e l' attrazione dei culti della fertilità travierà Israele e porterà alla perdita della stessa terra.

L'Esodo e il rapporto con Dio

Ma l'Esodo non è solo esemplare o giuridicamente costitutivo della vita del popolo, è anche il riferimento forte nello sviluppo e nelle vicissitudini dei rapporti fra il Dio vivo e il popolo peregrino nella storia. L'esperienza che ha creato il popolo fa parte indelebile della sua identità. L'esodo impegna Dio non meno che l'uomo. Drammatico e notevole è l'episodio di Es 32,11-14 in cui Mosè richiama Dio stesso agli impegni derivanti dalla esperienza di liberazione per cui neppure l'Onnipotente può distruggere l'opera delle sue mani o troncare l'iniziativa da lui stesso messa in atto. In Gdc 6,12-16 Gedeone replica all'angelo che lo saluta presentando come uno scandalo la miseria presente confrontata alla grande opera di salvezza operata da Dio al momento dell'uscita dall'Egitto. La memoria dell'Esodo funge come precedente, come memoria di liberazione, come titolo di diritto. Talora i profeti si comporteranno con Dio in modo simile e soprattutto i salmisti useranno una simile forza di pressione perché Dio intervenga a liberarli.

Ma più frequente è il caso contrario: Dio si serve dell'Esodo e dell'alleanza per ribadire a un popolo infedele e sordo gli impegni del patto ma ancor più per presentare le sue garanzie e vantare un'autorità nata dai suoi comportamenti storici e per fondare promesse future. «lo sono Colui che ti ha fatto uscire dall'Egitto...» diviene in bocca a Dio una sorte di autopresentazione, di «captatio benevolentiae», di prova di un impegno senza paragoni. La frase è sparsa un po' in tutta la Bibbia.

Riferimenti all'Esodo fungono anche come motivazione in molti testi legislativi. Il caso più noto è il prologo storico che lega l'Esodo ei Dieci Comandamenti (Es 20,2 e D t 5,6) ma anche tutti i codici importanti sono inseriti nella stessa cornice storica e da essa traggono la loro validità. Su di essa possono essere basate anche prescrizioni singole, come quella sul trattamento degli schiavi in Es 21,1-11.

L'Esodo è il soggetto di insegnamento storico e sapienziale, catechetico e spirituale più ripetuto. Dal «credo storico» di D t 26,5-11 alla grande catechesi di Sap 19, passando per Salmi a sfondo storico e sapienziale (Sal 78, 105, 106, 135) per finire alla lode prorompente da quelli del piccolo e grande Hallel (Sal 114-118 e 136).

b) Il nuovo Esodo

I profeti e l'Esodo

Nei profeti - anche se fanno scarsi riferimenti alla figura stessa di Mosè - domina ancora il riferimento all'Esodo, pur essendo presenti tanti altri riferimenti: ai patriarchi, alle tradizioni di Davide e alle visioni su Gerusalemme e soprattutto ai fatti loro contemporanei. Il Dio nel nome di cui parlano è fortemente quello dell'Esodo ma anche la loro stessa funzione di messaggeri ha senso solo nel quadro dell'alleanza. Sono inviati a difendere le prerogative divine presso la controparte, a salvaguardare i suoi diritti, a far ascoltare la sua voce. In una progressione che pare inarrestabile, Dio richiama il popolo agli impegni dell'alleanza, gli contesta la ripetuta infedeltà e, inascoltato, denuncia l'ostentazione e ne minaccia la distruzione. I testi acquistano lo stile prima dell'accusa e poi della sentenza di colpevolezza e dell'ingiunzione del castigo. Celebre e commovente è l'improperio di Mic 6,1-8 (vedi anche Ger 2,1-10 e moltissimi altri testi). Così il tema dell'esodo si drammatizza e da schema di salvezza si trasforma in elemento di rivendicazione, di accusa e di castigo. In forza del quadro rigido dell'alleanza, l'anti-esodo del popolo porta all'anti-esodo di Dio. Veramente il tema dell'esodo pervade e permea tutta la vita di Israele e ne detta tutti i possibili esiti: da una garanzia continua di protezione e di salvezza a un motivo ineludibile di condanna e distruzione. Di esodo si vive e si muore. L'esodo va aggiornato, reinventato, rivissuto come nuovo evento di purificazione e di salvezza.

La necessità di un nuovo esodo: Osea

Osea riprende le antiche tradizioni ma anche le innova profondamente. Riferimenti al primo esodo si trovano sparsi ovunque nel suo libro (9,3; 12,10; 13,4-6...) ma sono sviluppati in due testi principali, Os 2,5-24 e Il,1-11. In essi il profeta legge le tre fasi dell'Esodo come tre età della vita del popolo: l'uscita è la sua nascita, il deserto si identifica col tempo della sua giovinezza; l'ingresso nella terra è l'inizio dell'età adulta e la vita in essa è l'esperienza di un rapporto di matrimonio. L'infedeltà del popolo-sposa lo mette presto in crisi e demolisce le soglie che separano i tre momenti tanto da renderli circolari: Israele va riportato nel deserto, legato a un nuovo patto d'amore e rigenerato di nuovo. Qui l'Esodo viene smontato da un anti-esodo che genera, però, un nuovo esodo. Esso non consiste più nella costituzione di un nuovo popolo e nella dote di una legge che ne sorregga l' esistenza ma nel tentativo incredibile di toccare il cuore della gente, di intavolare un rapporto profondo per cui la conoscenza di Dio vale più dei sacrifici e l'amore più di qualsiasi altra cosa (cf 6,6). Qui l'amore di Dio per Israele non fa più violenza al faraone o ai suoi nemici e nemmeno si scarica contro il popolo trasgressore; qui Dio fa violenza solo a se stesso per essere e rimanere solo amore. Qui l'Esodo è soprattutto davanti più che alle spalle, un progetto ambizioso in cui pare piuttosto Dio costretto a uscire dai suoi diritti e dalle sue giuste rivendicazioni. Ci si domanda se questo messaggio possa ancora chiamarsi «esodo» o non qualcosa di molto nuovo, un nuovo inizio più che una ripresa, un tema migliore piuttosto che l'approfondimento dell'altro. In ogni modo i contatti linguistici e tematici sono evidenti per cui il nuovo Esodo è certo in tensione ma anche in continuazione del primo Esodo.

La nuova alleanza

Fallite le riforme e iniziato l'esilio, Israele deve registrare la perdita della terra e la fine del quadro originale dell'alleanza. Geremia ed Ezechiele intravedono la necessità e la possibilità di una nuova alleanza. Essa dovrà permettere la rottura della prima e una nuova volontà di salvezza e porre a Babilonia il punto fisico di partenza. Dovrà prevedere la rigenerazione profonda del popolo come spazio intermedio e il punto di arrivo sarà rappresentato da una vera e propria conversione al cuore. Dio prescinderà da ogni rivendicazione di pura giustizia e scriverà nel cuore degli Israeliti la sua legge e la sua alleanza. La conoscenza di essa sarà così profonda come la sua esigenza (Ger 31,31-34).

Anche Ezechiele insiste sulla purificazione e la trasformazione del cuore e ne indica l'agente: lo Spirito. Esso sarà la novità e il garante del rinnovamento e la forza di una inedita capacità di fedeltà del singolo ebreo, ormai costituito come nuovo soggetto al posto del re o della nazione (Ez 36,24-28 e altrove). La vita e la storia del popolo intero ripartirà, come morti risorgeranno, come ossa aride rivivranno nella forza dello spirito (cap. 37). Il primo Esodo stesso sarà re interpretato e rilanciato in base alla forza efficace dello spirito (Is 63,10-14).

Esperienza del nuovo Esodo: il secondo Isaia

Già Geremia (16,14; 23,7-8) aveva parlato del ritorno dalla dispersione babilonese come un intervento di Dio paragonabile all'uscita dall'Egitto e del nuovo esodo che soppianta il primo, ma è soprattutto il profeta anonimo della seconda parte del libro di Isaia che dall'interno e forse dalla stessa Babilonia legge i nuovi fatti in questa luce. Egli ricorda l'Esodo dall'Egitto (43,16ss; 51,10; ...), è quasi lo stesso profeta a sciogliere i lacci e a dare il via alla marcia di ritorno (48,20; 52,11-12; 55,12-13) ed è lui a insistere come nessun altro sul tema del deserto, che diviene luogo di trasformazione e di esperienza della guida amorevole e potente di Dio (35,1-10; 40,14; 41,17-20; 43,19ss). Lo strumento è il re medio Ciro (45,1ss; ...). Il punto d'arrivo non è più genericamente la Terra ma Gerusalemme. La città amata conosce una profonda trasformazione con il progredire del cammino degli esuli verso di essa. È perdonata, consolata ed evangelizzata (40,1ss; 52,7ss), è ascoltata e vendicata (51,17ss), resa di nuovo feconda e piena di figli e figlie (49,17-26; 54,1-3), ricostruita sulla giustizia e dotata di ogni bene (54,11-17), resa sposa e amata (49,14-15 e 54,4-8). Tutti gli elementi sono ripresi e profondamente rinnovati, come il profeta stesso dice con enfasi in 43,18-19, cf 48,6-8 ecc.

In una nuova luce appaiono soprattutto i due protagonisti dell'esodo, di ogni esodo: Dio e il popolo. Dio non è più solo il Dio dei Padri e della nazione, il Dio liberatore è alleato: è il Creatore, l'eterno, il Signore universale di tutta la storia e di tutti i popoli. Dalla forza del suo Nome scaturiscono tutte le sue parole e i suoi gesti di salvezza. Gli idoli sono una mera caricatura davanti a Lui. Dalla sua grandezza deriva anche la sua giustizia e il suo soccorso, che vengono a identificarsi dopo che Israele con l' esilio ha ampiamente scontato le sue iniquità. Il profeta della assoluta trascendenza di Dio è anche il profeta più positivo per il popolo, quasi che onnipotenza e misericordia coincidano. Ancora esistono requisitorie ed accuse verso il popolo di «ciechi» (42,18-25;43,22-26; ...) ma si fanno sempre più frequenti le dichiarazioni di perdono e di amore (40,27-31; 44,1-5; 49,14-16; ...) e l'invito pressante e spesso ribadito: «Non temere»! (41,14; 43,1.5; ...). Il pericolo non è più la ribellione e l'infedeltà ma la sfiducia e l' autodenigrazione. E qui si innesta il contributo più straordinario di questo profeta: anche la sofferenza viene redenta! Sono i famosi canti del Servo che illuminano di luce nuova questi oracoli di salvezza. Il dibattito sulla sua identificazione non è approdato ancora a conclusioni sicure ma tutto avviene come se il Servo potesse identificarsi prima con tutto il popolo e la storia delle sue sofferenze ma poi, là dove non si può più pretendere tanto dal popolo, pare divenire un individuo che subentra per osare, agire, soffrire e morire per tutto il popolo.

Senso nuovo dell'Esodo

La lezione dei profeti rimane indimenticabile. L'Esodo è conosciuto, ripreso, utilizzato ma anche riattualizzato, ripensato e spinto ai limiti e, forse, oltre le sue possibilità. Viene arricchito di una più profonda rivelazione di Dio e di una nuova antropologia, di nuove sfide e nuove promesse. Il ruolo e la persona di Dio è ancor più profondamente rivelato e si assiste a un movimento notevole di personalizzazione, democratizzazione e spiritualizzazione del partner umano. Lo spirito di Dio e dell'uomo vengono radicamente coinvolti in questa conversione al cuore prospettata dai profeti del nuovo esodo.

c) Attualità dell'esodo

La forte ispirazione che ha prolungato l'esistenza dell'esodo per tutta la storia d'Israele rimane valida anche per cristiani di oggi come per quelli di ieri e non è difficile trovare sue risonanze anche in tante culture e movimenti al di fuori della tradizione ebraico-cristiana. Questa permanente forza dell'esodo è legata alla figura di Cristo ma anche al suo radicamento profondo nella natura dell'uomo e nei rapporti sociali.

I Vangeli e l'esodo

Il Nuovo Testamento vi si riferisce innumerevoli volte sia come evento che come figura, sia per esprimere il Cristo che per descrivere la vita cristiana. Il termine «esodo» appare in Lc 9,31, nella Trasfigurazione, come indicazione della morte e risurrezione del Signore a Gerusalemme. Nei vari episodi evangelici si trovano citazioni e riferimenti ai singoli eventi antichi, come, ad es., al serpente di bronzo in Gv 3,14, al Giordano nel quadro del Battesimo di Gesù. Per le Tentazioni, mentre in Marco si fa riferimento ad Adamo per mostrare Gesù uomo nuovo, in Matteo e Luca si attribuiscono a Gesù le stesse tentazioni della generazione del deserto e alla sua vittoria il significato dell'inizio di un nuovo popolo di Dio. Chiaro è il richiamo al rito dell' alleanza sul Sinai nella istituzione dell'Eucaristia come «sangue della alleanza» (Mc 14,24 e paralleli). Si scorge l'influsso dell'esodo sulla struttura e le tematiche di intere sezioni come la sezione del viaggio in Luca o i vangeli dell'infanzia di Matteo. Ma se si scava a fondo sono moltissimi i passaggi e le sezioni in cui è possibile scoprire un riferimento diretto o indiretto, un' allusione o almeno una eco della epopea di liberazione dall'Egitto e della sua grande letteratura.

Molto significativa è la presenza del tema dell'esodo nella composizione globale dei singoli vangeli. In Matteo è notevole la presentazione di Gesù come nuovo Mosè e del vangelo come nuova Torah con i cinque grandi discorsi. Il Vangelo di Luca, oltre ad essere centrato sul grande viaggio, fa di Gerusalemme la meta di arrivo, come nel secondo esodo. Ma è soprattutto nel Vangelo di Giovanni che l' esodo fornisce temi e termini per mostrare in Gesù il compimento della storia della salvezza. Programmaticamente già nel Prologo la mediazione di Gesù viene accostata a quella di Mosè (1,17). Il tema dell'agnello che chiude l'intera opera in una grande inclusione (1,29.36 e 19,36) e il riferimento alla manna domina tutto il grande discorso sul «pane di vita». Ma questo Vangelo osa anche di più: la rivelazione di Dio al roveto ardente viene ripresa da Gesù e attribuita a se stesso in modo che Lui stesso prende ora non più soltanto il posto di Mosè ma quello del Dio dell'Esodo (8,24.28; 10,30; 14,30s ...). Egli è l'unico condottiero (8,12 e 10,4 ...) ma anche l'unico Salvatore (3,17; 4,42; 5,22-24; 12,47).

Non solo il quarto Vangelo ma tutto il Nuovo Testamento riprende l'esodo per illustrare la figura di Gesù Cristo ma si servono di Cristo per dare un senso nuovo all'esodo. Con la Pasqua, si radicalizzano i termini e le azioni dell'uscire-entrare e attraversare. Il punto di partenza non è più una regione dell'Ovest o dell'Est o del Nord o del Sud ma è la morte, la nostra condizione di peccato e di schiavitù; il punto di arrivo non è più la terra d'Israele o Gerusalemme ma cieli nuovi e terra nuova. Gesù non è più impegnato a vincere eserciti o il faraone ma Satana e ogni altro potere che incide negativamente sulla nostra condizione. Il senso di una redenzione totale è dato dall'attraversamento degli inferi e dalla apertura dei sepolcri per cui Egli è il Signore della morte e della vita e ha ogni potere in cielo e terra. Questo esodo radicale è in se stesso universale. Non riguarda più solo un popolo o una razza ma tutta l'umanità, non in modo automatico ma attraverso l'adesione libera della fede. C'è un'altra novità: il Dio liberatore è anche colui che è stato liberato; Colui, da cui proviene il comandamento e ogni autorità, è stato punito per tutte le trasgressioni! Non ci poteva essere avvicinamento più grande fra Dio e l'uomo. Il grande rinnovamento del partner umano dell'alleanza tanto sottolineato nel secondo esodo è ora decisamente e definitivamente iniziato.

L'Esodo e la vita cristiana

Paolo, la lettera agli Ebrei ma anche i Vangeli disegnano per i cristiani un tracciato di condotta, di relazioni e di mete calcate spesso sull'esodo come esperienza e come norma. Nel Battesimo avviene l'uscita attraverso le acque che inizia il cammino e costituisce un nuovo popolo. L'Eucaristia è la Pasqua cibo per il cammino e anticipo del festa di arrivo. Ma tutta la vita del singolo e del popolo cristiano rimane sotto il segno del cammino e dell'attesa del traguardo finale. È l'Apocalisse che più ha tematizzato questo aspetto e ha descritto le vie e le lotte della storia ispirandosi spesso all'antico percorso dall'Egitto alla terra promessa.

Il Nuovo Testamento insiste molte volte sulla problematica della Legge e della liberazione e purificazione del cuore. Lo Spirito Santo viene sempre più spesso menzionato come agente di queste trasformazioni personali e storiche, come già aveva profetizzato Ezechiele per il nuovo esodo. La continuità e la novità cristiana anche in questo settore sono comprensibili solo se confrontate continuamente con la Torah di Mosè e la liberazione dall'Egitto e i grandi approfondimenti profetici. Il cristiano vive perché si muove dietro al suo Mosè, si muove perché ha una meta alta e lontana da raggiungere, per raggiungerla attraversa le prove e i pericoli di deserti dalle mille forme. Il cristiano vive e spera ancora sotto il segno dell'esodo.

Il radicamento antropologico dell'Esodo

Se l'Esodo è rimasto così a lungo permanente e incisivo lo si deve anche al suo radicamento profondo nella vita e nella esperienza umana universale. Nella Bibbia «entrare e uscire» definisce la polarità che contiene tutta l'esperienza umana: per Mosè (Dt 31,23), per Giosuè (Gs 14,11), per Davide (1 Sam 18,14), per ogni uomo (Sal 121,8), per Paolo (At 9,28) e anche per il discepolo che per Gesù Porta del gregge può entrare ed uscire (Gv 10,9). È la polarità che indica l'uscita dal seno materno con tutti i rischi e le possibilità che dischiude. È legata alla crisi adolescenziale dove ritornano i grandi temi del nuovo esodo: il passaggio dall'eteronomia all'autonomia. L'età adulta consiste nel far sgorgare dal di dentro ciò che nell'infanzia ci viene imposto dal di fuori. Ma Osea ha mostrato come proprio l'età adulta può fallire la sua risorsa principale: il rapporto amoroso e religioso. Per cui bisogna rinascere spesso e la vita è un esodo continuo e ripercorrere tappe mai definitivamente superate.

L'esodo fornisce archetipi e modelli soprattutto alla dinamica della libertà. Come il popolo d'Israele è sempre possibile recedere verso la schiavitù protetta e rifiutare il costo di un vero cammino di liberazione. Anche la legge e la fedeltà forniscono infiniti spunti comuni fra vicende antiche e storiche e i drammi comuni delle singole persone umane. Il deserto è ancora uno spazio vitale di grande attualità in un mondo occupato da troppe cose e dai nostri rifiuti. Anche i tempi intermedi (studi, fidanzamento, ricerca di lavoro, permanenza nella famiglia di origine...), se da una parte si riempiono subito di contenuti propri, dall' altra tendono ad allungarsi enormemente e a trasformare la vita in un' attesa. La Terra è di nuovo un dato e un dono da valorizzare e custodire ma anche una risorsa di produzione e un compito di giustizia.

Esodo come emancipazione sociale

Mai l'Esodo ha smesso di essere ispirazione di rivendicazioni di giustizia e di promozione sociale per popoli, classi e individui. Alcuni movimenti si sono esplicitamente richiamati alla Bibbia e alcuni riformatori si sono paragonati a Mosè, soprattutto nell'ambito della cultura afro-americana. E complesso decidersi su quanto influsso Marx abbia subito dalle sue radici ebraiche ma esso è innegabile. Nel nostro tempo, a partire dagli anni '60 e '70 è nata una cultura della liberazione basata su grandi cambiamenti sociali e ispirata da una vera riscoperta dell'esodo. Movimenti, progetti politici, manifesti culturali hanno arricchito profondamente la comprensione dell'antico Esodo e la sua rilevante attualità. Basta qui segnalare alcuni nomi e casi. La teologia della speranza di J. Moltmann si presenta formalmente come una riscoperta dell'escatologia ma soprattutto del dinamismo storico dell'esodo. La teologia della liberazione è il fenomeno più ampiamente condiviso e ha acceso le speranze di un continente intero.

Ma anche il femminismo, la riscoperta di -culture e teologie alternative si inseriscono nello stesso filone tracciato dall' esodo e radicalizzato dalla prassi di Cristo e dalla sua vittoria sulla morte.

Tanti movimenti presentano una innegabile ambiguità e tendono ad applicare il primo Esodo cancellando talora gli approfondimenti e i progressi rappresentati dal nuovo esodo profetico e dal Vangelo. L'emancipazione sociale non può non essere parte di un progetto più globale e radicale.

Conclusione

L'Esodo disegna un lungo percorso biblico che giunge fino a noi, intatto nella sua validità. In questo percorso abbiamo notato una persistente continuità dello schema iniziale, dovuta a fattori notevoli: la grandezza dei primi eventi, le conseguenze storiche che hanno prodotto, le strutture sociali e i riti ma anche l'innesto profondo dei significati dell'esodo nella vita del popolo d'Israele e di tutta l'umanità, della società in genere e dell'uomo in quanto tale. Abbiamo notato anche una grande variabilità e creatività dello stesso schema. Ha saputo costituirsi come figura nella narrazione, fissarsi come quadro di riferimento nei rapporti contrastati della alleanza e rigenerarsi negli eventi dell'esilio per le grandi voci profetiche che lo hanno interpretato. Il Vangelo si innesta in questa fedeltà creativa e radicalizza i suoi temi e le sue dimensioni. In questo intrecciarsi di continuità e novità tre nodi ci sembrano notevoli:

* Il Dio biblico è legato alla storia e ai suoi processi e la storia è una storia di libertà. Il Dio biblico non rimane chiuso nella rete del mito ma è attivo nelle vicissitudini umane, accetta il confronto con le altre forze in campo, si schiera contro ogni oppressione e imperialismo, segue i ritmi e i percorsi della storia, non si sostituisce ma rafforza la responsabilità dei soggetti umani. Guida la storia dal di dentro evi disegna sovranamente un piano senza svuotarla anzi riempiendola. La stabilità della categoria «esodo» fonda e mostra la continuità della storia della salvezza: tutte le generazioni vengono unite e confrontate con la presenza di Dio e della sua costante spinta verso la libertà. La ripetitività dell'esodo prova che la libertà non viene mai raggiunta e che quello della libertà è un percorso di liberazione. Qui sta il vero realismo biblico: i bisogni, le schiavitù e il male non viene negato o escluso ma diviene il punto di partenza del piano di Dio e di ogni cammino umano.

* L'Esodo non è solo un nodo nella catena degli eventi storici ne un mero passaggio fra uno spazio socio-politico negativo a uno positivo. È ancor più la rivelazione di due soggetti e la costruzione della loro relazione. Il secondo esodo esplicita ciò che era già inteso dal primo: Dio si rivela come Liberatore e familiare e Padre e spinge l'uomo a raggiungere le profondità e la purificazione del suo cuore. Ciò significa che l' esodo non è un caso della storia ma si radica sull'essere stesso di Dio e dell'umanità. La presenza attiva e personale di Dio e il coinvolgimento della natura stessa dell'uomo assicurano la vera permanenza dell'esodo attraverso i tempi. Dio guida l'uomo a raggiungere la sua libertà e lo chiama a divenire suo alleato, suo congiunto. Nella figura cristiana del Verbo fatto carne si raggiunge il vertice di questo movimento. L'esodo è un cammino verso la libertà perché è un cammino verso la «conoscenza» e la comunione con Dio.

* Queste trasformazioni in senso personale aprono il dibattito secolare sul ruolo della legge all'interno dell'alleanza. La Torah è molto più che legge e la legge è ciò che estende alla vita l'impegno dell'alleanza. Ma già i profeti affermano che la legge deve essere interiorizzata e che lo Spirito rende la legge possibile e la rende vita. Qui non c'è differenza fra Antico e Nuovo Testamento, fra interpretazione ebraica e cristiana. Essa sorge dal diverso modo di collegare spirito e legge. Per l' ebraismo lo Spirito rimane legato alla legge e in qualche modo in funzione di essa, per il Nuovo Testamento lo Spirito prende il posto della Legge e la legge è in funzione di esso. In ogni modo, l'ultimo approdo dell'esodo è la scoperta dello Spirito. Esso è lo snodo di tutti i nodi: la forza incisiva negli eventi, il principio unificatore dei tempi, l'esigenza della conoscenza invece dei sacrifici e dell'interiorità del cuore, la relazione personale fra i soggetti, la suprema rivelazione di Dio come comunione. Con lo Spirito si compie e si dissolve l'esodo e tutta la storia viene confrontata con le assolute profondità del mistero di Dio e dell'uomo.

(da Parole di vita, 4, 97)

Letto 6083 volte Ultima modifica il Lunedì, 12 Novembre 2007 19:01
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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