In riferimento alla Madre di Dio il quarto Evangelo manifesta con particolare chiarezza i tratti fondamentali che lo contraddistinguono. La particolarità di quanto ci comunica, senza mai ripetere la narrazione degli altri evangelisti, riceve la sua impronta dall'intimità, dal legame particolare fra il discepolo prediletto e la Madre di Dio, dal ricchissimo significato simbolico della narrazione, pur nella sua straordinaria brevità. Tutta la dottrina sulla Madre di Dio è racchiusa nei due episodi delle nozze di Cana in Galilea, e della presenza della Madre di Dio presso la croce. Ma questo succinto materiale ha un significato mariologico ed ecclesiologico eccezionale.
Il miracolo di Cana è il primo dei segni miracolosi di Cristo, «l'inizio dei miracoli», e noi dobbiamo comprenderlo proprio così, non solo come il primo, ma come l'inizio che racchiude in sé i tratti paradigmatici di tutti gli altri.
In esso Cristo si manifesta al mondo: «Manifestò la sua gloria», cosa che non viene detta di nessun altro segno, se non l'ultimo, la resurrezione di Lazzaro. «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato» (11,4). Ma anche qui non si parla di manifestazione della gloria, bensì solo di glorificazione.
Gli esegeti si soffermano sul lato fisico del miracolo che d'altra parte ha innanzitutto un significato simbolico: il tema stesso delle nozze manca negli altri evangelisti (se si eccettua la parabola delle dodici vergini). Viene sottolineata in particolare, senza particolari chiarimenti, la presenza della Madre di Gesù: «Ci fu uno sposalizio... c'era la Madre di Gesù» (2,l). E lo stesso invito di Cristo e dei suoi discepoli viene collegato a questa sua presenza: «Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli». La Madre di Dio sembra dirigere lo svolgersi degli avvenimenti: dapprima si rivolge al Figlio, poi ai servi, che eseguono la sua volontà, come fa del resto anche Gesù. Richiama la nostra attenzione in primo luogo l'appellativo rivoltole dal Figlio: «Donna!», che verrà ripetuto sulla croce, e costituisce l'unico termine con cui Cristo si rivolge a sua Madre nel Vangelo di Giovanni.
Questa sola parola basta già a trasferire il pensiero dal fatto esterno (uno sposalizio modesto, povero addirittura, in ambiente rurale) all'evento interiore che sta accadendo. Questo appellativo, che sembrerebbe spersonalizzare i rapporti tra il Figlio e la Madre, in realtà li eleva all'unico supremo significato e li dilata al sommo grado, acquista un significato mariologico e sofiologico. L'umanità esce dalle mani del Creatore in una duplice forma, come principio maschile e femminile, uomo e donna: questa è la sua pienezza, che trova fondamento nella diade del Figlio e dello Spirito Santo. Cristo Dio-Uomo è il principio maschile, generato dalla stirpe della Donna, secondo la profezia divina nel paradiso terrestre. Essa è la Donna di cui era stato detto all'antico serpente che la stirpe della Donna avrebbe schiacciato la testa al serpente. Questa Donna è la Madre di Dio. Ed è la stessa Donna che santifica con la sua presenza le nozze a Cana di Galilea. Questa Donna è la Chiesa di Cristo, che celebra il suo sposalizio spirituale con lo Sposo-Cristo (secondo l'appellativo proferito per bocca di Giovanni il Precursore, Gv 3,29). A ciò fa riferimento anche il linguaggio dell'Apocalisse, parlando delle nozze dell'Agnello (il banchetto delle nozze, Ap 19,9) e della sua Sposa (Ap 21,9). Così tutto l'episodio assume il significato di immagine e simbolo della Chiesa.
Lo stesso significato si rivela anche considerando l'aspetto eucaristico, poiché il cambiamento dell'acqua nelle grandi giare in vino, per di più migliore di quello servito in precedenza (cioè nell'Antico Testamento), è la trasformazione eucaristica. Nella teologia eucaristica, cattolica in particolare ma dietro suo influsso anche ortodossa, l'attenzione degli esegeti si ferma proprio sulla trasformazione fisica della «sostanza» senza mutamento degli «accidenti», «sub specie».
Su questo fermano la loro attenzione anche i commentatori del miracolo di Cana. Ma come nell'eucarestia non bisogna vedere un cambiamento fisico, bensì una trasformazione metafisica, così a Cana ebbe luogo appunto una trasformazione, come figura della futura eucarestia.
È proprio questo carattere ecclesiologico del primo miracolo, nell'universalità del suo significato, a renderlo l'inizio dei segni attraverso i quali Cristo manifestò la sua gloria. La gloria si riferisce alla pienezza del compimento, che consegue alla Sua rivelazione divinoumana della sofianicità di tutto il creato all'interno della Sua umanità.
A partire da questa visione generale bisogna affrontare anche i singoli elementi. Innanzitutto la prima risposta di Cristo, che all'inizio suona quasi come un rifiuto: «Non è ancora giunta la mia ora». Ma noi sappiamo che cosa significa «la mia ora» nel linguaggio dell'evangelista Giovanni: si riferisce all'approssimarsi della passione, in cui si compie anche il sacrificio eucaristico. Quest'ora non è ancora giunta a compimento, ma si è ormai fatta prossima in questo esordio, come «inizio dei segni». Questo è il significato compreso anche dalla Madre di Dio, che, quasi in contrasto con il senso immediato della risposta, che contiene un rifiuto, raccomanda ai servi di fare quel che Egli dirà, e questi ordini si riferiscono al compimento nuziale della mensa eucaristica. Il maestro di tavola chiama lo sposo per rendere testimonianza della trasformazione avvenuta. Le immagini concrete del banchetto nuziale si fondono qui con il contenuto mistico dell'evento, e lo lasciano trasparire. Particolare attenzione merita la diretta partecipazione della Madre di Dio all'eucarestia, in riferimento al suo compiersi in seno alla Chiesa.
Nell'immagine del convito nuziale è raffigurata inoltre l'immagine della Chiesa in tutta la sua compagine: la Madre di Dio, gli apostoli, gli invitati, il maestro di tavola, gli sposi stessi, i servi si raccolgono intorno a Cristo che compie la trasformazione sacramentale dell'acqua in vino. La Madre di Dio appare come colei che rappresenta l'umanità e intercede per essa al cospetto di Cristo.
In relazione a ciò si può comprendere il rilievo dato alla sua presenza alle nozze come allusione alla stessa Incarnazione divina: «E c'era la madre di Gesù», come se non fosse stata neppure «invitata» alla stregua di Gesù e dei suoi discepoli, eppure partecipe fin dal principio. Sono qui sottintesi l'Annunciazione, la Concezione verginale, la Nascita di Cristo dalla Vergine e il suo servizio a Lui e alla Chiesa. Mancando nel Vangelo di Giovanni la narrazione della nascita e dell'infanzia di Cristo, la prima comparsa della Madre di Dio è legata a questa simbologia della Chiesa.
Il senso ecclesiologico della narrazione si compie attraverso una specie di aggiunta storica, dove si accenna ancora una volta al nome della Madre di Dio e alla sua presenza: «Dopo questo fatto discese a Cafarnao insieme con sua Madre, i fratelli e i suoi discepoli, e si fermarono colà solo pochi giorni» (2,12). Gli altri evangelisti in genere non fanno mai cenno al fatto che la Madre e i fratelli accompagnassero Gesù. Si potrebbe piuttosto trarre la conclusione opposta dal passo di Matteo (12, 46-50), dove Cristo sembra rinnegare i legami di sangue a favore di quelli spirituali. Da questo raffronto riceviamo una ulteriore conferma dell'interpretazione ecclesiologica del passo di Giovanni: «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui» (2,11).
Merita attenzione un altro elemento della narrazione: in che modo l'evangelista venne a sapere di quanto era accaduto fra Cristo e sua Madre alle nozze? Certo, si può supporre che egli, insieme agli altri apostoli, non solo fosse stato testimone dell'avvenimento, ma avesse anche udito la richiesta della Madre a Cristo, e la Sua risposta (sebbene questo non abbia conferme, dato che il racconto manca negli altri evangelisti). Ma non è più verosimile supporre che Giovanni sia venuto a sapere tutto ciò direttamente dalla Madre di Dio, come conferma anche il carattere marcatamente mariano del quarto Vangelo? Il miracolo di Cana in Galilea appartiene alla stessa tradizione mariana, che la comunione vissuta con la Madre di Dio aveva impresso nell'animo di Giovanni.
La seconda e ultima menzione della Madre di Dio ricorre mentre Essa si trova ai piedi della croce.
Nelle enumerazioni parallele delle donne ai piedi o accanto alla croce non si fa nessun cenno della presenza della Madre di Dio. È caratteristico che se ne parli solo nel Vangelo di Giovanni, pervaso di spirito mariano. Anche qui tuttavia il suo nome compare insieme ad altri: «La sorella di sua Madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala» (19,25). La prima era la madre dei figli di Zebedeo, quindi anche di Giovanni, oltre che sorella della Madre di Gesù (Giovanni veniva così a essere imparentato con la Madre di Dio, di cui era nipote).
In tal modo, ai piedi della croce, insieme a Giovanni stava anche sua madre, e tanto più eloquenti e significative risuonarono le parole di Cristo, che in presenza della madre carnale, di sangue, lo affidavano alla Propria Madre, come in una nuova nascita spirituale, in una incorporazione alla Chiesa: «Gesù, vedendo la Madre e lì accanto a Lei il discepolo che egli amava, disse alla Madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua Madre". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (19, 26-27).
Il significato primo e più immediato di questo racconto è l'espressione dell'amore e della trepidazione per la Madre, che Egli sembra affidare alla sollecitudine filiale dell'apostolo prediletto, innalzandolo così al di sopra di tutti gli altri apostoli (non escluso colui che ne rappresentava l'autorità suprema), che non risultano presenti a questo avvenimento. Non è qui tanto raffigurato l'accostamento delle maternità delle due madri, Maria e Salome, quanto, al contrario, la loro contrapposizione e separazione, che tacitamente vien proposta alla madre naturale e che essa, evidentemente, accetta con rassegnazione. Anche dopo la morte di Cristo Gli resterà fedele, «osservando da lontano» (Mt 27,56).
Cristo vede in Maria in primo luogo la Propria Madre, accanto al discepolo prediletto, e a essi si rivolge. Tuttavia questo appello ha un'eco particolare: è lo stesso «Donna», che aveva pronunciato alle nozze di Cana in Galilea: si rinnovano le stesse nozze ecclesiali. Non si può penetrare tutta la profondità e la portata di questo «Donna», nell'uno come nell'altro caso, ma il suo significato principale resta lo stesso: «Donna» significa Chiesa, la Madre di Dio come cuore e centro della Chiesa, suo principio personale. In quanto tale Essa è Madre della Chiesa, e ad Essa, in seno alla Chiesa, viene donato come figlio il discepolo prediletto. Queste parole dovettero certamente rimanere impresse a fuoco nella memoria del figlio e della Madre, e rappresentano l'anima, il cuore del vangelo mariano che è racchiuso in queste poche parole. Queste parole sembrano segnare la consacrazione di Maria alla dignità di Chiesa, attraverso la chiamata misteriosa dello Spirito Santo, che all'inizio era disceso su di Lei nell'Annunciazione rendendola Madre di Dio, e ora genera in Lei la Chiesa, il mistero della divina Maternità ecclesiale. L'adozione di Giovanni a figlio della Madre di Dio si riferisce innanzitutto personalmente a lui, il primo nell'amore di Cristo, ma si dilata anche a tutti coloro che amano Cristo e credono in Lui.
Dalla laconicità delle sue parole, oltre che dal loro profondo significato, si apprende un tratto della Grande Silente, nella sua, «umiltà».
Ai piedi della croce, Essa rimane in silenzio, continuando a tacere anche in risposta alle parole del Figlio. Ma questo silenzio è più espressivo, forte, eloquente di qualunque parola, perché esprime l'opera suprema: Maria, Madre di Cristo, diventa Madre della Chiesa. In questa veste Essa è presente alla generazione della Chiesa universale durante la Pentecoste, alla discesa dello Spirito Santo, insieme ai discepoli.
Sergij Bulgakov
(in L’Altra Europa, anno XIII, luglio-agosto 1988, pp. 31-36)