Vita nello Spirito

Venerdì, 29 Luglio 2011 20:31

Il cristiano di domani (Ladislaus Boros)

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Ecco alcuni motivi di speranza per il prossimo futuro; ne esistono però altri ancora. Abbiamo qui accennato soltanto a quelli che ci sembrano più importanti, in quanto rivelano un cambiamento interiore.

Qualcosa di nuovo si sta oggi movendo nel cristianesimo. Esistono in esso non poche correnti di rinnovamento, che dimostrano come la nostra fede sia ancora in grado di rispondere alle necessità dell'uomo del domani. Nel suo discorso di apertura del concilio, Giovanni XXIII esclamava: «La spirito cristiano, cattolico ed apostolico del mondo intero, attende un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze, in corrispondenza più perfetta di fedeltà all'autentica dottrina, anche questa però studiata ed esposta attraverso le forme dell'indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno». Può darsi che questo appello non sia a tutti gradito, ma il cristiano non prende una decisione perché essa gli torna gradita o piacevole, ma perché riconosce nel corso della storia, il 'passo del Signore', che egli deve seguire. La nostra fede è adeguata ad integrare in sé la concezione del mondo che oggi si sta affermando, è in grado di offrire all''uomo nuovo' un rifugio ed una patria spirituale? Elenchiamo ora alcune proprietà del 'cristiano del domani', senza avere però la pretesa di essere completi, né tanto meno sistematici.

Il dovere di essere intelligente. Le crisi filosofiche e sociali del nostro tempo hanno esercitato una profonda influenza sui pensatori cattolici. Il teologo è ritornato ad essere uno che cerca. Egli deve lottare con problemi del tutto nuovi ed esperimentare quanto sia vario e complesso il patrimonio della rivelazione. Questo atteggiamento di pensiero non è sorto dal desiderio di novità, ma dalla necessità di risolvere i nuovi problemi. Soltanto gli ignoranti credono che Dio preferisca gli «ignoranti».  L'ottusità di spirito, l'incapacità di comprendere l'interlocutore, la mancanza di cultura generale non sono affatto dimostrazioni del proprio cattolicesimo. Un cristiano non ha, per esempio, il compito di cercare un alibi agli errori di altri cristiani.  Non deve per nulla specializzarsi nella pericolosa arte di trovare subito, quasi senza pensarci, una risposta sbrigativa a qualsiasi problema o argomento controverso. Il vero credente sa bene quanto sia difficile risolvere i problemi ultimi dell'esistenza. Perché allora questa mania di voler tutto spiegare e tutto scusare? Papa Leone XIII disse un giorno: «Dio non ha bisogno delle nostre menzogne!».  La virtù dell'intelligenza consiste nell'onestà di pensiero, nella ricerca spassionata del vero, nell'essere aperti a qualsiasi verità. «Se tu disprezzi la conoscenza, io disprezzerò te», disse Dio nel libro del profeta Osea. Questo vale anche per i nostri giorni. Il fatto che oggi fra i cristiani si diffonda sempre più questo atteggiamento di onestà intellettuale, può ben essere considerato come uno dei segni più promettenti per il futuro della nostra Chiesa.

Una più pura concezione di Dio. Molto promettente è anche il fatto che non si parli più di Dio con troppa facilità e confidenza. Non si pretende più di conoscere tutti i suoi misteri ed il suo modo di agire. Il concetto dell'assoluta diversità di Dio si sta sempre più diffondendo e questo è certo una grazia del nostro tempo. Si tratta in fondo di un fenomeno molto importante: Dio cresce nello spirito dell'umanità.
L'uomo moderno rifugge istintivamente dalle numerose caricature, che in passato storpiarono l'immagine di Dio. Per lui Dio non è più 'il grande poliziotto', che si preoccupa soltanto delle infrazioni alla legge; o 'l'amministratore cosmico', che con esasperante esattezza, registra tutte le nostre azioni; o 'il mago potente', che infrange la logica del mondo; o il 'turabuchi', da citare sempre quando si tratti di spiegare i fenomeni del mondo; o 'il persecutore', desideroso soltanto di 'mandare all'inferno' i poveri negri ed i bimbi non battezzati. Se c'è qualcosa per cui dobbiamo riconoscenza agli atei moderni, è il fatto che essi ci impediscono di falsare o approfittare del concetto 'Dio'. Non dobbiamo aver paura di nessun mutamento nella concezione dell'uomo e del mondo: quanto più grandi diventano l'uomo ed il mondo, tanto più sublime diventa in noi l'immagine di Dio.

Umiltà di spirito. Lo spirito critico, confrontandosi continuamente con la realtà, è anche, in ultima analisi, profondamente umile. Questa umiltà è una delle qualità più belle dell'uomo moderno, uno degli atteggiamenti più caratteristici del cristiano. Già ai suoi tempi Bergson osservava, con profonda verità, che il realismo è uno dei caratteri più salienti dei cristiani. Le formule passano, la fede rimane. Essa ci libera dalla tentazione di attribuire a valori, persone e sistemi umani, ciò che spetta soltanto all'Assoluto. È quanto mai benefico che simili principi siano diventati ovvi in seno al cattolicesimo: ce lo dimostrano all'evidenza le vivaci discussioni conciliari. Si è finalmente smesso di attendersi complimenti e riconoscimenti: la Chiesa non è più 'trionfalista'. Essa è consapevole che il cristiano non può molto, o comunque non tanto, da permettersi di esserne orgoglioso. È già molto se gli riesce di mostrare al suo prossimo, almeno di sfuggita, l'eterna verità della buona novella, nonostante la grande refrattarietà del nostro mondo. Oggi c'è più bisogno di testimoni e di cristianesimo vissuto, che di bella propaganda. Non è un atteggiamento cristiano quello di «correre, rabbiosi e pieni di critica, dietro al carro, sul quale l'umanità si avvia verso un nuovo futuro» (Karl Rahner). L'atteggiamento negativo non ha nulla a che fare con la testimonianza. Sono invece le forze vive, positive ed edificanti del cristianesimo, che si devono imporre. E ciò è avvenuto in maniera sorprendente durante il concilio.

Santità protesa verso il mondo. Ho l'impressione che oggi stia sorgendo un nuovo tipo di santo. Simili impressioni non si possono dimostrare, ma soltanto intuire dalla generale 'atmosfera spirituale'. Questo 'nuovo tipo di santo' è, a mio avviso, un uomo, che prende sul serio il proprio impegno nel mondo; che è pronto a cogliere il momento della grazia; che si inserisce nel mondo per cambiarlo; per il quale ogni campo dell'attività umana significa un impegno cristiano; che dalla sovranità dei principi sa scendere alla fatica degli imperativi storici; che sa che il cristianesimo deve operare senza fracasso, indirettamente e con spirito di servizio.

Modo tutto proprio e personale di giungere a Dio. Oggi si parla spesso di una svolta verso un 'cristianesimo di scelta'. In un mondo in cui religioni, chiese, confessioni e concezione della realtà vivono una accanto all'altra con gli stessi diritti, in cui il singolo non è più protetto da un determinato ambiente religioso, l'uomo deve,' spesso in mezzo a non brevi crisi, prendere una personale decisione di fede. Il fatto che oggi molti cattolici sentano la necessità di scoprire un proprio modo personale di andare verso Dio, è quanto mai significativo e promettente per il futuro. Abbiamo nuovamente scoperto la dimensione personale e carismatica. È sorprendente vedere con quale libertà e chiarezza, simili principi vengano esposti in seno alla Chiesa cattolica, e quanto facilmente essi siano compresi dai laici. Ciò sarebbe stato impossibile anche soltanto pochi anni fa. Sembra che il cristiano moderno intuisca sempre più che cosa sia la sua ricerca personale di Dio (chiamata semplicemente 'imitazione di Cristo') ed il significato che essa riveste per tutta la cristianità. È inoltre interessante notare, come sia frequente il caso di incontrare dei cattolici (parliamo naturalmente di una piccola élite), i quali nella scelta della loro vocazione, non si lasciano muovere dall'istinto e neppure da motivi di per sé leciti, come per esempio favorevoli condizioni di lavoro, alta retribuzione, buone prospettive di carriera brillante. Essi si domandano invece, se nella loro professione hanno possibilità di dare a Cristo quella testimonianza tutta personale, cui si sentono chiamati in quanto cristiani. Ci sono anche uomini che, in seguito a tali considerazioni, rinunciano ad una professione vantaggiosa, e a tutta la ricchezza, il benessere ed il prestigio, che essa avrebbe potuto portare con sé.

Pietà cristocentrica. È una grande gioia costatare come la nuova generazione sia affascinata dalla persona di Cristo. Certo essa non è attaccata alla immagine, abituale ormai da secoli, del 'buon salvatore', si oppone ad ogni concezione che sminuisca la persona di Cristo, ricca di così infinita pienezza e di insondabile profondità, come pure ad ogni linguaggio che non sia sincero e genuino. L'uomo moderno ha una sensibilità tutta particolare per ciò che è autentico, originale ed onesto e cerca perciò di stabilire un vero rapporto con colui che fu il più autentico, il più originale ed il più onesto di quanti mai vissero sulla terra. Assistiamo oggi ad un grande cambiamento nella pietà cattolica. A noi per esempio l'inquietante figura del Cristo dell'Apocalisse di Giovanni è spiritualmente più vicina della concezione cristologica dei nostri padri. Molti cattolici si domandano oggi, come debba essere la loro preghiera a questo Cristo così 'travolgente'. Lo fanno con timidezza, pieni quasi di pudore; questo è però un segno che sotto c'è qualcosa di autentico e di profondamente umano.

Religione attiva ed impegnata. In nessun campo dell'esistenza e della fede (ed il concilio lo ha messo in particolare evidenza) il cristiano può considerarsi come un tranquillo presidente. Egli è in continua ricerca, e ciò è un segno di vitalità. Diventando 'più personale', il cristianesimo non perde nulla della sua serietà e del suo impegno. Il futuro appartiene a colui che pone le sue mete nell'umanamente irraggiungibile. Una tale fede è possibile soltanto nella dedizione personale al Cristo; essa soltanto rende l'uomo veramente cristiano, facendone un testimonio dell'attività di Dio nel mondo. Noi siamo segni di Cristo: ecco la sfida che il cristianesimo lancia a tutta la nostra esistenza.

Regressione del clericalismo. Essa è importante per il futuro del cattolicesimo, in quanto non si tratta soltanto di una diminuzione materiale ma di un superamento della mentalità clericale. Ed in realtà assistiamo oggi ad una regressione del 'clericalismo esterno', cioè della abusiva influenza del clero sulla vita politica, come pure ad una diminuzione del 'clericalismo interno', dovuta alla maturità dei laici all'interno della Chiesa. Quanto più energicamente la Chiesa cattolica afferma la soprannaturalità della propria missione, tanto maggior successo essa avrà nel servizio della 'causa di Dio'. Questa esigenza è oggi sentita vivamente dai cattolici, benché esistano ancora molti ecclesiastici, dobbiamo onestamente ammetterlo, cui riesce molto difficile adeguarvisi.

L'accoglienza cristiana del fratello. Si sta affermando una nuova concezione del servizio ai fratelli. Oggi i cristiani hanno ormai compreso, che non è vero seguace di Cristo, chi non abbia mai in vita sua dato da mangiare ad un affamato, da bere ad un assetato, non abbia mai ospitato uno straniero, vestito un ignudo, visitato un infermo, consolato un prigioniero. Costui non ha colto la essenza del cristianesimo. È sorprendente constatare quanto sia vivace la reazione dei cristiani, quando in conferenze, in discussioni, o in colloqui privati, si fa loro comprendere che il futuro dell'umanità, dipende dall'accettazione generosa del proprio prossimo. Non vogliamo qui stabilire se si tratti di vera carità cristiana, ma è un fatto che dall'anima cristiana sgorga spontanea ed imperiosa un'autentica simpatia per il prossimo.

Ecco alcuni motivi di speranza per il prossimo futuro; ne esistono però altri ancora. Abbiamo qui accennato soltanto a quelli che ci sembrano più importanti, in quanto rivelano un cambiamento interiore. Ogni fenomeno esterno ha le sue radici in un fatto interiore. Dio voglia che questa nostra diagnosi sia esatta. Anche le migliori occasioni possono andare perdute!

Ladislaus Boros

(in Ladislaus Boros, Vivere nella speranza, Queriniana, Brescia 1969, pp. 111-118).

Letto 2471 volte Ultima modifica il Giovedì, 26 Aprile 2012 09:33
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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