La signora Sapienza
di Donatella Scaiola
Nel libro dei Proverbi i cc. 8-9, che hanno come tema la sapienza personificata, si trovano alla fine dell'ampia introduzione al libro intero (cc. 1-9). Prima di introdurci, quindi, all'analisi dei testi, ci sembra utile inserirli nel contesto prossimo nel quale essi attualmente si trovano.
Un’introduzione alla raccolta dei proverbi
Innanzitutto bisogna notare che l'introduzione al libro (Pr 1-9) si apre (1,20-33) e si chiude con un discorso formulato dalla sapienza personificata (8; 9,1-6.13-18). Questi discorsi mirano a suscitare il desiderio della sapienza e di un determinato stile di vita, piuttosto che incitare a specifici comportamenti. L'insegnamento non verte, infatti, su atti sapienti precisi, ma sulla scelta di uno stile di vita sapiente, dal quale discenderanno scelte coerenti. In questa ricerca della sapienza vi è anche un aspetto trascendente, dal mo- mento che la sapienza, in Pr 8, è presentata nella sua relazione con Dio. Quindi, cercare la sapienza significa cercare Dio. La sapienza è uscita da Dio ed è presente nel mondo come ordine primordiale che l 'uomo può scoprire (Pr 8). Essa soltanto può condurre a Dio. Per riuscire nella vita, bisogna conoscere e padroneggiare la realtà, ma nessuno può conseguire questo obiettivo (essere sapiente) se non vive in comunione con Dio. Infatti, «fondamento della sapienza è il timore di Dio, la scienza del Santo è intelligenza» (Pr 9,10; cf 1,7).
In questi capitoli introduttivi, inoltre, il discorso viene portato avanti spesso in forma dialettica. Le dialettiche più importanti sono quelle tra la donna sapienza e la donna straniera, immagine della follia, una polarità che si trova al centro del c. 9. Collegato a questo discorso è poi il confronto tra le due vie: la via dei giusti e la via dei malvagi. L'opzione tra queste due vie è oggetto di discernimento; di qui l'importanza attribuita ai genitori in rapporto alla sapienza (Pr 1,8; 6,20)1.
In questa attiva ricerca della sapienza, che il giovane intraprende seguendo anche l'insegnamento dei genitori, si frappongono degli ostacoli, rappresentati fondamentalmente dagli uomini stolti (1,8-19; 4,10-19) e dalla donna ingannatrice. Entrambi cercano di convincere chi li ascolta a scegliere la loro strada. Essi offrono «vita», nel senso di benessere, piacere. Parlano in qualche modo come la sapienza, per cui occorre discernimento per scoprire l'inganno che si cela dietro i loro discorsi seduttori. È un modo per dire che la sapienza non è ne banale ne semplice da acquisire.
Infine, questi capitoli introduttivi si rivolgono a un uditore ideale, chiamato «figlio», metafora di tutti coloro che cercano la sapienza. Il lettore di Pr 1-9 è un figlio che viene istruito dai genitori, soprattutto dal padre, sulla vita che dovrebbe condurre. Di qui il carattere «scolare» di questi testi:
Pr 1-9 sembra una raccolta di discorsi di invito all' apprendimento, netta quale il maestro non risparmia sforzi per suscitare nei suoi allievi il desiderio e far comprendere ad essi l'importanza fondamentale del suo insegnamento.
Analisi dei testi
Il titolo del paragrafo non deve trarre in inganno o indurre attese che non verranno del tutto soddisfatte. Infatti, soprattutto il c. 8 del libro dei Proverbi è un testo assai studiato da diversi punti di vista. Dal punto di vista filologico esso pone molti problemi, che almeno in parte non sono risolvibili; si tratta, inoltre, di un testo assai utilizzato nelle controversie teologiche fin dai tempi patristici; all'interno dei libri sapienziali, poi, appartiene a un gruppo ristretto di testi (Gb 28; Sir 24; Bar 3; Sap 7) che si distinguono dall'insieme della riflessione sapienziale per il modo in cui la sapienza personificata parla di se stessa. Quindi, non sarà proposta qui un'analisi dettagliata di questi capitoli, ma piuttosto una riflessione di carattere più teologico.
L' origine della sapienza e il suo rapporto col mondo ( Pr 8)
In Pr 8 parla la sapienza, ma non viene detto chi essa sia, anche se sembra subito che si identifichi con l'intelligenza, cioè con la comprensione del reale. La sapienza fin dai versetti introduttivi (1-3) viene presentata come maestra, come qualcuno che ha un messaggio da comunicare. Formula un discorso di cui essa prende l'iniziativa, rivolgendosi in modo diretto ai suoi uditori, come la parola profetica che scende da Dio, non stimolata dagli uomini. La sapienza parla poi in un preciso spazio urbano, «all'incrocio delle strade» (v. 2), «presso le porte della città» (v. 3), il luogo del mercato, in cui si rende giustizia, là dove la gente s'incontra e gli uomini vivono in società. La sapienza ha di mira non i capi, ma le folle.
Ciò che la sapienza proclama a tutti è la «verità» e la «giustizia» (vv. 7-8), qualità proprie di YHWH in D t 32,4-5, e sintesi dei valori morali e religiosi di Israele.
Ma chi è la sapienza? Essa si svela gradualmente. Nei vv. 12-21 descrive se stessa come consigliera giudiziosa, fonte di benedizione. Invece nei vv. 22-31, la parte più discussa del capitolo, si svela l'identità della sapienza con un richiamo alle origini del mondo. Qui la sapienza parla del ruolo che ha avuto nella creazione. Manca la formula «creare dal nulla», ma parlare di un tempo in cui gli abissi e le acque «non erano», o «non erano ancora», significa parlare di un tempo in cui non esisteva niente. Fin da allora, però, la sapienza esisteva. Essa precede ogni cosa e anteriormente a lei non c'era assolutamente niente.
L'inno chiarisce anche qual era il ruolo della sapienza in quel contesto: essa era là, assisteva all'azione di Dio. La sapienza non è creatrice, infatti essa fu generata (8,24a.25b), ma è il progetto a partire dal quale Dio ha creato il mondo. Svolge dunque un ruolo attivo nel lavoro di organizzazione e di strutturazione armonica del mondo, anche se viene affermato con chiarezza che è Dio a istituire l'ordine dell'universo. La sapienza non crea il mondo ne coincide semplicemente col mondo; essa sta davanti a Dio (v. 30c), ma la sua delizia è con gli uomini (v. 31b); proviene da YHWH (v. 22), ma è presente nel mondo (27a). La sapienza non è Dio, ma non è neanche il mondo: essa ha una sua propria funzione da svolgere nel rapporto tra il mondo e Dio. Rispetto a Dio, la sapienza dona al mondo armonia e stabilità; rispetto agli uomini, essa è il legame che li collega a Dio attraverso la mediazione esercitata dal mondo. poiché la sapienza occupa questa posizione, non sorprende che sia presente senza posa, quotidianamente.
Degno di interesse è lo schema per mezzo del quale viene descritta la creazione. Essa viene presentata come un grande gioco, il gioco dell' artista che crea, metafora adeguata a esprimere il modo in cui Dio crea. Non per egoismo, non per bisogno, ma perchè vuole realizzare un capolavoro, per comunicare se stesso, come l'artista e come il bambino. La creazione viene, dunque, presentata utilizzando la simbolica estetica, ludica, una rappresentazione assai diversa da quelle presenti nell'antico vicino Oriente dove si avevano soprattutto due concezioni della creazione: la creazione come lotta, battaglia, e la creazione come opera del vasaio che plasma (cf Gn 2; Sal 139). In Pr 8 si parla ancora del lavoro, ma facendo riferimento all' artista che non fa fatica perchè la sua fatica è gioia e divertimento.
Questa interpretazione dà un giudizio sull'universo e sul mondo squisitamente ottimistico, perchè la creazione viene presentata come una trama di meraviglie. La rappresentazione non ha solo una funzione contemplativa, ma ha anche una valenza progettuale. Si traduce cioè nell'invito a non rovinare il giardino, a non spezzare l' armonia del mondo. Non è solo il peccato che rovina la meraviglia del mondo, ma anche la mancanza di valori umani, la superficialità, la stupidità.
Da questa autopresentazione scaturisce, quasi naturalmente, l'invito alla presa di coscienza e alla decisione. Nei versetti conclusivi (32-36), infatti, la sapienza si rivolge a tutti: «figli» (v. 32) e «uomo» (v. 34), affinché facciano propria l'educazione proposta dal maestro. L'unica condizione posta all'uomo (v. 34: 'âdâm) per trovare la vita ed essere felice è di ascoltare, accogliere e amare la sapienza (vv. 32-35).
In conclusione, la sapienza viene da YHWH, Dio di Israele, ma anche Dio creatore dell'universo, che interpella ogni uomo per mezzo del mondo. Pr 8 afferma che l' armonia e l' ordine del mondo possono essere compresi e accolti da ogni uomo che, attraverso tale via, incontra il Signore. In questa figura, che è insieme cosmica ed etica, la cui via inizia da YHWH (v. 22) e finisce ad 'âdâm (v. 31), c'è l'offerta che Dio fa a ogni uomo e non solo all'israelita.
L' enigma del banchetto ( P, 9 )
In questo capitolo continua la presentazione della sapienza, però il discorso qui non è più formulato in prima persona. Non parla cioè la sapienza, ma si parla di lei in terza persona. Inoltre, cambia il genere letterario, nel senso che l'inno di autoelogio del c. 8 cede il posto a un discorso diverso. In comune col capitolo precedente, però, ci sono diversi elementi: c'è innanzitutto l'immagine della sapienza costruttrice. Là presiedeva alla costruzione del mondo, qui essa costruisce la sua casa, intaglia le sue sette colonne. C'è poi un invito che parte dai luoghi pubblici della città e si rivolge a un' ampia cerchia di persone; concretamente, a chiunque abbia bisogno di lei. Diverso è, invece, il contenuto dell'invito, come vedremo. Nonostante le differenze!, dunque, i cc. 8-9 possono essere letti in modo complementare.
Perchè la sapienza rivolge questo invito? Sembra qui trattarsi del convito che si offriva normalmente in occasione dell' inaugurazione di una casa nuova. Si possono citare testi sia biblici che extrabiblici, tratti dal ciclo di Baal, a sostegno di questa interpretazione. La costruzione del palazzo, poi, indica l'inaugurazione del regno (2Sam 5,11-12). Si può ricordare, nella stessa direzione, anche un testo proveniente dalla tradizione ebraica che commenta Pr 9,1-6 con il seguente mashal: «Un re costruì un palazzo e, per inaugurarlo, ordinò un convito; egli invitò poi i suoi ospiti».
I testi citati fanno pensare che la sapienza descritta in Pr 9 sia una figura regale. Ci avrebbe allora una progressione rispetto al testo di Pr 8, precedentemente considerato, in cui la sapienza veniva presentata come consigliera di re, ma non come figura regale in se.
Comunque, ci pare che il testo di Pr 9 non metta tanto l' accento sulla costruzione del palazzo quanto sull'invito che la sapienza rivolge a coloro che avrebbero maggiormente da guadagnare dal contatto con lei. In questo consiste anche la principale differenza tra Pr 9 e i testi extrabiblici in cui si parla della costruzione di un palazzo. Per esempio, nel mito relativo a Baal si dice che egli aveva invitato i suoi pari al banchetto, mentre qui la sapienza invita «chi manca di cuore», cioè di discernimento, secondo l'antropologia biblica. A coloro che hanno bisogno di acquistare capacità di giudizio la sapienza offre il suo banchetto, che sembra, a prima vista almeno, essere piuttosto generico: carne (v. 2), pane (v. 5), vino (vv. 2.5).
Senza fermarsi alla prima impressione, occorre considerare la posizione che questo testo occupa all'interno del libro. Dicevamo precedentemente che i cc. 1-9 costituiscono un'introduzione ai Proverbi. Questo capitolo conclude l' introduzione, per cui si può pensare che il banchetto che la sapienza offre sia costituito dall'insieme della raccolta che segue immediatamente. In questo senso si potrebbe intendere anche il riferimento alle sette colonne della casa, che non sarebbero altro se non le sette parti, o collezioni, di cui si compone il libro dei Proverbi. Il vero nutrimento di chi manca di sapienza è l'insieme della raccolta dei Proverbi, che può dare vita e discernimento al semplice.
La sapienza, che in Pr 8,22 veniva da Dio, adesso si rende pienamente disponibile, accessibile a chiunque sia disposta ad accoglierla. È quanto esplicitamente si legge in un proverbio della prima raccolta:
«Le labbra del giusto nutrono molte persone» (Pr 10,21).
A questo fa eco un altro consiglio analogo:
«Mangia miele, figlio mio, perchè è buono, un favo di miele è dolce al tuo palato.
Così sarà, sappilo, la sapienza per la tua anima» (Pr 24,13-14).
Bisogna comunque decidere di accogliere l'invito della sapienza, smascherando le parole false, ma apparentemente simili che la follia rivolge agli stessi interlocutori (Pr 9,13-18). Anche la stoltezza è dotata di una certa autorità, perchè siede su uno sgabello e abita in un luogo elevato, ma, mentre attività e diligenza caratterizzano il modo di essere e di presentarsi dèlla sapienza, la stoltezza se ne sta seduta pigra e oziosa, senza occuparsi di nulla. Sia la sapienza che la follia invitano il giovane inesperto con parole seducenti e con attraenti promesse a recarsi nella loro casa. Le due figure cercano di affascinare l'inesperto mediante la loro voce: la parola è qui, infatti, lo strumento della seduzione.
Questa osservazione ci inviterebbe ad allargare il discorso, riflettendo sulla forza seduttrice che ha la parola umana, su come essa funziona e considerando a quali effetti conduce. Ma in questa sede non possiamo percorrere tale pista di approfondimento.
Conclusione
Non solo nei cc. 8-9, ma nell'insieme della sezione introduttiva (Pr 1-9), la sapienza parla come una donna che intende generare figli alla vita, e il testo la oppone chiaramente alla follia, rappresentata sempre al femminile, ma utilizzando una serie di metafore negative, diverse ma equivalenti dal punto di vista semantico (la prostituta, l'adultera, la straniera). Si tratta sempre di figure seduttrici, ma pericolose. La parola seduttrice è quella che mira a distruggere la comunità e, di conseguenza, a pervertire il linguaggio. La sapienza è, invece, una parola che non solo educa il giovane inesperto, ma edifica anche la comunità. La contrapposizione di due figure femminili antitetiche che offrono apparentemente le stesse cose, allude alla confusione dei valori che si attua attraverso la perversione e lo stravolgimento del linguaggio.
(da Parole di vita, 1, 2003)