La comunità cristiana educa alla missione attraverso gli stili di vita*
di Mario Sberna
Ogni battezzato deve vivere la sua vita come un’unica e preziosa celebrazione liturgica, facendo continuamente trasparire dalle sue azioni la verità della fede cristiana.
Coerenza della vita cristiana
Il Regno di Dio è legato ad un popolo concreto, critico nei confronti della società in cui vive. Solo vivendo in questo modo può brillare la verità della fede cristiana, solo se la Parola di Dio è vissuta con radicale coerenza nella propria vita. Siamo chiamati, in quanto cristiani, a mettere in pratica la Parola, a tradurla in azioni quotidiane, non limitandoci al solo ascolto. La Croce non deve essere solo un distintivo formale, da appendere nei luoghi pubblici, ma deve essere una caratteristica del nostro atteggiamento, facendo propri i motivi per i quali Gesù è morto.
Cristo si è rivolto a tutti, ma non in modo imparziale: ha sempre preferito i più poveri, i soffrenti, gli oppressi, i bambini, persone che all’interno di quella società giudaica non erano accettati dalla comunità. È quest’insegnamento che oggi dobbiamo fare nostro, nella quotidianità, sia come singoli, sia come famiglia, sia come comunità.
Il battezzato, ovunque si trovi e in qualsiasi momento del giorno, è per sua natura missionario e profetico, come la Chiesa della quale fa parte. Spesso, però, nella vita di tutti i giorni, ci dimentichiamo proprio di quelle persone che hanno più bisogno del nostro aiuto, delegando la loro cura e la loro custodia ai "compartimenti" in cui abbiamo diviso la Chiesa: la Caritas ha un compito, l’ufficio migranti ne ha un altro, la pastorale familiare un altro ancora. Invece il battesimo è il comune denominatore d’ogni cristiano, che lo rende responsabile della vita degli altri e lo invita ad avere uno stile di vita di solidarietà e condivisione, con la crescita dell’essere piuttosto che dei beni materiali.
Esattamente il contrario di quanto afferma il "Pensiero Unico" odierno, che teorizza che operare per il proprio interesse personale farebbe bene alla società. Ma la pratica, in questo caso, non segue la teoria: in dieci anni le persone povere sono aumentate di trecento milioni; la ricchezza nei paesi più poveri è cresciuta dell’1,3%, mentre nei paesi ricchi del 35%. E non potrebbe essere altrimenti: le multinazionali hanno poteri fortissimi e perseguono solo il benessere dei ricchi, non quello dei poveri, e per aiutare ad uscire dalla povertà i paesi del sud del mondo sono stati promulgati dei piani ufficiali (come il PAS [Piano di aggiustamento strutturale] del Fondo Monetario Internazionale) che prevedono azioni demenziali, come il taglio della spesa pubblica, la riduzione dei salari, l’aumento delle tasse e la produzione per l’esportazione.
Nonostante questo, le multinazionali spingono sempre di più le nazioni impoverite a sottoscrivere le loro ingiuste regole. L’espulsione dell’etica dal capitalismo e dalla politica ha permesso alle multinazionali di sfruttare ovunque nel mondo la manodopera a basso costo, trasferendo all’estero le proprie strutture e aggirando i controlli e le regole del proprio paese. Insomma, per la crescita del PIL si fa ormai tutto, sacrificando anche la retta coscienza nell’utilizzo dei fondi pubblici. Secondo il World Watch Institute, dal 1950 ad oggi abbiamo consumato più beni e servizi che in tutta la storia dell’umanità precedente, alla ricerca forsennata della felicità e del piacere attraverso il consumo. Invece siamo solo più soggetti alla depressione; negli Stati Uniti fra il 40 e il 60 per cento della popolazione soffre di disturbi mentali durante l’anno. La morte del pianeta e di 40 milioni di persone durante l’anno è il giusto prezzo da pagare per la nostra felicità?
Vivere la logica della Croce
Il processo di espulasione dell’etica dall’economia non ha avuto i benefici effetti che i teorici del liberismo promettevano. Ogni soluzione a questi problemi richiede la ridistribuzione delle ricchezze. Gli uomini e le donne di buona volontà devono creare reti d’azione solidali e la globalizzazione non deve avvenire più dall’alto, ma dal basso, umanizzando l’economia e la politica. Nessuno può rimanere in disparte, in nessun momento: ogni nostra scelta quotidiana, anche la più banale, porta con sé conseguenze spesso disastrose per il pianeta e per i suoi abitanti più poveri. La nostra vita deve allora riflettere, nella quotidianità delle azioni, la nostra fede. Come singoli e come comunità cristiane che formano la Chiesa, che ha bisogno di ritrovare la capacità di sorprendere, non dispiegando mezzi economici straordinari. Solo con la logica della Croce, che è la logica dell’umiltà, della condivisione, del servizio, solo lasciandoci coinvolgere dalla radicalità evangelica, seguendo Cristo nella vita quotidiana, ci differenzieremo come cristiani e la società potrà migliorare. Facendosi prossimo, il cristiano si fa prossimo di Dio stesso. Per questo, noi ricchi, per crescere spiritualmente, dobbiamo avere un contatto concreto con la sofferenza degli altri, mettendo la nostra vita in comunione con gli altri, diventando solidali, amici, entrando in dialogo con tutti.
Essere comunità missionaria significa vivere un impegno generoso per la giustizia, per la pace, per il perdono, per la libertà e la per dignità d’ogni persona. Essere comunità significa che la vita e il destino degli altri devono essere preziosi quanto i nostri, a prescindere dai vincoli di sangue o d’amicizia, pur sapendo che facendolo incontreremo difficoltà, persecuzione e sconfitta. Gesù stesso ha trovato la morte, con un’apparente sconfitta, ma dopo tre giorni c’è una concreta, visibile luminosa resurrezione di liberazione e salvezza.
Sfida della giustizia e della solidarietà
Per questo le comunità e le famiglie cristiane devono raccogliere la sfida della giustizia e della solidarietà, raccogliendo la richiesta d’aiuto dei più bisognosi. Per far ciò non servono qualità speciali perché il battezzato ha tutte le virtù sufficienti e necessarie per cambiare questo mondo. Concretamente, la famiglia può agire in molti modi: attraverso l’adozione, il risparmio etico, il commercio equo e solidale, la carità.
Noi cristiani dobbiamo anche essere coscienti che la storia delle nostre famiglie non è la storia della migliore famiglia cristiana possibile e non è nemmeno la più bella storia a lieto fine mai scritta. Cìè sempre per tutti la fatica di continuare a scavare e scoprire. Ma sappiamo anche che la relazione tra i membri della stessa famiglia e i volti che essa incontra non è misurabile né quantificabile da nessuno, se non da Dio; è qualcosa di molto grande ed è la ricchezza di ogni esperienza di solidarietà ricevuta e donata. Là dove si crea un rapporto con delle persone che si aiutano e si amano reciprocamente, si è costruito comunque qualcosa che sempre ha a che fare, al di la della problematicità della situazione, con qialcosa di infinitamente grande, infinitamente buono, infinitamente vero. Ha a che fare con Dio.
* La comunità cristiana educa alla missione attraverso gli stili di vita, in "Orientamenti pastorali", 11 (2002), pp. 43-49, riduzione e adattamento a cura di S. Internullo.