Vita nello Spirito

Domenica, 21 Maggio 2006 20:59

Condividere la vita (sr. Maria Teresa Ronchi)

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Siamo ancora in Galilea, lontano dalla città santa. Il Maestro non è solo con i discepoli. Una grande folla lo seguiva. Questa simpatica sequela non è indice di fede autentica.

Missione come essere spezzati

Condividere la vita

di sr. Maria Teresa Ronchi

Siamo ancora in Galilea, lontano dalla città santa. Il Maestro non è solo con i discepoli. Una grande folla lo seguiva. Questa simpatica sequela non è indice di fede autentica. Le folle che seguono Gesù per i segni, tra breve si ritroveranno convitati al prodigio della moltiplicazione dei pani. Per quanto ambiguo possa essere, Gesù non rifiuta questo approccio iniziale della gente. Intendendo saggiare la profondità della loro fede, e non volendo rinunciare ad affinarla. Come sarà per Filippo quando il Maestro, prendendo l'iniziativa per procurare il nutrimento per la gente, affamata, che lo segue gli chiede: «Dove compreremo il pane perché questi mangino?».

Un denaro era il salario giornaliero dell'operaio. Ma anche con un acquisto di pane pur rilevante (200 denari) le possibili provviste dei discepoli avrebbero potuto appena stuzzicare l'appetito dei presenti. Due persone intervengono nei preparativi del pranzo: Andrea che segnala la presenza di un ragazzino, e quest'ultimo che mette in comune quel poco che ha: cinque pani e due pesci, con cui Gesù sfama quasi cinquemila persone, avanzandone dodici cesti! L'avvenimento è straordinario, ma rispetta l'ordine delle cose: la moltiplicazione dei pani non si produce da niente, ma dalla modesta condivisione di ciò che un bambino ha nella sua bisaccia. Lo sforzo umano, anche se generoso, è sempre insufficiente a saziare, tuttavia la collaborazione è necessaria, anzi indispensabile. Gesù, che avrebbe potuto cambiare le pietre in pane senza l'intervento di alcuno, utilizza quel poco che la folla può offrire per compiere il miracolo. Il Figlio di Dio si interessa ai nostri problemi, si dà pensiero del bisogno più elementare di chi lo segue: la fame; però per soccorrerci nelle nostre necessità, per soddisfare i nostri bisogni vuole la nostra collaborazione.

Gesù allevia le sofferenze dei poveri e degli indigenti per mezzo dei suoi discepoli. Quando vent'anni fa arrivai in Uganda, i racconti della carestia e della fame che cinque anni prima decimarono il Karamoja furono tali da assicurarmi che ciò che avrei visto in seguito delle infinite povertà dei Karimojong non avrebbe eguagliato lo scempio del 1980. Nakiru: una vecchia amica Karimojong ormai nella casa del Padre, fu per anni una testimone vivente ed entusiasta della spicciola solidarietà e premura di quanti a turno la adottarono, unica sopravvissuta della comunità del suo villaggio. Senza di loro, non avrei avuto modo di conoscerla e la mia vita sarebbe senza ombra di dubbio più povera. Chi vuole essere una benedizione per gli altri, deve portare a Gesù ciò che possiede.

Il Maestro non ci chiede quello che non abbiamo; ma ci fa vedere che se ciascuno offre quello che ha può compiere il miracolo della condivisione, che basta a saziare tutti. È la sfida inevitabile con cui si misurano quotidianamente i missionari. Sapere di essere così insignificanti da dubitare che i propri cinque pani e due pesci abbiano un senso, facciano la differenza nell'oceano infinito dei bisogni umani che conoscono e spesso sperimentano in prima persona.

Il segno dei pani mette in evidenza la prodigalità e la pienezza del dono di Gesù, come a Cana. La mano del Figlio di Dio, che ha saziato le folle di allora, non si è indebolita: può e vuole appagare anche tutta quella fame che è ancora nel nostro cuore.

Con questo miracolo impariamo che la generosità di Dio non ha limiti. Essere ministri di tale generosità, è il segno che ci fa riconoscere come uomini o donne di Dio. Anche se lo scopo principale del prodigio operato dal Maestro, in Giovanni, non è lo sfamare le folle ma rivelare chi è davvero Gesù. Gesù: il Verbo fatto carne, pane per noi. Nasce inevitabile una domanda: nel momento in cui i due terzi dell'umanità muoiono di fame, come cristiani possiamo prendere parte al banchetto eucaristico senza preoccuparci degli uomini che consumano a malapena un pasto al giorno?

Al tempo di Gesù, il popolo invece fraintende la sua funzione profetica prendendola in senso politico, è colpito dal prodigio. Il malinteso è completo. Così, quando la gente vuole approfittare dei suoi miracoli per impadronirsi di lui, il Maestro fugge. Colui che sazia la fame dei poveri non è un ricco, è uno di loro, come loro. Ogni volta che una persona o un'istituzione pretendono di manipolare Gesù e di servirsene per i propri fini, egli diventa inafferrabile. Niente e nessuno sfugge a questo pericolo. Non la creatura per la quale è sempre attuale la tentazione di volersi costruire la propria vita e il destino indipendentemente dal Creatore. Non la società che ritiene di essere l'artefice unica dei propri successi e delle proprie conquiste. Non coloro che si emancipano da Dio e vivono come se egli non esistesse. E neppure i credenti quando con la loro preghiera pretendono di piegare Dio al proprio volere. Nella passione, nella croce, Gesù mostrerà di che tipo è il suo amore per il Padre e per ciascuno di noi. Così nulla del dono generoso e prezioso di Dio deve essere sprecato. Non solo del pane eucaristico, ma anche del dono che noi rappresentiamo gli uni per gli altri: i figli per i genitori, il fratello per il fratello, lo sposo per la sposa, l'amico per l'amico. Nulla deve andare perduto del dono di Dio. Tutto deve essere raccolto perché, attraverso la condivisione, continui a moltiplicarsi.

Così, offro alla vostra riflessione e preghiera anche questa pagina di R. Talec.

«Se oggi non viene moltiplicato il pane per tanti uomini che muoiano di fame, non è perché Dio è venuto meno all'umanità, ma perché l'uomo non è fedele all'uomo, perché l'uomo non è fedele a se stesso. Invaso dalla furia di vivere, non si preoccupa di moltiplicare dentro di sé quelle sorgenti interiori che ogni giorno rinnovano il desiderio di vivere. Sì, Dio ci chiede oggi di moltiplicare per noi e per gli altri quel pane della vita che ha tutte le forme dell'esistenza. (...) Allora vorrei chiedervi, come lo chiedo a me stesso: nella grande "abbuffata" della vita di oggi, di che cosa avete fame?Avete soltanto fame? O avete fame d’amore per voi e per gli altri? Fame di Dio per voi e per gli altri? Fame di felicità per voi e per gli altri? Perché noi siamo fatti perla felicità, siamo fatti per essere saziati, ma dobbiamo sapere che la felicità è sempre al di là della felicità. Non è una meta ma un orizzonte. Lo sentite dentro di voi il desiderio di andare più lontano? Quel desiderio di "qualcos’altro" che il Cristo ha fatto nascere nel cuore di tanti uomini e donne, e che un poeta non precisamente cristiano ha magnificamente espresso a suo modo: "Forse ho fame di cose sconosciute?"

(da Nigrizia, febbraio 2005)

Letto 1484 volte Ultima modifica il Giovedì, 23 Settembre 2010 23:01
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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