La solidarietà di Dio
di Alex Zanotelli
"Passai vicino" - a te dice il Signore parlando ad Israele schiavo in Egitto - "ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue…". (Ez 16) E’ il Signore che si accorge del grido degli schiavi forzati a costruire i palazzi imperiali del faraone. E’ il Signore che manda Mosè a salvarli. Mosè, venduto al sistema iperiale, è convocato dal Signore a ritornare in Egitto (da dove era fuggito) per il suo popolo. E Mosè ci ritorna portatore di un sogno. Il sogno di Dio. Un sogno che cozza sulla realtà dell’impero, di ogni impero (da Faraone a Clinton!) che poggia su tre pilastri: una economia di opulenza, che sottende una politica di oppressione, che esige una religione dove Dio è prigioniero del Sistema. Una economia di opulenza che permette a pochi (10% allora, oggi 20%) di vivere da nababbi a spese di molti morti di fame. Non ci può essere un’economia di opulenza, senza una economia di oppressione, dove gli apparati amministrativo - politici sono usati per opprimere. Tutto questo sottende una religione dove Dio è prigioniero del Sistema, benedice il Faraone come Clinton. Mosè è invitato a sfidare l’impero, a proclamare che Dio sogna qualcosa d’altro per l’uomo.
L’Esodo è la proclamazione che Dio ha vinto Faraone, il suo esercito, il Mare. Il Signore è Dio degli schiavi fuggiaschi, che dopo le meraviglie della liberazione iniziarono il loro cammino nel deserto. E’ interessante che la prima lezione che Israele riceve dopo la liberazione è sulla nuova economia. Una economia di uguaglianza. Dobbiamo ricordarci che il concetto fondamentale di economia di Dio è basato sulla chiamata ad osservare il Sabato. La prima volta che la parola Sabato appare è nel racconto della Creazione. "Il settimo giorno Dio si riposò" (Gen 2,2). La seconda è proprio nel capitolo della Manna. Israele deve scoprire come sopravvivere nel deserto. Un’economia altra da quella imperiale egiziana. La storia della manna, infatti non è un bel miracolino, ma una parabola che illustra l’economia alternativa del Signore: la dipendenza umana dalla economia della grazia! "La prima lezione data da Dio al suo popolo, dopo la liberazione, è sulla produzione economica" scrive il biblista Ched Meyers (a cui mi ispiro per queste note). Tre la caratteristiche di questa pratica economica alternativa:
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- Ogni famiglia è invitata a raccogliere quanto basta per i propri bisogni. "Colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva di meno, non ne mancava" (Es16,18);
- Il pane non può essere ammassato, accumulato. In Egitto ricchezza e potere sono equivalenti all’accumulo di beni, che diventa idolatria. Israele è invitato a far si che la ricchezza circoli attraverso nuovi canali di distribuzione;
- La pratica del Sabato (Es 16,22-30) "sei giorni la raccoglierai ma il settimo è sabato: non ce ne sarà. Il Sabato non è un pezzo d’antiquariato ma è centrale alla fede di Israele, alla nostra fede. "Se il popolo non pratica il sabato morirà". (Es 31, 11-17).
Il giorno di riposo (Sabato) è imposto alla terra e agli uomini allo scopo di sferzare i tentativi umani di "controllare" la natura e di "massimizzare" le forze di produzione. Dato che la terra è di Dio e i suoi frutti sono un dono, l’uomo deve distribuirli equamente invece di capitalizzarli e di ammassarli.
L’osservanza del Sabato significa ricordare ogni settimana i due principi fondamentali dell’economia di Dio: il fine del "sufficiente" per tutti e la proibizione dell’accumulo. Una visione, questa, radicalmente contraria all’economia dominante, all’impero del denaro. Era una lezione talmente fondamentale che agli ebrei fu prescritto di conservare un’anfora di manna davanti alle Tavole della Legge, per non dimenticare l’economia del Sabato (non è forse analoga la conservazione del Pane Ecauristico nelle nostre chiese?) .
E’ interessante notare infine che il codice di giustizia sociale (Es 23) estende il ciclo del Sabato a un settimo anno. "Per sei anni seminerai la terra e ne raccoglierai il prodotto. Ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno i poveri del tuo popolo (Es 23,10). Il Giubileo (Jovel, il corno della memoria suonato per indire la remissione ) aveva lo scopo di smantellare le strutture di diseguaglianza socio-economica attraverso la remissione del debito contratto da un membro della comunità (Lev 25, 35-42) , la restituzione della terra persa ai proprietari originari (Lev 25,13,25-28) la liberazione degli schiavi (Lev 25,47-55). Il tutto per ricordare ad Israele che la terra è di Dio (Lev 25,23) e che Israele è il popolo dell’Esodo, che non può ritornare ad un sistema di schiavitù (Lev 25,42).
Se questo è fare Giubileo, se questa è la nostra fede, appare sempre più chiaro che noi la proclamiamo oggi scegliendo o l’impero del denaro o il Sogno di Dio. Viviamo un sistema economico che permette al 20% della popolazione di utilizzare l’85% dei beni di questo mondo, mentre il 20% dei più poveri riceve meno del 2% ! E’ un sistema che uccide per fame 20-30 milioni di persone all’anno e dichiara inutili oltre un miliardo di esseri umani. La professione di fede non è fatta recitando il credo, ma dicendo con le nostre scelte economiche quotidiane da che parte stiamo.
"Tutti gli eccellenti discorsi sul primato dell’essere sull’avere - ci ricorda il moralista Chiavacci – sono assolutamente vani e moralmente inefficaci, se non sono concepiti come aperta critica alla nostra cultura occidentale". Dobbiamo introdurre tale primato nella nostra logica economica di ogni giorno.
Quanti di voi giovani oggi scelgono una professione a basso reddito ma alto contenuto umanizzante o caritativo? Chi non si consulta con l’esperto per collocare i risparmi al massimo interesse? Quanti con stipendio sufficiente rifiutano straordinari o doppi lavori per dedicarsi ad attività senza reddito, ma comunitarie o umanizzanti?
Quanti giovani ritengono che sia perfettamente normale che i soldi producano i soldi? Quanti giocano senza il minimo scrupolo di coscienza all’enalotto? Occorre una rivoluzione culturale capillare. Il dovere di testimonianza è urgente!