Quando nelle nostre comunità monastiche affrontiamo la questione della maniera in cui ci guadagniamo da vivere, esprimiamo molto presto preoccupazioni concrete e vive che ci toccano direttamente e che costituiscono delle priorità nella vita di tutti i giorni. Attraverso il lavoro, in effetti, noi mettiamo in luce, quasi inconsciamente, un orientamento spirituale fondamentale e definiamo le prospettive maggiori per la nostra comunità.
In questo bollettino, apriamo un dossier su questa realtà così importante per ciascuno di noi, per il nostro equilibrio personale e per la vita delle nostre comunità. Immediatamente emergono le questioni sulla natura del lavoro, il suo rapporto con il denaro (perché il lavoro non significa necessariamente remunerazione), sulle attività globali di una comunità. Il monastero è un corpo, come dice bene san Basilio nella sua Grande Regola (cap. 7): “ Noi siamo un solo corpo, che ha il Cristo come testa, e siamo membra gli uni degli altri, ciascuno per la sua parte”. A volte la nostra maniera di guadagnarci da vivere è a servizio della comunità, a volte si apre sulla Chiesa locale e universale, sui nostri vicini, la nostra regione, il nostro paese e l’umanità tutta intera.
Domande ci sono poste regolarmente dall’interno o dall’esterno: Quali sono le vostre attività? Come provvedete alla vostra sussistenza? Qual è il vostro orario? Variano queste attività nel corso dell’anno? Come le vostre attività contribuiscono a una maggiore maturità umana e spirituale dei fratelli e delle sorelle, al progresso umano e spirituale dei vostri ospiti, dei vostri vicini, del vostro paese?
Queste domande alcuni monasteri le hanno riprese, per considerare criticamente tutto ciò che riguarda il loro lavoro.Due riflessioni fondamentali aprono questo dossier. Sono state condivise al Consiglio dell’AIM, nell’abbazia di Ealing, a Londra, nel giugno 2000. La prima, di suor Joséphine Mary Miller, o. bern., mette l’accento sulla responsabilità personale e comunitaria; la seconda, del Padre Abate Thierry Portevin, osb, puntualizza il discorso sull’educazione alla responsabilità negli incarichi della vita comune. Il lavoro prende tutta la persona ed è luogo di vita spirituale e di maturazione umana. E’ una questione permanente delle nostre comunità. Per cui è prezioso raccogliere le esperienze concrete. Queste esperienze ci descrivono come alcune comunità si guadagnano da vivere.
Per l’Asia, ad esempio, abbiamo una relazione molto dettagliata delle attività dell’Abbazia di Shanti Nilayam, sorprendenti per la loro diversità e il loro adattamento alle molteplici capacità delle sorelle; e un’evocazione fotografica che parla delle Abbazie di Phuoc Son e di Thien An. Per l’Africa, la sintesi delle riflessioni della comunità di Koutaba in Cameroun; e l’intervista di quattro fratelli del Madagascar che illumina le loro risposte della saggezza tradizionale; per l’America Latina, alcune situazioni originali o classiche in Brasile. Ciascuno leggerà con profitto le diverse prospettive e le esperienze partecipate, sempre molto aderenti al contesto locale.
Due punti attireranno la nostra attenzione: l’importanza della creatività e della solidarietà.
Dio ha fatto di noi degli esseri creativi ai quali ha affidato la terra (Gen. 1,28) e nella parabola dei talenti Gesù insiste sulla maniera di gestire i talenti che ci ha affidato (Mt 25,14-30). Nelle esperienze che ci hanno partecipato, leggiamo che le benedettine di Babete in Cameroun fanno del sapone e questo sapone è rivenduto da un gruppo di donne che trovano a loro volta in questo lavoro il proprio mezzo di sostentamento. A Mambré, a Kinshasa, i monaci fanno del pane che è anch’esso rivenduto da una cinquantina di donne nei mercati intorno al monastero. Questo tipo di lavoro manifesta un’attenzione alle realtà quotidiane della popolazione circostante. Ma non mancano di manifestarsi gli ostacoli: le materie prime mancano o sono impoverite, l’elettricità è regolarmente interrotta... se si deve avviare il gruppo elettrogeno, il prezzo del carburante aumenta fino a tre volte in qualche giorno e, di nuovo, il progetto non è più redditizio. E’ la situazione attuale in Congo. Scopriamo allora che ci sono forni a legna molto redditizi in Italia. Un fratello completa: bisogna piantare dei Leucena. Questi alberi diventano grandi in tre, quattro anni e forniscono legna eccellente per la falegnameria e il riscaldamento... Così un elemento ne trascina un altro e al termine di tutta una catena di previsioni, sempre da rivedere, il progetto di Dio sull’umanità, sulla “umanizzazione” nei nostri monasteri e attorno ad essi può sboccare in un esito positivo, se andiamo fino alla fine dei nostri sforzi, senza pigrizie né scoraggiamenti.
Dove vogliamo arrivare? La situazione concreta delle comunità in Africa, ad esempio, è continuamente chiamata a nuove sfide. A noi è richiesto di essere creativi e ricchi di immaginazione. Possiamo trovare nuove risorse, nuovi mezzi per vivere e far vivere molte persone intorno alle nostre comunità. Attraverso l’AIM possiamo aiutarvi a creare queste nuove ricchezze, mettervi in relazione con persone competenti che possono incoraggiarci. Nei Bollettini la formazione occupa un posto importante. Dobbiamo attraverso di essi condividere anche i nostri modi di guadagnarci da vivere nelle nostre comunità e di formare le nostre monache e i nostri monaci in questo senso. C’è ancora molto da scoprire sulla maniera di gestire i nostri beni, di farli fruttificare, di condividere le nostre ricchezze con i più poveri, di sviluppare il rispetto dell’umano e sviluppare i nostri talenti. Qui, più che mai, l’esperienza è formatrice. Ma le strette economiche sono difficili da padroneggiare e molto spesso, malgrado il desiderio di integrare pienamente il lavoro nella conversione spirituale, rischiamo di lasciarci sommergere dalle necessità del sostentamento a detrimento dell’approfondimento dottrinale necessario alla vita di fede. Era una scelta buona dunque presentare nello stesso numero un Istituto di Teologia, l’ITIM, che permette a monaci e monache di studiare anche nei loro monasteri e di tendere così all’unità dell’attività manuale e dell’attività intellettuale, ciascuna delle quali feconda l’altra.
Nelle nostre comunità monastiche dobbiamo riflettere anche su una migliore circolazione del denaro e un più grande aiuto tra di noi. Il denaro, come il sangue, è fatto per circolare e per essere utilizzato. Non si tratta di dare per dare. Importante è incoraggiare le nuove iniziative di creazione di impieghi nelle nostre comunità. Dobbiamo imparare a prendere prestiti per lanciare un progetto e a rendere poi questo denaro per aiutare altre comunità a fare lo stesso. Gli esempi della banca Grameen in Bangladesh hanno mostrato come delle solidarietà, per quanto piccole siano, generino delle possibilità insospettate e aprano per tutti cammini di umanità e di speranza. Le comunità monastiche potranno raccogliere questa sfida sia in Europa, negli USA che negli altri continenti?
Lo ribadiamo: la vita monastica è un tutto. Ciascuno vi occupa un posto unico nel Corpo del Cristo. Una riflessione sul modo di guadagnarsi da vivere è un invito a una duplice esigenza evangelica. La prima è un appello a prolungare la creazione con il nostro lavoro. Il mondo contemporaneo ha bisogno di monache e monaci inventivi per aiutare i nostri contemporanei a vivere in modo più umano e responsabile. Le vie possono essere ardue e difficili. Un ostacolo superato ne rivela forse un altro. Non ci scoraggiamo per questo. E’ una grazia esigente che ci è offerta per andare più lontano e trovare nuove risorse per il bene di tutti. La seconda esigenza è quella di far circolare i beni a nostra disposizione, di aiutarci scambievolmente, di mettere in comune i nostri talenti e le nostre risorse e a poco a poco trasformare la vita delle nostre comunità e di quelli che ci frequentano.
Queste aperture arricchiranno la lettura dei salmi e la preghiera del cuore, centro della nostra vita, due argomenti che ci sono anche offerti in questo numero.
Martin Neyt osb, Clerlande *
* Presidente dell'AIM
(Il testo è apparso nel numero 72 dell'edizione francese del Bollettino dell'AIM)