La passione di Cristo,
storia, testimonianza e verità
di Marcelo Barros
Essere cristiani è seguire Gesù come discepoli nelle opzioni fondamentali della vita e ricevere dal Padre lo Spirito Santo, energia di amore divino che ci rende capaci di amare come Gesù e che ci "divinizza". Gli antichi pastori delle Chiese definivano questa fede come "cammino", itinerario spirituale, che può essere espresso in diverse forme. Ogni Chiesa o comunità privilegia di più l'uno o l'altro aspetto. Dire che il sole nasce alle 6 e tramonta alle 18 è tanto vero quanto parlare di movimento della terra intorno a se stessa mentre gira intorno al sole. Nessun linguaggio è assoluto. Non si deve assolutizzare un modo di parlare. Sarebbe confondere un'espressione della verità con la Verità che è al di là di tutte le nostre povere formulazioni. Nessuno possiede la verità totale. Ognuno può sempre apprendere qualcosa dall'altro, come altrettanto può insegnare all'altro.
Se è così, mi perdonino coloro che interpretano i testi biblici alla lettera, ma non credo che sia il sangue di Cristo che salva l'umanità. Non posso credere che Dio avesse bisogno che Gesù soffrisse a quel modo e morisse come un condannato per salvare il mondo. Quello che salva il mondo è l'amore. L'unica passione capace di salvare l'umanità è l'appassionarsi, che, secondo il Vangelo di Giovanni, è la chiave di lettura più appropriata per capire tutto quello che è successo a Gesù: "Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). Questo amore radicale, che giunse fino a dove l'amore più estremo può giungere, prese la forma del dono di sé. Non perché non desse importanza alla vita, o godesse del soffrire. E meno ancora perché credeva che Dio è sadico o crudele e si dilettasse nel vedere il Figlio soffrire e morire, come prezzo per placare la sua ira nei confronti dell'umanità peccatrice.
È dagli inizi della Chiesa che la croce di Gesù provoca polemica. Ferisce l'immagine convenzionale di Dio e contesta qualsiasi religione che illuda le persone promettendo miracoli e buoni risultati economici. La croce di Gesù denuncia che Dio sembra non proteggere i suoi. Già al suo tempo Paolo scriveva: "Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani" (1Cor 1,23).
In questi giorni, la passione di Gesù è motivo di dibattito a causa del modo in cui è narrata nel film di Mel Gibson. Rispetto quanti l'hanno apprezzato, ma io continuo a preferire il vecchio "Vangelo secondo Matteo" di Pasolini. Mel Gibson, interpretando i Vangeli alla lettera, privilegiando alcuni passaggi e dimenticandone altri, attribuisce la condanna di Gesù agli ebrei e immagina il diavolo come un essere androgino. Facendo questo, depone contro lo stesso Dio, accusato di usare la sofferenza del giusto per salvare il mondo. Così dà ragione agli intellettuali che accusano la religione di essere causa di intolleranza e violenza nella storia e nel mondo attuale.
Amo molto i Vangeli, ma so che furono scritti almeno 50 anni dopo i fatti narrati. Non hanno mai avuto la pretesa di essere biografici. Furono redatti da gruppi diversi e in contesti culturali distinti. Ogni evangelista racconta la passione a partire da prismi tanto differenti l'uno dall'altro che non possono essere armonizzati artificiosamente. Matteo narra la passione come sofferenza di un profeta. Marco mostra Gesù preso dalla solitudine e dal dolore per essere stato abbandonato da tutti. Al contrario, Luca mostra Gesù, nella sua passione, accompagnato da discepoli e donne. Racconta che le donne piangevano e egli le consolava. Un ladrone chiede perdono nell'ora della morte e, sulla croce, Gesù prega: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Secondo Marco, Gesù fu crocifisso alle nove della mattina. Per Matteo e Luca, successe a mezzogiorno. Matteo e Marco dicono che l'ultima parola di Gesù fu: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?". Luca dice che Gesù pregò: "Padre, alle tue mani affido il mio spirito". Senza dire che Giovanni segue una logica totalmente differente.
Come alcuni predicatori nei loro sermoni, il film di Gibson mescola i racconti evangelici senza nessuna preoccupazione storica o esegetica. Per questo, finisce coll'insistere su elementi che qualunque fondamentalista pensa di cogliere nei Vangeli: accusa agli ebrei, la giustificazione della violenza come necessaria a realizzare il progetto di Dio e a valorizzare la colpa come strumento della conversione dell'umanità.
Negli anni '80 del I secolo, i gruppi cristiani facevano parte della sinagoga e i capi degli ebrei li consideravano eretici e nemici. Sembra che, nelle comunità giudaiche dell'epoca, ci fossero preghiere che maledicevano i seguaci di Gesù. Molti cristiani di fede giudaica entravano in crisi, alcuni perfino lasciavano il gruppo cristiano. In questo contesto, i Vangeli entrano in polemica e dicono che quelli che perseguitano i cristiani sono gli stessi che perseguitarono Gesù. Raccontano la passione di Gesù in modo che sia diminuita la responsabilità dei romani nella condanna di Cristo e accentuano una presunta colpa dei cari religiosi di Gerusalemme. Il quarto Vangelo chiama "giudei" solo i dirigenti del tempio, alleati strategici dei governanti romani nello sfruttamento del popolo. A questo, al popolo, il Vangelo dà il nome di "israelita". Natanael è un vero israelita nel quale non c'è falsità. Chiama Gesù il "re di Israele", Maria e i discepoli sono israeliti (cfr. Gv 1,47-49). Mi sembra disonesto citare questo Vangelo e parlare dei giudei come di coloro che hanno insistito per condannare Gesù senza fare questa distinzione, soprattutto in un contesto politico internazionale nel quale, al contrario di come era anticamente, lo Stato che perseguita i palestinesi si chiama "Israele", mentre il popolo civile e i gruppi religiosi si chiamano ebrei.
In realtà, la passione di Gesù fu un assassinio, perpetrato dal potere politico romano con la complicità dei vertici del potere religioso ebraico dell'epoca. Non conosciamo i dettagli. Tutto quello che i Vangeli raccontano della passione certamente si basa sui fatti, ma ha più che altro valore simbolico e di parabola. Non è una cronaca o un réportage giornalistico.
Chi è cristiano crede che Dio ci salva attraverso Gesù. Questa salvezza non è il liberarci dall'inferno, parabola superata di un castigo contrario alla misericordia divina. Gesù ci salva con la pienezza della vita e della felicità. Gesù ci salva rivelandoci Dio, insegnandoci a metterci in relazione intima con Dio. Ci salva perché possiamo scoprire un modo di vivere più umano e felice, basato sull'amore-solidarietà, sulla giustizia, sulla pace e sulla comunione con l'universo.
(da Adista, n°34 8.5.2004)