Introduzione
1. All’inizio del terzo millennio, noi rendiamo grazie a Dio Padre per le molte benedizioni del creato, e al Signore nostro Gesù Cristo per il dono della salvezza, e innalziamo la nostra preghiera allo Spirito Santo affinché ci fortifichi e ci guidi nel compiere tutto quello che il Signore ci ha comandato. Nel discernere i segni dei tempi, rileviamo il forte incremento dell’emigrazione tra i popoli delle Americhe, e in questo non vediamo che una delle manifestazioni di un fenomeno di dimensioni planetarie – spesso definito globalizzazione – che porta con sé grandi promesse insieme a molteplici sfide.
2. Noi esprimiamo due conferenze episcopali ma siamo una sola Chiesa, unita nella convinzione che la migrazione tra le nostre due nazioni sia necessaria e benefica. Nello stesso tempo, alcuni aspetti dell’esperienza dei migranti sono lontani dalla visione del regno di Dio che Gesù ha annunciato: molte persone che cercano di migrare soffrono e, in alcuni casi, muoiono tragicamente; i diritti umani vengono violati; le famiglie vengono tenute separate, e permangono atteggiamenti razzisti e xenofobi.
3. Il 23 gennaio 1999, nella basilica di Nostra Signora di Guadalupe, papa Giovanni Paolo II presentava la sua esortazione apostolica Ecclesia in America, scaturita dal Sinodo dei vescovi d’America. (1) Nello spirito della solidarietà ecclesiale avviato in quel sinodo e promosso nella Ecclesia in America, e consci della realtà della migrazione che le nostre due nazioni stanno vivendo, noi vescovi del Messico e degli Stati Uniti cerchiamo di rendere i nostri popoli consapevoli della misteriosa presenza del Signore crocifisso e risorto nella persona del migrante e di rinnovare in essi i valori del regno di Dio che egli ha annunciato.
4. Come pastori di più di 90 milioni di cattolici messicani e di 65 milioni di cattolici statunitensi, siamo quotidianamente testimoni delle conseguenze umane della migrazione nella vita della società. Siamo testimoni della vulnerabilità della nostra gente, coinvolta in tutti gli aspetti del fenomeno della migrazione, dalle famiglie devastate dalla perdita dei propri cari che hanno intrapreso tale via ai figli lasciati soli quando i genitori vengono loro portati via. Vediamo gli sforzi dei proprietari terrieri e delle forze dell’ordine che cercano di preservare il bene comune senza violare la dignità del migrante. E condividiamo la sollecitudine di coloro che forniscono servizi di carattere sociale e religioso, che tentano di dare risposta al migrante che bussa alla porta, senza violare la legge civile.
5. Nelle nostre parrocchie e nelle nostre comunità abbiamo emigranti e immigrati. In entrambi i nostri paesi vediamo molta ingiustizia e violenza contro di loro e molta sofferenza e disperazione in mezzo a loro, perché le strutture civili ed ecclesiali sono ancora inadeguate a soddisfare le loro necessità fondamentali.
6. Noi ci giudichiamo, come comunità di fede, dal modo in cui trattiamo i più vulnerabili tra noi. Il trattamento dei migranti sfida le coscienze dei rappresentanti eletti, dei politici, delle forze dell’ordine, dei residenti delle comunità di frontiera e di coloro che forniscono assistenza legale e servizi sociali, molti dei quali professano la nostra stessa fede cattolica.
7. Nel preparare questo documento abbiamo parlato con migranti, pubblici ufficiali, forze dell’ordine, attivisti nel campo della giustizia sociale, pastori, parrocchiani e responsabili di comunità sia negli Stati Uniti sia in Messico, e questa indagine conoscitiva ha fatto parte di un processo che è durato due anni. Il nostro dialogo ha evidenziato il desiderio comune di un sistema più regolamentato, capace di conciliare la realtà della migrazione e una corretta applicazione della legge civile. Noi cerchiamo di confrontare gli interessi di tutte le parti in causa nel fenomeno migratorio con gli orientamenti della dottrina sociale cattolica e di offrire un riferimento morale per accogliere, e non rifiutare, la realtà dell’emigrazione tra le nostre due nazioni. Invitiamo i cattolici e le persone di buona volontà di ambedue le nazioni a esercitare la loro fede e a usare le loro risorse e i loro doni per dare veramente il benvenuto allo straniero tra noi (cf. Mt 25,35).
8. Negli anni recenti, dei segni di speranza si sono andati manifestando nel fenomeno migratorio sia nel Messico sia negli Stati Uniti: una crescente consapevolezza dei migranti come soggetti detentori di fede e di cultura; una disponibilità all’ospitalità e all’offerta di servizi sociali, tra cui i centri di accoglienza per gli immigrati; una rete in continua crescita di sostenitori dei diritti degli emigranti e degli immigrati; sforzi più organizzati per l’accoglienza e la comunione interculturale; l’approfondimento di una coscienza sociale; e un maggior riconoscimento da parte di entrambi i governi dell’importanza del problema della migrazione. Ciascuna delle nostre conferenze episcopali si è espressa con grande urgenza per incoraggiare questi segni di speranza. (2) Ribadiamo il nostro apprezzamento per le manifestazioni d’impegno nella solidarietà – e incoraggiamo tali manifestazioni – secondo la visione ispirata dalla Ecclesia in America.
9. Ci rivolgiamo agli emigranti che sono costretti a lasciare le proprie terre per provvedere alle loro famiglie o per sfuggire alla persecuzione. Noi siamo solidali con voi. Ci impegniamo nella cura pastorale nei vostri confronti e lavoriamo per operare cambiamenti in quelle strutture ecclesiali e sociali che vi impediscono di esercitare la vostra dignità e di vivere come figli di Dio.
10. Ci rivolgiamo all’autorità civile di entrambe le nazioni, da coloro che detengono gli uffici più alti a coloro che incontrano il migrante quotidianamente. Esprimiamo un ringraziamento ai presidenti delle nostre nazioni per il dialogo che hanno avviato nello sforzo di umanizzare il fenomeno migratorio.
11. Ci rivolgiamo a coloro che stanno al governo di entrambi i paesi, che mettono in pratica e danno applicazione alle leggi sull’immigrazione.
12. Infine, ci rivolgiamo ai popoli degli Stati Uniti e del Messico. Le nostre due nazioni sono oggi più interdipendenti di quanto lo siano mai state prima nella nostra storia, condividendo valori sociali e culturali, interessi comuni e comuni speranze per il futuro. Le nostre nazioni hanno una singolare opportunità di agire come autentici vicini e di lavorare insieme per costruire un sistema d’immigrazione più giusto e generoso.
I. L’America: una storia comune di migrazione e una comune fede in Gesù Cristo
13. L’America è un continente nato da popoli immigrati che vennero ad abitare queste terre e che da Nord a Sud diedero origine a nuove civiltà. Nel corso della sua storia il continente ha sofferto a seguito dell’espansione di altri popoli che vennero per conquistare e colonizzare queste terre, cacciando ed eliminando intere popolazioni e persino costringendo milioni di persone e di famiglie sconosciute a venire dall’Africa come schiavi.
14. Fu proprio all’interno dei contesti storici di tali movimenti, forzati o spontanei, che la fede in Cristo penetrò in queste terre e si estese in tutto il continente. La fede in Cristo, quindi, ha forgiato «la fisionomia religiosa americana, segnata dai valori morali che, anche se non sempre vissuti coerentemente e in alcune occasioni messi in discussione, possono considerarsi in un certo modo patrimonio di tutti gli abitanti dell’America, anche di coloro che esplicitamente non vi si riconoscono» (Ecclesia in America, n. 14; EV 18/46).
15. Il nostro continente ha ripetutamente accolto immigrati, rifugiati, esuli e perseguitati di altre terre. Fuggendo dall’ingiustizia e dall’oppressione e in cerca di libertà e dell’opportunità di ottenere una vita degna, molti hanno trovato lavoro, casa, sicurezza, libertà e maggior benessere per sé e le proprie famiglie. I nostri paesi hanno in comune questa esperienza di immigrazione, anche se con espressioni diverse e in gradi diversi.
16. Fin dalle sue origini, la nazione messicana ha avuto una storia segnata da incontri tra popoli che, provenendo da terre diverse, l’hanno trasformata e arricchita. Fu l’incontro tra spagnoli e indigeni a dare inizio alla nazione messicana, con un travaglio che fu pieno del dolore e della gioia che la lotta per la vita comporta. Oltre a questo, immigrati da tutti i continenti hanno partecipato alla nascita del Messico; essi continuano a farlo ora e continueranno negli anni a venire. Il Messico non è solo un paese di emigranti, ma è anche un paese di immigrati che vengono a ricostruire da capo la loro vita. È importante ricordare le esperienze difficili che molti nostri fratelli e sorelle vivono come stranieri in una nuova terra, ed è importante dare il benvenuto a coloro che vengono per stare tra noi.
17. Sin dalla loro fondazione, gli Stati Uniti hanno ricevuto da tutto il mondo immigrati, che hanno trovato opportunità e un asilo sicuro in una nuova terra. Il lavoro, i valori e la fede di immigrati provenienti da tutto il mondo hanno trasformato gli Stati Uniti da un gruppo eterogeneo di coloni in una delle prime democrazie nel mondo odierno. Dalla loro fondazione a oggi, gli Stati Uniti rimangono una nazione di immigrati radicati nella salda convinzione che i nuovi venuti possano offrire energia nuova, speranza e diversità culturale.
18. Al giorno d’oggi, l’interdipendenza e l’integrazione dei nostri due popoli sono evidenti. Secondo le statistiche ufficiali degli USA, circa 800.000 messicani entrano negli Stati Uniti ogni giorno. (3) In anni recenti gli investimenti transfrontalieri tra Stati Uniti e Messico hanno raggiunto livelli senza precedenti. Inoltre, ogni anno gli Stati Uniti accolgono nel paese come residenti legali permanenti tra i 150.000 e i 200.000 messicani, che equivalgono al 20% circa del numero totale dei residenti legali permanenti ammessi ogni anno. (4) Un numero notevole di cittadini statunitensi vive, lavora e, una volta in pensione, va a stabilirsi in Messico. In aggiunta a questa attuale interdipendenza, Messico e Stati Uniti sono stati legati storicamente da vincoli spirituali.
19. La nostra comune fede in Gesù Cristo ci muove alla ricerca di vie che promuovano uno spirito di solidarietà. È una fede che trascende le frontiere e che ci stimola a superare tutte le forme di discriminazione e di violenza, così che possiamo costruire rapporti che siano giusti e ispirati dall’amore.
20. Alla luce dell’apparizione di Nostra Signora di Guadalupe ai più piccoli dei suoi figli, che erano altrettanto impotenti della maggior parte dei migranti oggi, il passato e il presente del nostro continente ricevono un significato nuovo. Fu a san Juan Diego che la Madonna chiese di costruire un tempio, così che in esso lei potesse manifestare il suo amore, la sua compassione, il suo aiuto e la sua protezione a tutti i suoi figli, specialmente ai più piccoli. (5) Da allora, nella sua basilica e al di là dei suoi muri, ella ha portato tutti i popoli d’America a celebrare alla mensa del Signore, dove tutti i suoi figli possono partecipare e godere dell’unità del continente nella diversità dei suoi popoli, delle sue lingue e delle sue culture (Ecclesia in America, n. 11; EV 18/39s).
21. Come papa Giovanni Paolo II ha scritto nella Ecclesia in America: «Il continente americano ha conosciuto nella sua storia molti movimenti di immigrazione, con schiere di uomini e di donne giunti nelle varie regioni con la speranza di un futuro migliore. Il fenomeno continua anche oggi e interessa, in particolare, numerose persone e famiglie provenienti da nazioni latino-americane, che si sono stanziate nelle regioni del Nord del continente, fino a costituire in alcuni casi una parte considerevole della popolazione. Spesso esse recano con sé un patrimonio culturale e religioso ricco di significativi elementi cristiani. La Chiesa è consapevole dei problemi suscitati da questa situazione ed è impegnata a sviluppare con ogni sforzo la propria azione pastorale tra tali immigrati, per favorire l’insediamento nel territorio e per suscitare allo stesso tempo un atteggiamento di accoglienza da parte delle popolazioni locali, nella convinzione che dalla mutua apertura deriverà un arricchimento per tutti» (Ecclesia in America, n. 65; EV 18/157).
II. Riflessioni alla luce della parola di Dio e della dottrina sociale cattolica
La migrazione alla luce della parola di Dio
22. La parola di Dio e la dottrina sociale cattolica che essa ispira illuminano una concezione – che è fondamentalmente piena di speranza – che riconosce le luci e le ombre che fanno parte delle dimensioni etiche, sociali, politiche, economiche e culturali delle migrazioni tra i nostri due paesi. La parola di Dio e la dottrina sociale cattolica portano anche a illuminare le cause che danno origine alle migrazioni, come pure le loro conseguenze sulle comunità di origine e di destinazione.
23. Queste luci e ombre sono viste nella fede come parte delle dinamiche della creazione e della grazia da un lato, e del peccato e della morte dall’altro, che formano lo scenario di tutta la storia della salvezza.
Antico Testamento
24. Anche nelle aspre storie di migrazione, Dio è presente e si manifesta. Abramo uscì dalla sua terra, rispondendo con la fede alla chiamata di Dio (Gen 12,1). Egli e Sara offrirono una generosa ospitalità ai tre forestieri, che in realtà erano una manifestazione del Signore, e questo divenne un paradigma della risposta che i discendenti di Abramo devono dare agli stranieri. La grazia di Dio si aprì un varco anche in situazioni di peccato nella migrazione forzata dei figli di Giacobbe: Giuseppe, venduto come schiavo, alla fine divenne il salvatore della sua famiglia (Gen 37,45) – una figura di Gesù che, tradito da un amico per trenta denari d’argento, salvò la famiglia umana.
25. Gli eventi chiave nella storia del popolo eletto ridotto in schiavitù dagli egiziani e liberato da Dio portarono ai comandamenti riguardanti gli stranieri (Es 23,9; Lv 19,33). Il comportamento di Israele verso gli stranieri è sia un’imitazione di Dio sia la manifestazione veterotestamentaria primaria e specifica del grande comandamento dell’amore del prossimo: «perché il Signore vostro Dio è il (…) Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto» (Dt 10,17-19). Per gli israeliti, questi precetti non furono solo esortazioni personali: l’accoglienza e la sollecitudine per il forestiero erano strutturate nelle loro leggi sulla spigolatura e sul pagamento delle decime (Lv 19,9-10; Dt 14,28-29).
Nuovo Testamento
26. Richiamando la migrazione del popolo eletto dall’Egitto, gli stessi Gesù, Maria e Giuseppe furono rifugiati in Egitto: «Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio» (Mt 2,15). Se si prende spunto da questo racconto, la sacra Famiglia è diventata una figura con cui i migranti e i rifugiati cristiani di tutte le epoche possono identificarsi, traendone speranza e coraggio nei momenti difficili.
Anche san Matteo descrive la misteriosa presenza di Gesù nei migranti, cui spesso manca da mangiare e da bere e che sono detenuti in carcere (Mt 25,35-36). Il «Figlio dell’uomo» che «verrà nella sua gloria» (Mt 25,31) giudicherà i suoi discepoli in base al modo con cui essi avranno risposto a coloro che sono in tale bisogno: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
27. Il Cristo risorto comandò ai suoi apostoli di annunciare il suo messaggio a tutte le nazioni e di attirarle mediante la fede e il battesimo nella vita di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo (Mt 28,16-20). Il Cristo risorto suggellò questo comando inviando lo Spirito Santo (At 2,16-20). Il trionfo della grazia nella risurrezione di Cristo innesta la speranza nei cuori di tutti i credenti, e lo Spirito opera nella Chiesa per unire tutti gli uomini di tutte le razze e le culture nell’unica famiglia di Dio (Ef 2,17-20).
Lo Spirito Santo è stato presente lungo tutta la storia della Chiesa per operare contro l’ingiustizia, la divisione e l’oppressione e per promuovere il rispetto dei diritti umani individuali, l’unità di razze e di culture e l’incorporazione dei migranti nella vita piena della Chiesa. In tempi moderni, uno dei modi in cui quest’opera dello Spirito è stata resa manifesta è la dottrina sociale cattolica, in particolare gli insegnamenti sulla dignità umana e il principio della solidarietà.
La migrazione alla luce della dottrina sociale cattolica
28. La dottrina cattolica ha una lunga e ricca tradizione nella difesa del diritto di migrare. Fondata sulla vita e gli insegnamenti di Gesù, la dottrina della Chiesa ha fornito la base per lo sviluppo di principi fondamentali riguardanti il diritto di migrare per coloro che cercano di esercitare i diritti umani che sono stati dati loro da Dio. La dottrina cattolica afferma anche che le cause che stanno alla radice della migrazione – povertà, ingiustizia, intolleranza religiosa, conflitti armati – devono essere affrontate così che i migranti possano restare nei propri paesi d’origine e provvedere alle proprie famiglie.
29. In tempi moderni, questa dottrina è stata ampiamente sviluppata in risposta al fenomeno della migrazione, che ha assunto proporzioni planetarie. Papa Pio XII riafferma l’impegno della Chiesa nella sollecitudine verso i pellegrini, i forestieri, gli esuli e i migranti di ogni genere nella sua costituzione apostolica Exsul familia, asserendo che tutti gli uomini hanno il diritto a condizioni degne di una vita umana e, se queste condizioni non sono presenti, il diritto a migrare. «Si riconosce, dunque, in conformità con gli insegnamenti della [enciclica] Rerum novarum, il diritto della famiglia a una [vita degna della dignità umana]. (6) Quando questo accade, la migrazione raggiunge le sue dimensioni normali come l’esperienza spesso mostra». (7)
30. Pur riconoscendo il diritto dello stato sovrano di controllare le proprie frontiere, la Exsul familia stabilisce anche che questo diritto non è assoluto, affermando che i bisogni degli immigrati devono essere misurati in rapporto ai bisogni dei paesi riceventi: «Dato che la terra dovunque offre la possibilità di sostenere un alto numero di persone, la sovranità dello stato, anche se deve essere rispettata, non può essere esagerata al punto che l’accesso a questa terra venga, per ragioni inadeguate o ingiustificate, negato alle persone bisognose e provenienti da altre nazioni, a condizione, naturalmente, che la ricchezza pubblica, valutata con molta attenzione, non lo proibisca». (8)
Nella sua fondamentale enciclica Pacem in terris, il beato papa Giovanni XXIII estende il diritto a migrare includendovi anche il diritto a non dover emigrare: «Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; e ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse». (9) Papa Giovanni XXIII, tuttavia, pone dei limiti all’immigrazione, quando, cioè, vi siano «legittimi interessi» per farlo. Nondimeno, egli ha sottolineato l’obbligo degli stati sovrani di promuovere il bene universale ove possibile, compreso l’obbligo di favorire i flussi migratori. Più una nazione è potente, maggiore è il suo obbligo.
31. La Chiesa ha anche riconosciuto la condizione dei rifugiati e dei richiedenti asilo, che si sottraggono alla persecuzione. Nella sua lettera enciclica Sollicitudo rei socialis, Giovanni Paolo II fa riferimento alla crisi mondiale dei rifugiati come all’«acuirsi di una piaga». (10) Nel suo messaggio quaresimale del 1990, papa Giovanni Paolo II elenca i diritti dei rifugiati, tra cui il diritto di essere ricongiunti con le proprie famiglie e il diritto a un lavoro dignitoso e a una giusta retribuzione. Il diritto di asilo non dovrebbe essere mai negato qualora la vita delle persone sia veramente minacciata nel loro paese. (11)
32. Papa Giovanni Paolo II affronta anche l’argomento più controverso della migrazione clandestina e del migrante clandestino. Nel suo messaggio del 1995 per la giornata mondiale delle migrazioni egli osserva che tali migranti vengono usati dalle nazioni sviluppate come una fonte di manodopera. In ultima analisi, dice il papa, l’eliminazione del sottosviluppo mondiale è l’antidoto all’immigrazione illegale. (12) L’Ecclesia in America, che si concentra sulla Chiesa nel Nord e nel Sud America, ribadisce i diritti dei migranti e delle loro famiglie e il dovere del rispetto per la dignità umana «anche nei casi di immigrazioni non legali». (13)
33. Entrambe le nostre conferenze episcopali hanno ripreso la ricca tradizione degli insegnamenti della Chiesa relativi all’emigrazione. (14) Da questi insegnamenti emergono cinque principi, che guidano la concezione della Chiesa sui problemi delle migrazioni.
I. Le persone hanno il diritto di trovare opportunità nella propria patria
34. Tutte le persone hanno il diritto di trovare nel proprio paese le opportunità economiche, politiche e sociali per vivere dignitosamente e ottenere una vita pienamente umana mediante i doni dati loro da Dio. In questo contesto, il lavoro che fornisca un giusto mezzo di sostentamento è un bisogno umano fondamentale.
II. Le persone hanno il diritto di emigrare per mantenere sé stesse e le loro famiglie
35. La Chiesa riconosce che tutti i beni della terra appartengono a tutti gli uomini. (15) Quando le persone non riescono a trovare lavoro nel proprio paese d’origine per mantenere sé stesse e le loro famiglie, hanno il diritto di cercare lavoro altrove per sopravvivere. Le nazioni sovrane dovrebbero offrire dei modi per soddisfare questo diritto.
III. Le nazioni sovrane hanno il diritto di controllare le proprie frontiere
36. La Chiesa riconosce il diritto delle nazioni sovrane di controllare i propri territori ma disconosce tale controllo quando esso venga esercitato semplicemente allo scopo di acquisire ulteriore ricchezza. Le nazioni che sono economicamente più potenti, che hanno la capacità di proteggere e nutrire i propri cittadini, hanno un obbligo più cogente di aprirsi ai flussi migratori.
IV. Si dovrebbe offrire protezione ai rifugiati e ai richiedenti asilo
37. Coloro che fuggono dalle guerre e dalla persecuzione dovrebbero essere protetti dalla comunità internazionale. Questo implica, come minimo, che ai migranti sia riconosciuto il diritto di dichiarare il proprio status di rifugiati senza rischiare il carcere e che queste loro dichiarazioni siano prese pienamente in considerazione da un’autorità competente.
V. La dignità e i diritti umani dei clandestini vanno rispettati
38. Indipendentemente dal loro status giuridico, i migranti, come tutte le persone, possiedono una dignità umana intrinseca che deve essere rispettata. Spesso sono soggetti a leggi punitive e a un trattamento oppressivo da parte delle forze dell’ordine sia dei paesi di destinazione sia di quelli di transito. Sono necessarie delle politiche statali che rispettino i diritti umani fondamentali dei clandestini.
39. La Chiesa riconosce il diritto di uno stato sovrano di controllare le proprie frontiere per perseguire il bene comune. Essa riconosce anche il diritto delle persone a emigrare così da poter esercitare pienamente i diritti dati da Dio. Questi insegnamenti sono tra loro complementari. Anche se lo stato sovrano può imporre limiti ragionevoli all’immigrazione, non si serve il bene comune quando i diritti umani fondamentali dell’individuo vengono violati. Nell’attuale condizione del mondo, in cui la povertà globale e la persecuzione sono dilaganti, il presupposto è che le persone devono poter migrare per mantenere e proteggere sé stesse, e le nazioni che sono in grado di riceverle lo devono fare nei limiti del possibile. È in questa ottica che noi consideriamo l’attuale realtà migratoria tra gli Stati Uniti e il Messico.
III. Sfide e risposte pastorali
Verso la conversione
40. La nostra preoccupazione di pastori per la dignità e i diritti dei migranti si estende tanto alle risposte pastorali quanto alle questioni di politica pubblica. La Chiesa nei nostri due paesi viene continuamente provocata a vedere il volto di Cristo, crocifisso e risorto, nello straniero. L’intera Chiesa è provocata a vivere l’esperienza dei discepoli sulla strada per Emmaus (Lc 24,13-25), quando vengono convertiti a essere testimoni del Signore risorto solo dopo averlo accolto come straniero. La fede nella presenza di Cristo nel migrante induce a una conversione della mente e del cuore, che porta a un rinnovato spirito di comunione e alla creazione di strutture di solidarietà per accompagnare il migrante. Parte del processo di questa conversione della mente e del cuore si trova a misurarsi con atteggiamenti di superiorità culturale, di indifferenza e di razzismo; deve apprendere l’accoglienza dei migranti non come se fossero stranieri estranei, terroristi o minacce economiche, ma piuttosto persone con una dignità e dei diritti, che rivelano la presenza di Cristo; e deve riconoscere i migranti come portatori di profondi valori culturali e di ricche tradizioni di fede. Coloro che, a ogni livello, hanno responsabilità di guida della Chiesa sono esortati a trasmettere questo insegnamento e a dare formazione sul fenomeno della migrazione, sulle sue cause e il suo impatto nel mondo. Questa formazione deve essere fondata sulle Scritture e sulla dottrina sociale.
Verso la comunione
41. La conversione della mente e del cuore porta alla comunione espressa mediante l’ospitalità da parte delle comunità riceventi e mediante un senso di appartenenza e di benvenuto da parte dei loro membri. Il Nuovo Testamento spesso ricorda che l’ospitalità è una virtù necessaria per tutti i seguaci di Gesù. Molti immigrati, avvertendo il rifiuto o l’indifferenza delle comunità cattoliche, hanno cercato conforto al di fuori della Chiesa. Essi sperimentano la triste sorte di Gesù, com’è scritto nel Vangelo di san Giovanni: «Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11). L’obbligo di dare ospitalità e di creare un senso di appartenenza riguarda la Chiesa a ogni livello, come papa Giovanni Paolo II disse nel suo messaggio annuale per la Giornata mondiale delle migrazioni del 1993: «Le famiglie dei migranti (...) devono poter trovare dappertutto, nella Chiesa, la loro patria». (16)
42. Noi vescovi abbiamo la responsabilità primaria di promuovere lo spirito di ospitalità e di comunione, esteso ai migranti che sono di passaggio o agli immigrati che vengono a risiedere nel territorio.
– Esortiamo i pastori e i laici responsabili ad assicurare assistenza alle famiglie migranti o immigrate.
– Sollecitiamo le comunità a offrire alle famiglie migranti ospitalità, non ostilità, durante il loro viaggio.
– Raccomandiamo alle comunità ecclesiali che hanno istituito centri di accoglienza per gli immigrati di fornire appropriati servizi sociali e pastorali ai migranti.
– Incoraggiamo i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà a lavorare insieme con la comunità per affrontare le cause della migrazione clandestina e a difendere i diritti umani di tutti i migranti.
– Esortiamo le Chiese locali ad aiutare i nuovi venuti a integrarsi secondo modalità che siano rispettose, che onorino le loro culture e che siano rispondenti ai loro bisogni sociali, così da produrre un arricchimento reciproco della Chiesa locale.
– Chiediamo che una speciale attenzione sia rivolta ai bambini e ai giovani migranti o immigrati poiché essi stanno tra due culture, specialmente offrendo loro opportunità di gestire e servire la comunità e incoraggiando tra loro le vocazioni.
– La Chiesa da entrambe le parti della frontiera deve destinare risorse per la cura pastorale ai migranti che sono detenuti o incarcerati. La presenza della Chiesa all’interno degli istituti di detenzione rappresenta un modo essenziale per occuparsi delle violazioni dei diritti umani di cui i migranti possono essere vittime quando sono arrestati.
– Incoraggiamo le diocesi locali a finanziare servizi sociali adeguati per migranti e immigrati, in grado di garantire in particolare i servizi legali.
– In molte diocesi rurali, il luogo primario di assistenza pastorale per lavoratori agricoli è il campo degli immigrati, situato solitamente a una notevole distanza dalla parrocchia. In questo contesto incoraggiamo i parrocchiani locali a essere preparati come missionari inviati nelle case, e i migranti stessi a essere preparati come catechisti e collaboratori della missione.
Verso la solidarietà
43. L’edificazione di comunità con i migranti e i nuovi immigrati porta a un crescente senso di solidarietà. Il vescovo, come pastore della Chiesa locale, deve fare da guida a sacerdoti, diaconi, religiosi e fedeli nella promozione della giustizia e nella denuncia dell’ingiustizia verso i migranti e gli immigrati, difendendo coraggiosamente i loro diritti umani fondamentali. Questo deve valere sia per le Chiese di partenza sia per quelle riceventi. Come lievito nella società, gli operatori pastorali possono essere strumenti di pace e di giustizia per promuovere un cambiamento strutturale ,rendendo i legislatori e altre autorità civili consapevoli di quello che essi vedono nella comunità.
44. La Chiesa deve incoraggiare questi sforzi ad ampio raggio per offrire sia una rete completa di servizi sociali sia assistenza legale per le famiglie migranti. Un’altra importante risorsa che queste comunità possono offrire ai migranti, specialmente a coloro che cercano asilo o il ricongiungimento familiare, è l’assistenza legale gratuita o accessibile a tutti. Un invito particolare è rivolto agli avvocati di entrambi i nostri paesi perché assistano singoli individui e famiglie mentre percorrono il difficile processo dell’immigrazione, e difendano i diritti umani dei migranti, specialmente di coloro che sono in stato di detenzione. Le parrocchie devono cooperare per fornire servizi adeguati nella comunità, facendo ogni sforzo per invitare i parrocchiani che hanno una particolare competenza (avvocati, medici, assistenti sociali) a prestare generosamente la loro assistenza dovunque possano.
La cura pastorale all’inizio, in transito e a destinazione
45. La realtà della migrazione, specialmente quando il viaggio comporta attraversamenti clandestini delle frontiere, è spesso piena di incertezze e anche di pericoli. Quando i migranti lasciano le loro case, si deve offrire assistenza pastorale per aiutarli a comprendere meglio questa realtà e a considerare opzioni alternative, comprese informazioni sui mezzi legali d’immigrazione a loro disposizione.
46. Durante il viaggio e nei punti di arrivo si devono fornire libri di preghiere e guide ai servizi religiosi e sociali. Bisogna ricordare ai migranti il proprio ruolo di evangelizzatori: essi hanno cioè la capacità di evangelizzare altri con la testimonianza quotidiana della loro vita cristiana. Un particolare incoraggiamento deve essere dato ai migranti a essere fedeli alle proprie spose e alle famiglie e in tal modo vivere appieno il sacramento del matrimonio. È anche necessario dare assistenza alla famiglia che è stata lasciata. L’emigrazione, in certe condizioni, può avere un effetto devastante sulle famiglie; a volte, interi villaggi vengono privati dei loro giovani.
47. Le diocesi del Messico e degli Stati Uniti devono cooperare per offrire una presenza sacramentale ai migranti. L’ideale sarebbe che le parrocchie locali assicurassero che coloro che si spostano possano fruire di una preparazione sacramentale, provvedendo in modo speciale a loro data la precarietà e la provvisorietà della loro vita, che li porta a spostarsi dovunque ci sia lavoro. Celebrazioni eucaristiche o liturgie di comunione e il sacramento della riconciliazione devono essere a disposizione dei migranti in luoghi dove essi possano partecipare facilmente, e nei momenti che meglio si confacciano ai lavoratori e alle loro famiglie.
Risposte pastorali collaborative
48. La Ecclesia in America raccomanda la collaborazione tra le conferenze episcopali per offrire risposte pastorali più efficaci. Una collaborazione è tanto più necessaria nello sviluppo di un approccio più sistematico all’accompagnamento ministeriale dei migranti. Il numero di migranti che lasciano l’America centrale e meridionale e il Messico per entrare negli Stati Uniti è così elevato che è necessario uno sforzo di concertazione per preparare sacerdoti, religiosi e responsabili laici che li accompagnino.
49. Nei secoli precedenti, quando immigrati dall’Europa orientale e occidentale vennero a stabilirsi in tutte le regioni del continente americano, la Chiesa in alcuni paesi istituì seminari nazionali per preparare dei sacerdoti a svolgere il loro ministero nelle terre di insediamenti stranieri, specialmente nel Nord e nel Sud America. In altri paesi, la Chiesa sviluppò comunità religiose di uomini e di donne per accompagnare gli emigranti nel loro viaggio, per dare loro assistenza religiosa all’arrivo, e per aiutarli da una posizione avvantaggiata a integrarsi nelle loro nuove case, spesso formando parrocchie nazionali o personali. In altri paesi ancora, la Chiesa ha sviluppato programmi di scambio in cui ci s’impegna a fornire sacerdoti per un periodo da tre a cinque anni. Fino a oggi ci sono stati scambi individuali di sacerdoti tra le diocesi dell’America centrale e meridionale, del Messico e degli Stati Uniti. I vescovi dell’America centrale e meridionale e del Messico hanno visitato le diocesi statunitensi nelle quali questi sacerdoti e il loro popolo sono immigrati, e vescovi statunitensi hanno visitato diocesi nell’America centrale e meridionale e nel Messico, riflettendo l’insegnamento del concilio Vaticano II secondo cui ogni Chiesa locale è missionaria, sia come Chiesa di partenza che come Chiesa che accoglie. Questo scambio ha accresciuto lo spirito di collaborazione incoraggiato dalla Ecclesia in America. Questi sforzi sono stati molto positivi, ma i risultati non sono stati omogenei.
50. Un’attenta e generosa cooperazione tra le diocesi è importante per fornire sacerdoti e religiosi che siano idonei per questo importante ministero. Orientamenti per la loro formazione e la loro accoglienza da parte della diocesi ospitante devono essere elaborati congiuntamente con la diocesi di partenza. Durante la loro permanenza nella diocesi ospitante, sacerdoti e religiosi dall’estero meritano un’ampia e attenta assistenza perché si orientino e una buona accoglienza. In quanto immigrati essi stessi, sperimentano la perdita di un ambiente familiare e di sostegno e devono avere l’aiuto di cui hanno bisogno per adattarsi al nuovo ambiente e alla nuova cultura. Periodicamente, nella misura in cui le risorse lo consentono, essi devono essere incoraggiati a ritornare nelle loro diocesi d’appartenenza o alle loro case-madri, per riposare o per ricongiungersi con le loro comunità.
51. Un passo successivo sarebbe studiare la possibilità di una preparazione più complessiva e l’assegnazione di sacerdoti, religiosi e laici all’accompagnamento pastorale dei migranti. Tale studio da parte dei rappresentanti di entrambe le conferenze episcopali si dovrebbe concentrare su quanto segue:
– i bisogni dei migranti durante il loro viaggio e nei punti di arrivo;
– le diocesi che più hanno bisogno di sacerdoti, religiosi e responsabili laici;
– la possibilità di seminari in Messico per preparare sacerdoti a svolgere il loro ministero negli Stati Uniti;
– l’incarico a comunità religiose di accompagnare i migranti.
Lo studio deve includere anche raccomandazioni sui modi per costruire ponti di scambio tra diocesi e su programmi efficaci per orientare i ministri alla nuova cultura con la quale entreranno in contatto. Questa formazione deve essere un processo integrato di sviluppo umano, arricchimento culturale, acquisizione linguistica, comunicazione interculturale e formazione spirituale. Per andare incontro a questo bisogno fondamentale il più presto possibile, è fortemente incoraggiata la cooperazione con i seminari, le scuole di teologia e gli istituti pastorali esistenti.
Questo studio deve esaminare anche dei modi per aiutare gli immigrati stessi a continuare ad avere un ruolo attivo come responsabili laici nei nuovi contesti sociali in cui si trovano e dei modi per aiutare la Chiesa ricevente a coinvolgerli e incoraggiarli, specialmente coloro che svolgevano il servizio di catechisti e di responsabili di comunità nel paese d’origine. Raccomandiamo che una specifica materia di studio sulla migrazione pastorale o sulla mobilità umana sia inclusa ed entri a far parte del curriculum regolare nei nostri seminari, istituti e case di formazione.
52. Un altro ambito di collaborazione potrebbe essere quello della preparazione di materiali catechetici culturalmente appropriati per braccianti agricoli migranti. Esistono già diversi esempi che riflettono la collaborazione di diocesi che si trovano sia lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico, sia lungo la frontiera tra Messico e Guatemala.
53. Questa collaborazione transfrontaliera ha già conseguito risultati positivi, come lo sviluppo di servizi legali e sociali, la cooperazione con case di accoglienza lungo la frontiera e la pubblicazione di libri di preghiere per il viaggio. Si sono svolti anche incontri di preghiera e celebrazioni comuni sulla frontiera, come le Posadas, le veglie del Venerdì santo e i riti della commemorazione dei defunti per fare memoria di coloro che sono morti.
54. Per sviluppare e continuare la cooperazione tra la Chiesa negli Stati Uniti e nel Messico, noi vescovi incoraggiamo un dialogo costante tra i vescovi e gli operatori pastorali che si trovano nei luoghi di frontiera, gli scambi tra diocesi e incontri regolari tra la Commissione sulla migrazione della Conferenza nazionale dei vescovi USA e la Commissione episcopale per la cura pastorale dei migranti della Conferenza episcopale messicana.
55. La Ecclesia in America ha sintetizzato queste raccomandazioni pastorali così: «Nei confronti dei migranti occorre un comportamento ospitale e accogliente, che li incoraggi a inserirsi nella vita ecclesiale, fatte salve sempre la loro libertà e la loro peculiare identità culturale. A tal fine, risulta quanto mai proficua la collaborazione tra le diocesi da cui essi provengono e quelle in cui sono accolti, anche mediante specifiche strutture pastorali previste nella legislazione e nella prassi della Chiesa. Si può assicurare così una cura pastorale il più possibile adeguata e completa. La Chiesa in America deve essere mossa dalla costante sollecitudine di non far mancare un’efficace evangelizzazione a quanti sono arrivati di recente e ancora non conoscono Cristo» (n. 65; EV 18/159).
IV. Le sfide e le risposte della politica pubblica
56. Tra gli Stati Uniti e il Messico vi è uno speciale rapporto reciproco che richiede un’attenzione particolare sulle preoccupazioni comuni. La realtà della migrazione tra le nostre due nazioni richiede risposte politiche ad ampio raggio da attuarsi all’unisono da parte di entrambi i paesi. L’attuale rapporto è indebolito da politiche incoerenti, divergenti e scoordinate, che in molti casi affrontano solo i sintomi del fenomeno migratorio e non le cause prime.
57. Ora è il momento sia per gli Stati Uniti sia per il Messico di affrontare la realtà della globalizzazione e di lavorare per una globalizzazione della solidarietà. Esortiamo entrambi i governi a cooperare e ad approvare congiuntamente delle politiche che possano creare un largo flusso legale di migranti tra le nostre due nazioni. Entrambi i governi hanno riconosciuto l’integrazione dei reciproci interessi economici con l’Accordo nordamericano per il libero mercato (NAFTA). È ora il momento di armonizzare le politiche anche sul movimento delle persone, in particolare in un modo che rispetti la dignità umana del migrante e riconosca le conseguenze sociali della globalizzazione.
58. Tenendo conto di questi obiettivi, offriamo alcune raccomandazioni di carattere politico per entrambe le nazioni, perché possano affrontare le cause prime della migrazione, e stabilirne le vie legali attuandole con leggi umane. Queste raccomandazioni si focalizzano sulle politiche statali che sia gli Stati Uniti sia il Messico attuano nei confronti dei nuovi venuti nelle proprie nazioni, dal momento che entrambi sono paesi riceventi.
Affrontare le cause prime delle migrazioni
59. Come abbiamo affermato, le persone devono avere l’opportunità di rimanere nel loro paese d’origine per sostentarsi e trovare una vita pienamente umana per sé e le proprie famiglie. Questa è la situazione ideale a cui il mondo ed entrambe le nostre nazioni devono aspirare: una situazione in cui i flussi migratori siano guidati da una scelta, e non dalla necessità. Primaria per il raggiungimento di questo obiettivo è la necessità di sviluppare le economie dei paesi di partenza, compreso il Messico.
60. Solo uno sforzo a lungo termine che risani le disuguaglianze economiche tra gli Stati Uniti e il Messico darà ai lavoratori messicani opportunità di occupazione che consentiranno loro di restare in patria e di mantenere sé e le proprie famiglie. La Chiesa ha fatto costantemente oggetto della sua attenzione la disuguaglianza economica tra le nazioni come un male diffuso e pervasivo che deve essere affrontato. All’interno dei rapporti Stati Uniti-Messico, abbiamo rilevato l’attuazione di politiche economiche che non tengono adeguatamente conto della situazione dei piccoli proprietari che lottano per sopravvivere. Per esempio il NAFTA ha danneggiato le piccole attività in Messico, specialmente nel settore rurale. Entrambe le nazioni devono riconsiderare l’impatto degli accordi economici e commerciali sulle persone che lavorano sodo per guadagnarsi da vivere attraverso le imprese individuali.
61. La creazione di opportunità di lavoro in Messico aiuterebbe a ridurre la povertà e attenuerebbe per molti migranti l’incentivo a cercare lavoro negli Stati Uniti. L’attuazione in Messico di politiche economiche che creino posti di lavoro con retribuzioni capaci di garantire il sostentamento è di importanza vitale, specialmente per i cittadini messicani che non hanno alcuna particolare specializzazione. Sono necessari progetti di sviluppo mirati in aree urbane e rurali messicane che tradizionalmente hanno avuto i più alti tassi di emigrazione. Progetti e risorse devono essere mirati in particolare al settore agricolo e alle piccole imprese del Messico.
62. Poiché le regioni di frontiera sono il punto nevralgico del fenomeno migratorio, si devono destinare risorse anche alle comunità che risiedono sul confine tra gli Stati Uniti e il Messico. Tali ulteriori risorse andrebbero a sostenere gli sforzi che i residenti nelle zone di frontiera già stanno compiendo per aiutare i migranti a soddisfare i loro bisogni più fondamentali. Sollecitiamo l’avvio di progetti comuni di sviluppo delle zone di frontiera che aiutino a potenziare le economie di queste aree, così che i residenti di confine possano continuare a lavorare e a vivere in maniera cooperativa. I responsabili ecclesiali devono lavorare sia con le comunità che vivono sul confine tra gli Stati Uniti e il Messico sia con quelle che vivono sul confine tra il Messico e il Guatemala, per aiutarle a vincere paure e pregiudizi.
Creare vie legali per la migrazione
63. Poiché sia gli Stati Uniti sia il Messico stanno sperimentando un’integrazione economica, sociale e culturale su una scala che non ha precedenti, è importante che entrambi i governi riconoscano formalmente questa realtà attuando riforme nel sistema immigratorio di entrambi i paesi.
L’immigrazione basata sulla famiglia
64. Come pastori, siamo preoccupati per come l’attuale complesso di leggi sull’immigrazione, di politiche e di azioni perseguite da entrambi i governi spesso ostacoli l’unità della famiglia. Benché la maggioranza dei migranti messicani entri negli Stati Uniti per trovare lavoro, molti attraversano la frontiera per ricongiungersi con i propri familiari.
65. Il sistema dell’immigrazione legale degli Stati Uniti pone dei limiti per paese al numero dei visti per i familiari di residenti permanenti legali negli USA provenienti dal Messico. Questo limite, insieme ai ritardi burocratici, viene a creare intollerabili tempi di attesa per il ricongiungimento legale di marito e moglie, o di un genitore con il proprio figlio. Per esempio, la moglie o il figlio di un residente permanente legale nato in Messico possono aspettare circa otto anni per ottenere un visto e ricongiungersi con il proprio familiare negli Stati Uniti. Coniugi e genitori si trovano, in tal modo, di fronte a una decisione difficile: o onorare il proprio impegno morale verso la famiglia ed emigrare negli Stati Uniti senza i regolari documenti, o aspettare secondo le leggi imposte dal sistema e affrontare un’indefinita separazione dai propri cari.
66. Questa è una scelta inaccettabile, ed è una politica che incoraggia l’emigrazione clandestina. Per assicurare che le famiglie rimangano insieme, è necessaria nei confronti del Messico una riforma dei principi dell’immigrazione legale che tenga conto delle necessità della famiglia. Devono essere create strutture nuove, capaci di dare alle famiglie messicane più opportunità di ricongiungersi legalmente con i propri cari che vivono negli Stati Uniti. (17) Questo aiuterebbe ad alleviare i lunghi tempi di attesa e, col tempo, ridurrebbe la migrazione clandestina tra gli Stati Uniti e il Messico.
67. L’unità familiare viene indebolita anche quando i figli degli immigrati vengono lasciati senza protezione. Negli Stati Uniti, la cittadinanza per diritto di nascita deve essere mantenuta come un principio importante nelle leggi statunitensi sull’immigrazione. In Messico, ad alcuni bambini vengono negati il certificato di nascita e la conseguente nazionalità messicana, a causa dello stato di clandestinità dei loro genitori. Come la Costituzione messicana assicura e l’articolo 68 della Legge nazionale della popolazione stabilisce, tali bambini hanno il diritto a essere registrati, ad avere documenti legali alla nascita e a essere tutelati. In caso contrario potrebbe essere in seguito loro negato l’accesso ai servizi sanitari, scolastici e ad altri servizi fondamentali. Inoltre, i diritti a un’identità e a una nazionalità sono tutelati da patti internazionali.
Legalizzazione dei clandestini
68. Attualmente negli Stati Uniti vivono circa 10 milioni e mezzo di persone di origine messicana, di cui circa 5 milioni e mezzo vi risiedono legalmente, mentre i rimanenti hanno uno status di clandestinità. Si stima che ogni anno 150.000 immigrati messicani entrino negli Stati Uniti senza permesso, per lavorare nei settori dell’agricoltura, dei servizi, dell’intrattenimento e dell’edilizia. (18) Nonostante la retorica di gruppi «anti-immigrati» e di alcuni funzionari statali, essi lavorano con il tacito consenso sia del governo sia delle imprese.
69. Un ampio programma di legalizzazione dei clandestini gioverebbe non solo ai migranti ma anche a entrambe le nostre nazioni. La legalizzazione dei numerosi lavoratori clandestini, provenienti da molte nazioni, che vivono negli Stati Uniti contribuirebbe a stabilizzare il mercato del lavoro negli Stati Uniti, a preservare l’unità delle famiglie e a migliorare il tenore di vita nelle comunità di immigrati. Inoltre, i lavoratori immigrati, molti dei quali si sono radicati nelle loro comunità, continueranno comunque a contribuire all’economia statunitense.
70. La legalizzazione manterrebbe anche il flusso delle rimesse in Messico e darebbe ai messicani sicurezza e un rimpatrio legale in Messico, se necessario. Essa inoltre promuoverebbe la sicurezza nazionale, riducendo la paura nelle comunità di immigrati e incoraggiando i clandestini a diventare membri a pieno titolo della società. La legalizzazione è indice di una politica pubblica solida e deve essere contenuta in qualsiasi accordo sulle migrazioni tra gli Stati Uniti e il Messico. Per assicurare equità per tutte le nazionalità, il Congresso degli Stati Uniti deve approvare un programma di legalizzazione per gli immigrati, indipendentemente dal loro paese d’origine.
71. Nel caso del Messico, i programmi di legalizzazione che l’Istituto nazionale messicano per la migrazione ha attuato rappresentano un buon inizio. I vantaggi della legalizzazione sono risultati evidenti ai migranti stessi, dal momento che essi ora possono lavorare con la tutela dei loro diritti fondamentali di lavoratori; e al governo, che può ora avere un quadro più realistico della popolazione presente nel paese. Auspichiamo che i programmi futuri offrano più pubblicità e informazioni al pubblico, che aumenti il numero di coloro che, opportunamente preparati, gestiscono tali servizi e che diminuiscano i costi per coloro che chiedono di emigrare, cosa che nel passato ha svantaggiato coloro che avevano meno mezzi economici. (19)
L’immigrazione basata sull’occupazione
72. Nel contesto dei rapporti bilaterali USA-Messico, gli Stati Uniti hanno bisogno di lavoratori messicani per mantenere un’economia sana e devono compiere uno sforzo speciale per offrire vie legali perché gli emigrati messicani possano ottenere negli Stati Uniti un lavoro che dia loro i mezzi per vivere e giusti benefici e sicurezza di lavoro. Il sistema statunitense di immigrazione basato sull’occupazione deve essere riformato così da prevedere iter burocratici sia per visti permanenti sia, con opportune tutele, per visti temporanei per i lavoratori. Deve essere elaborato un sistema che sia trasparente e tuteli i diritti dei lavoratori. I costi dei visti devono rimanere accessibili a tutti coloro che li richiedono. La riforma nei programmi relativi al lavoro deve essere associata a un programma di legalizzazione su vasta scala.
73. Si deve creare un certo numero di visti di lavoro per permettere ai lavoratori di entrare nel paese come residenti permanenti legali. I legami familiari e i precedenti lavorativi negli Stati Uniti sono due possibili fattori che devono essere considerati per concedere tali visti. Una categoria di visti che autorizzi la residenza permanente riconoscerebbe i contributi dei lavoratori a lungo termine e garantirebbe il rispetto dei loro diritti sul lavoro.
74. Più problematica è la riforma dei programmi per i lavoratori temporanei. Il primo programma di lavoro temporaneo agricolo statunitense, noto come programma «Bracero», terminò bruscamente nel 1964 a causa delle diffuse prove di corruzione e di abusi nei confronti dei lavoratori. L’attuale programma, che permette a più di 30.000 lavoratori di entrare negli Stati Uniti ogni anno, è caratterizzato da una mancanza di attuazione delle difese dei lavoratori e da salari e benefici insufficienti per mantenere una famiglia.
75. Nondimeno, riconosciamo che, come alternativa alla migrazione clandestina, deve essere predisposta una via legale efficace che protegga i diritti fondamentali sul lavoro dei lavoratori di origine straniera. Per evitare abusi futuri, ogni nuovo programma relativo ai lavoratori temporanei deve garantire ai lavoratori messicani e agli altri stranieri livelli salariali e benefits che siano sufficienti per mantenere una famiglia in maniera dignitosa; deve includere garanzie per i lavoratori e la sostenibilità di cui godono i lavoratori statunitensi; deve consentire l’unione familiare; deve applicare valutazioni del mercato del lavoro per assicurare che i lavoratori statunitensi siano tutelati; e deve garantire la possibilità di spostarsi facilmente e in maniera sicura tra gli Stati Uniti e i loro paesi d’origine. Deve usare solide procedure attuative per proteggere i diritti dei lavoratori e per offrire loro l’opzione di diventare residenti permanenti legali dopo un determinato periodo di tempo. Inoltre, gli Stati Uniti e il Messico devono concludere un accordo per la sicurezza sociale che permetta ai lavoratori di maturare benefici per il lavoro svolto durante la loro partecipazione al programma.
76. Un programma per i lavoratori opportunamente strutturato ridurrebbe il numero dei clandestini che migrano dal Messico agli Stati Uniti, diminuendo il bisogno di rafforzare le frontiere e la necessità di servirsi di trafficanti senza scrupoli.
77. Inoltre, per onorare i diritti sul lavoro dei lavoratori di origine straniera, gli Stati Uniti devono firmare la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, che espone principi per la difesa dei diritti umani e sul lavoro dei lavoratori migranti. (20) Il Messico, che è già firmatario, deve attuare i principi di tale Convenzione senza le attuali riserve.
Politiche di sicurezza in Messico e negli Stati Uniti
Misure di ordine pubblico
78. Come più sopra spiegato, la Chiesa cattolica riconosce il diritto e la responsabilità che le nazioni sovrane hanno di controllare le loro frontiere e di garantire gli interessi dei loro cittadini nel campo della sicurezza. Accettiamo perciò il ruolo legittimo dei governi statunitense e messicano nell’intercettare i migranti clandestini che tentano di attraversare uno dei due paesi o di entrarvi. Non accettiamo, tuttavia, alcune delle politiche e delle misure che i nostri governi hanno impiegato per far fronte a questa responsabilità condivisa.
79. Gli uomini e le donne delle forze dell’ordine che si occupano dell’applicazione delle leggi e che sono incaricati di sorvegliare la frontiera tra gli Stati Uniti e il Messico fanno un difficile lavoro che richiede lunghe ore in condizioni talvolta estreme. Purtroppo, le misure che essi attuano hanno avuto l’effetto di minare la dignità umana dei migranti e di creare un rapporto ostile e violento tra le forze dell’ordine e i migranti. Vanno fatti i passi necessari per creare un ambiente in cui la forza venga usata solo nelle circostanze estreme, e solo nella misura necessaria, in modo da proteggere il benessere fisico sia delle forze dell’ordine sia dei migranti. Ciò non solo richiede un riesame e una riforma delle misure attuative, ma anche – fatto ancor più importante – una nuova forma per le misure di polizia di entrambe le nazioni.
80. È allarmante vedere come i migranti vengano spesso trattati come criminali dalle autorità pubbliche. Pregiudizi e atteggiamenti xenofobi e razzisti, sia negli Stati Uniti sia in Messico, contribuiscono a creare un’atmosfera in cui si compiono discriminazioni e abusi ai danni dei clandestini. I rapporti su maltrattamenti fisici inflitti ai migranti da agenti della polizia statunitense di frontiera, dalle autorità messicane e, in alcuni casi, da abitanti degli USA e del Messico sono fin troppo frequenti, e includono l’uso di una costrizione fisica sproporzionata e l’incatenamento delle mani e dei piedi.
81. Negli Stati Uniti abusi documentati sui migranti si verificano frequentemente. Senza dubbio la grande maggioranza degli agenti della polizia di frontiera si comporta in maniera professionale e umanamente rispettosa. Ma vi sono anche coloro che perpetrano abusi e che non vengono considerati responsabili dal governo statunitense. (21)
82. Inoltre i dati statunitensi sul trattamento dei minori clandestini non accompagnati provenienti dal Messico e da altri paesi sono ignominiosi. I bambini messicani intercettati lungo la frontiera statunitense vengono spesso posti in cadenti strutture di detenzione per giorni e giorni, fino al momento in cui possono venire rimpatriati. Spesso ai bambini provenienti dal Messico e da altri paesi dell’America centrale non viene data la possibilità di contattare un magistrato, un avvocato, un tutore o un parente, o di fare richiesta d’asilo. Queste pratiche devono cessare. A causa della loro accresciuta vulnerabilità, i minori non accompagnati richiedono una speciale considerazione e una speciale cura.
83. L’applicazione messicana delle leggi sull’immigrazione è mirata in modo specifico a delineare profili razziali dei migranti che tentano di raggiungere gli Stati Uniti, ed è stata contrassegnata dalla corruzione, dalla brutalità poliziesca e dalle violazioni sistematiche dei fondamentali diritti umani. I migranti vengono spesso obbligati a pagare bustarelle alla polizia messicana per continuare il loro transito, e se non sono in grado di farlo vengono picchiati e rimandati alla frontiera. A causa della mancanza di diritti così come delle politiche che sospingono i migranti clandestini lontano dalle piccole aree urbane, i migranti vengono spesso assaliti da banditi nella zona di confine tra Ciudad Hidalgo (Messico) e Tecun Uman (Guatemala). Sappiamo di migranti provenienti dall’America centrale che pagano migliaia di dollari a dei contrabbandieri perché questi li guidino attraverso il Messico ma che, in alcuni casi, vengono rapiti. Le loro famiglie non ne vengono a sapere più nulla.
84. Pur riconoscendo che il governo del Messico ha migliorato l’amministrazione del sistema delle migrazioni e che sta tentando di regolarlo, le politiche messicane sull’immigrazione rimangono prive di chiarezza e di coerenza. La corruzione continua a indebolire tale sistema e a nuocere al bene comune. Esortiamo l’Istituto nazionale messicano per le migrazioni a rafforzare, nei suoi Consigli di delegazione, (22) la partecipazione delle organizzazioni della società civile come partner al fine di portare una sana trasparenza nel sistema che nel paese si occupa delle migrazioni.
85. Allo scopo di affrontare questi eccessi, entrambi i governi devono creare meccanismi d’addestramento che istruiscano gli agenti sull’uso di appropriate misure di applicazione delle leggi sull’immigrazione. Esortiamo i governi statunitense e messicano a includere corsi sui diritti umani nei loro programmi d’addestramento, in modo che il personale impiegato sul campo sia maggiormente sensibile al modo in cui vengono trattati i migranti clandestini. (23) Le organizzazioni delle comunità, comprese le diocesi e le parrocchie, possono assistere i funzionari del settore in quest’opera. In aggiunta, in entrambe le nazioni la funzione attuativa dovrebbe essere lasciata alle autorità federali (il Servizio immigrazione e naturalizzazione e la polizia di frontiera negli Stati Uniti, e l’Istituto nazionale per le migrazioni e la polizia preventiva federale in Messico), non trasferita alla polizia locale, che ha necessariamente altre priorità e che non è addestrata ai metodi appropriati per attuare le leggi sull’immigrazione. Il personale militare di qualsiasi settore o servizio non dovrebbe essere utilizzato in questo ambito lungo le frontiere dei due paesi.
Politiche di rafforzamento delle frontiere
86. Particolare preoccupazione destano le politiche di sorveglianza delle frontiere perseguite da entrambi i governi, che hanno condotto ad abusi sui migranti e addirittura a casi di morte di questi ultimi, sia in Messico sia negli Stati Uniti. Lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico, nello scorso decennio il governo statunitense ha lanciato diverse iniziative di blocco delle frontiere, con l’obiettivo di scoraggiare i migranti clandestini dall’entrare nel paese. Queste iniziative sono state caratterizzate da una triplicazione del numero degli agenti della polizia di frontiera, specialmente agli scali d’entrata, e dall’uso di sofisticate tecnologie come sensori nel suolo, telecamere di sorveglianza, strumenti d’osservazione che rilevano il calore, recinzioni rinforzate.
87. Anziché ridurre in modo significativo gli attraversamenti illegali, le iniziative hanno invece sospinto i migranti in zone remote e pericolose della regione sud-occidentale degli Stati Uniti, portando a un allarmante numero di morti tra i migranti. Dall’inizio del 1998, le statistiche ufficiali indicano che più di duemila migranti hanno perso la vita tentando di attraversare la frontiera tra Stati Uniti e Messico, molti dei quali per cause ambientali come colpi di calore, disidratazione, ipotermia o annegamento. I blocchi hanno anche contribuito a un aumento del contrabbando, per cui migranti disperati pagano elevati compensi a dei contrabbandieri perché questi li facciano entrare negli Stati Uniti. In anni recenti il contrabbando è divenuto un’attività sempre più organizzata e remunerativa. (24)
88. Nel Messico meridionale, simili politiche hanno avuto come risultato innumerevoli morti di migranti lungo il fiume Suchiate, per lo più per annegamento. Un’altra causa di preoccupazione è la presenza di posti di controllo messicani – il cui personale è fornito dalle forze armate e dalle forze di polizia federali, statali e locali – lontani dalla maggior parte delle aree urbane e difficili da sorvegliare dal punto di vista delle violazioni dei diritti umani. Poiché questi posti di controllo, situati lungo le frontiere del paese e nell’interno, vengono utilizzati come punti di «strozzatura» nei confronti del contrabbando di armi, droga e migranti, vi è un’ingiusta tendenza ad associare i migranti all’attività criminale.
89. Esortiamo le autorità esecutive sia statunitensi sia messicane ad abbandonare il tipo di strategie che dà luogo ad aumenti nelle operazioni di contrabbando dei migranti e nelle loro morti tragiche. Si dovrebbe badare a non spingere i migranti su sentieri in cui la loro vita può essere in pericolo. La polizia di frontiera degli USA ha recentemente lanciato un’iniziativa per la sicurezza delle frontiere allo scopo di prevenire le morti di migranti. Chiediamo alla polizia di frontiera di raddoppiare i suoi sforzi in questo campo e di lavorare più strettamente con i gruppi delle varie comunità per identificare e soccorrere i migranti in difficoltà. Esortiamo anche a un impegno maggiormente concertato nel cercare di sradicare le attività di contrabbando alla loro origine utilizzando un’ampia gamma di tattiche di intelligence e investigative. In altri documenti ecclesiali, i vescovi statunitensi hanno espresso preoccupazione anche riguardo alla crescente industria del traffico di droga. (25)
90. In modo simile, facciamo appello a entrambe le nazioni perché s’impegnino congiuntamente allo scopo di fermare il flagello del traffico di persone, sia nell’ambito del nostro emisfero sia su scala internazionale. Il traffico di persone – nel quale uomini, donne e bambini di tutto il mondo vengono trasportati in altri paesi a scopi di prostituzione o lavoro forzati – nega in sé la dignità della persona umana e sfrutta condizioni di povertà globale.
91. Entrambi i governi devono cercare in modo vigilante di porre fine al traffico di persone. Il governo statunitense dovrebbe attuare con vigore recenti leggi che mirano a colpire i trafficanti sia all’interno sia all’estero. Le autorità messicane devono rafforzare il loro impegno per identificare e smantellare le operazioni di traffico all’interno del Messico. Assieme, ambedue i governi dovrebbero condividere con maggiore efficacia le informazioni sulle operazioni dei trafficanti e dovrebbero intraprendere un’azione congiunta per arrestare e perseguire i colpevoli.
I diritti a un giusto processo
92. Nel 1996 il Congresso statunitense ha svuotato i diritti dei migranti a un corretto procedimento giudiziario, con l’approvazione della Legge per la riforma dell’immigrzione illegale e la responsabilità dell’immigrato (IIRIRA), che autorizza la detenzione e la deportazione dei migranti anche a seguito di reati relativamente minori, anche quando essi abbiano scontato le pene cui erano stati condannati. L’IIRIRA ha causato l’ingiusta separazione di innumerevoli famiglie di immigrati. (26) Esortiamo il Congresso USA a riesaminare questa legge e ad apportarvi appropriati cambiamenti in accordo con i diritti a un giusto processo.
93. Esortiamo anche il governo messicano a onorare il diritto a un giusto processo per tutti coloro che si trovano nel paese, e specificamente per i migranti in regola e clandestini che non usufruiscono attualmente di un giusto processo e che possono essere allontanati dal paese in base a motivazioni arbitrarie. Riconoscere tale diritto non fa che rafforzare la sovranità della legge in un paese e legittima ulteriormente le sue istituzioni. (27)
94. Una volta arrestati, i migranti vengono spesso tenuti in prigioni e centri di detenzione insalubri e affollati, in Messico e negli Stati Uniti, a volte a fianco a fianco con criminali colpevoli di gravi reati. I migranti clandestini non dovrebbero essere trattati come criminali, ma dovrebbero rimanere in detenzione per il minor tempo possibile e avere accesso ai necessari servizi medici, legali e spirituali. I richiedenti asilo che passano il colloquio iniziale sul «comprensibile terrore» andrebbero rilasciati.
Proteggere i diritti umani nelle politiche migratorie continentali
95. Come difensori di coloro che fuggono da persecuzioni che hanno luogo in terre straniere, siamo turbati in modo crescente dalle politiche di asilo utilizzate sia dagli Stati Uniti sia dal Messico. Particolarmente allarmante è la prospettiva di creare un sistema di confini esterni nordamericani all’interno dei quali le politiche di asilo verrebbero concordate su base continentale, in modo tale da negare a coloro che sono in cerca d’asilo appropriate possibilità di ascolto e ricorso in campo giudiziario e appropriata protezione. (28)
96. In modo crescente, coloro che provengono dall’altra parte del globo in cerca di asilo vengono introdotti in Messico e negli Stati Uniti attraverso l’America centrale per mezzo del contrabbando. Vengono da regioni lontane come la Cina, l’India, l’Iran e l’Iraq. In gran parte dei casi, hanno titoli validi per chiedere protezione, ma molti vengono raccolti assieme alla rinfusa in iniziative anti-contrabbando in America centrale e Messico e rispediti ai loro persecutori senza un appropriato vaglio.
97. La negazione del diritto a una sentenza di asilo costituisce un problema particolarmente acuto lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico. Di routine, con una procedura statunitense nota come expedited removal («rimpatrio accelerato»), i funzionari statunitensi dell’immigrazione detengono e deportano migranti senza conceder loro un’udienza di fronte a un giudice dell’immigrazione. Di fatto l’expedited removal viene usato più pesantemente contro i messicani. Dei più di 180.000 allontanamenti totali dagli Stati Uniti compiuti negli anni 1999 e 2000, l’81% di coloro che sono stati deportati erano messicani. (29) Per di più, i messicani e gli altri che vengono deportati in base all’expedited removal sono soggetti all’esclusione dalla riammissione negli Stati Uniti per almeno cinque anni. Lungo la frontiera meridionale del Messico, i migranti vengono rimandati regolarmente in America centrale senza vaglio.
98. Negare l’accesso alle procedure d’asilo, renderle complicate o non fornire chiare informazioni in una lingua che le persone possano capire è una grave ingiustizia e viola lo spirito del diritto internazionale e gli impegni assunti da entrambi i nostri governi. (30)
99. Riaffermiamo la nostra posizione, sostenuta da lungo tempo, secondo cui i rifugiati e i richiedenti asilo dovrebbero avere accesso a giudici qualificati che considerino obbiettivamente le loro richieste. Esortiamo entrambi i paesi a prendere un ruolo guida nell’ambito della Conferenza regionale sulla migrazione (Processo di Puebla) e a lavorare con i nostri vicini centroamericani per assicurare che in tutto il nostro emisfero i richiedenti asilo e i rifugiati abbiano accesso ad appropriate tutele per un giusto processo, in accordo col diritto internazionale.
Conseguenze degli attacchi terroristici dell’11 settembre per i migranti
100. Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, che si sono conclusi così tragicamente a New York, nell’area di Washington DC e in Pennsylvania, hanno posto i problemi della sicurezza nazionale in prima linea nel dibattito sulle migrazioni, e hanno aggiunto un’ulteriore dimensione alle relazioni migratorie tra Stati Uniti e Messico. Determinate scelte di sicurezza sono una risposta necessaria a minacce terroristiche credibili, per esempio un’azione di intelligence rafforzata e condivisa, un’elevata sicurezza intorno a visti e passaporti, e approfonditi controlli ai confini USA-Messico. Altre azioni invece, come la riduzione dell’immigrazione legale tra i due stati, non servono a rendere più sicuri gli Stati Uniti o il Messico. Esortiamo entrambe le nazioni a cooperare in quest’area, ma senza attivare delle politiche che ledano i diritti umani, riducano l’immigrazione legale o neghino ai richiedenti asilo opportunità di protezione.
Conclusione
101. Noi vescovi abbiamo deciso, secondo le parole di papa Giovanni Paolo II, di «prendere il largo» (31) alla ricerca di iniziative comuni che promuovano la solidarietà tra le nostre due nazioni, in particolare tra i cattolici di entrambi i paesi. Siamo impegnati nella nuova evangelizzazione del nostro continente e nella ricerca di nuovi modi per accompagnare i nostri popoli all’incontro con Cristo, che è «via di conversione, di comunione e di solidarietà» (Ecclesia in America, n. 7; EV 18/31). (32)
102. Riconosciamo il fenomeno delle migrazioni come un autentico segno dei tempi. Lo vediamo in entrambi i nostri paesi attraverso la sofferenza di coloro che sono stati costretti, per molte ragioni, a diventare migranti. A un tale segno dobbiamo rispondere in modi condivisi e creativi così che possiamo rafforzare la fede, la speranza e la carità dei migranti e di tutto il popolo di Dio. Tale segno è un invito a trasformare le strutture politiche, economiche e sociali nazionali e internazionali così che siano capaci di offrire le condizioni necessarie per lo sviluppo per tutti, senza esclusione e discriminazione contro qualsiasi persona in qualsiasi circostanza.
103. In effetti, la Chiesa è chiamata sempre più a essere «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, n. 1; EV 1/284). I vescovi cattolici degli Stati Uniti e del Messico, in comunione con il santo padre nel suo messaggio per la giornata mondiale delle migrazioni del 1995, affermano che «nella Chiesa nessuno è straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo. In quanto sacramento di unità, e quindi segno e forza aggregante di tutto il genere umano, la Chiesa è il luogo in cui anche gli immigrati illegali sono riconosciuti e accolti come fratelli. È compito delle diverse diocesi mobilitarsi perché queste persone, costrette a vivere fuori dalla rete di protezione della società civile, trovino un senso di fraternità nella comunità cristiana. La solidarietà è assunzione di responsabilità nei confronti di chi è in difficoltà».
La Chiesa, pertanto, deve accogliere tutte le persone, indipendentemente dalla loro razza, cultura, lingua e nazione, con gioia, carità e speranza. E lo deve fare con una speciale sollecitudine per coloro che si trovano – indipendentemente dai motivi – in situazioni di povertà, di emarginazione e di esclusione.
104. Chiediamo ai nostri presidenti di continuare i negoziati sulle questioni delle migrazioni per creare tra i nostri due paesi un sistema migratorio più generoso, più giusto e più umano. Invitiamo i legislatori dei nostri due paesi ad attuare una coscienziosa revisione delle leggi sulle migrazioni e a istituire un sistema bilaterale che accolga i flussi migratori, garantendo la dignità e la tutela dei diritti umani dei migranti. Chiediamo ai pubblici ufficiali che hanno il compito di formulare, attuare e applicare le leggi sull’immigrazione di riesaminare le politiche nazionali e locali nei confronti del migrante e di usare la propria posizione di leadership per eliminare i pregiudizi sulla migrazione. Chiediamo ai giudici che esaminano le richieste legali degli immigrati di creare un’atmosfera accogliente che non minacci la loro fiducia o la loro sicurezza. Incoraggiamo i mass media a sostenere e a promuovere un genuino atteggiamento di accoglienza verso i migranti e gli immigrati.
105. Noi, vescovi cattolici degli Stati Uniti e del Messico, ci impegniamo a difendere il migrante. Ci impegniamo anche a favorire la creazione delle condizioni necessarie perché tutti possano godere dei frutti del proprio lavoro e vivere nella propria patria, se lo desiderano.
106. Siamo solidali con voi, nostri fratelli e sorelle migranti, e continueremo a perorare a vostro favore politiche migratorie giuste e trasparenti. Ci impegniamo ad animare le comunità dei discepoli di Cristo al di qua e al di là della frontiera perché vi accompagnino nel vostro viaggio, affinché il vostro sia veramente un viaggio di speranza, non di disperazione, così che, al punto di arrivo, possiate sperimentare di non essere più stranieri, ma invece membri della famiglia di Dio. Preghiamo perché, dovunque andrete, possiate essere sempre consci della vostra dignità di esseri umani e della vostra vocazione a portare la buona novella di Gesù Cristo, che è venuto perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza (cf. Gv 10,10). Vi invitiamo, voi che siete costretti a migrare, a mantenere i contatti con le vostre case e, soprattutto, a restare fedeli alle vostre famiglie così che serbiate come un tesoro prezioso i vostri valori culturali e il dono della fede, e portiate questi tesori in qualunque luogo voi
107. L’apparizione della Madonna di Guadalupe a san Juan Diego rivelò la presenza misericordiosa di Dio che si servì di Maria per essere in solidarietà con un popolo sofferente e per dargli speranza. Nello stesso spirito, noi vescovi cattolici degli Stati Uniti del Messico e degli Stati Uniti d’America abbiamo scritto questa lettera per dare speranza ai migranti sofferenti. Preghiamo affinché possiate sperimentare la stessa speranza che ispirò san Paolo nella sua Lettera ai Romani: «Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: “Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello”. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35-39).
108. E che la benedizione di Dio onnipotente scenda su di voi e con voi rimanga sempre: la benedizione di Dio Padre, che vi ama di un amore eterno, la benedizione di Dio Figlio, che fu tratto dall’esilio in Egitto per essere nostro Salvatore, e la benedizione di Dio Spirito Santo, che vi guida per estendere il regno di Cristo dovunque andate. E che Maria di Guadalupe, madre nostra, vi conduca a casa sani e salvi.
Pubblicata nel quarto anniversario della Ecclesia in America, 22 gennaio 2003, Washington DC, U.S.A., e Città del Messico, Messico.
I vescovi cattolici degli Stati Uniti
I vescovi del Messico
Definizioni
Globalizzazione: il processo grazie al quale i beni, le comunicazioni e le persone sono più pienamente integrate, accessibili e interdipendenti.
Immigrato: una persona che si sposta in un altro paese per prendervi residenza permanente.
Immigrante clandestino: una persona che si trova in un paese senza il permesso del governo di quel paese. Tali persone sono chiamate «clandestine» perché non hanno i documenti richiesti.
Migrante: una persona che si sposta, volontariamente o contro la sua volontà, nel suo stesso paese, in altre nazioni, o entrambi. A differenza dei rifugiati, i migranti sono comunemente considerati liberi di ritornare in patria quando lo desiderano, perché qui la loro vita non è in pericolo.
Migrante legale: una persona che è stata ammessa a risiedere e a lavorare in modo permanente negli Stati Uniti; l’ammissione viene più comunemente concessa in base al lavoro o al ricongiungimento con i familiari più stretti.
Rifugiato: ogni persona che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra (fonte: diritto internazionale delle Nazioni Unite).
Il documento Non più stranieri: insieme nel viaggio della speranza. Lettera pastorale sulla migrazione dei vescovi cattolici del Messico e degli Stati Uniti è stato elaborato dalla Commissione per la migrazione della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) in collaborazione con la Conferenza episcopale messicana (CEM). È stato approvato simultaneamente dall’intero collegio dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e dei vescovi messicani durante i loro incontri generali del novembre 2002 ed è stato autorizzato per la pubblicazione negli Stati Uniti dal sottoscritto.
mons. William P. Fay,
segretario generale della USCCB
Note
1 Il sinodo si tenne nella Città del Vaticano dal 16 novembre al 12 dicembre 1997.
2 Cf. Conferenza episcopale messicana (CEM), Del Encuentro con Jesucristo a la Solidaridad con Todos (CEM, México 2000); Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB), Accogliere il forestiero fra di noi. Unità nella diversità, Novembre 2000; Regno-doc. 5,2001,168ss.
3 U.S. Department of Transportation, Bureau of Transportation Statistics, North American Trade and Travel Trends, Washington DC 2001, 19.
4 Immigration and Naturalization Service, comunicato stampa «INS Announces Legal Immigration Figures for FY2001», Washington DC, 30.8.2002.
5 V. Maccagnan, «Guadalupe», Nuevo Diccionario de Mariologia, a cura di S. de Fiores e S. Meo, Madrid 1988.
6 «Infatti non si cambierebbe la patria con un paese straniero, se quella desse di che vivere agiatamente ai suoi figli» (Leone XIII, Rerum novarum, 15.5.1891, n. 35; EE 3/925.
7 Pio XII, Exsul familia sulla cura spirituale dei migranti, 30.9.1952, che cita il discorso del 1.6.1951 alla Radio Vaticana.
8 Ivi, n. 51, che cita la lettera del Vaticano ai vescovi degli Stati Uniti del 1948.
9 Giovanni XXIII, lett. enc. Pacem in terris, 11.4.1963, n. 25, EV 2/10.
10 Giovanni Paolo II, lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 30.12.1987, n. 24 EV 10/2583.
11 Pontificio consiglio Cor Unum e Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, Rifugiati: una sfida alla solidarietà, 2.10.1992, nn. 13-14, EV 13/2006ss.
12 Giovanni Paolo II, messaggio I migranti clandestini per la giornata mondiale delle migrazioni 1995-1996, 25.7.1995, n. 2.
13 Giovanni Paolo II, es. ap. post-sin. Ecclesia in America, n. 65, che cita la Propositio 20; EV 18/158.
14 «Gli immigrati provenienti da tutte le terre del globo hanno contribuito a edificare la nostra grande nazione… La loro presenza ha arricchito le nostre comunità locali, le aree rurali e le città, e la loro fede in Dio ha illuminato la nostra cultura sempre più secolarizzata» (Risoluzione della USCCB sulla riforma dell’immigrazione, 16.11.2000, n. 2).
15 Sacra congregazione per i vescovi, istruzione De pastorali migratorum cura, 22.8.1969, n. 7, EV 3/1507.
16 Giovanni Paolo II, messaggio Problemi delle famiglie dei migranti per la giornata mondiale delle migrazioni 1993, 6.8.1993, n. 3, che cita Familiaris consortio, n. 77. Vedi anche Accogliere il forestiero fra di noi. Unità nella diversità per le raccomandazioni; cf. Regno-doc. 5, 2001, 168ss.
17 I vescovi negli Stati Uniti hanno costantemente sostenuto la riforma del sistema dei visti per il ricongiungimento familiare. Limiti numerici sui visti hanno avuto un’influenza negativa su molte nazionalità, specialmente sui filippini. Nel contesto del presente documento, concentriamo la nostra attenzione sul ricongiungimento familiare messicano a motivo della vicinanza del Messico agli Stati Uniti e del numero senza precedenti di famiglie separate tra questi due paesi. I limiti numerici imposti per il Messico e altri paesi interessati, come le Filippine, vanno elevati senza concessioni dannose per altre nazioni.
18 U.S.-Mexico Migration Panel, Mexico-U.S. Migration: A Shared Responsibility, Carnegie Endowment for International Peace, Washington DC 2001; J. Passel, New Estimates of the Undocumented Population in the United States, Migration Policy Institute/Migration Information Source, Washington, DC, 22.5.2002.
19 Foro Migraciones, Migraciòn: México Entre Sus Dos Fronteras, 2000-2001, 2002. La Commissione per la mobilità umana della CEM è membro di tale forum.
20 Nella Convenzione dell’ONU, i lavoratori migranti sono considerati più che lavoratori o entità economiche. Essi sono entità sociali con famiglie e, di conseguenza, hanno dei diritti, compreso il diritto al ricongiungimento familiare (vedi la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, Assemblea generale delle Nazioni Unite, 18.12.1990; cf. Regno-doc. 19,1991,634ss).
21 Nel 2000, l’Ufficio USA di controllo interno (OIA) del Servizio immigrazione e naturalizzazione (INS) degli Stati Uniti ha aperto 4527 casi di abusi segnalati da parte di agenti dell’INS. Circa il 10% di questi sono stati deferiti alla Divisione dei diritti civili del Dipartimento della giustizia degli Stati Uniti, e meno del 10% dei casi deferiti ha portato a un procedimento giudiziario. Cf. Chaos on the U.S.-Mexico Border: A Report on Migration Crossing Deaths, Immigrant Families, and Subsistence-Level Laborers, Catholic Legal Immigration Network, Washington DC 2001.
22 L’Istituto nazionale messicano per le migrazioni ha un consiglio consultivo per ognuno dei suoi trentadue uffici regionali (uno per ogni stato e per Città del Messico) e per l’ufficio nazionale. Tali consigli includono rappresentanti di ampi settori della società messicana, tra cui università, centri di accoglienza e Chiese.
23 Il programma di addestramento della polizia di frontiera statunitense comprende una qualche trattazione della protezione dei diritti umani. Andrebbe considerata un’istruzione più approfondita sull’uso proprio della forza, sul combattimento adeguato e sulle tecniche di difesa.
24 A Tecuman, in Guatemala, lungo la frontiera tra il Messico e il Guatemala, i trafficanti hanno creato degli uffici per ricevere migranti dell’America centrale che vogliono attraversare il Messico per andare negli Stati Uniti (fonte: Delegazione dei vescovi statunitensi in America centrale, ottobre 2000).
25 Cf. New Slavery, New Freedom: A Pastoral Message on Substance Abuse, USCCB, Washington DC, 1990).
26 La legge si applica anche retroattivamente per un reato commesso anni prima, per il quale una persona ha già scontato la sua pena.
27 «Ciò che fa l’articolo 33 della Costituzione è concedere al governo la facoltà di poter espellere arbitrariamente uno straniero. è arbitrario, in primo luogo, perché non è richiesto alcun giusto processo, in altre parole, è una facoltà che non può essere sottoposta al controllo di costituzionalità o legalità, e né ex ante né ex post. è una eliminazione diretta delle garanzie contenute negli articoli 14 e 16 della Costituzione»; cf. Migraciòn: México Entre Sus Dos Fronteras, 2000-2001.
28 Gli Stati Uniti e il Canada hanno concordato di coordinare le politiche di asilo il 5.12.2002.
29 U.S.-Mexico Migration Panel, Mexico-U.S. Migration: A Shared Responsibility, Carnegie Endowment for International Peace, Washington DC 2001, 28. Cf. anche Statistical Yearbook of the Immigration and Naturalization Service, Fiscal Year 2000 (online al www.ins.usdoj.gov).
30 La detenzione senza gravi motivi di coloro che cercano asilo è una violazione della lettera e dello spirito delle Conclusioni sulla protezione internazionale della Commissione esecutiva dell’UNHCR. Sia il Messico sia gli Stati Uniti sono membri della Commissione esecutiva dell’UNHCR, ed entrambi hanno accettato le conclusioni. Riferimenti: n. 44 (XXXVII) 1986; n. 46 (XXVII) 1987; n. 50 (XXXIX) 1988; n. 55 (XL) 1989; n. 65 (XLII) 1991; n. 68 (XLIII) 1992; n. 71 (XLIV) 1993; n. 85 (XLIX) 1998; n. 89 (LI) 2000.
31 Giovanni Paolo II, lett. ap. Novo millennio ineunte, 6.1.2001, n.1; Regno-doc. 3,2001,73.
32 «Partendo dal Vangelo, occorre promuovere una cultura della solidarietà che incentivi opportune iniziative di sostegno ai poveri e agli emarginati, in modo speciale ai rifugiati, i quali si vedono forzati a lasciare i loro villaggi e le loro terre per sfuggire alla violenza» (Ecclesia in America, n. 52; EV 18/129).