Formazione Religiosa

Sabato, 26 Aprile 2014 16:20

La vita eterna (Carlo Ghidelli)

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Indubbiamente la nostra fede nella vita eterna è basata sulla verità della risurrezione di Gesù dai morti. È, questa, una delle certezze che hanno accompagnato i cristiani, fin dall'inizio della loro storia.

In un recente saggio il poeta italiano Guzzi propone alcune riflessioni sulla perdita del nesso consapevole fra la vita e lo spazio aperto all'eternità. Condivido pienamente l'opinione ed è questo uno dei motivi per i quali ci sentiamo stimolati a meditare su quello che costituisce l'ultimo articolo del Credo: la vita eterna.
Va detto subito che l'espressione, nella sua astrattezza, potrebbe far pensare a qualcosa di evanescente: nulla di più errato. Come vedremo esaminando alcune pagine bibliche, nella fede noi non aspettiamo qualcosa come un luogo e come un premio, bensì qualcuno, anzi uno che solo può esaudire tutte le nostre attese.

Cristo è veramente risorto.

Indubbiamente la nostra fede nella vita eterna è basata sulla verità della risurrezione di Gesù dai morti. È, questa, una delle certezze che hanno accompagnato i cristiani, fin dall'inizio della loro storia, e Paolo ne è testimone fedele. Con uno stile personalissimo e con un tono un po' polemico, ecco quanto egli scrive ai cristiani di Corinto: «Vi ho trasmesso dunque anzitutto quello che anch'io ho ricevuto, che cioè Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato secondo le Scritture. [...] Così predichiamo e così avete creduto» (1 Cor 15,3-21).
Non si accontenta, l'Apostolo, di affermare la sua fede nella risurrezione di Cristo. Ma aggiunge subito: «Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come, infatti, in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita». E poi, ragionando quasi per absurdum, scrive: «Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. [...] Siamo da commiserare più di tutti gli uomini». Chi professa la sua fede nella vita eterna non può non includere la certezza che Cristo è risorto.

Una promessa verso cui tendere.

Nel racconto evangelico del giovane ricco troviamo due espressioni di Gesù relative alla vita eterna, che meritano tutta la nostra attenzione (vedi Mt 19,16-29). Al giovane che gli chiede: «Maestro, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna», prima Gesù propone l'osservanza dei comandamenti; poi, incalzato da un'altra domanda, afferma: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». La vita eterna per Gesù è un tesoro da ricercare, da conseguire, da meritare. Poi, all'apostolo Pietro, che gli chiede: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito: che cosa dunque ne avremo?».
Gesù risponde: «In verità ti dico: voi che mi avete seguito, nella nuova generazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. Chiunque avrà lasciato casa o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». Gesù non parla solo di "vita eterna”, ma anche di "nuova generazione" e sembra che Gesù prometta ai dodici la partecipazione al giudizio escatologico, mentre in Lc 22,28-30 sembra che Gesù prometta una partecipazione dei dodici alla regalità di Gesù sul popolo di Dio. In ambedue i casi si tratta sempre di una pro messa divina che riguarda il tempo futuro, quello in cui saremo resi partecipi della gloria di Dio, saremo ammessi a condividere la vita di Dio.

E così saremo sempre con il Signore.

Quello che l'apostolo Paolo scrive ai cristiani della comunità di Tessalonica (vedi 1Ts 4,9-18) è esattamente ciò che noi intendiamo quando professiamo la nostra fede ne "la vita eterna". Esortando i Tessalonicesi all'amore fraterno e a «lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato», Paolo rinnova il suo atto di fede in Gesù morto e risorto e poi afferma che i cristiani morti parteciperanno alla venuta del Signore. La loro risurrezione è perciò intesa. Poi, ecco come descrive questo evento finale della storia della salvezza: «Poiché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, scenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti saremo rapiti insieme con loro sulle nubi, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore». Questa è la vita eterna: un «andare incontro al Signore» e uno «stare sempre con il Signore». Se la fede fa vivere il cristiano in Cristo, la risurrezione fa di lui un essere con Cristo. Paolo usa queste preposizioni in e con per sottolineare il progresso della comunione con il Signore, del quale si attende la venuta. Se lo si aspetta, è perché la vita in Cristo è solo un germe, un inizio di quella che sarà la vita con Cristo, in comunione con il Signore, vincitore della morte e del male

Carlo Ghidelli

(da Vita Pastorale, n. 7, 2013, p. 31)

 

Letto 2179 volte Ultima modifica il Sabato, 26 Aprile 2014 16:39
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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