Formazione Religiosa

Mercoledì, 21 Settembre 2011 21:26

Beata Trinità (Gilles Emery, o. p.)

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La visione del Padre è il fine di tutti i nostri desideri e delle nostre azioni, così da non poter poi desiderare nient’altro.

La Trinità si trova al centro della fede cristiana e della nuova esistenza che è nutrita da questa fede. Vi si rivela pure il carattere distintivo del cristianesimo. Per osservare questa centralità del mistero della santa Trinità, proponiamo di guardare la liturgia, l'insegnamento biblico, il dogma della Chiesa e l'esperienza spirituale dei battezzati.

La liturgia

La liturgia ci propone di accogliere il mistero trinitario e di viverne. Concretamente è attraverso la liturgia che i cristiani entrano nel mistero di Dio Trinità e vi trovano la luce per vivere la loro esistenza con Dio. Per questo la liturgia è la sede di ogni riflessione sul mistero di Dio Trinità. Tutto comincia con il battesimo «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo» e tutto finisce nella gloria resa al Padre mediante il Figlio nello Spirito santo.
Nella liturgia troviamo due espressioni principali della fede nella Trinità. La prima è il ringraziamento in forma narrativa. Così nei prefazi e nelle preghiere eucaristiche noi ringraziamo il Padre che ha creato tutte le cose e che ha salvato il  mondo mediante il Figlio nello Spirito santo. Dio Padre ha rivelato il suo mistero e ha donato la salvezza «mandando» nel mondo il suo «Verbo di verità» e il suo «Spirito di santità» (colletta della santissima Trinità). E nella liturgia eucaristica la Chiesa chiede di essere vivificata, divinizzata da questo mistero. Mediante l'eucaristia « i fedeli, uniti al vescovo, hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell'effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la santissima Trinità, fatti "partecipi della natura divina" (2 Pt 1,4) ». (Vaticano II, Decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, n°15).
La seconda espressione fondamentale della fede trinitaria consiste nelle dossologie (dal greco doxa: gloria) che confessano l'eguale dignità delle tre persone. Queste dossologie comportano due forme principali. La prima riproduce l'ordine delle persone quale si è manifestato nell'economia della creazione e della salvezza: «Gloria al Padre, per il Figlio, nello Spirito santo.» La seconda, tratta dalla formula del battesimo, sottolinea che le tre persone possiedono lo stesso rango, la stessa identità divina: «Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo.» Ne troviamo una bella eco nel Credo: quando proclamiamo la nostra fede nello Spirito santo diciamo che «con il Padre e il Figlio riceve la stessa adorazione e la stessa gloria». Troviamo là una maniera di dire che lo Spirito santo possiede la stessa divinità vivificante del Padre e del Figlio. Le dossologie indicano insieme la distinzione delle persone e la loro identità. Da una parte il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non si confondono. Ognuno è chiamato con il suo nome proprio. La distinzione delle persone è segnata specialmente dalle preposizioni e dalle congiunzioni: «e, e», «per, in», «con». D'altra parte la stessa gloria, identica, è riconosciuta al Padre, al Figlio e allo Spirito santo: sono il Dio unico. Infine le dossologie indicano il posto, per così dire, principale del Padre. Il Padre è la fonte della divinità. Il Padre è la fonte del Figlio e dello Spirito santo, a cui comunica eternamente la pienezza della natura divina, e per cui ci dona di entrare nella sua comunione.
Una bella immagine, quella della luce, può riassumere l'insegnamento della liturgia. Nel Credo confessiamo che il Figlio è «Luce nata dalla Luce». La luce dice insieme lo splendore intimo della divinità e il suo irraggiamento a nostro favore. San Gregorio di Nazianzo faceva osservare:
«Quando dico: Dio, siate colpiti dallo splendore di una luce unica e da tre luci: tre per quel che concerne [...] le persone [...]; ma questa luce è una, se si parla della sostanza o della divinità». (1)

Il mistero pasquale del Cristo

La Trinità è pienamente rivelata a noi nella Pasqua di Gesù (la sua morte, la sua risurrezione gloriosa , la sua ascensione) e nell'effusione dello Spirito santo alla Pentecoste. In questi eventi ci è donata anche la Trinità. Quando confessiamo la fede nella Trinità, noi diciamo la fede di Pasqua. Proprio per questo la Chiesa celebra la festa della santissima Trinità al termine del ciclo di Pasqua e di Pentecoste, come una specie di ricapitolazione di quei misteri. Il clima adatto a una meditazione sulla Trinità è appunto quello di Pasqua.
Nel discorso che pronuncia il giorno di Pentecoste, san Pietro dichiara: «Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso» (At 2, 32-33). L'esaltazione di Gesù è un evento in cui intervengono tre attori: Gesù, il Padre e lo Spirito santo. Il Padre è colui che ha risuscitato Gesù. Quanto a Gesù stesso, la sua esaltazione gli consente di raggiungere con la sua umanità il trono che la sua divinità non aveva mai abbandonato. L'esaltazione pasquale manifesta in piena luce l'unità più intima e più profonda di Gesù con il Padre. Questa umanità appunto si esprime quando si confessa che Gesù è «Signore» (At 2, 36) e «Figlio di Dio» (Rm 1,4). E da questa unità di Gesù con il Padre scaturisce lo Spirito santo, compimento della promessa, effuso per la salvezza del mondo. Ne troviamo quasi una icona nella visione di santo Stefano al momento del martirio: «Pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra» (At 7,55). Ecco la Trinità: Gesù esaltato alla destra del Padre e lo Spirito effuso sui credenti.
L'esaltazione pasquale di Gesù offre una novità inaudita: l'umanità che il Figlio di Dio ha assunto entra nella gloria divina. Non soltanto Pasqua rivela la Trinità, ma Pasqua celebra l'entrata in gloria dell'umanità santa del Figlio, «uno della Trinità». Il Figlio sussiste per sempre, accanto al Padre, nella sua umanità regale: «e il suo regno non avrà fine», proclamiamo nel Credo. La comunione trinitaria è la vocazione della nostra stessa umanità, al seguito del Figlio incarnato ed esaltato.
Il Nuovo Testamento ci ha fatto scoprire che la Trinità, manifestata in pienezza al termine della vita terrena di Gesù con i misteri di Pasqua e di Pentecoste, è la sorgente di tutti gli eventi della salvezza. Il battesimo di Gesù ci mostra già la pienezza di Spirito santo di cui il Padre ha colmato l'umanità del suo Figlio diletto: «Tu sei il mio Figlio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11), E nella luce della fede pasquale l'incarnazione stessa ci fa vedere la Trinità. Il bambino di Natale è il Verbo divenuto carne (Gv 1,14), il Figlio del Padre concepito da Maria per la potenza dello Spirito santo (Lc 1,35). Da un lato gli eventi della salvezza ci manifestano la Trinità: è la strada della nostra scoperta del mistero. Ma dall'altro lato, il senso profondo di quegli eventi ci è dato dalla fede nella Trinità. È, per così dire, l'ordine della realtà stessa. «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio» (Gal 4,4); «Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,6). La fede trinitaria è la chiave che permette di cogliere il senso degli eventi della salvezza. Quando il Nuovo Testamento ci parla della salvezza, ci parla della Trinità. E quando ci parla della Trinità, ci parla della salvezza. Riprendendo una bella formula di Tertulliano (inizio del secolo III), il papa Leone XIII scriveva nel 1897, nella sua enciclica Divinum illud munus sullo Spirito santo: La Trinità è «la sostanza del Nuovo Testamento».

Il cammino della vita cristiana

L'esistenza cristiana, in virtù del battesimo trinitario, è una partecipazione alla comunione della Trinità. E ancora proprio al ritmo della vita della Trinità si avanza e si cresce in questa comunione. La struttura o il movimento intimo della vita cristiana sono in qualche modo riassunti in questa formula della lettera agli Efesini: «Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito» (Ef 2,18). Sant'Ireneo di Lione, nel II secolo, spiegava: «Questi sono, secondo i presbiteri, discepoli degli apostoli, l'ordine e il ritmo che seguiranno quelli che sono salvati, come anche i gradi per cui progrediranno: mediante lo Spirito saliranno al Figlio, poi mediante il Figlio saliranno al Padre». (2) Ricevendo lo Spirito santo nel battesimo, i credenti sono condotti alla contemplazione del Figlio, mediante il quale hanno accesso al Padre: «Coloro che portano lo Spirito di Dio vanno al Verbo, cioè al Figlio, e il Figlio li conduce al Padre, e il Padre dona loro l’incorruttibilità». (3) La salvezza proviene dalla fede viva, cioè dalla contemplazione amante del mistero della Trinità. Tale contemplazione è una illuminazione, un dono che trasforma i credenti dall'intimo perché possano partecipare alla vita della Trinità. In questo senso, vedere o contemplare Dio è vivere. «Infatti il nostro spirito, illuminato dallo Spirito, guarda il Figlio, e in lui, come in una immagine, contempla il Padre». (4)
San Basilio di Cesarea (IV secolo) ci aiuta a cogliere il legame intimo che unisce l'esperienza cristiana della Trinità con la liturgia e con lo stesso dogma trinitario. Nel nostro tempo in cui è grande la tentazione di separare il dogma dall'esperienza personale, vale la pena di entrare in queste spiegazioni e di riappropriarcene per nutrire la nostra esperienza e per guidare la nostra riflessione. Il testo che segue è preso da un trattato di san Basilio sullo Spirito santo. San Basilio vi dimostra la divinità dello Spirito santo e la sua esistenza personale, in riferimento all'azione che questo Spirito esercita nel battesimo:

«Quando sotto l'influsso di una forza illuminante, si fissano gli occhi sulla bellezza dell'Immagine del Dio invisibile [il Figlio] e quando, da essa, ci si innalza fino allo spettacolo stupendo dell'Archetipo [il Padre], lo Spirito di conoscenza ne è inseparabile, poiché lui stesso dà la forza di vedere l'Immagine a coloro che amano guardare la Verità; non lo fa scoprire dall'esterno: in lui conduce a riconoscerlo. E come nessuno conosce il Padre se non il Figlio (Mt 11, 27), così nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo (1 Cor 12,3). (5)

La parola «illuminazione» è un termine che designa il battesimo e l'esperienza che questo procura. Nel battesimo lo Spirito santo santifica i battezzati con la sua «forza illuminante» procurando loro il dono della fede viva. Questa illuminazione permette di cogliere lo splendore della maestà del Figlio da cui si giunge alla conoscenza del Padre. L'illuminazione trasformante della fede è ricevuta nello Spirito santo. La conoscenza che si ha nella Chiesa non è una conoscenza dall'esterno, ma una conoscenza «dall'intimo». Per questo essa divinizza, concedendo di partecipare alla natura divina. Così è «dall'intimo» che i battezzati conoscono il Figlio e il Padre. In questo senso lo Spirito santo è «il più vicino a noi» (san Tommaso d'Aquino), perché è effuso in persona nei cuori, ed è contemporaneamente immanente ai battezzati pur rimanendo Dio trascendente. Lo Spirito santo offre la fede trasformante nel Figlio, che è l'Immagine del Padre. Nella sua qualità di Immagine del Padre, il Figlio innalza i credenti «allo spettacolo stupendo dell'Archetipo», il Padre:

Il cammino della conoscenza di Dio va dunque dall'unico Spirito, attraverso l'unico Figlio, all'unico Padre. E, per contro, la bontà naturale e la santità secondo natura e la dignità regale si effonde dal Padre, per l'Unigenito, allo Spirito. (6)

Il primo cammino è quello della nostra esperienza nella fede, che abbiamo ora presentato. Il secondo cammino (che in realtà è primo) è quello della vita intima della Trinità in se stessa: il Padre comunica la pienezza della divinità al Figlio e allo Spirito. San Basilio manifesta in tal modo l’unità divina dei Tre che sono un solo Dio: l’unità della Trinità proviene dal Padre, perché è Lui la Fonte del Figlio e dello Spirito santo. L’esperienza della salvezza (Spirito – Figlio – Padre) riproduce in una situazione per così dire inversa, l’ordine della relazioni in seno alla Trinità (Padre – Figlio – Spirito). Nella storia della salvezza, come nell’esperienza personale del credente, si è condotti a Dio e ci si unisce a Lui al ritmo delle relazioni personali della Trinità.
Queste spiegazioni mettono in rilievo il posto primo e ultimo del Padre. Il Padre è la Fonte nella Trinità eterna, è la Fonte della creazione (il Padre crea tutte le cose mediante il Figlio e lo Spirito santo), ed è ancora la Fonte dell’economia della grazia (è il Padre che manda il Figlio e che, con il Figlio, manda lo Spirito santo). E, nello stesso modo, il Padre è anche il termine ultimo al quale lo Spirito santo e il Figlio conducono i credenti. Mediante il Figlio e nello Spirito santo tutto viene dal Padre e ritorna al Padre.

La visione del Padre è il fine di tutti i nostri desideri e delle nostre azioni, così da non poter poi desiderare nient’altro. (7)

Gilles Emery, o. p.

1) SAN GREGORIO DI NAZIANZO, Discours 39, 11, Paris, Ed.. Du Cerf, coll. «Sources chrétiennes» 358, 1990, p. 171-173.
2) Contre les hérésies V, 36,2, Paris, Ed. du Cerf, coll. «Sources Chrétiennes» 153, 2006, p. 459-461.
3) SAINT IRENEE DE LYON, Démonstration de la prédication apostolique 7, Paris, Éd. Du Cerf, coll. «Sources chrétiennes» 406, 1995, p.93.
4) SAN BASILIO DI CESAREA, Lettera 226,3.
5) SAINT BASILE DE CESAREE, Sur le Saint Esprit 18, 47, Paris, Éd. du Cerf, coll. «Sources Chrétiennes» 17bis, p. 413.
6) SAINT BASILE DE CESAREE, Sur le Saint Esprit 18, 47, Paris, Éd. du Cerf, coll. «Sources Chrétiennes» 17bis, p. 413
7) SAINT THOMAS D’AQUIN, Commentaire sur l’Evangile selon saint Jean 14,8.

(da La Vie spirituelle, n. 788, 1 maggio 2010)

 

Letto 4819 volte Ultima modifica il Martedì, 30 Aprile 2013 15:26
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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