Formazione Religiosa

Lunedì, 01 Novembre 2004 21:04

Abramo, Ulisse e l’Eldorado (Faustino Ferrari)

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Nei tre racconti (Abramo, Ulisse e l’Eldorado) abbiamo rappresentati tre modi di leggere e vivere il mondo che ci circonda. Le tre mete (la terra promesa, Atlantide e l’Eldorado) sono tra loro diverse, ma sono innanzi tutto lo specchio di ciò che noi siamo e di ciò a cui aneliamo.

Le tre religioni monoteistiche – ebraismo, cristianesimo ed islamismo – riconoscono un comune padre nella fede: Abramo. Si tratta di un nomade, un emigrante, uno straniero. Un personaggio che lascia il proprio paese per recarsi in una nuova terra.

La sua vicenda, il suo mettersi in viaggio, diventa l’esperienza fondante di un popolo. Abramo lascia una terra fertile, ricca, quale era a quei tempi la Mesopotamia per recarsi in un paese che non è altrettanto fertile, la terra dei Cananei. Da un punto di vista economico, sociale e politico, siamo di fronte ad un viaggio un po’ strano. Certo, la Palestina del tempo è terra dalla configurazione diversa dall’attuale. La sappiamo caratterizzata da una vegetazione più rigogliosa, ricca di alberi ed abitata da animali che in seguito scompariranno. La Bibbia ci narra che Abramo parte non in forza di motivi economici o politici, ma in virtù di una promessa.

In base a questa promessa possiamo dire che la vicenda di Abramo si caratterizza nel fatto che ha lasciato il suo paese e si è messo in viaggio. Pur essendo giunto tra i cananei – nel paese che gli è stato promesso – in realtà sembra che non sia ancora arrivato alla sua meta. Sembrerebbe che quanto contraddistingua Abramo sia l’idea stessa del viaggio, del cammino e non quella di giungere ad una destinazione.

La lettera agli ebrei, rileggendo le vicende dei patriarchi dal punto di vista della fede, giunge ad affermare che "nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra" (11,13). Ed aggiunge: "Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria" (11, 14).

La cultura classica ci presenta invece un altro personaggio itinerante: Ulisse. Dopo la fine della guerra di Troia, il suo lungo vagabondare per il Mediterraneo è contraddistinto da una profonda nostalgia per la sua "petrosa Itaca". Nonostante le diverse esperienze occorsegli – i tanti paesi misteriosi, ricchi e fertili che incontra – tutto il suo vagare sembra avere una sola meta.

Una lontananza che dura vent’anni. Inizialmente Ulisse non voleva andare a combattere contro i Troiani – è solo con l’inganno che viene smascherato e costretto a partire. E se la guerra si protrae per 10 anni – e alla fine è proprio lui a trovare la soluzione per concludere nel volgere di una notte ciò che sembra ormai fatalmente inconcludibile – altri 10 anni li passerà a vagabondare, contro un destino avverso che gli impedisce di ritornare.

Ma una volta giunto nella sua patria, presso la sua casa, dopo averla liberata dalla prepotenza dei Proci, dopo essersi svelato nelle braccia della moglie Penelope e del figlio Telemaco – Ulisse, ci racconta il mito, riprende a viaggiare.

Dante rilegge, nel Canto XXVII dell’Inferno, la vicenda di Ulisse, facendolo diventare il prototipo dell’uomo proteso nella ricerca della conoscenza e della virtù. Infatti mette in bocca ad Ulisse, mentre si rivolge ai propri compagni nell’ultimo viaggio, le seguenti parole: "Fatti non foste a vivere come bruti, / ma per seguire virtute e conoscenza". Ciò che fa emergere l’uomo dalla brutalità della sua ‘natura’ è la curiosità ed il desiderio di conoscere sempre qualcosa di nuovo. Una conoscenza che non è fine a se stessa, ma che si contraddistingue per il valore etico (virtute) che la deve accompagnare. Tuttavia la vicenda di Ulisse si conclude tragicamente: "Infin che il mare fu sopra noi richiuso". Sembra quasi che Dante voglia far capire che virtù e conoscenza sono elementi necessari per la vita umana, ma non sufficienti. L’Ulisse che ci viene restituito è quello di un uomo ancora proteso nella ricerca di "beni spirituali" – se ci è concesso di così definirli.

Con la scoperta del Nuovo Mondo, il mito dell’Eldorado (un paese dove tutto è d’oro) mette in moto da alcuni paesi della vecchia Europa intere frotte di avventurieri. Pur essendo indefinita la meta, il viaggio conquista molti.

Questo viaggio si caratterizza per la materialità di ciò che viene ricercato: l’oro. Siamo ben lontani dai motivi che hanno spinto Abramo ed Ulisse ad abbandonare la propria patria in vista di un futuro dal contorno incerto. La brama dei conquistadores non si ferma neanche di fronte allo scempio, allo sterminio, in una ricerca folle di ciò che sembra celarsi dietro l’angolo, dietro l’ansa del fiume e che invece si rivela sempre più lontano, sempre più contraddistinto da un’aurea mitica, irreale.

Il viaggio, da itinerario di progresso umano e spirituale si è fatto conquista, possesso. Tutt’intorno non resta che la tragica scia della morte. Non l’incontro e l’ospitalità, ma lo scontro e l’ostilità. L’altro è lo straniero che può giungere prima di me all’oro. O che già lo possiede e che bisogna affrontare in uno scontro estremo per diventarne a propria volta possessori.

Nei tre racconti (Abramo, Ulisse e l’Eldorado) abbiamo rappresentati tre modi di leggere e vivere il mondo che ci circonda. Le tre mete (la terra promesa, Atlantide e l’Eldorado) sono tra loro diverse, ma sono innanzi tutto lo specchio di ciò che noi siamo e di ciò a cui aneliamo. Oggi siamo di fronte ad altri Eldoradi (il petrolio e l’acqua, solo per fare due esempi). Nonostante l’enfasi posta sulle radici della civiltà occidentale, viene da pensare che ci stiamo rivelando– tragicamente – soltanto come i discendenti di quanti hanno perennemente inseguito il mito dell’Eldorado.

Forse è per questo che siamo sempre più incapaci ad essere ospitali.

Faustino Ferrari 

 

Letto 3419 volte Ultima modifica il Domenica, 15 Gennaio 2017 21:12
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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