La sala nuziale, dove sono chiamati gli affamati e gli assetati dell’Assoluto, quelli che si fanno piccoli nella grande mano di Dio, è la Sapienza dell’Amore; realtà sostanziale in Dio, onda di vita nuova nelle creature.
Quando la Sapienza dell’Amore è accolta dagli esseri puri e umili, non urtando più in nessun ostacolo, scorre come fiume di gioia e di riconciliazione; travolge tutte le divisioni che la piccola sapienza passionale ed egoista dell’uomo ha costruito.
Cosa sono le nostre separazioni tra giusti e peccatori, fedeli e infedeli, credenti e miscredenti, vicini e lontani, se non un prolungamento della nostra incapacità di veder in profondità la realtà dell’anima dell’uomo? Quante volte manca la Sapienza in chi crede di amare, e quante volte manca l’Amore in chi crede di avere la sapienza! Lo Spirito Santo, effuso nella Pentecoste, fonde ogni durezza del cuore e ogni limitatezza del sapere.
Beato l’uomo che si fa piccolo nella grande mano di Dio (cfr. 1 Pt 5, 6)! Che diviene il mezzo attraverso il quale l’ardente Amore e la Sapienza appassionata di Dio vengon comunicati alle creature! La forza luminosa di questi piccoli servi demolisce a una a una le opprimenti cabale dei devoti, le chiesole che prestano culto alle false immagini del Dio vero, per aprire il varco all’onda trionfante, per luce e potenza, del vero Amore e della vera Sapienza.
Non è giusto dare un’interpretazione pietistica alle due parabole contenute nel testo evangelico di Lc 15, 1-10: la pecorella smarrita e il pastore che lascia le altre al sicuro per correre a salvare la prima in pencolo; la donna che dimentica ogni altro suo impegno per cercare la moneta preziosa perduta. Il punto focale di queste parabole è lo slancio che spinge il pastore e la donna alla ricerca; perché la mancanza della pecorella nell’ovile, e della moneta nello scrigno, costituisce un vuoto di tristezza nella felicità di chi è al riparo e nella gioia.
Lo Spirito di Dio crea una vita nuova nell’uomo, superiore e differente dai trasalimenti devozionali del cuore; vita nuova che è composta di nobile apertura d’animo, di amore vigilante, di prontezza nell’intervenire perché la gioia di ogni essere e di tutti gli esseri sia perfetta.
Vita nuova che è nell’atteggiamento di Cristo commensale dei peccatori e degli estromessi dalla legalità morale ufficiale; nell’ardore del pastore e della donna, preoccupati soltanto di ritrovare ciò che si era perduto; nella gioia più grande che gli angeli del cielo fanno quando uno smarrito ritorna.
La creatura umana che possiede la coscienza interiore santificata dalla vivente presenza dello Spinto, che è accesa dalla sua ardente fiamma, è penetrata da una sensibilità di purezza infinita che la rende protesa con amore e dedizione a tutte le manifestazioni dell’essere. A ogni creatura dona, silenziosamente e opportunamente, amore e dedizione.
Allora la solitudine è sospesa, la disperazione abolita, l’angoscia distrutta, gli erranti trovano la via del ritorno, e la gioia nel cielo e sulla terra erompe dal profondo. Cosi l’uomo vive l’ardore della vita divina che non tollera ne limitazione, ne sosta, nel suo cammino dal tutto, puro e incontaminato, della sua Realtà, alla più lontana e miserevole forma umana.
Giovanni Vannucci
(in La vita senza fine, ed. CENS, Milano 1985, pp. 186-187 - 24a domenica del tempo ordinario - Anno C).