Formazione Religiosa

Domenica, 14 Febbraio 2016 14:45

La samaritana. Un desiderio infinito - spunti per una lectio divina su Gv 4, 1-29 (Mauro Maria Morfino sdb)

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Con la Samaritana Gesù parla, si relaziona, agisce a partire dalla forte coscienza interiore di sé e del suo essere. Da qui scaturiscono spontaneamente e senza pose parole "vere", gesti e scelte che tessono relazione, superamenti di blocchi e paure.

1. Il testo

Un dialogo di sette battute tra Gesù e la donna: sette domande e sette risposte. La caratteristica lampante del dialogo sta nel fatto che Gesù. continua ad innalzare il livello del discorso, portandolo al di là, oltre la domanda della Samaritana. Gesù, infatti, non risponde mai a tono alla donna, sollecitandola così ad andare al di là delle sue stesse domande. Egli porta la donna a interrogarsi, ad entrare nel vivo di ciò che vive e che per lei è un problema, a chiamare per nome le sue delusioni, le amarezze, i desideri della sua esistenza.
Il dialogo si innalza sempre più e, giunto quasi all'apice, la Samaritana pare volersi sottrarre, rimandando a quel Messia che "dovrebbe venire", la spiegazione autentica della verità, quasi a dire: finiamo questo discorso e se un giorno questo Messia verrà, vedremo.
Inattesa la risposta del Galileo: «Sono io, che parlo con te». Vale a dire: non è più tempo di rimandare decisioni, smetti di sfuggire, questo è il tempo della verità, perché il Messia è qui, «Sono io, che parlo, con te». Colui che le parla qui ed ora, è colui a cui non può sfuggire, perché la conosce dentro e la spinge ad andare oltre le reticenze e le resistenze.

2. I valori permanenti del testo: la meditatio

Che cosa dice a noi questo testo evangelico?
- Chi è la Samaritana? È una delusa: dopo tante esperienze e promesse, l'orizzonte non si spalanca; è fiaccata da maltrattamenti, crudeltà, vendette, abbandoni...; appesantita dalla noia e insozzata dalla marea delle banalità del quotidiano, e perciò tutta presa dal desiderio di evasione; esausta dall'essere sfruttata; delusa, scettica, amareggiata, vuole eludere ogni discorso impegnativo... ma Gesù la incalza ad andare oltre...
Che cosa attende la Samaritana? Non attende nessuno e nulla, le aveva provate tutte nella sua esistenza e non poteva più dar credito a nessuno... Ma quel barlume interiore, il desiderio della venuta del Messia che finalmente facesse verità - anche se era un desiderio assai vago - fa sì che, proprio a lei, il Messia si svelasse: «Sono io, che parlo con te»!
- «Sono io, che parlo con te»: alla donna, che mostra ancora di essere chiusa dentro l'attesa messianica tradizionale (cf. v. 25), Gesù attira l'attenzione su di sé, sul presente: «Sono io, che parlo con te». Gesù le chiede di accorgersi che il futuro che spera per lei è già iniziato! Solo allora la donna, lasciate con Gesù le sue (tante!) precedenti preoccupazioni, paure, disinganni, ferite, progetti infranti, tradimenti, maltrattamenti - (la donna intanto «lasciò la brocca») -  correrà in città e annuncerà il Messia.
- La Samaritana è figura di ognuno di noi: quando ci rassegniamo a una vita quotidiana scialba e sempre identica a se stessa; quando ci accontentiamo della nostra fatica di attingere acqua del pozzo per una giornata e basta; quando ci infastidiamo di richieste che ci scomodano... Proprio in questo momento il Signore viene; ci porta oltre la nostra quotidianità e la nostra banalità e ci fa capire che l'altro, qualsiasi altro, non è un intruso, ma rappresenta un invito ad andare oltre noi stessi, a trovare il meglio di noi.
 
3. Per l'attualizzazione esistenziale

- Che cosa può riempire la nostra mancanza? Cerchiamo sempre di colmare la mancanza in diversi modi, sempre insoddisfacenti e che ci lasciano ogni volta un po' più di vuoto, "assetati", un po' più sofferenti. Come la Samaritana, siamo persone-di-desiderio, ma desideriamo un'acqua che ci disseti non solo per un istante ma per sempre.
- Gesù le si fa incontro nella sua sete, va da lei nella sua realtà esistenziale, in ciò che ella vive. Dagli oggetti con i quali pensa di colmare il suo desiderio, Gesù la porta al Soggetto stesso del desiderio, a quel Soggetto desiderante che non si lascia colmare da alcun "oggetto" del desiderio (si tratti di cose, di relazioni affettive, o anche di religiosità).
- La storia della Samaritana è la storia di un desiderio che non si lascia soddisfare da oggetti, di un vuoto che non si lascia riempi!e da alcuna lusinga, materiale, affettiva, spirituale che sia... È una sete che non può esser soddisfatta da nessun acqua, ma solo dalla Sorgente che richiama una simile sete, cioè la Realtà stessa che suscita nella persona umana un tale desiderio, produce una mancanza simile, un'apertura o una capacità infinita che solo l'Infinito può colmare.
- Per andare verso tale Sorgente, Gesù invita la donna a scavare il proprio pozzo, cioè il proprio desiderio e la propria mancanza, spingendola a non esaurire il proprio desiderio nell'oggetto desiderato, a non soddisfarsene e a scavare sempre più in fondo.

3.1. Il desiderio e il desiderare

Il desiderio e la capacità di desiderare sono l'organo o il luogo per eccellenza dell' esperienza umana di Dio. Diversamente detto: il desiderio di Dio è nascosto in ogni coscienza e il desiderare umano è originariamente proteso su Dio, e una ricerca sulle "origini", ovvero sulla natura non ancora contaminata del desiderio umano o che va oltre le sue contaminazioni, non può che fare emergere un'aspirazione specifica del divino.
Tale operazione consiste nell'interrogarsi sul contenuto e l'origine dei propri desideri, andando al di là dell' oggetto immediatamente desiderato e risalendo di desiderio in desiderio fino a cogliere quell'esigenza radicale di bene, di verità, di felicità, di libertà, di definitività, che è presente in ogni uomo e che è espressione limpida del desiderio ancor più radicale di Dio. Occorre far emergere questa aspirazione che spesso rimane nel sottofondo del cuore dell'individuo, ma che in ogni caso c'è, poiché è dentro l'orizzonte umano e pervade e attraversa tutto l'uomo. A volte, paradossalmente, è proprio questa aspirazione la ragione vera dell'insoddisfazione della persona; proprio perché l'essere umano è fatto per Dio e "costruito" in modo tale che solo Dio lo può realizzare in pienezza, nessun obiettivo umano lo può appagare definitivamente. Scavare il desiderio vuol dire cogliere e aiutare a cogliere in se stessi questa più o meno velata insoddisfazione e riconoscerne magari i travestimenti (ad esempio la depressione sottile, o certe forme di indifferenza difensiva, o la ricerca di eccitazioni sensibili, o perfino una certa felice mediocrità), per scoprire, alla radice di essa, quella cicatrice del divino che è come una "memoria" in- cancellabile dell' origine dell' umano.

3.2. Gv 4,1.-29: un itinerario della vita e del desiderio

Gesù traccia alla donna e a ciascuno di noi, un itinerario che corrisponde a certe tappe che la Samaritana e ogni credente deve affrontare nell' ascolto di ciò che rimane inappagato nel più intimo del suo desiderio:

1. Scavare oltre il pozzo dei propri possessi (il pozzo dell'antenato Giacobbe, per la Samaritana): «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete». L'acqua di quel pozzo è simbolo di tutte le ricchezze, i beni, i possedimenti con i quali pensiamo di colmare il nostro cuore inquieto. Ma ognuno lo sa: non si ha mai abbastanza e più si ha, più si vuole. Vi è una "sete", che dentro, non sa dire mai "basta", ma "ancora, ancora...". Non sono le realtà relative quelle che possono colmare una mancanza o un desiderio. «Chi berrà dell' acqua che io gli darò, non avrà più sete». Gesù le promette una quiete che non dipende da realtà materiali, una gioia che non trova la propria causa nelle circostanze esterne, nel già conosciuto. «Se tu conoscessi il dono di Dio... ». Bisogna continuare lo scavo!

2. Scavare oltre il pozzo dei propri amori: «Va' a chiamare tuo marito» (= colui con il quale, oggi, cerchi unità, amore, pace, vita) - «lo non ho marito» (= colui con il quale sto non riesce ad offrirmi unità, amore, pace e vita). «Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito». Sei volte, sei tentativi affettivi fallimentari per giungere alla constatazione: «lo non ho marito» (= non sono sposata, non so ciò che è una vera alleanza di amore, non l'ho esperita, eppure il mio desiderio è ancora vivo). Gesù l'ascolta, non la condanna e non aggiunge per la seconda volta «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete». No, presta attenzione a ciò che ella già sa: nessun amore umano ha colmato in lei il suo desiderio di amore.

3. Scavare oltre il pozzo delle proprie idee religiose: delusi dai beni materiali, delusi dalle relazioni affettive, come la Samaritana, ci rifugiamo in un mondo "religioso", il mondo delle nostre credenze, certi, finalmente, di trovar requie. «I nostri padri hanno adorato su questo monte...» - «né su questo monte né a Gerusalemme...», né in nessun altro posto. La risposta di Gesù è sorprendente: da nessuna religione, da nessuna istituzione, da nessuna pratica religiosa possiamo pretendere l'acquietamento del nostro desiderio. Nessuna rappresentazione dell'Assoluto è l'Assoluto. Le idee che abbiamo su Dio sono probabilmente i nostri peggiori idoli (idea, ideologia, idolo hanno la stessa radice). Detto altrimenti: amare Dio - come del resto amare una persona umana - vuol dire rinunciare a possederlo, rinunciare a farne un avere e aprirsi alla possibilità di "essere con", di respirare con lui. Ecco perché pregare non è pensare a Dio ma, come diceva Silvano del monte Athos, «pregare è respirare» con lui.

4. Bere finalmente dell'acqua che "risveglia": se per calmare e colmare il nostro desiderio non bastano cose, amori, credenze religiose... chi e dove potrà dare risposta a tale insopprimibile impellenza di vita? I veri adoratori devono adorare nello Pneûma e nell'alétheia. Dio è Pneûma ed è nello Pneûma e nell'alétheia che si deve adorare. Le traduzioni rendono Pneûma con "Spirito" è alétheia con "Verità". Ma il Pneûma è la Ruach della Bibbia ebraica, il "Soffio", "l'Alito di vita". È Dio. Alétheia indica anche l'uscita dall'"oblio" (lethe'), dal sopore, dal letargo, dall'obnubilamento, dalla indeterminazione; è la piena rivelazione, il totale dis-velamento. Vale a dire: la vera adorazione è radicata nella partecipazione alla vita stessa che è Dio - Pneûma - e nella rivelazione totale - alétheia - che è Gesù, unico e reale dis':'-velatore dello Pneûma. Il vero credente, dunque, adorerà - vale a dire "entrerà in relazione" - con la sorgente stessa del nostro essere - lo Pneûma/Soffio di vita/Padre - solo attraverso il pieno disvelamento rivelatorio di esso, cioè la persona, le parole, la vita, la morte e la risurrezione di Gesù di Nazaret. Alla Samaritana, perciò, Gesù dice che non si tratta di bere dal suo proprio pozzo - le proprie cose, i propri amori, le proprie credenze - quanto piuttosto ad un pozzo che non è il suo, a immergersi nel Soffio che la collega alle sorgenti vive della Vita.
Ciò che il Nazareno le dice è: «Veglia affinché il tuo desiderio rimanga vivo; non lasciarlo ingolfare, soddisfarsi con qualsiasi oggetto, materiale, mentale, religioso che sia. Ricordati che Dio è quella stessa realtà che è nascosta nel tuo desiderio, anzi è il Desiderio stesso, e quando il desiderio non può più saziarsi di alcun surrogato né di alcuna contraffazione, il desiderio si risveglia alla sua vera natura di essere Dio. Io ti conduco non solo verso la Sorgente di acque vive di cui hai sete, ma alla Sorgente stessa della sete! Vedrai che, pure attingendo senza fine, non la esaurirai: lasciala essere e fluire senza volerla "imbottigliare". Ti ho detto che il Messia "Sono Io, che parlo con te": "Io Sono" è già lì, in fondo al tuo pozzo, già ci sono!" Non dovrai aspettare domani - in una situazione umana, morale, sociale, affettiva differente o migliore - per incontrare e gustare vita eterna! Tale vita eterna, la scoprirai restando nel Soffio e nella rivelazione di esso, che "Sono Io che parlo con te".»
Le non-risposte di Gesù alla donna, sono un invito a bere fino ad avere più sete, e ad aprire gli occhi per vedere se, in lei, la Fonte e la sua sete fanno ormai una cosa sola. Solo a questo punto, al culmine delle non-risposte, la Samaritana «lasciò la brocca»; lascia lì gli oggetti che garantiscono una frazione di secondo al desiderio e tutte le sue "conoscenze" e "verità". Ora parlerà a partire da dentro, dal cuore, perché una fonte, in lei, si è messa a sgorgare.

Certo non ha la pretesa di dissetare quelli che incontra; piuttosto farà venire loro sete.
Le non-risposte di Gesù alla donna, ai suoi desideri e alla sua sete, offrendo le oggetti troppo noti alla sua umanità, per saziarla, chiudono l'itinerario. Gesù ha accompagnato la sua mancanza, l'ha dilatata, fino a che ella smarrisse tutti i limiti in grado di essere saziati da un oggetto. D'ora in avanti è libera. Può tornare sulla montagna dove i suoi padri hanno adorato, ma non chiederà più l'Assoluto a una realtà relativa. Può tornare verso suo marito, verso la relazione che vive, amandolo finalmente per quello che è, senza più chiedergli di colmare le sue falle affettive. Non sarà mai più delusa, perché non domanderà più ad un essere finito un Amore infinito e incondizionato. Potrà re-impossessarsi delle sue ricchezze, del pozzo degli antenati e di tutto il resto, ma non chiederà più a tutti i suoi beni perituri ed effimeri quella sazietà di cuore a cui anela. Sa che, ormai, «Sono io, che parlo con te», è svelamento del Soffio. Proprio per lei.

3.3. Il dialogo con la Samaritana: un peculiare tratto "pastorale" del Maestro

Nel Quarto Vangelo, a differenza dei Sinottici, ci viene mostrato un Gesù molto più attento ai contatti personali che ai bagni di folla: Nicodemo, la samaritana, il cieco nato, Lazzaro; o contatti preferenziali con gruppi ristretti: Cana, la sinagoga di Cafarnao.
Il dialogo con la samaritana mette in luce anche alcuni particolari tratti relazionali di Gesù e, specularmente, dei nostri tratti nelle relazioni umane. Un dialogo costruito su sette battute, scansioni, incomprensioni tra Gesù e la donna, la cui caratteristica lampante sta nel fatto che Gesù continua ad innalzare il livello del discorso, portandolo al di là, oltre, superando di volta in volta gli ostacoli frapposti da essa per rilanciare il dialogo, e condurlo, al suo clou.
Gesù non risponde mai a tono alla donna, sollecitandola così ad andare al di là delle sue stesse domande. Egli porta la donna a interrogarsi, ad entrare nel vivo di ciò che vive e che le fa problema, a chiamare per nome le sue delusioni, le amarezze, i desideri della sua esistenza. Il Maestro appare come colui che con mitezza e grande perseveranza porta avanti il dialogo, elevandone il livello fino ad, arrivare alla parola della rivelazione: «Sono io, che parlo con te».

3.4. Le caratteristiche dell'azione pastorale di Gesù

Il testo focalizza un tipo di relazioni interpersonali del Signore che resta eloquente anche per le nostre relazioni, particolarmente quelle di tipo pastorale e di aiuto:
- è un tipo di relazione che muove i suoi passi non nello e dallo straordinario ma da un'occasione assai ordinaria della ferialità, del quotidiano;
- è un tipo di relazione molto attenta alla condizione reale di chi ha davanti: egli non presume nulla, è il Maestro ma non fa il "maestrino"; ascolta le cose che la donna gli dice, smuove dal di dentro l' auto-centramento in cui la donna è racchiusa, portandola sino al disvelamento messianico. Una splendida icona della legge della gradualità: con sommo rispetto ma senza demordere e deflettere;
- è un tipo di relazione che non si lascia né intimidire né bloccare dalla rozzezza dell'interlocutrice, dalla sua sgarbatezza, dal tentativo ripetuto di deviare e liquidare il dialogo. Gesù riannoda senza sosta il filo della conversazione;
- è un tipo di relazione fondata sulla consapevolezza nitida di chi lui è e di ciò che ha da dare e da dire alla donna: si pone in gioco tranquillamente con essa, senza ansia o patemi d'animo nel dialogo, perché sa di sé e della sua identità profonda, sa della donna, sa dove deve e vuole arrivare;
- è un tipo di relazione scevra dalla bramosia del successo, perché depotenziata dal dover dimostrare qualcosa a se stesso e alla donna, (o ai discepoli che stanno per tornare, o agli inattesi samaritani);
- è un tipo di relazione che ribalta l'atteggiamento dei discepoli che, implicitamente, gli fan capire: «Con tutta la gente che potrebbe ascoltarti, perdi tempo con questa donna!». Gesù si occupa pacificamente, ampiamente, soavemente della donna, dedicandole il suo tempo e la sua attenzione, come se null' altro premesse intorno;
- è un tipo di relazione che ha la consapevolezza di non potersi sedentarizzare: si fermerà lo stretto necessario - due giorni - e riprenderà il suo ministero altrove e per altri. Con analoga cura.

3.5. Sollecitazioni per i nostri tipi di relazione

Questi tratti relazionali del Signore Gesù, ci spingono a ripensare i tratti relazioni dei nostri incontri, del nostro stare con gli altri, dei nostri diversi ministeri ecclesiali che postulano sempre una prassi .comunicativa dialogica, paziente, costruttiva, maieutica.
Innanzitutto, il non-timore per le relazioni personalizzate: il quarto evangelista costruisce lunghi episodi con singole o pochissime persone, quasi a mettere in evidenza una certezza che anima il ministero del Maestro: l'attenzione e la cura dei singoli, dei pochi, può ampiamente giovare ai molti: la donna, ormai con-vinta interiormente, parla ai suoi concittadini della sua scoperta e questi corrono al pozzo. La dialettica singolo-molti, potrebbe apparire - soprattutto nel ministero a beneficio della comunità ecclesiale - una dialettica insanabile, ma non è così e può esser superata: si va incontro ai pochi affinché questi si aprano all'attenzione verso i molti, e si continuano a curare i molti senza fuggire i singoli, i piccoli numeri, gli incontri personali. Per Gesù, questo e altri incontri personalizzati nel quarto Vangelo, animano e sostengono coloro che diventano l'insostituibile lievito della massa.
Secondariamente, l'insostituibile importanza delle relazioni della e nella ferialità, quelli "ordinarie ", a riflettori spenti e senza scintillio coreografico. Non solo "amici di tutti", relazioni da grandi adunate, ma senza discesa nel sottofondo creaturale di volti e nomi singoli. Abbiamo sotto gli occhi un Gesù che presta molta attenzione agli incontri ordinari della vita e che si prende cura personalmente del singolo, di chi ha davanti, della sua storia, delle sue domande, delle sue concrete situazioni di vita, delle sue attese implicite ed esplicite. A Gesù non sfugge neppure, nella relazione, il tentativo rozzo della donna di manipolarlo: «Dammi di quest'acqua...»: ci sta, non la sgrida, non si scandalizza della sua "ignoranza religiosa" ma, con dolcezza e decisione, la porta verso l'oltre della sua stessa identità.
Infine, la coscienza che, in ogni relazione, si è chiamati a porre in gioco un'autentica consapevolezza di sé e delle personali certezze interiori. Con la Samaritana Gesù parla, si relaziona, agisce a partire dalla forte coscienza interiore di sé e del suo essere. Da qui scaturiscono spontaneamente e senza pose parole "vere", gesti e scelte che tessono relazione, superamenti di blocchi e paure. Ogni relazione resta nell'insignificanza senza coltivare la coscienza di sé, della propria identità accolta, di ciò che interiormente interpella e spinge.

Mauro Maria Morfino sdb*

* Salesiano. Docente presso la Facoltà Teologica della Sardegna - Cagliari

 

Letto 5719 volte Ultima modifica il Domenica, 14 Febbraio 2016 20:10
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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