Vita nello Spirito

Martedì, 20 Giugno 2006 23:18

“Scarto umano, gigante del perdono” (Anna Maria Canopi)

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Nato in Dalmazia nel 1866, visse sino al 1942, quasi sempre a Padova. Ultimo di dodici figli, pareva uno "scarto umano": piccolissimo, claudicante, pronunzia difettosa, sempre malaticcio; cosa mai avrebbe potuto realizzare? Ma lo sguardo di Dio era su di lui per farne un capolavoro di bellezza e di forza spirituale. La nobiltà d'animo suppliva all'aspetto fisico.

 

“Scarto umano, gigante del perdono”

di Anna Maria Canopi

Nato in Dalmazia nel 1866, visse sino al 1942, quasi sempre a Padova. Ultimo di dodici figli, pareva uno "scarto umano": piccolissimo, claudicante, pronunzia difettosa, sempre malaticcio; cosa mai avrebbe potuto realizzare? Ma lo sguardo di Dio era su di lui per farne un capolavoro di bellezza e di forza spirituale. La nobiltà d'animo suppliva all'aspetto fisico.

Il sorriso, dolce e mansueto, non scompariva nemmeno quand'era fatto oggetto di scherno.

Bogdan (Adeodato) Mandic, a stento accolto in un convento di cappuccini dove gli hanno dato il nome Leopoldo, fin da fanciullo aveva un segreto per sopportare tutto serenamente, benché la sua indole dalmata fosse impulsiva e fiera: bontà e misericordia verso tutti.

La sua immolazione aveva come scopo principale l'unità della Chiesa ortodossa e cattolica; perciò si propose di considerare suo Oriente ogni anima che si accostava al suo confessionale. Preghiera incessante, sacrifici nascosti, dedizione inesausta al ministero della penitenza: fra' Leopoldo non fu solo un santo prete, ma un santo martire, un mistico della Croce. Nelle lunghissime ore passate ogni giorno nel confessionale ad ascoltare, a caricarsi dell'immane peso del peccato altrui, si conformava sempre più all'Agnello immolato. Non per debolezza o faciloneria assolveva i più incalliti peccatori, ma perché se ne assumeva la pena e perché la grazia del suo umilissimo ministero otteneva conversioni sincere. Non svendeva il Sangue redentore di Gesù: pagava lui stesso quello che mancava al penitente, sperimentando con Cristo il caro prezzo delle anime strappate al maligno. La sua passione per la salvezza dei fratelli e per la causa ecumenica non gli lasciava un momento di sosta. A chi gli faceva notare l'eccesso di lavoro, rispondeva con semplicità: È la mia vita! Tutto io devo fare per le anime, tutto, tutto! Io devo morire sulla breccia. Sempre circondato dalla gente che gli chiedeva guarigione, consolazione, veri miraco1i, fra' Leopoldo era ogni giorno come chi sostiene l'ultima fase della battaglia, fino al sangue. Siamo fatti per la fatica - diceva ai confratelli -. Domandate al Padrone-Dio di morire di fatiche apostoliche. Nella sua gioia di servitore, soleva chiamare il Signore, nel simpatico dialetto veneto, il Paron benedeto, e Maria, alla quale era devotissimo, la Parona benedeta.

Nell'omelia per la sua canonizzazione Giovanni Paolo II così ne tracciava il profilo spirituale: “Non ha lasciato opere teologiche o letterarie, non ha affascinato con la sua cultura, non ha fondato opere sociali... La sua grandezza è altrove: nell'immolarsi, nel donarsi, giorno dopo giorno, per tutto il tempo della sua vita sacerdotale, cioè per cinquantadue anni, nel silenzio, nella riservatezza, nell'umiltà di una celletta-confessionale”. Fra' Leopoldo visse con lo sguardo sempre rivolto al Crocifisso e con le braccia alzate nel gesto della preghiera e dell'assoluzione dei peccati; ecco il segreto di questo "piccolissimo" che seppe raggiungere, nella santità, una statura gigantesca.

Con ogni diligenza, momento per momento, era stato il suo proposito iniziale, sempre rinnovato con voto di totale sacrificio della vita, e questa raggiunse il consummatum est nell'estate del 1942. Il suo respiro si spense sulle ultime parole della Salve Regina, “O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”, e il suo volto era trasfigurato come quello di un vecchio-bambino che finalmente trova riposo sul seno della Madre, di colei che aveva sempre imitato nell'umiltà e nel servizio. Intanto continuava - come continua ancora - ad infierire la guerra tra i popoli che si contendevano il dominio di questo pianeta, che sembra essere troppo piccolo per la folle ambizione degli uomini.

Letto 1687 volte Ultima modifica il Giovedì, 23 Settembre 2010 23:03
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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