Se alcuni decenni or sono si poteva coltivare la sensazione che fosse "normale" essere cristiani, oggi un cristiano che vive in Italia sperimenta "sulla propria pelle" che la sua fede è vissuta in un contesto in cui sono possibili opzioni diverse. Uno studioso canadese ha di recente sostenuto che la secolarizzazione del mondo occidentale non significa nient'altro che questo: mentre un tempo era normale credere, oggi la fede è solo una possibilità al cospetto di un'altra, ugualmente plausibile, quella di ritenere, cioè, che esista un umanesimo autosufficiente, che può fare a meno di Dio. In questo senso, saremmo in un mondo secolarizzato.
Non solo per questo, però, un cristiano sperimenta che la sua fede non è più "normale". La sua esperienza passa, infatti, per il confronto (talvolta quotidiano) con persone che sono ugualmente credenti, ma appartengono ad altre religioni. Egli può così vedere e percepire come si possa essere credenti, pur non essendo cristiani. Da qui potrebbero sorgere due atteggiamenti antitetici: quello di ritenere, alla lunga, che Gesù sia solo uno fra molti altri, sia cioè un "nome di Dio" che si può tranquillamente far convivere con altri nomi; oppure quello di arroccarsi e pensare che Gesù salvi solo i cristiani e che ciò che Gesù ha detto, fatto e rivelato non riguardi in alcun modo chi non crede o chi appartiene ad altre religioni. Vale forse la pena, allora, di domandarsi chi sia Gesù e che cosa significhi che egli è il salvatore.
La salvezza è manifestata in Gesù salvatore
Tutte le religioni parlano di salvezza. In fondo, il messaggio che ogni religione vuole portare è riconducibile a un annuncio di salvezza. Per questo, si potrebbe incautamente ritenere che le religioni siano uguali e che, se si partisse dalla comune proposta di salvezza, il dialogo tra le religioni sarebbe alla fine molto semplice.
Il punto critico è che con la stessa parola - salvezza - si possono intendere realtà anche molto diverse tra loro. I cristiani credono che ciò che costituisce la salvezza lo si impari e lo si sperimenti a contatto con Gesù e in quanto si riconosce, nella fede, che egli è il salvatore. In altri termini, non è che prima si ha un'idea di salvezza e poi, in seconda battuta... si conosce e si aderisce a Gesù. E semmai vero il contrario: è in quanto si è incontrato Gesù e si è creduto in lui che si comprende che cosa sia salvezza e si diviene capaci di "dire" in che cosa consista la salvezza degli uomini.
Infatti, guardando alla vicenda di Gesù, così come è testimoniata dai vangeli e dagli altri scritti del Nuovo Testamento, si impara anzitutto che egli ha preteso di agire in nome di Dio, di essere Dio e di salvare, con la sua stessa presenza, gli uomini. Ma ciò lo ha fatto in un modo ben determinato, che occorre guardare se si vuole sapere che cosa concretamente significhi che egli è il salvatore e, dunque, in che cosa consista la salvezza.
Gesù si è presentato come il salvatore, guarendo le malattie e le infermità degli uomini e mostrando, così, che era interessato all'uomo in tutte le sue dimensioni. Egli ha avuto un amore di predilezione per i poveri, gli emarginati e gli esclusi, mettendo in evidenza che quanti nel mondo vengono scartati e giudicati ultimi, davanti a lui sono i primi. Ha annunciato e mostrato la possibilità che anche i peccatori, anche quanti si sono cioè allontanati da Dio e sono giudicati distanti da lui, sono ormai oggetto della sua misericordia, capace di ridare loro vita e dignità.
A Zaccheo, il pubblico peccatore, Gesù chiede ospitalità, entra nella sua dimora e dice: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa» (Lc 19,9). Gesù ha soprattutto mostrato che, a contatto con lui, l'umanità poteva fiorire in dimensioni che, a tutta prima, sembrerebbero addirittura impossibili: come la pace, la solidarietà, il dono della propria vita all'altro, anche in quella forma sublime che è il perdono, che fa sì che non si reagisca con la violenza alla violenza ricevuta, ma la s'interrompa" rispondendo al male con il bene.
E’ ciò che si manifesta soprattutto nel mistero pasquale di Gesù: laddove egli appare come il salvatore, proprio nel momento in cui dona la sua vita in pasto ad uomini che si accaniscono su di lui. Lì e in quel modo, nella solitudine della croce, Gesù si manifesta come salvatore; così come nel mattino di Pasqua, risorgendo dai morti, egli si rivela come il Vivente, colui che è Vita e può perciò concedere vita, anche al di là della morte.
Se i cristiani credono che la salvezza significhi, dunque, la risurrezione della carne, la vita eterna, il perdono dei peccati, la comunione piena con Dio e con i fratelli, il fiorire dell'umano nell'amore, e se avvertono che una vita donata è già, sin d'ora, una vita che gusta la salvezza è perché conoscono Gesù, sanno, nella fede, di lui e, soprattutto, della sua morte e della sua risurrezione.
Il salvatore di tutti
Ma nella sua morte e risurrezione Gesù ha manifestato in modo pieno quel che già prima aveva cominciato a rivelare: e cioè che egli è il salvatore di tutti, ovvero di ogni uomo di tutte le latitudini e di tutti i tempi. Per questo l'apostolo Pietro, dopo aver guarito lo storpio nel nome di Cristo, dice: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). I cristiani, credendo in Gesù, credono che solo in lui c'è salvezza, che egli solo sia il salvatore di tutti gli uomini; e che, dunque, ogni uomo può trovare salvezza sol- tanto per mezzo di Cristo e in lui.
Non si può negare che, proprio in contesto di incontro e confronto tra diverse religioni, questo sia un punto delicato, che crea domande e che potrebbe suscitare, in qualcuno, anche qualche perplessità. Ma siamo, forse, a uno dei punti centrali della fede cristiana. Il paradosso del cristianesimo si concentra, infatti, nel fatto che in un piccolo frammento dell'umanità, in Gesù di Nazaret, si è manifestata e si è comunicata la salvezza di tutti gli uomini e di ogni carne. Per il vincolo che unisce Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, ad ogni essere vivente, quel che è avvenuto a lui riguarda e investe, infatti, l'umanità intera.
L'unico salvatore e i seguaci di altre religioni
Come pensare, dunque, partendo da qui, la salvezza di chi non è cristiano e professa altre religioni? Può trovare salvezza? Se si, come si connette questo al fatto che Gesù è l'unico salvatore?
È evidente che la salvezza è aperta ad ogni uomo, qualunque sia la sua credenza, proprio perché Gesù si è manifestato quale salvatore di tutti. Dalla conoscenza di Gesù e dall'esperienza di lui, i cristiani sanno, cioè, che Dio vuole salvare tutti gli uomini; e che questa volontà di salvezza è capace di raggiungere ogni uomo, di qualunque epoca, di ogni cultura e qualunque sia la sua religione.
Ma chiunque si salva, a qualunque religione appartenga, si salva sempre e solo per mezzo di Cristo. Come ha ricordato il concilio Vaticano II, in Gaudium et spes 22, «Cristo è morto per tutti [...], perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale». E il mistero pasquale, come si è accennato, è il "luogo" in cui, in modo pieno e definitivo, si è manifestata e si è realizzata la salvezza. I cristiani non sanno, perciò, come concretamente ciò avvenga; sanno, però, che ovunque un uomo viene salvato è all'opera Cristo. Essi guardano ad ogni uomo, pertanto, come a un fratello da amare, uno per cui Cristo è venuto e ha dato sé stesso: perché, nella fede, conoscono Gesù, il salvatore universale.
Proprio perché conoscono e fanno esperienza, nella fede, di Cristo, i cristiani diventano anche capaci di discernere quel che nelle diverse religioni può essere buono e avere, al limite, un valore salvifico, per chi aderisce ad esse. Ma tale valore salvifico non è qualcosa che le religioni avrebbero in un modo autonomo, indipendentemente da Cristo e quasi che le religioni fossero tutte uguali e una valesse l'altra. Si possono riconoscere bellezze nelle diverse tradizioni religiose, così come si può ammettere che determinati aspetti di una religione possano eventualmente avere portata salvifica per chi vi aderisce, solo e sempre perché si conosce, nella fede, Gesù Cristo quale unico salvatore di tutti. Non solo: poiché i cristiani credono che Gesù è il salvatore di tutti, essi sanno che tutto quanto, nelle diverse religioni, è bello e ha sapore di salvezza, ha sempre riferimento a Cristo, l'unico nome in cui c'è salvezza.
La salvezza, in definitiva, è davvero aperta a tutti; ma ovunque c'è salvezza è sempre all'opera Cristo, l'Unico che può salvare. E’ il grande paradosso della fede cristiana; ed è il tesoro che i cristiani sono chiamati a custodire: in Gesù, in un piccolo frammento di umanità e di storia, ci è venuta incontro la salvezza del mondo e dell'umanità intera.
Roberto Repole
docente alla Facoltà teologica di Torino
(tratto da Vita pastorale n. 1, 2011)
Bibliografia
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