Vita nello Spirito

Domenica, 24 Aprile 2005 18:20

È la carità a renderci liberi (Giovanni Salvini)

Vota questo articolo
(1 Vota)

È una situazione molto delicata, quella rispecchiata dal biglietto che Paolo scrive all'amico Filemone nell'atto di rimandargli Onesimo, uno schiavo fuggito dalla sua casa e diventato cristiano come cristiano del resto era lo stesso Filemone.

Cristiani per opportunismo?
È la carità a renderci liberi

di Giovanni Salvini

Preferisco pregarti in nome della carità (Filemone, 94).

È una situazione molto delicata, quella rispecchiata dal biglietto che Paolo scrive all'amico Filemone nell'atto di rimandargli Onesimo, uno schiavo fuggito dalla sua casa e diventato cristiano come cristiano del resto era lo stesso Filemone. Paolo si trova a dover decidere della vita di Onesimo, che gli chiede cosa debba fare e accondiscende a scrivere per lui un biglietto di presentazione a Filemone. Ma il contenuto del biglietto è sorprendente, ritengo per lo stesso Onesimo. In realtà quella di Paolo è una sfida.

La situazione in cui si trova l'Apostolo sarebbe relativamente semplice: di fronte a Onesimo, che gli si è consegnato nelle mani, e a Filemone, che sarebbe prontissimo a fare tutto ciò che Paolo gli chiede, l'apostolo potrebbe facilmente scegliere la via della pura demagogia. Basterebbe obbligare Filemone a liberare Onesimo in nome dell'egualitarismo insito nella dinamica nuova della comunità cristiana. Sarebbe la prima volta nella storia in cui il cristianesimo diventa fermento di conquiste civili. Inizierebbe così la fine della schiavitù.

Sarebbe inoltre la prima tra le tante volte in cui l'appartenenza alla stessa chiesa diventa sinonimo di favoritismi e vantaggi. Lo schiavo divenuto fratello in Cristo del padrone non può più essergli sottomesso. Ecco davvero un ottimo motivo per diventare cristiani! Paolo probabilmente capisce tutto questo e sceglie una via meno demagogica, meno facile, ma senz'altro autenticamente cristiana. Egli sa che liberare Onesimo in nome della fede vorrebbe dire liberare un singolo schiavo e non vincere la schiavitù. Allora preferisce offrire sia a Onesimo che al suo padrone Filemone una via di libertà e sceglie la sola e unica che Cristo ha vissuto e insegnato: la carità.

Potrebbe obbligare Filemone in nome della sua autorità di apostolo e fondatore di comunità; invece preferisce "pregarlo nella carità". Pregarlo non di liberare, ma di riprendere Onesimo; non di dargli una libertà che in realtà voleva dire abbandonarlo senza sostentamento e senza dignità, ma di riaccoglierlo come schiavo-figlio, ridandogli tutto l'amore della casa, il calore di una famiglia e la protezione di un nome, amandolo con l'amore nuovo insegnato e comandato dal Signore risorto.

La garanzia dell'amore

Appare singolare, in questa vicenda, non solo la sagacia di Paolo, ma soprattutto la sua radicale onestà nei confronti delle motivazioni della fede. Perché non accada e non si possa dire che Onesimo è diventato cristiano per convenienza, ottenendo in cambio la libertà, Paolo lo riconsegna alla schiavitù senza altra garanzia che l'amore che Filemone - Paolo ne è certo -saprà provare per lui nel mistero di grazia che rende capaci tutti i cristiani di amarsi come Gesù li ha amati.

Viviamo oggi in un tempo in cui le motivazioni dell'appartenenza religiosa e cristiana sono diventate le più svariate, dipanandosi lungo una storia che ha visto infinite volte ripetersi il copione delle conversioni di comodo. E certe tendenze storiche, culturali e spirituali odierne sembrano moltiplicare il rischio di questo opportunismo. Se da una parte permane nel mondo una dinamica missionaria cristiana che segue l'asse ricchi-poveri e mette spesso i poveri nella condizione di dover diventare cristiani per ricevere aiuti e privilegi, il nostro tempo vede prosperare anche un senso di contrapposizione etnica, politica e razziale, che come spesso è avvenuto nei secoli passati, si tinge con estrema facilità di religioso. Allora accade che si diventi o si rimanga cristiani o cattolici solo per contrapposizione agli altri, che cristiani e cattolici non sono. Nasce, accanto a quello che si potrebbe definire un "cristianesimo di opportunismo", un "cristianesimo di contrapposizione", generato - quasi per un crudele paradosso - dalla necessità di giustificare l'odio anziché dal bisogno di imparare l'amore.

Il sapore del Vangelo

Considerato sullo sfondo dello scenario nostro contemporaneo, il gesto di Paolo assume un sapore strano, un po’ amaro e al tempo stesso aspro, un sapore stantio e sorpassato, quasi melenso, ma che in qualche maniera è il sapore stesso del Vangelo: la scelta di riconsegnare alla schiavitù, o al rischio di essa, la vita di Onesimo rappresenta un prezzo assai alto da pagare per mantenere pulita e trasparente la motivazione della fede di chi sceglie il Cristo. Ma si tratta del prezzo unico che è stato pagato dal Signore per primo e che è stato scelto da chiunque ha voluto seguirlo, sapendo che gli era promesso un centuplo, ma sempre e comunque in mezzo a persecuzioni e nel fraintendimento da parte del mondo. E la preghiera di Paolo a Filemone ribadisce comunque che al di là della libertà e della schiavitù, al di là del diritto e del sopruso, l'unica dinamica che governa la chiesa rimane l'amore più grande di tutti, che i cristiani da sempre chiamano "carità".

(da Italia Caritas, giugno 2004)

Letto 2795 volte Ultima modifica il Venerdì, 25 Maggio 2012 12:27
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search