Vita nello Spirito

Mercoledì, 02 Novembre 2005 00:57

Davanti a Dio (Sr. Germana Strola o.c.s.o.)

Vota questo articolo
(0 Voti)

La vita monastica invita ad assumere con coraggiosa pienezza tutto ciò che implica il permanere davanti a Dio: attraversando la complessità del vivere umano in tutte le sue dimensioni, diviene per questo, ma come in sovrappiù, un ministero di intercessione...

Creato a immagine di Dio, l'uomo sta essenzialmente davanti a Lui come al proprio interlocutore ultimo, principio e fine del proprio essere. Il recente documento della Commissione Teologica Internazionale “Comunione e servizio. La persona umana creata a immagine di Dio” offre questo tema dottrinale come particolarmente significativo per affrontare le molteplici sfide che la cultura contemporanea rivolge alla fede cristiana: risulta quindi interessante approfondirne alcuni aspetti in relazione con la vocazione monastica.

Stare davanti a Dio è una formula linguistica che descrive in modo particolare, nelle tradizioni bibliche, la vocazione di chi ha un compito di mediazione tra Dio e gli uomini: l'esempio più eloquente ricorre in Prv 8,22-31, dove la Sapienza personificata - mediazione per eccellenza dell'opera di Dio nella creazione e nella storia - viene descritta proprio con questa immagine: dall'eternità, fin dal principio... io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante. La stessa modalità espressiva descrive la vocazione profetica: la grande figura di Elia, infatti, così introduce la sua parola, in 1 Re 17,1 e 1 Re 18,15: «Per la vita del Signore, Dio di Israele, alla cui presenza io sto...». La formula viene ripresa sostanzialmente da Eliseo, suo discepolo in 2 Re 3,14, ma appare anche nella rappresentazione del Servo sofferente, in Is 53,2. Di nuovo, l'espressione ricorre nella descrizione del ruolo di intercessione assunto da Mosé, in Sal 106,23, e dal profeta Geremia (cf. Ger 18,20; 42,9). Prestare servizio davanti a Dio, è il compito dell'uomo di Dio, del sacerdote o del ministro d'altare (Gdc 20,27-28; 2 Cr 29,11): ma anche di tutto il popolo di Dio, in quanto regno di sacerdoti, nazione santa (Es 19,6; cf. Gs 22,26-27).

Nel nostro orizzonte simbolico, stare davanti a Dio evoca tuttavia con una particolare pregnanza la vocazione specifica di chi è chiamato alla vita monastica, ed è utile perciò percorrere varie pagine della Bibbia per approfondire che cosa significhi o che cosa rappresenti essenzialmente, nelle sue diverse utilizzazioni, questa espressione biblica.

L'uomo davanti a Dio

In Gn 2,18.20 la donna è voluta da Dio, perché sia un aiuto, dice letteralmente l'ebraico, come davanti all'uomo: secondo l'interpretazione rabbinica, la formula è comparativa ed indica somiglianza, viene quindi tradotta normalmente come aiuto simile a lui. L'espressione indica il partner, propriamente, come qualcuno che sta di fronte all'altro (cf. Gs 5,13; 6,5.20): il tu che permette all'io di assumere tutta la sua misura. La stessa formula viene a volte utilizzata anche per indicare quello che sta davanti a Dio (emana da Lui: il suo splendore Sal 18,13; 2 Sam 22,13); tutto è scoperto davanti a Lui (Gb 26,6). Fondamentalmente, è Dio il Tu per antonomasia che è sempre di fronte all'io, anche se per restare davanti a Lui è necessario tutto un itinerario esistenziale, un cammino di crescita attraverso le normali mediazioni della sua presenza.

Come ricorda il primo grado dell'umiltà in RB 7 - citando Sa1 7,10; 94,11; 139,3 - la vita dell'uomo si svolge sempre sotto lo sguardo del Signore (cf. inoltre Gdc 18,6): Dio scruta l'intimo del cuore, penetra il segreto dell'anima e discerne, ad esempio, l'autenticità della fede (Ne 9,7-8; Gn 24,40). Offrendo come modelli alcune figure paradigmatiche, la Bibbia insegna a prendere coscienza come l'uomo permane sotto lo sguardo di Dio: davanti a Lui hanno camminato i patriarchi del popolo eletto (Gn 48,15-16) e i Re di Israele che hanno seguito l'esempio di Davide (cf. ad esempio 2 Cr2,5). Ma ai suoi occhi, emerge soprattutto, imperiosamente, la fragilità dell'essere mortale (cf 1 Cr29,15: Noi siamo stranieri davanti a te e pellegrini come tutti i nostri padri. Come un 'ombra sono i nostri giorni sulla terra e non c'è speranza). L'uomo ne prende pienamente coscienza soprattutto in particolari situazioni di difficoltà e contraddizione (cf. Ne 9,32: Non sembri poca cosa ai tuoi occhi tutta la sventura che è piombata su di noi, sui nostri re, sui nostri capi, sui nostri sacerdoti, sui nostri profeti, sui nostri padri, su tutto il tuo popolo, dal tempo dei re d'Assiria fino ad oggi). Di fronte alla Sua infinita trascendenza, noi e tutte le nazioni siamo come un nulla [...] come niente e vanità siamo da lui ritenuti (Is 40,17).

Eppure, non mancano le attestazioni della realtà che sussistere davanti a Dio o essere ammessi alla Sua presenza, è una figura salvifica o di altissima condiscendenza, che permette di intuire, anche in certe pagine veterotestamentarie, una prospettiva che si apre sull'oltre la morte (cf. Sal 41,13: per la mia integrità tu mi sostieni, mi fai stare alla tua presenza per sempre; cf. Sal 102,29: i figli dei tuoi servi avranno una dimora, resterà salda davanti a te la loro discendenza).

Camminare davanti a Dio: figura della rettitudine morale

Se tutta l'esistenza umana si svolge, essenzialmente, davanti a Dio, il camminare alla sua presenza è più precisamente una immagine di rettitudine morale (cf. Gn 17,1: cammina davanti a me e sii integro): allora tutta la vita si svolge sotto il segno della benedizione. In altri termini, l'obbedienza alla Legge di Dio è una condizione essenziale dell'alleanza (cf. 1 Re 8,23: Signore, Dio di Israele, non c'è un Dio come te, nè lassù nei cieli nè quaggiù sulla terra! Tu mantieni l'alleanza e la misericordia con i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il cuore; nello stesso senso, si vedano i testi di 2Cr 6,14; 2 Re 20,3). Compiere ciò che è gradito ai suoi occhi (cf Is 38,3) è la condizione per restare nella comunione con Lui. Essere raggiunti dalla sua misericordia, può essere descritto come un vivere alla sua presenza (Os 6,2); riconoscere la Sua grandezza, introduce in quella gioia che è segno di armonia cosmica (cf Sal 68,5: Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, spianate la strada a chi cavalca le nubi: Signore è il suo nome, gioite davanti a lui).

Alcune circostanze rivelano in modo più esplicito l'intervento salvifico di Dio nella storia (cf. Is 9,2 : Hai moltiplicato la gioia, hai causato grande letizia. Gioiscono al tuo cospetto, come si gioisce alla mietitura, come si esulta quando si divide la preda): una esperienza di Dio particolarmente intensa invita alla fede e alla conversione, oltre che a una gioiosa testimonianza (Sal 22,28-32: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli; cf anche Sal 86,9; 100,2).

La preghiera come essere davanti a Dio

Particolarmente suggestive sono però le utilizzazioni della stessa formula per evocare la preghiera come effusione dei propri sentimenti, delle proprie ansie e dei propri conflitti davanti a Dio: ai suoi occhi, le profondità dell'intimo sono pienamente trasparenti, perché Egli sonda le pieghe più recondite del sentire umano (che la Bibbia indica con l'immagine del cuore e delle reni dell'uomo: Ger ll,20; 17,10; 20,12; ecc.). La parola confida sempre in lui o popolo, davanti a lui effondi il tuo cuore, nostro rifugio è Dio (Sal 62,9) invita non solo ad affidarsi con fiducia a Colui che è roccia, fortezza e baluardo per il credente, ma a non avere remore nel lasciare emergere il questionamento interiore, la lamentazione e il grido dell'anima: Con la mia voce al Signore grido aiuto, con la mia voce supplico il Signore; davanti a lui effondo il mio lamento, al tuo cospetto sfogo la mia angoscia (Sal 142,2-3; cf. 39,6).

Se l'effusione della preghiera descrive la relazione orante come un movimento di liberazione o di sfogo, per così dire, della tensione interiore - cf. Sal 38,10: Signore, davanti a te ogni mio desiderio e il mio gemito a te non è nascosto - come un traboccare del tumulto interiore o un suo fluire davanti a Colui che penetra i segreti del cuore, frequentemente è rappresentata anche nell'immagine della elevazione: come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera (Sal 141,2). Le due immagini non sono in tensione reciproca, ma sottolineano sfumature diverse e complementari della relazione con Dio, alternando in dimensione interiore, ma suggerendo anche in gestualità rituale, la prostrazione adorante, il rito penitenziale e il gesto simbolico della invocazione, sempre innanzi a Lui: Alzati, grida nella notte quando cominciano i turni di sentinella; effondi come acqua il tuo cuore, davanti al Signore; alza verso di lui le mani per la vita dei tuoi bambini, che muoiono di fame all'angolo di ogni strada (Lam 2,19).

Pregare è ri-situarsi, lucidamente, alla sua presenza, presentarsi davanti a Lui: Porgi l'orecchio, mio Dio, e ascolta: apri gli occhi e guarda le nostre desolazioni e la città sulla quale è stato invocato il tuo nome! Non presentiamo le nostre suppliche davanti a te, basate sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia (Dn 9,18). La verità della debolezza e del limite umano non è ostacolo, ma indigenza supplice che, esponendosi allo sguardo del Dio misericordioso, accende e alimenta la preghiera: Siano i tuoi orecchi attenti, i tuoi occhi aperti per ascoltare la preghiera del tuo servo; io prego ora davanti a te giorno e notte [...] confessando i peccati che noi abbiamo commesso contro di te; anch'io e la casa di mio padre abbiamo peccato (Ne 1,6). E ancora: Eccoci davanti a te con la nostra colpevolezza. Ma a causa di essa non possiamo resistere alla tua presenza! (Esd 9,15; cf. 2 Cr 6,24-25)

Nella preghiera, si rende esplicito quell'essere davanti al Tu, che costituisce la persona nella sua individualità soggettiva. Nel dialogo orante, il salmista evoca il Volto invisibile dell'Altro a cui anela il suo io, si rivolge all'orecchio di Qualcuno che istintivamente percepisce sempre teso, aperto all'ascolto (Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte. Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l'orecchio al mio lamento; cf. Sal 88,2-3; cf. Sal 18,7). Anche quando si ha l'impressione di elevare solo un monologo nell'oscurità di un silenzio informe e senza eco, la preghiera è sempre relazione tra due soggetti: Volgiti propizio alla preghiera e alla supplica del tuo servo, o Signore mio Dio, ascoltando il grido e la preghiera che il tuo servo innalza oggi dinanzi a te! (1 Re 8,28; cf 2 Cr6,19). Senza essere certo del Tu che gli sta di fronte, l'orante non oserebbe supplicare: Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore. Signore, mia rupe e mio redentore (Sal 19,15; cf 119,169-170). È solo all'interno di un dialogo con un Tu percepito davanti a Lui, che il salmista può dire giunga fino al tuo volto il gemito dei prigionieri; con la potenza della tua mano salva i votati alla morte (Sal 79,11).

Benché la vita dell'uomo sulla terra sia per lo più un grande travaglio (cf. Gb 7,1), dove a nessuno è risparmiato il duro passaggio attraverso il crogiolo della prova (Sir2.51; 2 Cor 4,7-18), tuttavia in alcune situazioni o circostanze particolari, l'esperienza della protezione e della benevolenza di Dio si rende più diretta, più intensa: anche allora la preghiera davanti a Dio sgorga dal cuore, come leggiamo nella vita di Davide, dopo la profezia di Natan: Tu, Dio mio, hai rivelato al tuo servo l'intenzione di costruirgli una casa, per questo il tuo servo ha trovato l'ardire di pregare alla tua presenza (1 Cr 17,25).

Lo sguardo sul bene e sul male

Rinnovare la coscienza di essere sempre davanti al Signore, vivere lucidamente la relazione con il Tu che definisce l'io, viene descritto nella Bibbia anche nell'immagine del giudizio: tutto appare nella sua verità, agli occhi di Dio (davanti a te sono tutte le mie vie, Sal 119,168). Non viene in tal modo evocata innanzitutto l'intransigenza del giudice, ma l'espressione di una vigile paternità. Come un padre... egli sa di che siamo plasmati» (SaI 103,13-14). L'uomo ben sa che le proprie scelte sono inevitabilmente segnate dal limite (Davanti agli occhi del Signore le vie dell'uomo, tutti i suoi sentieri egli scruta, Prv 5,21): la sua dipendenza creaturale è a un costante richiamo alla responsabilità, nel dover rendere conto di se stesso (nessun vivente davanti a te è giusto, Sal 143,2).

L'immagine stessa del giudizio di Dio non è solo evocazione di una possibile condanna, ma apre essenzialmente una prospettiva salvifica per gli oppressi e i bisognosi di giustizia: il Signore porse l'orecchio e li ascoltò, un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome (Ml 3,16). Avere l'ardire di avvicinarsi a Lui, fuoco divorante (cf. Ger 30,21), presentarsi al suo cospetto ed esporre davanti a lui la propria causa (cf Gb 23,4) non è solo espressione di grande fiducia ma anche di audace autocoscienza, perché, come afferma ancora Giobbe, un empio non si presenterebbe davanti a Lui (Gb 13,6).

Bene e male stanno allo scoperto davanti a Dio, che nella sua universale chiaroveggenza non fa accezione di persona: anche il proprio peccato diviene, nell'esperienza di fede, argomento per commuovere la sua misericordia: Davanti a te poni le nostre colpe, i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto (Sal 90,8). L'umile confessione instaura nuovamente la possibilità della comunione reciproca: Sono molti davanti a te i nostri delitti, i nostri peccati testimoniano contro di noi (Is 59,12). Il riconoscimento della propria miseria diviene incentivo della preghiera, argomento per l'intervento salvifico: Tu conosci la mia infamia, la mia vergogna e il mio disonore; davanti a te sono tutti i miei nemici. L'Insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati (Sal 69, 20.21).

Conclusione

La vita monastica invita ad assumere con coraggiosa pienezza tutto ciò che implica il permanere davanti a Dio: attraversando la complessità del vivere umano in tutte le sue dimensioni, diviene per questo, ma come in sovrappiù, un ministero di intercessione, per quella comunione esistenziale con tutti gli uomini scavata dall'approfondimento della propria umanità, redenta dal Salvatore.

Sr. Germana Strola o.c.s.o.

(da Vita nostra, 1, gennaio/giugno, 2005, p. 9)

Letto 2277 volte Ultima modifica il Domenica, 12 Maggio 2019 16:40
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search