Da sempre la Bibbia è stata letta e interpretata sia nella liturgia ebraica e cristiana, sia nelle scuole rabbiniche e nelle università medievali. Lungo oltre venti secoli di lettura della Bibbia sono stati elaborati alcuni metodi per cogliere il senso originario del testo e per applicarlo alla situazione dei lettori di tutti i tempi.
1. Esegesi ed ermeneutica
Il primo passo nella lettura di un testo della Bibbia è la “critica testuale”. Si cerca di verificare se il testo originale - ebraico, aramaico o greco - tradotto in un lingua moderna comprensibile è stato trascritto e tradotto con fedeltà sulla base degli antichi codici manoscritti. Quindi ad una prima analisi del testo, che si chiama comunemente “esegesi”, segue l'interpretazione vera e propria chiamata nell'epoca moderna “ermeneutica”.
Mediante l'esegesi si esamina il testo biblico per coglierne il senso o il significato secondo l'intenzione dell'autore originario. Invece l'ermeneutica è l'elaborazione teorica e sistematica dei metodi e delle regole per ricercare il senso e il significato del testo biblico in rapporto anche agli interrogativi e alla cultura del lettore attuale. Nell'accezione più recente l'ermeneutica comporta l'interpretazione e l'applicazione del messaggio di un testo biblico nel contesto culturale e spirituale della riflessione teologica e della vita della chiesa. Questa distinzione tra “esegesi” ed “ermeneutica” della Bibbia prospetta un diverso modo o due livelli di lettura del testo sacro.
Per una corretta analisi e interpretazione della Bibbia nella chiesa cattolica, che si fonda sull'antica tradizione cristiana, si parte dal principio enunciato nella Costituzione dogmatica Dei Verbum (= DV) del Concilio Vaticano II (1965): «Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l'interprete della sacra Scrittura, per capire bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole» (DV 12). Questo principio, formulato a sua tempo da Sant'Agostino, nei documenti della Chiesa cattolica sulla Bibbia apre la porta alla studio dei cosiddetti generi letterari: «Per ricavare l'intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l'altro anche dei generi letterari» (Ibid. 12).
2. I generi letterari
Il “genere letterario” è un modo specifico di parlare di una esperienza o di raccontare un evento che corrisponde alla mentalità, agli usi e costumi di una determinata epoca e cultura. Nei libri biblici, che vanno dal secondo millennio a.C. fino al primo secolo dell'era cristiana, si distinguono diversi generi, tra i quali si possono menzionare: il genere storico, l'oracolo profetico, la composizione poetica - inno, dossologia, canto epico - il detto sapienziale, il racconto di miracolo, la parabola, il genere epistolare, il discorso missionario e apologetico, il discorso di addio, l'elenco dei doveri e delle virtù, il catalogo dei vizi, il dibattito o la controversia.
La scoperta e la decifrazione delle tavolette in scrittura cuneiforme dell'antica Mesopotamia e la decodificazione dei geroglifici dell'Egitto hanno gettato nuova luce sui generi letterari in uso all'epoca in cui sono nati e composti i libri della Bibbia. Anche la scoperta dei papiri dell'Egitto, dove sono riportati brevi lettere o invocazioni, e il ritrovamento degli ex-voto nei santuari del mondo greco-romano, aiutano a collocare il modo di esprimersi dei Vangeli e di Paolo nelle sue lettere. L'applicazione della metodologia dei “generi letterari” nella lettura della Bibbia consente di affrontare in modo nuovo il rapporto tra il testo sacro e di coglierne il messaggio teologico ed etico.
3. Metodi per la lettura della Bibbia
In epoca più recente la Chiesa cattolica, per mezzo della Pontifica Commissione Biblica (=PCB), ha presentato e puntualizzato le diverse metodologie per fare una corretta lettura e interpretazione efficace della Bibbia. Nel documento «L'interpretazione della Bibbia nella chiesa», Editrice Libreria Vaticana, Città del Vaticano 1993, si passano in rassegna i diversi metodi dell'esegesi biblica, da quello chiamato «storico-critico», ai più recenti di carattere sincronico. Nella lettura storico-critica della Bibbia - chiamata anche metodo diacronico - si ricerca il significato del testo sulla base di criteri oggettivi e verificabili, inserendo il testo nel suo contesto letterario e storico originario.
Nella rassegna dei nuovi «metodi» sincronici di lettura del testo biblico il Documento della PCB menziona l'analisi retorica, la narratologia, la lettura canonica, quella cosiddetta “tradizionale” che si inserisce nell'alveo della lettura ebraica e cristiana. In questo ambito sono presentati e valutati alcuni metodi che fanno ricorso alle scienze umane, dalla sociologia, antropologia culturale, alla psicologia, psicanalisi, fino ai metodi che collocano la lettura della Bibbia nel contesto culturale odierno: lettura liberazionista e femminista della Bibbia.
4. La verità della Bibbia
Tutti questi metodi, integrati o posti a confronto, possono favorire una lettura corretta e fruttuosa della Bibbia. L'unico metodo che viene criticato e condannato nel documento della PCB è il cosiddetto “fondamentalismo” che si basa su una lettura “letteralistica” del testo, interpretato spesso in funzione di una concezione della realtà sociale e politica conservatrice o restauratrice. Di fatto i presupposti del fondamentalismo sono: l'ispirazione letterale del testo sacro, l'affermazione acritica dell'inerranza della Bibbia anche in campo«scientifico», e soprattutto il rifiuto della sua dimensione «storica». La cosiddetta “Questione biblica” della fine del XIX secolo - verità storica e scientifica dei primi capitoli della Genesi - il “caso Galileo Galilei” sono l'effetto di una lettura “fondamentalista” prima dell'applicazione dei generi letterari e della lettura storico-critica della Bibbia.
Sul problema della “verità” nella Bibbia il Documento del Concilio Vaticano II - Dei Verbum - riprende un'espressione tradizionale: «Le verità divinamente rivelate, sono contenute ed espresse nei libri della sacra Scrittura… Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza - nostrae salutis causa -, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture» (DV 11). In altri termini la rivelazione Dio contenuta nella Bibbia ha come scopo fondamentale quello di indicare la via per raggiungere la salvezza definitiva per l'essere umano. Dentro questo orizzonte rientra la dimensione teologica e etica del messaggio biblico.
5. La lettura “spirituale” della Bibbia
Il documento conciliare sulla Divina rivelazione completa il quadro della interpretazione con un ampliamento dell'orizzonte ermeneutico che ha conosciuto un notevole fioritura negli ultimi decenni anche nella Chiesa italiana nella forma della Lectio divina. La lettura spirituale della Bibbia ha radici lontane fin dall'epoca dei padri della chiesa e si sviluppa negli ambienti monastici del medioevo. Ma la Dei Verbum la pone in una cornice teologica precisa: «Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede» (DV 12).
In altri termini la lettura spirituale della Bibbia ha il suo fondamento nell'azione dello Spirito santo, che sta all'origine della Bibbia come testo sacro. Concretamente la lettura nello Spirito si fonda su tre elementi: l'unità di tutta la Bibbia, la tradizione viva di tutta la chiesa e l'armonia del messaggio biblico con la fede della comunità credente che conserva e interpreta la Bibbia come fondamento e norma della propria vita.