Formazione Religiosa

Martedì, 07 Marzo 2006 01:34

La liturgia delle ore

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La liturgia come azione comune di Cristo e della chiesa si realizza anche nel quotidiano servizio di preghiera della Chiesa, la liturgia delle ore.

Infatti anche qui Cristo come sommo sacerdote della nuova Alleanza è presente e operante quando nelle letture bibliche è annunciata la parola di Dio, e quando egli si unisce alla chiesa in preghiera e ai suoi membri per la santificazione degli uomini e la glorificazione del Padre celeste. La celebrazione della liturgia delle ore deve essere valutata come un importante settore dell’intera liturgia.

1. Origine e sviluppo storico

Il più forte impulso alla preghiera quotidiana della comunità primitiva derivò certamente da Gesù stesso. I vangeli raccontano in molti punti che egli era un grande oratore, che insegnò ai suoi discepoli a pregare (Mt 6,9-13; Lc 11,2-4) e che li esortò a “pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1). Più volte incontriamo il suo monito alla vigilanza: “Vigilate dunque, perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”.

La comunità dei discepoli ha seguito fedelmente l’esempio e il monito del suo Signore, come confermano gli Atti degli apostoli e le lettere apostoliche. Gesù e i suoi discepoli vissero nella tradizione ebraica di preghiera e di culto, che prevedeva la preghiera nel Tempio e nelle sinagoghe a ore ben determinate nel corso del giorno. Non sorprende quindi che già presto si formassero determinate “ore” di preghiera. Ad esse appartengono innanzitutto la preghiera del mattino e della sera e inoltre quella per l’ora terza, sesta e nona, calcolando secondo le dodici “ore di luce”, che, secondo la divisione greco-romana del giorno, cominciavano alle sei del mattino. La preghiera della comunità primitiva non era solo familiare o addirittura individuale. Numerosi passi della Scrittura lasciano piuttosto apparire chiaramente che si trattava anche di una preghiera in comunità e come tale comportava un certo ordinamento (cfr. ad es. At 2,46 s.; 1 c Cor 14).

Questo è chiaro all’inizio del II secolo nella lettera di S. Ignazio ai Magnesii e a cento anni dopo Tertulliano parla di preghiere del mattino e della sera prescritte dalla legge e dall’uso. Secondo Ippolito Sacerdoti, diaconi e popolo debbono radunarsi ogni mattino per una liturgia della Parola. Per la preghiera della sera le Costituzioni Apostoliche alla fine del IV secolo lasciano già intravedere una struttura che è simile al nostro vespro attuale. Un influsso particolare avranno le comunità monastiche per un assetto ulteriore della liturgia delle ore istituzionalizzando la veglia di preghiera a metà della notte, l’ora di prima, verso le sette e l’ora di compieta prima del riposo.

Per l’insieme di queste ore di preghiera ci sono diversi nomi. Le designazioni Liturgia delle ore e Ore canoniche indicano che la preghiera è ordinata a determinate ore del giorno e intende santificare l’intera giornata. La parola Breviariobreviaria. Questi erano corti elenchi, nei quali da note e brevi indicazioni era possibile sapere quali testi prendere dai diversi libri in uso per la celebrazione comune in coro. risale al Medioevo e deriva dalla parola latina

Il Vaticano II si occupò intensamente della riforma del Breviario e nella Costituzione Conciliare “Sacrosanctum Concilium” dedica a essa un capitolo apposito (IV) con 19 articoli. In esso si fanno importanti affermazioni sulla teologia e la spiritualità della liturgia delle ore, se ne afferma il carattere di preghiera comunitaria, e si pone l’accento sulla veritas temporis, cioè sulla corrispondenza delle ore al loro vero tempo. Per la riforma concreta vengono fissati alcuni criteri di significato decisivo.

a) Le lodi, come preghiera del mattino, e i vespri,m come preghiera della sera, che, secondo la venerabile tradizione di tutta la chiesa, sono il duplice cardine dell’Ufficio quotidiano, devono essere ritenute le Ore principali e come tali celebrate;

b) Compieta sia ordinata in m odo che si adatti bene alla conclusione della giornata;

c) L’ora detta “mattutino”, pur conservando l’indole di preghiera notturna per il coro, venga adattata in modo da poter essere recitata in qualsiasi ora del giorno, e abbia un minor numero di salmi e letture più lunghe;

d) L’ora di prima sia soppressa;

e) Per il coro si mantengano le ore minori di terza, sesta e nona. Fuori di coro si può invece scegliere una delle tre, quella cioè che meglio risponde alò momento della giornata”.

Queste ed altre direttive permisero di avviare un intenso lavoro per il nuovo breviario.

2. La comprensione della liturgia delle ore

Tutto quello che soprattutto SC e PNLO (Principi e norme per la Liturgia delle Ore) dicono per la comprensione della liturgia delle ore, viene presentato per maggior chiarezza.

a) La liturgia delle ore è preghiera per mezzo di, con e in Cristo

“La preghiera diretta a Dio però deve essere connessa con cristo, Signore di tutti gli uomini, unico Mediatore,e il solo per il quale abbiamo accesso a Dio … In Cristo, appunto, ed in lui solo, la religione umana consegue il suo valore salvifico e il suo fine” (PNLO 6). Questa unione dell’orante con Cristo è resa possibile essenzialmente dall’appartenenza al Corpo mistico; in forza del battesimo e della confermazione diventa partecipazione al suo sacerdozio e quindi anche alla sua incessante preghiera. Con geniale pregnanza Agostino esprime questi pensieri mostrando al tempo stesso che si tratta di una convinzione dell’antichità cristiana: “E’ lui stesso unico salvatore del suo corpo, il Signore nostro Gesù Cristo … che prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui le nostre voci e le sue voci in noi. Così Cristo è presente e opera la salvezza non solo nella celebrazione dell’eucaristia, ma anche in quella della liturgia delle ore.

Questa presenza nello stesso tempo favorisce il nostro rivolgerci orante a nostro Signore: “E’ pregato da noi come nostro Dio” (Agostino). Nella liturgia delle ore la preghiera a Cristo ha trovato molte forme espressive, come metterà in luce il commento delle singole ore. Così la liturgia delle ore diventa un intenso incontro con Cristo, e già IppolitoSempre Christum in memoria habere ( = avere sempre Cristo davanti agli occhi). poteva tradurre il senso e il frutto di questa preghiera nella formula:

b) La liturgia delle ore è preghiera della chiesa

L’intervento di Dio a favore dell’umanità in Cristo ha fatto dei credenti e dei redenti una comunità animata dallo Spirito santo, che si può designare come popolo di Dio e, nel senso di s. Paolo, come Corpo mistico dio Cristo. Purtroppo alla coscienza di molti la parola chiesa richiama solo pallidamente questa realtà spirituale, perché la chiesa spesso è percepita solo come istituzione storica od organizzazione esteriore. Eppure già la parola stessa, chiesa, si riferisce alla comunità dei chiamati, il cui stretto collegamento con Cristo possiamo a stento scandagliare.

La Chiesa così intesa ha cercato, dai tempi degli apostoli, non solo di dare una risposta all’iniziativa divina attraverso la lode riconoscente nella celebrazione dell’eucaristia ma anche, nella prospettiva dell’universale volontà salvifica di Dio, non ha mai cessato di innalzare preghiere per tutti gli uomini. Così essa ci si presenta fin dagli inizi come Ecclesia orans, come chiesa in preghiera. Questo atteggiamento ha trovato una espressione essenziale nella liturgia delle ore. “la chiesa unendosi a Gesù Cristo nella preghiera attua la sua essenza, realizza ciò che essa già è e attinge la forza per poter diventare ciò che deve essere e non è ancora”. Ora colui che come membro di questa chiesa, con o senza un particolare incarico, partecipa a questa preghiera, collabora a questa autorealizzazione della chiesa nel senso della glorificazione di Dio e della salvezza degli uomini. “Tutti coloro pertanto che compiono questa preghiera, adempiono da una parte l’obbligo proprio della chiesa, e dall’altra partecipano al sommo onore della Sposa di Cristo perché, lodando il Signore, stanno davanti al trono di Dio in nome della madre chiesa”. Ciò vale tanto per la solenne preghiera corale delle comunità religiose che per la semplice preghiera di piccole comunità o anche del singolo orante.

c) La liturgia delle ore ha carattere dialogico

Come ogni evento liturgico, anche la liturgia delle ore ha carattere dialogico: “Nella liturgia delle ore si compie la santificazione dell’uomo e si esercita il culto divino in modo da realizzare in essa quasi quello scambio o dialogo (commercium seu dialogus)tra Dio e gli uomini nel quale ” (PNLO 14).

Nel suo Figlio, Dio viene incontro agli uomini e li santifica; la chiesa in preghiera però risponde con la lode, il dono di sé e anche la preghiera dio intercessione. Anche questa infatti, in quanto servizio del prossimo, diventa glorificazione di Dio.

d) La liturgia delle ore è innanzitutto preghiera comunitaria

SC e PNLO danno particolare importanza al carattere comunitario della liturgia delle ore. Poiché essa non è di natura privata, ma preghiera ufficiale della chiesa, la sua celebrazione in comunità merita di essere preferita alla recita individuale, secondo il principio valido anche per le altre azioni liturgiche (cfr. SC 26 s., 99). I PNLO rivolgono un appello al riguardo non solo a quei sacerdoti e religiosi che in sé e per sé sono tenuti alla celebrazione comunitaria della liturgia delle ore, ma invitano anche associazioni di laici e parrocchie “alla celebrazione comunitaria delle ore principali” possibilmente in chiesa. “Se dunque i fedeli vengono convocati per la liturgia delle ore e si radunano insieme, unendo i loro cuori a le loro voci, manifestano la chiesa che celebra il mistero di Cristo”. Anche le famiglie, quali “chiese domestiche”, vengono incoraggiate non solo a pregare insieme ma, nei limiti delle loro possibilità, anche a celebrare qualche parte della liturgia delle ore e a inserirsi così più intimamente nella chiesa. Su tentativi e possibilità di una “celebrazione delle ore del giorno nelle chiese parrocchiali” informa diffusamente F. Kohlschein.

e) Le ore dell’Ufficio richiedono di essere celebrate nel tempo corrispondente

Si ha qui una istanza importante dei PNLO, già caldeggiata insistentemente da SC (88, 94). “poiché dunque la santificazione del giorno e di tutta l’attività umana rientra nelle finalità della liturgia delle ore, il suo ordinamento è stato rinnovato in modo da far corrispondere, per quanto era possibile, la celebrazione delle ore al loro vero tempo, sempre tenendo conto, però, delle condizioni della vita odierna” (PNLO 11). Sarebbe quindi illogico ad es. pregare l’ora del mattino (lodi) al pomeriggio e l’ora sera (vespri) già al mattino. In effetti era diventata un’abitudine per molti sacerdoti ancora pochi decenni fa, “anticipare” già al pomeriggio del giorno precedente mattutino e lodi, e dire vespri e compieta già di primo mattino, perché si temeva di non avere tempo sufficiente alla sera a motivo delle occupazioni pastorali.

f) Determinate persone e comunità hanno l’obbligo della liturgia delle ore

Affinché questa preghiera essenziale della chiesa non venga a mancare in nessun luogo e in nessun tempo, la chiesa ha incaricato di questo servizio di preghiera coloro che hanno ricevuto l’ordine sacramentale e le comunità religiose (PNLO 17,28 s.). per i diaconi permanenti deve essere vincolante almeno una parte della liturgia delle ore giornaliere, secondo l’indicazione delle Conferenze episcopali (PNLO 30). Quanto al grado di obbligazione di questo servizio della lode e della preghiera si può cogliere nei testi del PNLO un certo addolcimento del rigore giuridico e anche una differenziazione delle singole ore.

g) La liturgia delle ore ben celebrata favorisce la pietà personale

Il servizio della lode e della preghiera, anche se compiuto in forza di un incarico, non può essere compiuto solo esteriormente, senza partecipazione interiore. Già la SC esorta “nel Signore i sacerdoti e tutti gli altri che partecipano all’Ufficio divino a fare in modo che, nel recitarlo, la mente corrisponda alla voce”. Ciò è necessario “perché questa preghiera sia propria di ciascuno di coloro che vi prendono parte e sia parimenti fonte di pietà e di molteplice grazia divina, e nutrimento dell’orazione personale e dell’azione apostolica” (PNLO 19). Coloro che la celebrano “cercando Cristo, e penetrando sempre più intimamente con l’orazione nel suo mistero, lodino Dio e innalzino suppliche con quel medesimo animo con il quale pregava lo stesso divino Redentore” (ivi). Per poter meglio realizzare ciò la SC raccomanda “una maggiore istruzione liturgica biblica”, specialmente per quanto riguarda i salmi. Molto utile può essere anche all’occasione il silenzio contemplativo, che la SC aveva raccomandato anche in altre azioni liturgiche. I PNLO applicano questa indicazione in particolare alla liturgia delle ore: “Per accogliere nei cuori la piena risonanza della voce dello Spirito, e per unire più strettamente la preghiera personale con la parola di Dio e con la voce pubblica della chiesa, si può dunque, secondo l’opportunità e la prudenza, interporre un intervallo di silenzio …” In particolare nella recita individuale c’è “più ampia possibilità di fermarsi nella meditazione di qualche formula che stimoli gli affetti dello spirito, senza che l’Ufficio perda per questo la sua caratteristica di preghiera pubblica”.

3. La riforma postconciliare della liturgia delle ore

a) Il salterio

I salmi restano la componente più essenziale della liturgia delle ore. I PNLO dedicano a essi un ampio paragrafo nel capitolo terzo (100-135). Queste “poesie e canti” dell’Antico Testamento vengono apprezzati, ma si ha anche coscienza delle difficoltà per farli propri come preghiera cristiana. Perciò vengono date alcune indicazioni per pregare bene i salmi.

Poiché la preghiera dei salmi si compie in nome della chiesa, i contrasti tra il testo dei salmi e lo stato d’animo dell’orante può essere superato, in quanto, considerando la chiesa, ci sono sempre motivi di gioia o di tristezza, nel senso di Rm 12,15: “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto”.

La preghiera dei salmi della chiese deve fare attenzione al loro senso messianico, con riguardo al quale essa ha appunto preso l’intero libro dei salmi come suo libro di preghiera. In questa prospettiva cristologica i Padri – e lo stesso vale per la liturgia – “vedevano nei salmi Cristo che si rivolge al Padre, o il Padre che parla al Figlio; anzi riconoscevano la voce della chiesa, degli apostoli e dei martiri… l’interpretazione cristologica non si limita soltanto a quei salmi che sono considerati messianici, ma si estende a molti altri, nei quali senza dubbio si tratta di semplici adattamenti, convalidati tuttavia dalla tradizione della chiesa” (ivi). Ciò vale specialmente per i giorni festivi, nei quali le antifone, prese per lo più dal salmo, rilevano questo aspetto cristologico e gli danno un colorito proprio. Un altro sussidio per la comprensione cristologica dei salmi è, nel nuovo libro della liturgia delle ore, il titolo, che sinteticamente dà il senso letterale e, aggiunta a esso, il titolo dal NT o dagli scritti dei Padri, che fa emergere la dimensione cristologica.

Quanto alle forme di esecuzione dei salmi, questi, che originariamente sono canti di lode da eseguire sull’arpa, hanno una musicalità, che richiede il canto per esprimere tutta la sua ricchezza lirica. Questo carattere musicale dei salmi non dovrebbe essere perso di vista anche nella recita e perfino nella preghiera silenziosa (cfr. PNLO 103).

b) Gli inni

Una particolare attenzione spetta anche agli inni,che introducono ogni Ora e ne illustrano il carattere proprio o quello delle varie feste. La SC stabilisce che gli inni della liturgia delle ore “per quanto sembrerà conveniente, siano restituiti alla loro forma originale,m togliendo o mutando ciò che ha sapore mitologico o che può essere meno conveniente alla pietà cristiana. Secondo l’opportunità, poi, se ne riprendano anche altri che si trovano nelle raccolte innografiche”. I PNLO fanno un posso innanzi autorizzando le Conferenze episcopali a adattare gli inni latini al carattere della propria lingua o anche a introdurre inni di nuova composizione purché si addicano al carattere dell’ora, o del tempo o della celebrazione.

c) Le ore della nuova liturgia delle ore

La liturgia delle ore riformata ha la seguente struttura:

  • Invito alla preghiera (invitorium);
  • Ufficio delle letture (officium lectionis);
  • Lodi (ufficio del mattino);
  • Terza, sesta, nona (ora media; ore minori);
  • Vespri (ufficio della sera);
  • Compieta (preghiera della notte).

L’invitatorio viene sempre premesso come introduzione all’ora (ufficio delle letture o lodi) celebrata per prima. Consiste nel versetto “Signori, apri le mie labbra. E la mia bocca proclami la tua lode” e nel salmo 94. questo contiene l’appello a cantare la lode di Dio, ad ascoltare la sua voce e a guardare verso il “riposo del Signore” (cfr. Ebsalmi 99; 66 o 23. l’antifona annessa al salmo varia secondo i tempi e le feste. I PNLO ne raccomandano l’esecuzione responsoriale, ossia di cantare il salmo intercalando l’antifona. 3,11; 4,1). Al suo posto possono essere presi a scelta i

L’Ufficio delle letture, come successore del mattutino di prima deve essere mantenuto nel coro come preghiera notturna, e tuttavia è adattato in modo da poter essere recitato, con pieno significato a ogni ora del giorno (PNLO 57), “anche nelle ore notturne del giorno precedente, dopo aver recitato i vespri”. Esso deve aiutare ad aprire i tesori della sacra Scrittura e degli scrittori ecclesiastici, specialmente dei Padri della chiesa. Esso si articola in: versetto di apertura; inno; tre salmi (o parti di salmo); versetto di transizione; una lettura dalla sacra Scrittura e dagli scrittori ecclesiastici, o una lettura che riguarda il santo celebrato (lettura agiografica), ognuna seguita da un responsorio; l’orazione del giorno. Al responsorio della seconda lettura segue in certi giorni il Te Deum. Il nuovo Breviario latino ha accolto per le letture solo un ciclo annuale di testi e ha annunciato un ciclo biennale in un apposito volume supplementare (cfr. PNLO 145, 161). Nelle domeniche, solennità e feste l’ufficio delle letture può anche essere ampliato in una veglia, per la quale nei PNLO vengono date più precise disposizioni.

Le lodi formano con i vespri “il duplice cardine dell’ufficio quotidiano” e devono essere celebrate come “le ore principali” (SC 89°, PNLO 37). Il loro nome di un tempo Laudes matutinae permette di riconoscere in esse il vero ufficio del mattino. Per evitare un doppione della preghiera del mattino si è eliminata prima, che era sorta negli ambienti monastici. Le lodi consistono di: versetto di introduzione; inno; salmodia con un salmo del mattino, un cantico veterotestamentario e un salmo di lode; lettura breve con responsorio; cantico di Zaccaria (Lc 1,68-79) con antifona; invocazioni per la santificazione del giorno e del lavoro (già nella precedente prima); preghiera del Signore; orazione conclusiva e benedizione. Secondo un’antica tradizione le lodi servono nello stesso tempo a ricordare la risurrezione del Signore (cfr. PNLO 38).

Terza, sesta e nona (ora media e ore minori), con le quali già i cristiani dell’antichità, eredi delle ore di preghiera ebraiche, interrompevano il loro lavoro, sono dedicate al “ricordo degli eventi della passione del Signore e della prima propagazione del vangelo” (PNLO 75). Secondo Ippolito di Roma la preghiera all’ora terza (ore 9) fa memoria dell’inizio della crocifissione (cfr. Mc 15,25), quella dell’ora sesta (ore 12) ricorda le tenebre che scesero al momento della crocifissione (Mt 27, 45 e paralleli), la preghiera dell’ora nona (ore 15) commemora la morte di Gesù. Questo riferimento è particolarmente rilevato nell’ora media del venerdì. Quanto al rapporto con la “prima propagazione del vangelo” a terza si deve pensare alla discesa dello Spirito santo a pentecoste (At 2,15), sesta ricorda la preghiera di Pietro a Ioppe (At 10,9), seguita dall’accoglienza dei primi pagani nella chiesa; nona fa pensare alla guarigione del paralitico dalla nascita da parte di Pietro, quando egli insieme a Giovanni sale “al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio” (At 1,3 s.). Fuori della celebrazione corale si ha l’obbligo di recitare solo l’ora media e precisamente quella che meglio corrisponde al momento della giornata. La struttura di tutte e tre è uguale: versetto di introduzione; inno rispondente al momento del giorno; salmodia con tre salmi e rispettive antifone; lettura breve con versetto e orazione conclusiva.

I vespri (dal latino vesper o vespera = sera) formano insieme con le lodi i pilastri o, secondo le parole della Costituzione liturgica, il duplice cardine di tutta la liturgia delle ore. Essi intendono rendere grazie per il giorno che declina, ma anche per le azioni salvifiche di Cristo la sera del Giovedì santo e il sacrificio della croce il pomeriggio del Venerdì santo (PNLO 39). Particolarmente raccomandata è la celebrazione comune dei vespri con le comunità, specialmente nei giorni domenicali e festivi (SC 100; PNLO 21,40). La loro struttura è come quella delle lodi: versetto di introduzione; inno; salmodia con due salmi o parti di un salmo; e un cantico dalle letture apostoliche o dall’Apocalisse. La successiva lettura breve nei vespri comunitari può essere sostituita da una più lunga, e può essere corredata da una omelia. In luogo del responsorio che segue si può anche eseguire un canto del medesimo carattere. Si ha quindi il Magnificat con l’antifona. Seguono le intercessioni; il Padre nostro; l’orazione conclusiva e, nei vespri con il popolo, il rito di conclusione come nella messa. L’introduzione del Padre nostro al termine delle lodi e dei vespri è particolarmente apprezzata dal papa Paolo VI nella sua Costituzione apostolica Laudis canticum come un ritorno all’uso dell’antichità cristiana di dire la preghiera del Signore tre volte al giorno; come terzo Padre nostro si intende quello della messa.

Compieta (dal latino completorium = compimento) è la preghiera prima del riposo della notte ed eventualmente può essere detta anche dopo mezzanotte (PNLO 84). In essa dopo il versetto di introduzione viene raccomandato un esame di coscienza. “Nella celebrazione in comune, l’esame si compie in silenzio o si inserisce in un atto penitenziale servendosi delle formule del Messale Romano”. Per l’inno che segue si ha ogni giorno un testo alternativo. La salmodia successiva consiste il sabato e il mercoledì di due salmi, altrimenti di un salmo; essi sono scelti tra i salmi di fiducia in Dio, il che a dir il vero vale meno per il salmo del venerdì (Sal 87, preghiera di un uomo gravemente malato).Chi vuole recitare compieta a memoria può prendere sempre i salmi del sabato o della domenica (ivi). Dopo la lettura breve e il responsorio seguono il cantico di Simeone (Lc 2,29-32) con l’antifona invariabile, l’orazione conclusiva e la benedizione. La conclusione è formata da una delle antifone mariane, le quali non sono più assegnate obbligatoriamente a determinati tempi, con eccezione del Regina caeli, proprio del tempo pasquale. Le Conferenze episcopali possono inoltre approvare altre antifone. Nell’insieme compieta è, per usare le parole di Pius Parsch, “un capolavoro nella sua composizione, creato da s. Benedetto, e può essere considerato l’ideale di una preghiera della notte”.

 

Letto 10112 volte Ultima modifica il Venerdì, 30 Marzo 2012 13:57
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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