Religioni e pace. Nello spirito di Assisi
BUDDISMO
Generosità: primo gradino per la pace
di Lama Paljin Tulku Rinpoce
DOMANDA
La malvagità è innata nell’uomo?
Il bene è equilibrio e positività. Il male è confusione, che arriva quando ci si allontana dal bene.
Il buddismo è stato fondato dal Buddha Sakiamuni. Nato in India nel 500 a.C., quindi di religione indù, ebbe l’intuizione della sofferenza, da cui cominciò il suo insegnamento. Uomo qualsiasi, con esperienze comuni a tutti gli individui normali, è quindi una figura storica, nonostante la sua realtà umana sia «condita» di leggenda.
Sakiamuni diffuse le conoscenze dai bramini (indù) al popolo, proponendo una liberazione non solo spirituale ma anche concreta e la rivalutazione della figura femminile (ad esempio, prima non c’erano monache). Comunque resta anche lui un po’ maschilista: nella tradizione tibetana i monaci hanno 253 ordini (voti), le monache 436!
Pur nascendo come una filosofia, a mio avviso, il buddismo può essere considerato una religione. Di essa ha, ad esempio, gli ordini monastici. Il fatto che Buddha non abbia parlato di Dio non è perché non ne ritenesse vera l’esistenza, ma perché la figura di Dio è indicibile e la mente umana non può comprenderlo. Penso questo, nonostante sul suo insegnamento ci sia incertezza: sono infatti trascorsi tantissimi anni e altrettante interpretazioni prima che si cominciasse a trascriverlo.
Storicamente in India il buddismo diventa anche religione di stato, ma ne viene espulso dai bramini dopo 700 anni. Successivamente fece presa nel nord della Cina, Giappone, Corea… e oggi in Occidente.
Cercando di adattarsi all’ambiente sociale in cui viene a trovarsi e innestandosi in tutte le culture dei paesi dove arriva, il buddismo ne ingloba le tradizioni locali. Questo genera tante scuole diverse, che seguono differenti tradizioni, legate a quella originaria e tutte fondate sul concetto base e comune della sofferenza.
In Tibet, ad esempio, avviene il sincretismo con la preesistente tradizione sciamanica, che porta a sviluppare il metodo della visualizzazione. In Giappone, invece, si sviluppa un altro modo di concentrarsi: lo zen. Infatti le differenze nell’ambito del buddismo sono legate alla meditazione, assimilabile in un certo senso alla preghiera, perché esistono tanti modi diversi per praticarla e pacificare la mente e gli animi.
Il buddismo, non proponendo una fede o dogmi ma un obiettivo, è una tradizione trasversale applicabile a tutte le religioni e fondata su quattro nobili realtà, fra cui pacifismo, equilibrio, armonia... L’illuminazione (realizzazione) della persona nasce dalle sue esperienze e qualità, la «buddità» viene dall’interno, impegnandosi e agendo secondo i principi di pace, armonia e positività.
Nessuna preghiera e influenza esterna ci può cambiare se non vogliamo cambiare noi. Le scritture (per quanto possano essere attendibili, visto quanto detto in precedenza) e il maestro possono solo indicarci la via.
Desiderio, avversione (discriminazione) e confusione mentale (per desiderio ci creiamo illusioni) sono i tre elementi fondamentali che ci impediscono di redimerci. L’io e il mio condizionano la nostra esistenza. In sostanza il buddismo è una religione facile da descrivere e difficile da attuare.
All’attuale realtà di guerre il buddismo si rapporta considerando alcune parole chiave, fra cui altruismo, compassione, generosità... L’amore è augurare a tutti di essere felici; la compassione è far di tutto per vincere la sofferenza altrui.
Il primo gradino per costruire la pace è la generosità: il saper dare. Molti amici della tradizione buddista sono impegnati per la pace, ma se non la viviamo nel nostro quotidiano, anche praticando il dubbio, dal quale nascono la ricerca e la capacità di migliorarsi, questo genere di impegno è un impegno inutile.
(da Missioni Consolata, gennaio 2007)
Paljin Tulku Rinpoce (Arnaldo Graglia) è da oltre 30 un monaco buddista di tradizione tibetana. Fondatore e guida del centro studi tibetani Mandala di Milano, siede fra i maestri reggenti il monastero di Lamayuru a Ladakh (India) ed ha assunto la guida del monastero di Atitse destinato a diventare un centro internazionale di meditazione.
In ogni persona brilla una fiamma
di Rosa Myoen Raja
DOMANDA:
Constato che nell’essere umano esiste la dimensione del male, ma la domanda mi supera. Nella mia attività con i carcerati sento che non mi è estraneo quel che hanno commesso. Nelle stesse condizioni forse avrei fatto di peggio, la vita mi ha dato una realtà estremamente favorevole. Quando apprendo di eventi drammatici o tragici non riesco a prendere parte per qualcuno.
In realtà, purtroppo, c’è indifferenza in tutti noi per le tragedie dell’umanità che accadono anche in questo stesso istante.
Qualsiasi riflessione sulla pace deve partire dal presupposto che nel cuore di ogni persona brilla sempre una fiamma, una scintilla d’intelligenza. Bisogna poi recuperare la consapevolezza, la forza del «sentire» e del sentirsi parte di un tutto: se io respiro, l’intero universo respira; se raccolgo da terra un mozzicone, è l’intero universo che compie questo gesto; e sbaglia chi, vedendomi, pensasse che sto pulendo il marciapiede: è il mondo che sto pulendo!
È il principio di separazione dal tutto che genera i conflitti. Il buddista rispetta tutti e tutto, perché sa che compongono il «Tutto Universale», al quale appartiene anche lui. Togliendo qualcosa all’universo, lo togliamo anche a noi stessi, e viceversa.
È fondamentale l’azione della persona, il far bene quel che si fa: perché serve al mondo. È la nostra vita che deve essere messa in gioco e costruita sui grandi pilastri dell’Armonia, del Rispetto, della Purezza, e della Pulizia interiore. Non è attraverso il male degli altri che si raggiungono la felicità e la realizzazione di sé. Perciò dobbiamo cambiare partendo da noi stessi e dal nostro ambiente.
Anche la pace non va cercata negli altri, ma dentro di sé. Imparando ad affrontare i problemi quando si presentano, senza vacillare al solo pensiero che «forse arriverà il vento!». Come nulla intacca il diamante, nulla potrà compromettere una coscienza adamantina e pura.
Venendo alla domanda se, ai fini della pace, la religione sia troppa o troppo poca, penso che, se ha radici profonde nella storia dell’uomo, la religione non è mai troppa: i vertici delle organizzazioni e delle religioni predicano sempre bene!
Il mondo però non è migliorato, nel senso che non ha accolto i loro insegnamenti e non vi regna la pace. Sembrerebbe quindi che i grandi maestri abbiano fallito. Ma il maestro può solo aprire la porta; è il discepolo, con il suo piede, che può entrare. Chi non è se stesso fino in fondo deve sapere che nessuno può esserlo al suo posto.
Dunque la religione non sarà mai troppa in quanto a principi etici. Semmai sono troppo pochi a praticarla. Oggi dobbiamo quindi domandarci fino a che punto siamo praticanti: la nostra generazione non sa più bene in cosa sta credendo, ha bisogno di ritrovare i riferimenti giusti.
Dobbiamo anche considerare che mai ci sarà una religione unica sulla terra. Ci sarà, forse, un’integrazione interreligiosa, in vista della quale è necessaria una maggiore comprensione della religione altrui, anche da parte di chi non crede. È quindi importante lo sviluppo di tutte le religioni e la ricerca di opportune occasioni per praticarle assieme.
Per questo credo nella necessità e nel valore del lavoro culturale nella nostra società. I bambini già ci hanno superato, sono già uniti, ma gli adulti devono creare un ambiente favorevole, perché questo atteggiamento spontaneo possa radicarsi nelle loro coscienze.
Più delle ore di religione passate a scuola, conta la testimonianza vissuta dai genitori in famiglia; dove la religione potrebbe aiutare a crescere meglio i figli e a costruire una società migliore. Anche se essere buoni praticanti non è garanzia di successo.
Vorrei infine segnalare che, dal 2000, i leader delle religioni presenti a Milano si stanno incontrando con continuità. Un lavoro che ha portato alla firma, il 21 marzo 2006, dello statuto costitutivo del Forum delle religioni a Milano. Anche se è stato uno sforzo impegnativo, raggiungere questo obiettivo è stato più facile di quanto non sembrasse al principio.
(da Missioni Consolata, gennaio 2007)
Rosa Myoen Raja ha iniziato nel 1988 la pratica zen presso il centro «Il Cerchio» di Milano, di cui è diventata presidente, avendo ricevuto dal maestro Tetsugen l’ordinazione monastica. È membro fondatore della sezione milanese di «Religioni per la Pace», Forum delle religioni a Milano.