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Sabato, 09 Ottobre 2004 19:11

Un impegno sempre attuale: educare alla pace

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a cura di Antonio Nanni

Stiamo diventando preda del fatalismo e non ce ne accorgiamo. Abbiamo perso fiducia anche nell’ONU e non ne percepiamo la gravità. Il mito della Forza torna a farsi strada e non riusciamo a trovare le forme per arginarlo. Giovanni Paolo II viene a rilanciare l'impegno per la pace riproponendo la riforma dell'ONU e una svolta da realizzare sul piano del diritto internazionale.

Oggi infatti il diritto internazionale fa fatica ad offrire "soluzioni alla conflittualità", perchè il più delle volte gli "attori" del conflitto non sono più (come in passato) gli Stati nazionali sovrani per i quali quel diritto internazionale era stato creato, ma altre entità non riconducibili ai tradizionali caratteri della statualità. Anche a noi si rivolge Giovanni Paolo II, a chi lavora per formare le coscienze, agli educatori delle nuove generazioni non solo sollecitate a credere che la pace resta possibile, ma soprattutto che la pace è doverosa. Se consideriamo unitariamente i tanti messaggi culturali per la giornata mondiale della pace possiamo ben dire che disponiamo ormai di una ricca sintesi dottrinale, una sorta di "sillabario" della pace, si potrebbe dire che abbiamo dinanzi a noi le coordinate di una vera e propria "scienza della pace". Dice il Papa "...per noi cristiani, l’impegno di educare noi stessi e gli altri alla pace è sentito come appartenente al genio stesso della nostra religione".

Il Vangelo annuncia che essere operatore di pace è beatitudine. Un impegno che va costantemente rimotivato nella storia e attuato con coerenza. Sappiamo tutti che dopo la seconda guerra mondiale per garantire la pace tra i popoli e la sicurezza globale dell'umanità è stata appositamente costituita l'ONU che però per risolvere i conflitti non può fare ricorso alla forza. A distanza di oltre 50 anni ci accorgiamo che l'umanità ha oggi bisogno di un "grado superiore di ordinamento internazionale" poichè nel frattempo si è prodotto un "crescente scostamento" dalla previsione e dalle aspettative dell'immediato dopoguerra. È vero che l'umanità si trova in questi anni a fronteggiare la nuova minaccia del terrorismo internazionale, però se vuole essere vincente la lotta contro il terrorismo non può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive, ma - aggiunge il Papa - "deve esprimersi anche sul piano politico e pedagogico".

Da una parte infatti bisogna avere il coraggio di fare una "lucida analisi" delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici ma dall'altra bisogna anche insistere su un'educazione ispirata al rispetto per la vita umana in ogni circostanza: "L'unità del genere umano è infatti una realtà più forte delle divisioni contingenti che separano uomini e popoli". Il messaggio che viene dal Papa è semplice e chiaro: il diritto internazionale deve evitare che prevalga la legge del più forte! Se per tanto tempo esso è stato simultaneamente un diritto della guerra e della pace, d'ora in poi - ecco la svolta che viene annunciata dal Papa – "credo che esso sia sempre più chiamato a diventare esclusivamente un diritto della pace". Alla luce di questo messaggio possiamo dire che lo sbarramento ad ogni ipotesi di guerra preventiva non poteva essere più evidente e totale. La via che l'umanità è chiamata ad interpretare è quella della responsabilità per il destino comune di tutti i popoli che passa attraverso la nonviolenza, la riconciliazione e il perdono. Sono da abbandonare, invece, le vie della forza, dell'unilateralismo e della guerra preventiva.

La motivazione è esplicita: "il fine non giustifica i mezzi" . Non basta, allora, giustificare una guerra contro il dittatore dicendo che si "vuole esportare la democrazia". Non c'è coerenza tra mezzi e fini.

Ciò che come educatori siamo sollecitati a fare in questo tempo è tenere viva la speranza nell'unità della famiglia umana ossia della mondialità (....).

Promuovere un ''grado superiore di ordinamento internazionale'' equivale a parlare di un salto di qualità; una svolta storica, una mutazione istituzionale profonda, un nuovo paradigma culturale. Sì, è proprio per l’affermazione di questa rivoluzione culturale non violenta, ma concreta e mondiale insieme, che anche il CEM è da sempre impegnato a compiere ogni sforzo possibile.

(da Cem Mondialità, gennaio 2004)

 

 

Letto 1934 volte Ultima modifica il Martedì, 20 Settembre 2011 16:08
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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