Formazione Religiosa

Domenica, 14 Novembre 2004 11:25

Tempo di attesa e di speranza (Faustino Ferrari)

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Tempo di attesa e di speranza. Speranza per il futuro che viene a noi, completamente nuovo e imprevedibile. Per noi che viviamo nel tempo di mezzo, nell'attesa del compimento del tempo...

"Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace".

(Qoelet 3, 1-8).

 

Per ogni cosa c'è il suo tempo. Ma cos'è il tempo?

"Se qualcuno mi parla del tempo, posso dirgli che conosco cosa sia, ma se invece mi viene chiesta la definizione del tempo, non la saprei formulare". Così afferma Agostino d'Ippona.

Il tempo, per noi che lo viviamo, che lo sperimentiamo - solo chi vive nel tempo può conoscere il tempo - resta un mistero.

Prosegue Agostino: "Il tempo è la cosa più lunga e allo stesso tempo la più breve".

La più lunga. Basta pensare alle nostre attese: come sono diverse se fatte di gioia o di tristezza. Il tempo cronologico resta lo stesso, il medesimo scorrere di lancette sul quadrante dell'orologio. Ma come sembrano brevi i momenti di gioia e come appaiono interminabili quelli tristi!

Nella medesima cella della prigione, ad esempio, possiamo avere due persone che vivono lo stesso tempo, l'ultima notte. Per l'uno l'ultima notte prima del patibolo, per l'altro l'ultima notte prima della libertà. Com'è diverso lo scorrere del tempo per queste due persone - velocissimo per chi è condannato, lentissimo per chi domani sarà libero.

Essere nella sofferenza e nell'angoscia, essere nella tristezza e nell'attesa, vivere nel desiderio del compimento di un avvenimento: sono stati d'animo che ci fanno allungare, dilatare la nostra percezione del tempo.

Essere nella gioia e nella pace, nella sicurezza e nella felicità, nella serenità: sono stati d'animo che contraggono la nostra percezione del tempo. (Non diciamo forse che gioia, felicità, pace, sono "soltanto" degli attimi?).

Cos'è dunque il tempo? Un mistero.

Ma possiamo aggiungere: un mistero legato al nostro stato d'animo.

Cos'è dunque il tempo? Tempo che fugge. Tempo di chi non ha tempo. Tempo tiranno. Tempo crudele. Tempo rubato. Tempo sprecato...

Continuamente ci sfugge, non siamo sufficientemente coscienti che soltanto chi vive ha tempo. Poiché siamo vivi, siamo nel tempo. Abitiamo il tempo.

Ma cos'è il tempo? Per il cristiano, cos'è il tempo?

Per i cristiani il tempo è la cornice della nostra storia, che è storia di salvezza.

Se apriamo la Bibbia, ritroviamo subito questa cornice. Le prime parole del primo libro, la Genesi ("In principio Dio creò il cielo e la terra" Gen. 1,1) e le ultime parole dell'ultimo libro, l'Apocalisse "Sì, verrò presto!" Ap. 22, 20) sono parole che indicano il tempo. La cornice nella quale si iscrive la storia della salvezza.

Il tempo non è qualcosa di assoluto, ma di transitorio, di relativo.

"Per ogni cosa c'è il suo tempo" (Qo 3,1).

"Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte" (Sal 90). Il tempo è la cornice della storia della salvezza, ma una cornice transitoria.

Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di noi uomini e donne dell'inizio di questo millennio si svolgono tutte nel tempo. Nel tempo avviene la nostra salvezza. Per noi il tempo è tempo di salvezza.

Tempo di attesa. L'attesa, l'attendere è una caratteristica che ci fa percepire il tempo in maniera dilatata. Nell'attesa il tempo può essere vissuto come più lungo di quello che è. Come qualcosa che tarda a venire, se è vera attesa. A meno di non attendere soltanto cose terribili, spaventose, negative.

Tempo di attesa. Attesa di che cosa, di chi?

Attesa di un futuro migliore. Attesa della Parola che ritorna nella Storia.

"In principio era la Parola" (Gv 1,1). A Natale si fa memoria di questo evento, dell'ingresso nel tempo della Parola di Dio.

"Nella pienezza del tempo Dio ha inviato suo figlio" (Gal 4, 4). La nostra salvezza avviene nel tempo ed ogni giorno, ogni momento è il tempo opportuno per prepararci ad accogliere questa salvezza che viene a noi.

Già venuta, storicamente, duemila anni fa, ma che viene a noi continuamente.

"Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: "Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso". Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2Cor 6, 1-2).

Per il cristiano il tempo dovrebbe rappresentare l'attesa del secondo irrompere del Cristo nel corso della storia degli uomini. Ma per il cristiano è questa una attesa reale, vitale?

Mi viene da pensare che no, che questa attesa non interessa, è e deve restare lontana, estranea dalla vita. Si hanno ben altre cose a cui pensare. Ci sono le faccende di tutti i giorni, i problemi, i conflitti, i progetti, l'ordinaria amministrazione. E poi le cose che si devono fare tra un mese, tra tre mesi, l'estate prossima...

Si potrebbe dire, parafrasando la parabola evangelica, che si hanno dei buoi da curare, dei campi da andare a vedere... (cf. Lc 14, 18-20).

C'è un ritornello che ritornerà di frequente nella liturgia, soprattutto in alcuni periodi dell'anno: Vieni Signore Gesù!

Saremmo fuori strada se pensassimo che ciò si riferisca soltanto al periodo precedente il Natale. Maranatha, (Vieni Signore Gesù) è un'invocazione liturgica delle prime comunità cristiane e che ritroviamo in 1Cor 16,22. Nel libro dell'Apocalisse ritorna spesso l'invocazione: Vieni!. È l'invocazione per la seconda venuta del Messia. Ma quando le nostre labbra pronunciano questa invocazione, nel fondo di noi stessi, del nostro cuore, siamo coscienti di ciò che diciamo? Lo vogliamo veramente?

Spesso si sente dire: questa invocazione vale per la nostra vita, dobbiamo volere che il Signore "venga in noi, nel nostro cuore". Facciamo, cioè, una riduzione "spiritualistica" del testo biblico. Ma se pensassimo solo a ciò, non faremmo che ridurre il significato dell'attesa a ben poca cosa. Riduciamo un evento storico, unico, universale ad un atto della volontà personale, interiore, intimo.

L'invocazione aramaica Maranatha può essere interpretata in due diversi modi - e tutti e due possibili e legittimi.

Può infatti essere letta sia come Marana tha (Signore nostro, vieni!), versione alla quale siamo abituati. Ma interpretando diversamente il testo, si può leggere Maran atha (Il Signore nostro è venuto).

Abbiamo qui racchiuso il significato dell'attesa cristiana. Quando diciamo Maranatha, ricordiamo sia l'evento storico della venuta del Cristo, sia invochiamo il suo prossimo ritorno. Questa tensione dovrebbe accompagnare tutta la nostra esistenza. Dobbiamo essere coscienti di entrambe le traduzioni (che poi non è soltanto un problema di traduzione, ma espressione di una tensione esistenziale).

Il tempo lo concepiamo anche come un succedersi di momenti, una linea che dall'ieri, dal passato, attraverso l'oggi, il presente, procede verso il domani, il futuro. In realtà il nuovo Testamento ci offre una visione del tempo che può suonare strana poiché è lontana dalla nostra concezione del tempo. Come cristiani, noi dovremmo attendere che il futuro venga a noi. Non noi (nel tempo) che procediamo verso il futuro, ma il futuro che irrompe nell'oggi. E questo futuro che irrompe nel nostro oggi, nel nostro tempo, è il Figlio dell'Uomo stesso. Quel Signore della storia la cui venuta viene invocata dalla comunità dei credenti.

Maranatha! "Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!" (Ap 22,17).

E l'irruzione del futuro nel tempo presente, secondo questa immagine, coincide con la fine del tempo.

Tempo di attesa e di speranza. Speranza per il futuro che viene a noi, completamente nuovo e imprevedibile. Per noi che viviamo nel tempo di mezzo, nell'attesa del compimento del tempo, per noi che invochiamo ancora: Vieni Signore! fino al giorno del suo ritorno, Maria è l'icona di questa speranza. In lei, compagna di viaggio, ciò che attendiamo è già compiuto.

Perché non dovrebbe esserlo anche per noi?

Faustino Ferrari

 

Letto 2890 volte Ultima modifica il Domenica, 15 Gennaio 2017 21:28
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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