Vita nello Spirito

Giovedì, 21 Luglio 2011 22:12

Sull'orlo del baratro ecco la speranza (Antonio Gentili)

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I destini dell’umanità oggi si giocano sul piano religioso.

A seconda di come lo si guarda, quello in cui viviamo può essere considerato il tempo della speranza o il tempo della disperazione. Le Chiese cristiane riunite in assemblea ecumenica a Seoul lo scorso marzo, si sono espresse in termini apparentemente contrapposti. «L’edificio della vita del mondo sta andando in pezzi», si è sostenuto: come a dire che l’uomo ha scatenato un processo antigenesi che sembra sfuggirgli di mano. Dal versante opposto è stato ripetuto l’invito a «leggere i segni dei tempi» protesi verso «un nuovo inizio», dal momento che «un segno di speranza particolare nel nostro tempo è costituito dal risveglio delle coscienze».

Motiva questo risveglio la percezione che i destini dell’uomo e del mondo si giocano fondamentalmente sul piano religioso. Scrive un attento interprete delle attuali vicende umane, Jean Guitton: «Sono convinto che il prossimo dramma che l’umanità vivrà, sarà più religioso che politico». Gli fa eco Papa Wojtyla quando afferma: «E’ nata una grande speranza di libertà, di responsabilità, di solidarietà, di spiritualità. Un uomo nuovo emerge con una nuova statura sulla scena del mondo».

Ogni volta che posiamo lo sguardo su una qualunque realtà, l’immagine elaborata dalla nostra vista è costituita dal convergere di due fotogrammi, rispettivamente scattati dall’occhio destro e da quello sinistro. Il loro incrocio ci dà la prospettiva. Analogamente una lettura dei tempi che colga lo spessore reale degli eventi, dovrà industriarsi di far in qualche modo convergere due punti di vista che sembrano escludersi. L’immagine biblica del parto (Gv 16,21 e Rm 88,22) è quella che meglio dà ragione della complessità del processo storico che stiamo vivendo, consistente nel trapasso da un’epoca culturale a un’altra. Nel parto si registrano simultaneamente un’esperienza di morte e un’esperienza di vita. Una realtà si consuma e un’altra prende il suo avvio. Il momento culminante, l’evento risolutore, traumatico e provvidenziale nello stesso tempo, è la fine-inizio che chiamiamo nascita!

I responsabili delle Chiese cristiane ci hanno ricordato che ogni ingenuo ottimismo che ignorasse la natura di questo tempo, tradirebbe il fondamento della nostra speranza. Infatti nel nostro tempo vediamo emergere sempre più netto che «il giudizio di Dio si esercita su qualsiasi condizione, sistema o azione che disumanizzi gli esseri umani o che abusi del creato».

Questo del giudizio di Dio è un concetto chiave per discernere i segni dei tempi. Esso non va inteso come un verdetto arbitrario imposto dall’esterno alla storia dell’uomo. Si tratta piuttosto di un giudizio immanente, che emerge dagli eventi di cui è intessuta la storia, e che possiamo esprimere in questi termini: il bene paga bene, il male paga male, mentre l’uomo amerebbe che il male, dal momento che gli si presenta come «cosa buona» (Gn 3,6), risultasse anche apportatore di bene. Dio questo lo impedisce, e per amore delle sue creature. Di conseguenza farà trionfare a ogni disegno di salvezza e per questo ci pone di fronte agli esiti catastrofici del male, perché, presane coscienza, ci mettiamo a percorrere una buona volta le vie del bene. Diversamente, il destino dell’uomo sarebbe segnato in modo tragico e irreversibile sotto il peso dei suoi smarrimenti. Scrive Guitton: «Stiamo toccando il fondo dell’abisso», da cui ci è impossibile risollevarci con le sole nostre forze. L’unica forza che ci rimane è quella della nostra debolezza! E’ la forza della preghiera e del sacrificio. E qui sta la misericordia di Dio: ribaltare una situazione negativa in una positiva. Il male che punisce se stesso, in realtà proprio attraverso questa punizione, spiana la via a un bene più grande.Del male che punisce se stesso abbiamo dinanzi a noi uno spettacolo che a occhi disincantati si rivela sempre più apocalittico, al punto che a Seoul si è potuto affermare che «il creato (è) in pericolo». Ma come il giudizio di Dio è immanente alla storia, così è indissociabile dalla storia la sua misericordia, questo duplice e unico sguardo divino. La grande crisi epocale che stiamo vivendo, in cui tutti i processi degenerativi sembrano prossimi al traguardo, produce un “risveglio” e segna l’aurora di un’umanità nuova. Appunto perché «si ha l’impressione che questo tempo sia un kairòs», ci sentiamo chiamati a essere «segni dei tempi nuovi, che certamente verranno e anzi sono già iniziati».

Sulla scena del mondo, dunque, si fronteggiano due situazioni sufficientemente stagliate: un universo in declino irreversibile e un universo in progressivo affioramento. Ma a quando il definitivo passaggio, a quando il riballamento, “la svolta” come è ben stata definita? Il Worldwatch Institute di Washington non ci dà più di dieci anni per invertire la rotta di marcia, prima della «desolazione finale della Terra e della distruzione psicofisica dell’uomo» (M. Guzzi).

I tempi di Dio però non sono mai a rimorchio dei tempi dell’uomo, così che l’evento risolutore si rivelerà doppiamente fatale: segnerà la consumazione del Vecchio Ordine e l’emersione del Nuovo Assetto. Esso si presenterà all’improvviso, in anticipo sulle previsioni umane, «per amore degli eletti». Forse si tratterà proprio di un cambiamento di asse? Tradotto in termini esistenziali e morali, tale cambiamento d’asse si chiama conversione radicale di vita, che restituisca l’umanità al suo supremo destino. quello di farsi luogo, sotto l’azione irrompente dello Spirito santo, dell’incarnazione del Verbo, in modo che il processo di cristifìcazione coinvolga ogni creatura «nei cieli, sulla terra e sotto terra», restituendola alla signoria del Padre.

Entro nell’oasi spirituale e anzitutto mi familiarizzo con l’ardua diagnosi dei segni dei tempi offerta al mio sguardo di fede da attenti scrutatori del mistero. «Tra l’assurdo e il mistero, bisogna scegliere il mistero». dichiara Guitton. E con l’assurdo, che conduce alla disperazione, rifiuto anche il “secondo me” che mi porta a compiere delle letture ingenue e parziali. Mi metto dal punto di vista di Dio. Accetto di «vivere in tensione tra il già e il non ancora». Colgo il kairòs: «Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?». (Is 43,19).

E poiché «lo Spirito santo continua fedelmente a dare alle persone la forza di impegnarsi per una creazione rinnovata», testimonio «coraggiosamente - anche a prezzo della vita: testimone = martire - l’avvento dei tempi nuovi in Cristo Gesù» (Assemblea di Seoul).

Antonio Gentili

(da Jesus)

Letto 1704 volte Ultima modifica il Venerdì, 05 Aprile 2013 09:04
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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