Ancora una volta, nella sua sapiente e chiara pedagogia, il Maestro trae dagli avvenimenti che tessono la vita ordinaria, lo spunto per diffondere il suo messaggio di luce e di salvezza, che è essenzialmente un invito dolce e forte ad accogliere e far proprio lo spirito di Dio, spirito di umiltà e di mansuetudine, di bontà e di misericordia.
Gesù osservava dunque il criterio con cui gli invitati sceglievano i posti e, costatando come essi tendessero a portarsi avanti fra i primi, esprime il suo pensiero con una parabola. Dice dunque il Signore: "Quando sei invitato a nozze non metterti al primo posto" e con tale affermazione inattesa scuote i presenti che, toccati sul vivo nel loro comportamento, si mettono certamente in attento ascolto. E il Maestro continua la sua lezione e soggiunge con tono pacato: "Che non abbia a capitare un altro invitato più ragguardevole dite, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cedigli il posto!".
Solo il Signore Gesù, sapienza divina, poteva dare una spiegazione così semplice e comprensibile; essa però implica di capovolgere l'abituale modo di intendere, per acquistare lo stile di Dio. In noi infatti c'è sempre una quasi irresistibile spinta all'egoismo; come quegli invitati, ognuno di noi cerca di mettere se stesso al primo posto, convinto nel più profondo di essere in qualche modo superiore agli altri.
Commenta il santo vescovo Aimone in una sua omelia: "Per quanto riguarda il loro senso letterale, le parole di Gesù regolano con chiarezza la vita e i costumi dell'uomo prudente e illuminato, giacché è veramente saggio e dignitoso che i fedeli si diano la precedenza l'uno con l'altro e si prevengano a vicenda, ma nel senso spirituale occorre sapere che l'ultimo posto conviene sempre all'umiltà del cuore: ossia va a mettersi spiritualmente per ultimo chi nell'intimo si stima inferiore a tutti".
Il settimo grado della scala dell'umiltà della Regola di san Benedetto - il quale all'inizio dello stesso capitolo VII riassume la nostra "tendenza" ai primi posti, avvertendoci che "ogni esaltazione è superbia (RB 7,2) - è l'eco precisa delle parole di Gesù e affida a ognuno il compito di riconoscere le mille manifestazioni del suo orgoglio sia nell'intimo del' cuore sia nei gesti appena percettibili sia nelle sue aperte ostentazioni.
A questo proposito san Bernardo ha una pagina d'eccezionale splendore: "Proprio in questo consiste la superbia, egli dice, qui sta la radice di tutti i peccati: nel credersi più grandi di quello che si è al cospetto di Dio, di quello cioè che si è in verità. Dunque, non corriamo alcun pericolo se ci umiliamo veramente, se ci reputiamo inferiori a quello che ci sembra di essere, se cerchiamo di fare nostra la valutazione con cui la Verità ci vede. Ma è un grandissimo rischio innalzarsi anche di poco al di sopra di sé e preferirsi mentalmente a qualcuno che la Verità giudica invece pari o addirittura superiore a noi
Bernardo poi aggiunge: "Che ne sai se colui che forse stimi come il più spregevole di tutti, per un mutamento operato dalla potenza dell'Altissimo non diventerà migliore dite e degli altri, o se non lo è già realmente davanti a Dio? Perciò il Signore vuole che scegliamo non un posto mediocre, né il penultimo e neanche uno degli ultimi, ma dice: Va a metterti all'ultimo posto, in modo che tu sia e ti senta l'ultimo di tutti e non ti preferisca né ti paragoni ad alcun altro".
Solo il Signore Gesù, che con dolcezza e persuasione ha suggerito di non scegliere mai il primo posto, è il perfetto modello di uno spirito mite ed umile. Egli che "non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo" (Fil 2,6-7).
Ci guidi alla comprensione e alla sequela del Maestro anche un'illuminata parola di S. Cirillo d'Alessandria: "Modesto e lodevole è l'uomo che, avendo forse anche il diritto di essere onorato nei primi posti, tuttavia non li desidera e cede ad altri il suo. Udrà allora da colui che l'ha invitato: Sali più in alto. Grande e nobile virtù è la modestia dell'anima. Se uno infatti brama di essere anteposto agli altri, cerchi di guadagnare questo celeste favore, di essere in onore presso Dio, e si sforzi di divenire superiore agli altri per lo splendore della virtù e per la sua mitezza d'animo. Costui allora è il vero imitatore di Cristo".
(da Il Sacro Speco di S. Benedetto, n. 4, 2003)