Il Messaggio delle Beatitudini Evangeliche
di Sr. Germana Strola o.c.s.o.
La pagina delle beatitudini evangeliche introduce la vita pubblica di Gesù con un messaggio che ne contiene l'annuncio fondamentale e può essere paragonata al nartece o al portale di una grande cattedrale. La predicazione con cui il Cristo inizia a rivelare chi Egli è per noi, risponde alle attese dei poveri, degli afflitti, dei miti, degli affamati, proclamando in termini concreti che il regno di Dio è presente tra gli uomini: invito a trasformare il nostro modo di pensare e di agire, le beatitudini sono innanzi tutto una parola di gioia.
Nel meditare il messaggio delle beatitudini evangeliche, tuttavia, sorge spontanea una domanda: Gesù richiama con queste parole sublimi a fare attenzione alle condizioni indispensabili per accedere al Regno, o proclama invece la venuta del Regno, definitiva, anche se iniziale? Le beatitudini costituiscono un programma che sfida l'uomo alla crescita verso la sua piena statura, un catalogo di norme, oppure la buona novella di ciò che Dio realizza in favore degli uomini? Per dirlo in una terminologia più alla moda, le beatitudini sono Legge o Vangelo?
Questa domanda è volutamente provocante, e in certa misura ambigua, cioè sembra misconoscere l'inscindibile unità della parola evangelica (dono di Dio che invita l'uomo a una riposta di fede). Ma accettiamo per un attimo la sfida che può aiutarci ad approfondire la riflessione. Notiamo subito che la provocazione stessa è possibile solamente a causa della struttura specifica dell'annuncio delle beatitudini. Esse non sono formulate semplicemente come delle esigenze morali: Siate poveri in spirito! Abbiate fame e sete di giustizia!... E nemmeno, semplicemente, come l'annuncio delle promesse: II regno dei cieli è dato a voi. Vi attende il pieno appagamento che sazierà il vostro desiderio. Il Vangelo unisce indissolubilmente le une alle altre.
Le beatitudini sono annuncio di una volontà di bene che Dio ha per gli uomini recato loro da Gesù Cristo. Esse esplicitano il significato della prima parola che Gesù pronuncia: "Si èavvicinato a voi il regno dei cieli" (Cfr Mt 4, 17) e rivelano che cosa Dio vuole dare agli uomini, quale futuro di gioia prepara per loro e quali possibilità, d'ora in poi, dischiude a loro la sua volontà; di conseguenza, le beatitudini non costituiscono, innanzi tutto un programma di ciò che l'uomo deve fare per meritarsi, acquistare o realizzare la sua felicità ed il suo futuro, ma annunciano che Dio è insondabile volontà di bene, per tutti e per ciascuno.
Ci si può avvicinare, e sempre solo inizialmente, alle soglie di un tale dono, in cui Dio parla e annuncia il proprio agire. Il comportamento dell'uomo, in ogni caso, non è indipendente, autonomo, originario rispetto all'agire divino: chi accoglie il dono di Gesù è proclamato beato, perché Dio compirà la sua promessa. E’ chiaro quindi che l'agire di Dio costituisce la base e la condizione che rende possibile la scelta dell'uomo; chi accetta con fede il messaggio di Dio e il suo intervento salvifico, diventa capace di agire secondo la sua volontà, in modo pienamente umano e pienamente divino. Nelle beatitudini, intervento di Dio e atteggiamento dell'uomo sono, in definitiva, indissociabili: l’azione di Dio fonda sia la beatitudine, sia l'azione umana, rappresentando così l'elemento principale.
Le beatitudini dichiarano quindi felici coloro a cui si rivolgono: i poveri, gli afflitti, i miti, gli affamati sono effettivamente beati, nell'accogliere l'annuncio evangelico, perché è presente Colui che risponde e sazia ogni loro desiderio. Le loro ferite, il loro grido divengono luogo di incontro con il Salvatore, promessa di appagamento, esperienza del dono di Dio che sta venendo a loro, nel Cristo Gesù. La povertà dei poveri, o l'umiltà dello spirito, è chiamata ad accogliere il dono di Dio nella persona di Cristo, ed è per questo che può essere proclamata beata.
Nella redazione del primo discorso di Gesù, Matteo accentua le dimensioni più interiori, esistenziali e spirituali come ideale di vita ed esigenze di un'autentica religiosità (povertà dello spirito, purità del cuore, mitezza e pace, ecc). Il primo evangelista si rivela così come un catechista, preoccupato del comportamento esistenziale dei cristiani ai quali dirige il suo insegnamento: la sua intenzione emerge con evidenza ancora maggiore studiando più a fondo l'intero discorso della montagna, concepito da lui soprattutto come un programma di vita.
Se nell'insieme, il discorso della montagna è inteso essenzialmente come un insegnamento da accogliere e da mettere in pratica, tanto più lo è il suo esordio, la sua introduzione solenne, intenzionalmente orientata verso una prospettiva eminentemente didattica. Quello che colpisce invece, nel vangelo di Luca, quando scrive il primo discorso di Gesù, è la sua sobrietà: come se egli avesse, con una libertà che può sembrare perfino eccessiva, operato una scelta (beati voi, poveri; beati voi, che ora piangete...). E gli elementi concreti che restano ricevono quindi una luce tanto più intensa, quasi personale: come dilatando gli orizzonti e allo stesso tempo mettendo a fuoco il nucleo più essenziale. Luca sottolinea nell'insegnamento di Gesù l'aspetto più caratteristico, il tema della carità attorno al quale si raggruppano gli elementi centrali di tutto il discorso. Luca si preoccupa meno di definire lo spirito del cristianesimo che a precisare il comportamento concreto in cui esso si esprime.
Evangelisti e maestri delle loro comunità, Matteo e Luca hanno cura della incidenza esistenziale del loro insegnamento per nutrire la vita di coloro ai quali si rivolgono. Non si accontentano perciò di informare i loro ascoltatori di quello che Gesù letteralmente ha detto, ma desiderano che le sue parole raggiungano l'intimo della loro persona, penetrino nella loro vita. Lo spirito che li anima è quello della Chiesa primitiva, che non considera la tradizione come qualcosa che va ripetuto meccanicamente, con una fedeltà solo esterna o formale. Si tratta di una testimonianza vissuta, perché si rinnovi un incontro personale con il Cristo. Le parole di Gesù sono un fermento di vita nuova e la Chiesa primitiva lo trasmette solo incarnandolo nell'esperienza, nella parola viva delle comunità dei cristiani.
Appoggiata sulla parola di Gesù mediata dagli evangelisti, la religione delle beatitudini non può essere in definitiva che una religione della speranza. Di fatto la promessa della gioia si radica in una situazione attuale di prova e di incipiente consolazione, preserva la speranza dalla tentazione di evadere dalla realtà. Il presente acquista significato dal futuro di cui porta i semi, la caparra della realizzazione. I condizionamenti e le esigenze del momento presente costituiscono l'alveo, in cui le fonti sorgive della promessa di Dio fanno traboccare la vita, per trasfigurare fin da ora l'esistenza di colui che crede.
Dio, l'onnipotente re e pastore degli uomini, è totalmente dalla vostra parte.
Dio vi consolerà, cambierà definitivamente il vostro dolore in un'esistenza di gioia.
Dio vostro Padre, ha destinato, per voi, una vita di pace che non verrà mai meno.
Dio vi sazierà, vi assicurerà la pienezza della vita.
Dio avrà misericordia di voi, vi perdonerà tutte le vostre colpe.
Dio uscirà dalla sua trascendenza, lontana, velata e nascosta e si presenterà a voi, riconoscendovi come suoi figli.
Dio, l'onnipotente re e pastore degli uomini, è totalmente dalla vostra parte.
(da Vita Nostra)