Fasi della cultura europea d'oltralpe
Galeazzo Caracciolo (1517 - 1586)
di Renzo Bertalot
Premessa
Paolo III aveva sollevato gli spiriti europei ai più alti livelli di attesa per una riforma della chiesa. Imperatori, principi e teologi si erano rimboccate le maniche per correggere quelli che allora erano detti alcuni abusi.
A Ratisbona nel 1541 vi fu in proposito una gran festa Se l'incontro non raggiunse i risultati sperati si trattò soltanto di un rinvio imperiale al prossimo concilio.
Nel 1542 tutto cambiò. Le motivazioni sono, come sempre, nelle mani di storici scrupolosi, in grado di investigare innumerevoli archivi e biblioteche. Da loro (1) si rimane in continua attesa, quando si è lontani dalle cattedre specialistiche, di una buona soggettività visto che l'oggettività non mai al nostro orizzonte. Tuttavia diventa difficile trattenere nella penna dell'osservatore, che non è storico di professione, qualche supposizione.
Intanto con l'inquisizione di tipo spagnolo instaurata molti fuggono dall'Italia. Teologi italiani, esuli famosi, sono accolti presso le cattedre più prestigiose d'Europa. Non è senza significato che ad Oxford la lingua ufficiale dell'università sia appunto l'italiano (2).
A Ginevra si costituisce una chiesa italiana che raccoglie i rifugiati sfuggiti all'inquisizione. La comunità raggiungerà dalle quattromila alle cinquemila unità. V'erano valdesi, veneti, lucchesi, napoletani e anche valdesi fuggiti dalla strage di Calabria. L’istituzione resse per due secoli e la sua borsa per il soccorso agli esuli durò fino al 1870 (3).
Erano tempi molto difficili. Ogni ombra di riforma venne eliminata dalla penisola. I divulgatissimi libri di origine protestante vennero un po' ovunque ammucchiati nella piazze e dati alle fiamme. Si considerava una grazia la decapitazione al posto del rogo!
Per la Riforma in Italia fu un'eclissi totale. Bisognerà arrivare fino alla seconda metà del secolo scorso per veder tornare il sole alle sue prime luci di un'era nuova. Si è iniziato un cammino in cui nessuno può fermarsi pretendendo che soltanto l'altro si muova. Per gli uni una perennis reformatio, per gli altri una ecclesia semper reformanda.
Dei tanti nomi ne ricorderemo uno solo: Galeazzo Caracciolo, quasi un simbolo dell'epoca.
La vita
Galeazzo Caracciolo nasce a Napoli da Colantonio Caracciolo (fatto marchese di Vico da Carlo V) e da madre della famiglia Carafa. Sposa Donna Vittoria figlia del duca di Nocera dalla quale ebbe quattro figli maschi e due femmine (4).
Galeazzo Caracciolo non è un dotto né un teologo; è un nobile addetto ai vari incarichi di corte sia all'interno che all'estero. Era giunto a conoscenza delle idee di Juan Valdes che da otto anni teneva una scuola in città (5) e predicava la giustificazione per fede contro la propria giustizia, i meriti delle opere e le superstizioni.
Un suo congiunto, Gian Francesco Alois, lo porta ad assistere ad una lezione di Pietro Martire Vermigli, allora canonico regolare. Fu il " colpo di fulmine" (6). Il predicatore nel commentare la Sacra Scrittura si soffermò a lungo sull'immagine del ballo. Quando si osserva da lontano la gente che balla, ma non si sente il suono della musica si è convinti che si tratta di pazzi, ma avvicinandosi al gruppo e lasciandosi coinvolgere dalle note si comincia volentieri a ballare. Così è dello Spirito di Dio. Era il 1541. Marcantonio Flaminio gli scrisse una lunga lettera, conservataci integralmente, esortandolo a perseverare (7).
Galeazzo Caracciolo cambiò radicalmente vita. Vi fu gran festa tra i valdesiani e anche per Vittoria Colonna che allora abitava a Viterbo e gli mandò i saluti di Reginald Pole (8). Fu determinante l'influenza di Pietro Martire Vermigli (9).
Per il padre Colantonio e la moglie Vittoria la conversione di Galeazzo non fu soltanto un pericolo da scongiurare, ma soprattutto un disonore e un'infamia per tutto il casato e per tutti.
L’8 giugno 1551 il Caracciolo arrivò a Ginevra sconosciuto e forse anche sospettato. Fu accolto come uno qualsiasi. Prestò giuramento ed elesse come suo maestro Calvino che lo accettò come amico e consulente. Il riformatore gli dedicò il commentario alla Prima Lettera ai Corinti e più tardi l'intera traduzione italiana Istituzione della religione cristiana (10). In suo onore fu coniata una grossa medaglia che rimane l'unica effigie di Galeazzo Caracciolo.
La famiglia
Galeazzo Caracciolo era pronipote di Gianpietro Carafa futuro Paolo IV. A Napoli venne stabilita la confisca dei beni e dei titoli nobiliari. Il padre supplicò l'imperatore di risparmiare l'infamia per la famiglia. Ottenne la grazia, ma non convinse Galeazzo. Chi aveva tentato la fuga, ma esitò a passare la frontiera, venne catturato, decapitato o condannato al rogo (11).
Galeazzo non era insensibile ai legami familiari ma non era disposto a cedere in materia di fede. Accettò di incontrare il padre prima a Verona, poi a Mantova e ancora nell'isola dì Lesina, dove avrebbe dovuto rivedere anche la moglie (sempre innamorata del marito) che invece mancò all'appuntamento. Galeazzo fu contento di rivedere i suoi, ma fu irremovibile. L'ultima volta decise di andare direttamente a Vice rischiando anche di essere imprigionato (12). Le suppliche di ritornare sui suoi passi non lo fecero retrocedere, neppure quelle della sua figlia dodicenne. Partì con il cuore spezzato, ma la moglie, sotto la minaccia di scomunica del confessore, rifiutò di seguirlo. Il padre giunse quasi a maledirlo.
Sulla via del ritorno visitò i riformati della Valtellina e dei Grigioni. Nel 1558 ritornò a Ginevra e diede inizio alle pratiche del divorzio.
Il divorzio
Sulla questione del divorzio ci fu una lunga consultazione. Calvino chiese il parere di molti, tra cui Pietro Martire Vermigli, Bullinger e Ochino. Tutti si mostrarono favorevoli. Calvino, a nome del sindaco e del concistoro, scrisse direttamente a Vittoria che non accettò di seguire il marito. Il Piccolo Consiglio diede allora il parere favorevole al divorzio e al permesso di risposarsi (13).
Sposerà Anna Framèry vedova e anch'essa rifugiata (14).
La comunità
Intanto nel 1552 a Ginevra si era costituita la chiesa italiana. Massimo Martinengo da Brescia, già collaboratore di Pietro Martire Vermigli, viene eletto pastore e approvato dalla Compagnia dei pastori. La reggenza della chiesa è sostenuta da quattro anziani e da quattro diaconi.
Galeazzo Caracciolo frequentava la predicazione e leggeva la Sacra Scrittura, aveva l'incarico di sorvegliare gli italiani per evitare scandali, spionaggio (15) con i dissidenti anabattisti e antitrinitari.
La comunità italiana fornì anche pastori all'Italia tra cui Giovanni Luigi Pascale che morì martire.
Giordano Bruno soggiornò due mesi a Ginevra esercitando l'arte del correttore in una stamperia. Non aderì alla Riforma e partì per Venezia dove l'inquisizione lo braccò e nel 1600 finì sul rogo a Roma.
L'epilogo
Un religioso cattolico fu ancora inviato a Ginevra per convincere Galeazzo a tornare sui suoi passi per non impedire il proseguimento della carriera ecclesiastica del figlio Carlo, ma la sua insistenza aveva un carattere provocatorio e fu allontanato (16). Il padre Colantonio era morto nel 1562 a settantasette anni. Il figlio di Galeazzo, anche lui di nome Colantonio, fu sospettato di eresia e morì a Venezia nel 1577. Vittoria muore il 18 settembre del 1584 e Anna Frambèrv l'anno successivo (17).
Galeazzo Caracciolo muore il 7 maggio del 1586 a settantanove anni. Così si arriva alla fine dei marchesi di Vico.
NOTE
1. Il testo segue in particolare: E. Comba (a cura), Nicolao Balbani, Historia della vita di Galeazzo Caracciolo, Claudiana, Firenze, 1875 e B. Croce, Un calvinista italiano. Il marchese di Vico, Laterza, Bari, 1973.
2. R. Bertalot, Dalla Teocrazia al laicismo. Propedeutica alla filosofia del diritto, Università di Sassari, Sassari, 1993, p. 78.
3. Croce, Un calvinista, p, 48.
4. Comba, Nicolao Balbani, Historia, pp. 11-13.
5. Croce, Un calvinista, p. 12.
6. Croce, Un calvinista, p. 13.
7. Comba, Nicolao Balbani, Historia, pp 17-24.
8. Comba, Nicolao Balbani, Historia, p. 14.
9. Ricordiamo il De fuga in persecutione. Cf Croce, Un calvinista, p. 17.
10. S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Claudiana, Torino, 1997, p. 265.
11. Pietro Carnesecchi è uno dei tanti. Cf. Croce, Un calvinista, p. 30.
12. Comba, Nicolao Balbani, Historia, p. 39.
13. Croce, Un calvinista, pp. 41-44.
14. Croce, Un calvinista, p. 50.
15. Comba, Nicolao Balbani, Historia, p. 68; Croce, Un calvinista, p. 51.
16. Croce, Un calvinista, p. 71.
17. Croce, Un calvinista, pp. 67-73.
(Tratto da: Renzo Bertalot, Fasi della cultura europea d’oltralpe, Venezia, 2003, I.S.E., Quaderni di Studi ecumenici 7, p. 23).